Atto di convenzione per la gestione in forma associata del servizio di polizia locale tramite l’istituzione del Corpo Intercomunale Unico, stipulato tra i comuni di Bagno di Romagna, Borghi, Mercato Saraceno, Roncofreddo, Sarsina, Sogliano al Rubicone, Verghereto e la Comunità Montana - Unione dei comuni dell'Appennino Cesenate.
(1) Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Direzione centrale per gli uffici territoriali del governo e per le autonomie locali, Area 2 - Personale enti locali.
Alla
Prefettura
Ufficio territoriale del governo
Forlì-Cesena
(Rif. nota n. 24708/2010/W.Area 1
del 6 luglio 2010)
Si fa riferimento alla nota sopradistinta, con la quale codesta Prefettura ha trasmesso copia dell'atto di convenzione stipulata tra i comuni indicati in oggetto, per la gestione, in forma associata, della funzione della polizia locale mediante l'istituzione di un Corpo Intercomunale Unico.
Al riguardo, acquisito in merito il parere del Dipartimento di P.S., si ritiene di formulare le seguenti osservazioni.
In primo luogo, si precisa che la legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale, L. n. 65/1986, prevede la possibilità di gestire in forma associata il servizio di polizia municipale, rinviando alle forme associative previste dalla legge, ovvero mediante convenzione, consorzi e unione dei comuni ex artt. 30 e segg. del D.Lgs. n. 267/2000 e s.m.i., mentre non prevede la possibilità di costituire un corpo unico di polizia municipale né autorizza in alcun modo i comuni a trasferire o a delegare la titolarità delle funzioni loro attribuite dalla legge.
Le forme associative, infatti, rappresentano soltanto lo strumento attraverso il quale le amministrazioni comunali possono esercitare determinate funzioni, condividendo un apparato organizzativo che meglio risponde all'esigenza di garantire un servizio più economico ed efficace nell'ambito territoriale dei comuni stessi, fermo restando, tuttavia, che la titolarità delle predette funzioni rimane in capo agli enti che hanno stipulato il patto associativo.
L’istituzione di un corpo diverso da quello dei comuni convenzionati pone, quindi, degli interrogativi in ordine alla possibilità di riconoscere in capo al predetto una soggettività giuridica, con conseguente imputabilità degli atti dello stesso posti in essere.
Su concorde avviso espresso dal citato Dipartimento di P.S., si è ritenuto quindi che l'imputabilità degli atti redatti da questi apparati debba necessariamente essere ricondotta al sindaco del comune ove territorialmente vengono adattati i relativi provvedimenti, anche al fine di poter consentire ai destinatari degli stessi l'esperimento degli eventuali ricorsi giurisdizionali e/o amministrativi.
Ulteriore aspetto riguarda i compiti assegnati al sindaco dall'art. 54 del TUEL, D.Lgs. n. 267/2000 e, più in generale, sulle responsabilità allo stesso rimesse quale "autorità locale" nei sensi dell'art. 50, comma 4, del medesimo TUEL, ed in relazione al quadro delle relazioni interistituzionali, nel quale egli opera; ne consegue l’importanza che l'atto costitutivo definisca i modi e le procedure attraverso le quali ciascun sindaco possa avvalersi direttamente, nell'esercizio delle funzioni di ufficiale di governo e di autorità locale sanitaria, di pubblica sicurezza e di protezione civile, dell'indispensabile supporto delle strutture di polizia municipale dell'ente associativo.
In altri termini l'esercizio associato della funzione di polizia municipale, se implica l'attribuzione all'ente destinatario (e quindi, alla competenza dei suoi organi, secondo le norme statutarie) della gestione delle funzioni indicate nell’art. 5 della citata legge n. 65/1986, richiede che, viceversa, rimangano in capo al sindaco le attribuzioni e i compiti di cui ai predetti articoli 50, comma 4 e 54. Difatti, i corpi di polizia municipale, siano essi appartenenti al singolo comune o intercomunali, costituiscono, in ogni caso; un apparato organizzativo strumentale riferibile al sindaco quale organo di vertice dell'organismo comunale e quindi esercente le funzioni attribuite allo stesso.
Si prega codesta Prefettura di voler portare a conoscenza delle considerazioni suesposte i comuni interessati.
Il Direttore centrale
Cicala
L. 7 marzo 1986, n. 65, art. 5
D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 50
D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 30 e segg.
D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 54
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venerdì 22 aprile 2011
Ministero dell'interno Nota 16-2-2011 n. 2674 Atto di convenzione per la gestione in forma associata del servizio di polizia locale tramite l’istituzione del Corpo Intercomunale Unico, stipulato tra i comuni di Bagno di Romagna, Borghi, Mercato Saraceno, Roncofreddo, Sarsina, Sogliano al Rubicone, Verghereto e la Comunità Montana - Unione dei comuni dell'Appennino Cesenate. Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Direzione centrale per gli uffici territoriali del governo e per le autonomie locali, Area 2 - Personale enti locali. Nota 16 febbraio 2011, n. 2674 (1).
Salute: con pillola terza generazione triplo rischio trombosi
SALUTE:CON PILLOLA TERZA GENERAZIONE TRIPLO RISCHIO TROMBOSI
(ANSA) - ROMA, 22 APR - Con le pillole anticoncezionali
cosiddette di 'terza generazione' aumenta di tre volte il
rischio di coaguli di sangue nelle vene, soprattutto delle gambe
e del bacino ovvero di trombosi venosa profonda. E' quanto
mostra una ricerca della Boston University School of Medicine,
pubblicata sul British Medical Journal.
In due studi sono stati analizzati gli effetti di due
anticoncezionali orali: quelli di 'terza generazione', a base di
drospirenone e quelli usati in precedenza, con levonorgestrel.
Nel primo studio, basato su dati provenienti dagli Stati
Uniti, i ricercatori hanno rilevato un aumento doppio del
rischio di comparsa di un coagulo di sangue tra le donne che
utilizzavano pillole con l'ormone drospirenone rispetto a quelle
che usavano anticoncezionali con levonorgestrel. I tassi di
incidenza sono stati di 30,8 casi ogni 100mila donne che usavano
la pillola con drospirenone e 12,5 casi ogni 100mila che
prendevano levonorgestrel.
Il secondo studio ha utilizzato dati dell'UK General Practice
Research Database e ha rilevato un rischio tre volte maggiore di
un coagulo di sangue (non fatale). In questa seconda ricerca
l'incidenza di coaguli e' stata di 23 ogni 100mila donne che
usavano la pillola con drospirenone contro i 9,1 per lo stesso
numero di consumatrici di pillola con levonorgestrel.
''I risultati confermano che i contraccettivi orali con
drospirenone non sono sicuri quanto quelli con levonorgestrel
rispetto alla tromboembolia venosa profonda - affermano gli
autori della ricerca - pertanto non dovrebbero essere la prima
scelta nella contraccezione orale''.
Y63
22-APR-11 11:53 NNNN
(ANSA) - ROMA, 22 APR - Con le pillole anticoncezionali
cosiddette di 'terza generazione' aumenta di tre volte il
rischio di coaguli di sangue nelle vene, soprattutto delle gambe
e del bacino ovvero di trombosi venosa profonda. E' quanto
mostra una ricerca della Boston University School of Medicine,
pubblicata sul British Medical Journal.
In due studi sono stati analizzati gli effetti di due
anticoncezionali orali: quelli di 'terza generazione', a base di
drospirenone e quelli usati in precedenza, con levonorgestrel.
Nel primo studio, basato su dati provenienti dagli Stati
Uniti, i ricercatori hanno rilevato un aumento doppio del
rischio di comparsa di un coagulo di sangue tra le donne che
utilizzavano pillole con l'ormone drospirenone rispetto a quelle
che usavano anticoncezionali con levonorgestrel. I tassi di
incidenza sono stati di 30,8 casi ogni 100mila donne che usavano
la pillola con drospirenone e 12,5 casi ogni 100mila che
prendevano levonorgestrel.
Il secondo studio ha utilizzato dati dell'UK General Practice
Research Database e ha rilevato un rischio tre volte maggiore di
un coagulo di sangue (non fatale). In questa seconda ricerca
l'incidenza di coaguli e' stata di 23 ogni 100mila donne che
usavano la pillola con drospirenone contro i 9,1 per lo stesso
numero di consumatrici di pillola con levonorgestrel.
''I risultati confermano che i contraccettivi orali con
drospirenone non sono sicuri quanto quelli con levonorgestrel
rispetto alla tromboembolia venosa profonda - affermano gli
autori della ricerca - pertanto non dovrebbero essere la prima
scelta nella contraccezione orale''.
Y63
22-APR-11 11:53 NNNN
TORRE DI PISA TORNA LIBERA DA PONTEGGI DOPO 20 ANNI DI RESTAURI
TORRE DI PISA TORNA LIBERA DA PONTEGGI DOPO 20 ANNI DI RESTAURI =
(AGI) - Pisa, 22 apr. - Dopo venti anni di lavori, la Torre di
Pisa, uno dei monumenti piu' noti al mondo, e' tornata libera
dai ponteggi che sono serviti per il restauro dei marmi. Le
ultime impalcature sono state infatti rimosse in queste ore e
la torre campanaria famosa per la sua pendenza che domina la
piazza dei Miracoli e' finalmente libera. I lavori sono serviti
sia per garantire la sicurezza del monumento messa a rischio
proprio dalla sua pendenza sia per ripulire i marmi bianchi che
la ricoprono. La festa ufficiale per celebrare l'avvenimento e'
fissata per il prossimo 17 giugno, in occasione del decennale
per la riapertura della Torre al pubblico e giorno in cui si
celebra San Ranieri, patrono di Pisa.(AGI)
Lu2/Mav
221229 APR 11
NNNN
Anno Zero puntata del 21 aprile 2011
tra gli altri interessantissimo intervento del figlio di Alessandrini (30° del filmato) e della figlia di Tobagi (45° del filmato)
giovedì 21 aprile 2011
Salute: ipercolesterolemia, nuova molecola per forme rare
SALUTE: IPERCOLESTEROLEMIA, NUOVA MOLECOLA PER FORME RARE
(ANSA) - MILANO, 22 APR - Buone notizie per i pazienti con
rare forme di ipercolesterolemia omozigote e trigliceridemia.
Finora incurabili, queste dislipidemie che colpiscono seimila
persone nel mondo (un centinaio in Italia), hanno oggi a
disposizione un farmaco, lomitapide, recentemente dichiarato
farmaco orfano dall' Fda, l'ente americano di controllo.
Un farmaco ''dai risultati sbalorditivi - afferma Cesare
Sirtori, preside della Facolta' di Farmacia dell'Universita' di
Milano e direttore del Centro Universitario Dislipidemie dell'
ospedale di Niguarda - in grado di dimezzare il colesterolo Ldl
(quello 'cattivo') dopo poche compresse, con riduzione in alcuni
casi anche del 70-80%''.
Si tratta di una vera rivoluzione nella vita di queste
persone, ''che possiedono un doppio gene patologico - spiega
Sirtori - non rispondono al trattamento con le statine e
necessitano di una terapia simile alla dialisi, la LDL-aferesi,
molto costosa e non sempre praticabile, specie nei bambini. Fino
ad oggi non esisteva una cura e le persone colpite, non potendo
essere trattate, morivano d'infarto in eta' giovanile''.
Oltre ai pazienti con ipercolesterolemia omozigote, la
lomitapide si sta rivelando il farmaco in grado di salvare anche
da un' altra malattia rara, la chilomicronemia, caratterizzata
da livelli molto elevati di trigliceridi (valori intorno a
10.000), che puo' causare pancreatiti anche fatali.
Questa molecola agisce da inibitore della Mtp (microsomal
transfer protein), proteina che assembla proteine, colesterolo e
trigliceridi nel fegato. ''In questo modo le Ldl non vanno in
circolo e il colesterolo scende in modo decisivo'', spiega il
farmacologo clinico milanese, che sta trattando con successo i
primi sette in Italia. In un primo tempo si temeva di non poter
utilizzare il farmaco sull'uomo perche' aveva fatto riscontrare
un eccessivo accumulo di grasso nel fegato, ma questo grave
effetto collaterale si e' rivelato transitorio e dopo sei mesi o
un anno la steatosi epatica regredisce spontaneamente.(ANSA).
BRA
21-APR-11 18:30 NNNN
(ANSA) - MILANO, 22 APR - Buone notizie per i pazienti con
rare forme di ipercolesterolemia omozigote e trigliceridemia.
Finora incurabili, queste dislipidemie che colpiscono seimila
persone nel mondo (un centinaio in Italia), hanno oggi a
disposizione un farmaco, lomitapide, recentemente dichiarato
farmaco orfano dall' Fda, l'ente americano di controllo.
Un farmaco ''dai risultati sbalorditivi - afferma Cesare
Sirtori, preside della Facolta' di Farmacia dell'Universita' di
Milano e direttore del Centro Universitario Dislipidemie dell'
ospedale di Niguarda - in grado di dimezzare il colesterolo Ldl
(quello 'cattivo') dopo poche compresse, con riduzione in alcuni
casi anche del 70-80%''.
Si tratta di una vera rivoluzione nella vita di queste
persone, ''che possiedono un doppio gene patologico - spiega
Sirtori - non rispondono al trattamento con le statine e
necessitano di una terapia simile alla dialisi, la LDL-aferesi,
molto costosa e non sempre praticabile, specie nei bambini. Fino
ad oggi non esisteva una cura e le persone colpite, non potendo
essere trattate, morivano d'infarto in eta' giovanile''.
Oltre ai pazienti con ipercolesterolemia omozigote, la
lomitapide si sta rivelando il farmaco in grado di salvare anche
da un' altra malattia rara, la chilomicronemia, caratterizzata
da livelli molto elevati di trigliceridi (valori intorno a
10.000), che puo' causare pancreatiti anche fatali.
Questa molecola agisce da inibitore della Mtp (microsomal
transfer protein), proteina che assembla proteine, colesterolo e
trigliceridi nel fegato. ''In questo modo le Ldl non vanno in
circolo e il colesterolo scende in modo decisivo'', spiega il
farmacologo clinico milanese, che sta trattando con successo i
primi sette in Italia. In un primo tempo si temeva di non poter
utilizzare il farmaco sull'uomo perche' aveva fatto riscontrare
un eccessivo accumulo di grasso nel fegato, ma questo grave
effetto collaterale si e' rivelato transitorio e dopo sei mesi o
un anno la steatosi epatica regredisce spontaneamente.(ANSA).
BRA
21-APR-11 18:30 NNNN
La contestazione di opposizione al pagamento di una sanzione amministrativa modalità
Cassazione Civile, Sezione Seconda, Ordinanza n. 8713 del 15/04/2011
Fatto e diritto
Fatto e diritto
Ritenuto che ################# ha impugnato per cassazione la sentenza del Giudice di pace di Napoli n. 41897/08, depositata il 17 giugno 2008, che ha rigettato la domanda di revocazione da essa proposta avverso la sentenza del medesimo Giudice di pace n. 102333 del 2006, depositata il 20 gennaio 2006;
che, con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 221 e 403 c.p.c., 203 del codice della strada e 18 e seguenti della legge n. 689 del 1981;
che la ricorrente ricorda che con la sentenza impugnata per revocazione, il Giudice di pace di Napoli aveva rigettato l’opposizione proposta avverso il verbale a lei notificato il 13 aprile 2005, relativo alla violazione accertata il 24 novembre alle ore 12,20, ad opera del conducente del veicolo a lei intestato, e che, a fondamento di detta opposizione, ella aveva dedotto, tra l’altro, la duplicazione della contestazione rispetto ad altro verbale elevato al conducente del veicolo il medesimo giorno, alle ore 12,30, avente ad oggetto la medesima infrazione rilevata nella medesima località;
che, osserva ancora la ricorrente, l’opposizione era stata rigettata dal Giudice di pace sul rilievo che “i motivi addotti a sostegno del ricorso in presenza di un verbale di contravvenzione redatto da Pubblico ufficiale non possono farsi valere in questa sede. Il verbale opposto è un atto pubblico (art. 2700 c.c.) e, pertanto, per ottenerne l’annullamento, in base ai motivi esposti in ricorso, è necessario formulare, innanzi al giudice competente, il procedimento di querela di falso espressamente previsto dall’art. 221 c.p.c. In particolare si evidenzia che il verbale opposto è diverso da quello indicato nel ricorso (numero e orario) per il quale l’opponente ha proposto opposizione al Prefetto di Napoli”;
che la #################ricorda quindi che avverso questa sentenza aveva proposto giudizio di revocazione, sostenendo che il Giudice di pace era incorso in errore percettivo, che lo aveva portato “ad escludere l’identità dei verbali opposti dal trasgressore, cui ha fatto seguito l’opposizione ex art. 203 C.d.S., e della coobbligata proprietaria del veicolo, che ha prodotto opposizione in alternativa a quella al Prefetto”;
che, tuttavia, il ricorso per revocazione era stato rigettato dal Giudice di pace di Napoli, secondo il quale il primo giudice non era affatto incorso in errore di fatto o in una svista, evidenziando che il verbale opposto era diverso da quello indicato nel ricorso (numero ed orario) per il quale era stata proposta opposizione al Prefetto e che il verbale non era stata elevato da ausiliari del traffico ma dai vigili urbani;
che la ricorrente ritiene che con la sentenza qui impugnata, il Giudice di pace abbia violato le indicate disposizioni, per non avere rilevato la incidenza causale dell’errore di fatto che sarebbe stato compiuto nella prima sentenza, nella quale si era affermata la necessità della querela di falso, e per avere affermato la diversità dei verbali elevati per la medesima violazione, laddove dagli atti emergeva che i verbali, pur recando un diverso orario, si riferivano alla stessa infrazione compiuta nella medesima via, contestata alla proprietaria con notificazione del verbale e al proprietario con contestazione immediata;
che, dunque, attesa la identità della infrazione, la ricorrente sostiene che i due verbali presenterebbero, quanto all’orario, una insanabile contraddittorietà, tale da precludere ad entrambi i verbali di acquisire efficacia probatoria privilegiata;
che, infine, la ricorrente rileva che, non essendo intervenuto il provvedimento del Prefetto sull’opposizione proposta avverso il verbale contestato personalmente al conducente, dovrebbe ritenersi verificata la decadenza della pretesa sanzionatoria dell’amministrazione anche riguardo al verbale oggetto di opposizione in sede giurisdizionale;
che, a conclusione del motivo, la ricorrente, ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., chiede alla Corte di stabilire “se il mero apprezzamento personale espresso dai verbalizzanti circa l’orario indicato nei p.v. contravvenzionali, h. 12,20 e 12,30, costituisca o meno atto assistito da fede privilegiata, e se allo stesso debba o meno riservarsi il giudizio della querela di falso”;
che il ricorso è stato notificato alla Prefettura di Napoli e al Comune di Napoli;
che solo la Prefettura ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente la inammissibilità del ricorso;
che, ravvisate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ., il relatore designato ha formulato una proposta di decisione nel senso della inammissibilità del ricorso;
che la relazione è stata comunicata alle parti e al Pubblico Ministero.
Rilevato che la ricorrente ha depositato memoria, con la quale contesta la proposta di decisione contenuta nella citata relazione.
Considerato che, essendo la sentenza revocanda una sentenza del giudice di pace emessa prima della entrata in vigore del d.lgs. n. 40 del 2006, la sentenza che ha deciso sulla revocazione è suscettibile, ai sensi dell’art. 403 c.p.c., delle medesime impugnazioni proponibili avverso la sentenza oggetto di revocazione, e quindi, nel caso di specie, di ricorso per cassazione;
che va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dall’amministrazione controricorrente, per mancanza del quesito di diritto, atteso che il ricorso contiene la formulazione di idoneo quesito di diritte-che il ricorso è tuttavia infondato, dal momento che non appare revocabile in dubbio, sulla base della stessa ricostruzione dei fatti contenuta in ricorso, che il verbale oggetto di opposizione si configuri come atto diverso rispetto a quello contestato personalmente al conducente;
che la sentenza impugnata, dunque, nell’avere escluso la sussistenza del denunciato vizio revocatorio, si sottrae alle doglianze della ricorrente;
che le censure sono anche infondate con riferimento al merito alla questione oggetto del quesito di diritto, formulato sul presupposto della identità della infrazione oggetto di contestazione con i due verbali, e consistente nella asserita inidoneità dell’accertamento dell’orario contenuto nel verbale oggetto di opposizione in sede giurisdizionale ad acquisire efficacia probatoria privilegiata, stante l’esistenza di altro verbale, asseritamente riferito alla medesima infrazione, redatto in un orario differente;
che, invero, la risposta al quesito di diritto formulato dalla ricorrente non può essere altro che affermativa, nel senso che l’attestazione del verbalizzante circa l’ora della rilevata infrazione costituisce accertamento assistito da fede privilegiata superabile solo con la querela di falso;
che trova infatti applicazione il principio affermato dalle sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggetti va, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto assistita da fede privilegiata l’indicazione nel verbale del mancato uso della cintura di sicurezza da parte del trasgressore, in quanto oggetto diretto della constatazione visiva del pubblico ufficiale accertatore)” (Cass., SSUU, n. 17355 del 2009);
che certamente la rilevazione dell’orario della infrazione è attività insuscettibile di apprezzamento e rispetto al quale non è possibile prospettare una irresolubile contraddittorietà rispetto alle ulteriori circostanze attestate nel verbale, la cui non veridicità può quindi essere dimostrata unicamente attraverso il giudizio di querela di falso;
che il ricorso deve quindi essere rigettato;
che, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, nella misura di cui in dispositivo, in favore della costituita amministrazione, mentre non vi è luogo a provvedere sulle spese riguardo al Comune di Napoli, non avendo detto ente svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della Prefettura di Napoli, che liquida in Euro 400,00, per onorari, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito.
Depositata in cancelleria il 15 aprile 2011
Cassazione "...Ipoacusia da rumore e risarcimento..."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente
Dott. STILE Paolo - Consigliere
Dott. DI CERBO Vincenzo - rel. Consigliere
Dott. CURZIO Pietro - Consigliere
Dott. TRIA Lucia - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
---delega in atti;
- ricorrente -
contro
---
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 378/2007 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 11/10/2007 r.g.n. 690/04 + 1;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/12/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI CERBO;
udito l'Avvocato ---
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Con ricorso al Giudice del lavoro di Ascoli Piceno --- ed altri cinque lavoratori, tutti dipendenti della ---s.r.l., chiedevano la condanna della suddetta società al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell'ipoacusia da rumore contratta durante l'attività lavorativa prestata alle dipendenze della stessa.
Il giudice adito accoglieva la domanda proposta dai lavoratori tranne quella del Tr. relativamente alla quale riteneva che il diritto azionato fosse prescritto.
La Corte d'appello di Ancona, decidendo, fra l'altro (gli altri profili non rilevano in questa sede di legittimità) sul gravame proposto dal -. , lo rigettava.
Affermava in particolare che già nel (Omissis) il -. aveva avuto conoscenza della malattia e della sua eziologia professionale e che pertanto non rilevavano, ai fini della decorrenza del termine prescrizionale, il protrarsi dell'esposizione a rischio e la perdurante inosservanza, da parte del datore di lavoro, dei doveri ex articolo 2087 cod. civ, atteso che non era stata dimostrata la sussistenza di un aggravamento del danno dovuto non già al mero peggioramento della malattia in atto ma all'insorgere di una nuova ed autonoma lesione derivante dalla ulteriore esposizione al rischio professionale. Ciò in applicazione del principio secondo cui l'aggravamento del danno derivante da un mero peggioramento del processo morboso già in atto non vale a determinare lo spostamento del termine iniziale della prescrizione decennale.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso affidato a due motivi.
La società - (divenuta s.p.a. prima dell'inizio del giudizio d'appello) resiste con controricorso.
Diritto
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'articolo 112 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4, deducendo l'omessa pronuncia su una questione giuridica, puntualmente sottoposta alla Corte territoriale, concernente il decorso, o meno, del termine prescrizionale in costanza della condotta illecita datoriale.
Col secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 2087, 2934, 2935 e 2946 cod. civ. in relazione all'erronea individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione. La Corte di merito non aveva infatti tenuto conto del diverso regime della decorrenza a seconda del carattere istantaneo, ovvero permanente, dell'illecito. Nel caso di specie la condotta datoriale di violazione degli obblighi derivanti dall'articolo 2087 cod. civ. si era protratta oltre la data nella quale il lavoratore aveva avuto conoscenza della natura professionale della malattia dalla quale era affetto.
I due motivi, che devono essere trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono fondati.
Va premesso che sulla questione della prescrizione la Corte d'appello si è pronunciata, sicchè è infondata la censura di omessa pronuncia cui il ricorrente fa riferimento nel primo motivo.
La censura di violazione di legge sostanziale di cui è fatto cenno nel primo motivo e che è sviluppata pienamente nel secondo motivo di ricorso, è invece fondata.
Deve premettersi che, trattandosi di domanda di risarcimento del danno basata sulla responsabilità del datore di lavoro derivante dall'inadempimento degli obblighi, inerenti al rapporto di lavoro, di tutela delle condizioni di lavoro del dipendente (articolo 2087 cod. civ.), si applica alla stessa la prescrizione decennale (cfr., ad esempio, Cass. 11 settembre 2007 n. 19022).
Secondo il costante insegnamento di questa Corte di legittimità occorre distinguere, ai fini della decorrenza del termine prescrizionale fra illecito istantaneo con effetti permanenti - caratterizzato da un'azione che unu actu perficitur, che cioè si esaurisce in un lasso di tempo definito, lasciando peraltro permanere i suoi effetti nel tempo - e illecito permanente, nel quale, cioè, la condotta illecita si protrae nel tempo.
Mentre nel primo caso, in base all'articolo 2935 cod. civ., la prescrizione decorre dalla data in cui s'è verificato il danno, cioè la conseguenza pregiudizievole derivata dalla lesione della posizione giuridica soggettiva tutelata (purchè il danneggiato ne sia consapevole e non sussistano impedimenti giuridici a far valere il diritto al risarcimento), nel secondo, in base alla stessa norma e nella ricorrenza degli stessi presupposti (conoscenza e difetto di impedimenti), la prescrizione della pretesa risarcitoria decorre dalla data di cessazione della condotta illecita, come correttamente sostenuto dal ricorrente (cfr. Cass. 13 febbraio 1998 n. 1520; Cass. 21 febbraio 2004 n. 3498, entrambe in motivazione; Cass. 2 febbraio 2004 n. 6515). Ed infatti il protrarsi nel tempo della condotta illecita determina lo spostamento della decorrenza del termine prescrizionale all'epoca della definitiva cessazione della medesima (cfr. Cass. 7 novembre 2005 n. 21500).
La decisione impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, avendo attribuito esclusivo rilievo, ai fini della decorrenza del termine prescrizionale decennale, alla data in cui il Tr. ha avuto conoscenza della malattia e della sua eziologia professionale in una situazione nella quale, come peraltro evidenziato dalla stessa Corte territoriale, l'inosservanza, da parte del datore di lavoro, dei doveri ex articolo 2087 cod. civ. si era pacificamente protratta oltre la suddetta data.
La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata con rinvio ad altro giudice, individuato come in dispositivo, il quale dovrà applicare il seguente principio di diritto: in tema domanda di risarcimento del danno subito dal lavoratore per effetto della mancata tutela da parte del datore delle condizioni di lavoro, domanda quindi basata sulla responsabilità del datore di lavoro derivante dall'inadempimento degli obblighi allo stesso imposti dall'articolo 2087 cod. civ., la prescrizione decennale, applicabile a tale fattispecie, decorre dal momento in cui il danno si è manifestato, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile e non dal momento di un successivo aggravamento che non sia dovuto ad una causa autonoma, dotata di propria efficienza causale; ove peraltro il suddetto inadempimento da parte del datore di lavoro si sia protratto oltre il momento come sopra individuato, il termine prescrizionale inizia a decorrere al momento della definitiva cessazione della condotta inadempiente.
Il giudice del rinvio provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione ex articolo 385 c.p.c., comma 3.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Perugia.
"Che cosa è un SGSL" (Dr.ssa Silvana Toriello)
CHE COSA E’ UN SGSL
(Dr.ssa Silvana Toriello)
PREMESSA
Facendo seguito a precedente contributo in cui è stato illustrato il nesso tra l’esenzione da responsabilità amministrativa d’impresa e l’adozione di specifici modelli organizzativi si affronta qui il tema dell’SGSL utile anche ai fini della riduzione del premio Inail resa più appetibile a oggi dal DM del 3. 12.2010 di riscrittura a tariffa vigente dell’art. 24 del DM.12.12.2000. Un SGSL è un sistema per il quale la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e di terzi eventualmente presenti viene realizzata mediante l’adozione di uno schema organizzativo e procedurale organico, ben strutturato e specifico per ciascuna realtà aziendale. È uno strumento volontario (l’obbligo riguarda solo gli impianti a rischio di incidente rilevante) ed è parte integrante della gestione aziendale. Un sistema di gestione della sicurezza sul lavoro correttamente implementato deve garantire:la riduzione dei costi derivanti da incidenti, infortuni e malattie correlate al lavoro attraverso la minimizzazione dei rischi a cui possono essere esposti i dipendenti e in genere tutte le persone che possono ruotare attorno all'azienda (clienti, fornitori, etc.);l'aumento dell'efficienza dell'impresa;il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza sul lavoro;la massima facilità nel poter produrre tutta la documentazione richiesta dalle nuove norme
L’ANDAMENTO INFORTUNISTICO
Sul sito dell’Inail si legge : Nel2010 gli infortuni sul lavoro hanno registrato un calo dell`1,9% mentre gli incidenti mortali sono scesi del 6,9% (oscillando da 1.053 a 980)..Gli infortuni, spiega l`Inail, sono passati da 790.000 casi del 2009 ai 775.000 eventi dello scorso anno. Analizzando i numeri diffusi dall`Istituto assicuratore, affiorano differenze di un certo rilievo nell`andamento infortunistico per i diversi rami di attività: la flessione è lievemente più pronunciata nell`industria (-6,1%), dove prosegue la consistente perdita di posti di lavoro (-2,9% di occupati in confronto al 2009), che nell`agricoltura (-4,9%), peraltro in leggera espansione occupazionale (+0,7%). Positivo anche il dato relativo al settore costruzioni, che riscontra un decremento degli infortuni pari al 7,3%, senza essere stato particolarmente penalizzato sotto`il profilo dell`occupazione (-0,1 %) rispetto all`anno precedente. Un aumento contenuto (+1,3%) si osserva, poi, nelle attività dei servizi, a fronte di un andamento occupazionale appena crescente (+0,4%). Quanto ai casi mortali, la diminuzione nei servizi è inferiore in confronto agli altri i rami di attività (-4,1% da 438 a 420), mentre invece è ancora abbastanza rilevante nell`industria (-8,6% da 487a 445) e, segnatamente, nelle costruzioni (-10,5%, da 229 a 205). Estremamente significativo in termini percentuali appare il ridimensionamento dei decessi sul lavoro in agricoltura (-10,2%, da 128 a 115). il dato sugli eventi fatali, sottolinea l`Inail, "è comunque inaccettabile; Tuttavia per la prima volta dal dopoguerra, si scende sotto la soglia dei mille morti l`anno": Dal punto di vista territoriale, la caduta rilevata è pressoché generalizzata, ma il Mezzogiorno, che più ha sofferto per la crisi occupazionale (-1,6% contro -0,4% del Nord.e un percettibile miglioramento del dato al Centro), fa osservare una contrazione del3,2% per gli infortuni in totale, a fronte di una riduzione dell`1,8 per cento del Centro e à dell`1,5% del Nord Al Centro il calo dei casi mortali (pari all`11,8per cento, da 221 a 195) è molto importante, ma il termine di paragone è un 2009 che aveva segnato, nella stessa area, una pericolosa recrudescenza del gravissimo fenomeno. In generale, si consolida il trend favorevole dell`andamento infortunistico avviato già da molti anni, con un`ulteriore flessione i rispetto a12009, a sua volta anno di discesa record in confronto al 2008 (-10 per cento). In tale occasione si attribuì parte della buona performance positiva al trend negativo dell`economia nazionale (e interla crisi occupazionale, il massiccio ricorso a cassa integrazione ed il blocco degli straordinari, incidevano sensibilmente sulla presenza e sull`esposi zione al rischio d`infortunio dei lavoratori sui luoghi di lavoro. In tal senso si evidenzia, per il 2010, l`influenza di una congiuntura economica meno sfavorevole, espressa sinteticamente dal depauperamento occupazionale stimato dall`Istat globalmente pari a -0,6per cento rispetto al 2009 (-1,6 per cento nel 2009 in confronto al 2008
Gli infortuni dunque calano ma il livello di attenzione resta alto e con esso l’esigenza di attuare idonee misure di prevenzione che rendano i luoghi di lavoro sicuri.
L’INCREMENTO DELLE MALATTIE PROFESSIONALI
E' un aumento percentuale a due cifre - l'11% in più nel corso dell'ultimo biennio - quello registrato dall'andamento delle malattie professionali in Italia. Nel 2008 le denunce pervenute all'INAIL hanno raggiunto quota 29.704: mille in più rispetto al 2007 (+3,2%), anno che aveva già registrato a sua volta un incremento di ben 2mila casi sull'anno precedente (+7,4%). A fronte, dunque, di una flessione ormai consolidata dei casi mortali, le patologie professionali nel nostro Paese procedono in controtendenza: un dato - si sottolinea nel Rapporto Annuale 2008 dell'INAIL - che non va genericamente imputato a un peggioramento delle condizioni di salubrità negli ambienti di lavoro; piuttosto all'emersione del fenomeno e alla maggiore sensibilità verso un problema in precedenza spesso sottovalutato.
Le patologie più diffuse. Entrando nello specifico delle cifre, la quasi totalità dei casi denunciati (il 93%, pari a 27.539 domande) riguarda il settore dell'industria e dei servizi; i casi restanti si dividono, invece, in 1.817 domande relative al comparto agricolo e 348 tra i dipendenti del conto Stato. La sordità si conferma la malattia professionale più diffusa (5.700 casi, il 20% sul totale nel 2008), pur con un'incidenza che diminuisce progressivamente. Tra le patologie emergenti si segnalano, in particolare, quelle che colpiscono l'apparato muscolo-scheletrico: le denunce per tendiniti (oltre 4mila) e le affezioni dei dischi invertebrali (circa 3.800) sono, infatti, più che raddoppiate nell'ultimo lustro. Numericamente rilevanti sono anche le denunce per artrosi (circa 1.900 casi) e per sindrome del tunnel carpale (circa 1.500). Particolare importanza, inoltre, stanno assumendo i disturbi psichici lavoro-correlati (nell'ultimo quinquennio hanno toccato i circa 500 casi l'anno, in larga parte individuati come "mobbing"). Un fenomeno a sé è rappresentato, infine, dall'asbestosi (600 casi): una patologia drammatica e particolarmente sfuggente che - come verrà specificato successivamente - presenta periodi di latenza di anche quaranta anni (secondo le stime il picco di manifestazione sarà raggiunto intorno al 2025).
Tanti gli indennizzi per menomazioni permanenti. Una differenza sostanziale (quanto naturale) contraddistingue gli infortuni sul lavoro dalle malattie professionali: se gli indennizzi, per i primi, riguardano essenzialmente inabilità temporanee (95% sul totale), per le seconde, invece, sono relativi a menomazioni permanenti (80%). Questa peculiarità è dovuta alla natura stressa dei due eventi lesivi: un infortunio, infatti, è accidentale e traumatico (ma ha maggiori possibilità di guarigione), una patologia è più insidiosa e, la maggior parte delle volte, gravemente minante per il fisico. Non a caso l'incidenza dei casi mortali sul complesso degli indennizzati è molto più elevata tra i tecnopatici che non tra gli infortunati: al punto da fare ritenere che siano le malattie, più che gli incidenti di per sé (come già detto, ormai stabilmente in calo negli anni), la reale "piaga sociale" che affligge il mondo del lavoro.
I tumori: un nemico subdolo e difficilmente quantificabile. Citando il Rapporto Annuale del 2008 dell'INAIL: "Una valutazione realistica dei casi mortali da malattia professionale richiede necessariamente una visione prospettica di lungo periodo in considerazione del fatto che, ad esempio, i 280 decessi relativi al 2008, risultanti alla data di rilevazione del 30 aprile 2009, sono destinati inevitabilmente ad aumentare. E questo non solo per effetto di casi ancora in corso di definizione, ma anche e soprattutto in considerazione delle caratteristiche di latenza di alcune patologie, che possono portare alla morte anche dopo molti anni dall'esposizione al rischio, dalla contrazione o dalla manifestazione della patologia".
Analizzando i decessi per malattie professionale, i tumori rappresentano complessivamente, in media, circa il 90% delle malattie professionali letali indennizzate dall'INAIL e addebitabili per lo più alla causa "storica": l'asbesto. Con circa 2mila denunce nel 2008 quello dei tumori è, dunque, un fenomeno in crescita e non ancora pienamente rappresentato dai numeri, al punto da fare ritenere possibile una obiettiva quantificazione della loro dimensione reale soltanto tra alcuni decenni. Al di là di questa precisazione metodologica, attraverso appropriate tecniche di previsione statistica si è stimato che allo stato attuale "la generazione completa" di morti per patologie professionali denunciate nel 2008 si aggirerà intorno alle mille unità.
Il capitolo delle malattie professionali è un capitolo importante che non può essere assolutamente sottovalutato e che si complica se si considera il lasso temporale che intercorre tra il determinarsi della causa ed il generarsi dell’effetto. Sotto lo specifico profilo dell’adozione di misure di prevenzione esige , dunque, specifica attenzione.
LA RIDUZIONE DEGLI INDICI DI FREQUENZA DEGLI INFORTUNI
Un nesso sicuramente importante esiste tra la crescita del tasso di innovazione tecnologica dei processi produttivi e la riduzione degli indici di frequenza degli infortuni. L’innovazione tecnologica dei processi produttivi, favorisce un trend infortunistico in diminuzione. Ma l’innovazione tecnologica non basta da sola a garantire l’abbattimento dell’indice infortunistico. Per contribuire all’abbattimento di detto indice vanno introdotti sistemi organizzativi e gestionali, sgsl per l’appunto, capaci di creare un nesso tra investimenti in tecnologie e complessiva organizzazione aziendale. L’elevato costo sociale degli infortuni è noto ed è un costo che si riversa in primis sulle stesse organizzazioni produttive e non è solo un costo assicurativo. Sono per lo più costi indiretti di cui , a volte, si rischia di non avere immediata contezza. L’adozione di un SGSL favorendo la riduzione del fenomeno infortunistico favorisce per lo specifico aspetto il complessivo business aziendale. Una recente ricerca condotta dall’INAIL ha evidenziato che l’andamento infortunistico nelle aziende che adottano un SGSL presenta una riduzione del:15,4% nell’indice di frequenza (If) 22% nell’indice di gravità (Ig) rispetto alle aziende che non adottano tale sistema
BREVE STORIA DEGLI SGSL
L’origine va cercata certamente nei sistemi di gestione della qualità oltre che nei sistemi di gestione ambientale. Un Sistema di Gestione della Qualità è l’insieme di tutte le attività collegate e interdipendenti che influenzano la qualità di un prodotto o di un servizio. Il Sistema di Gestione della Qualità è l'elemento basilare da cui partire per aumentare i livelli qualitativi all'interno delle organizzazioni.
Il Sistema di gestione della qualità è costituito da:
- una struttura organizzativa - i processi - le responsabilità - le procedure - le risorse - persone che sanno cosa fare - persone che sanno come farlo - persone che hanno i mezzi per farlo - persone motivate a farlo perché hanno un obiettivo comune
Il modello di gestione della Qualità proposto dalle norme ISO 9000 pone tra i suoi obiettivi la prevenzione e il miglioramento continuo attraverso la riorganizzazione delle procedure, del sistema organizzativo aziendale, delle responsabilità e delle risorse, e attraverso verifiche, azioni correttive, revisioni e riesami. Questi obiettivi, come anche, ad esempio, le modalità del loro raggiungimento tramite analisi preliminari, valutazioni, definizione di politiche, risultano comuni alla gestione di altre variabili strategiche per lo sviluppo di un'organizzazione, quali l'Ambiente e la Sicurezza. Ciò è vero soprattutto quando si considerino come modelli di riferimento per la gestione di Ambiente e Sicurezza quelli proposti, rispettivamente, dalla famiglia delle norme internazionali ISO 14000 per quanto riguarda l'Ambiente, e, per quanto riguarda la Sicurezza, dalle linee guida BS 8800 e OHSAS 18002 e dalla norma OHSAS 18001. Alla luce delle analogie riscontrabili tra i modelli è addirittura possibile per un'organizzazione decidere di strutturare una gestione integrata delle tre variabili attraverso un unico Sistema di Gestione Integrato per la Qualità, l'Ambiente e la Sicurezza. In particolare la BS 8800 (Guide to occupational health and safety management systems) è uno standard emanato nel 1996 in Gran Bretagna che costituisce una linea guida (non certificabile, quindi) per la realizzazione di un sistema di gestione della salute e sicurezza dei lavoratori. In base al modello proposto la politica per la sicurezza di un'organizzazione si amplia da mera applicazione della legge vigente (rappresentata in Italia principalmente dal D.Lgs 81/2008 e s.m.i.) a sviluppo di un Sistema di Gestione della Sicurezza a garanzia e protezione "dei lavoratori e di tutti gli altri soggetti la cui salute e sicurezza possa essere influenzata dalle attività dell'organizzazione" stessa. Ciò implica "un approccio strutturato all'identificazione dei pericoli e alla valutazione e controllo dei rischi correlati alle attività lavorative". La norma OHSAS 18001 (Occupational health and safety management systems. - Specification) è stata rilasciata in Gran Bretagna nell'aprile del 1999 ed è stata sviluppata da un gruppo di lavoro avviato nel 1998 dal BSI (British Standard Institution). La norma offre un modello per realizzare un Sistema di Gestione della Sicurezza volto alla prevenzione e al controllo dei rischi relativi alla salute e sicurezza dei lavoratori e costituisce uno standard per il quale è possibile richiedere una certificazione. Tra i documenti di riferimento sui quali si basa si ricorda la BS 8800 (Guide to occupational health and safety management systems) aggiornata nel 2004. Nel gennaio 2000 e' stata pubblicata, sempre dal BSI, una linea guida per l'applicazione di un Sistema di Gestione della Sicurezza, la OHSAS 18002 (Guidelines for the implementation of OHSAS 18001). Nel 2001 vengono pubblicate le Linee guida dell’ILO sui sistemi di gestione della sicurezza e della salute sul lavoro (ILO-OSH 2001 - Guidelines on occupational safety and health system) che, benché si applichino a tutti i settori produttivi, risultano particolarmente utili per il settore delle costruzioni in quanto mettono in luce questioni legate al sub-appalto. Hanno fatto seguito di INAIL, UNI, ISPESL nel settembre 2001, le "Linee Guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL)" condivise con le parti sociali e pubblicate a cura dell’UNI. . In Europa molti paesi, tra cui la Germania, l’Austria, l’Irlanda, hanno seguito l’esempio italiano ed hanno pubblicato delle Linee Guida nazionali in materia di SGSL. Come gia accennato, nell’estate del 2007 sono state aggiornate e modificate le OHSAS 18001. Nel 2008 è stata ripubblicata la OHSAS 18002 che riporta i requisiti specifici dalla OHSAS 18001 e li fa seguire dalla relativa spiegazione. La numerazione dei paragrafi della OHSAS 18002 corrisponde a quella della OHSAS 18001.La OHSAS 18002 verrà rivista o modificata al momento appropriato. Le revisioni verranno effettuate quando verranno pubblicate le nuove edizioni della 18001 (previste in concomitanza con la pubblicazione delle revisioni della ISO 9001 o della ISO 14001).
IL MODELLO GESTIONALE DELLE LINEE GUIDA SGSL
II modello gestionale delle Linee Guida SGSL si basa sui seguenti punti : impostazione logica data dal “ciclo di Deming”, dalla gestione sistemica e per processi delle organizzazioni, e dall’approccio al miglioramento continuo, integrabilità con il sistema di gestione per la qualità (ISO 9000) e per l’ambiente (ISO 14000), adozione volontaria del sistema da parte dell’azienda e non l’assoggettabilità del SGSL e dei suoi contenuti agli Enti di vigilanza, impossibilità della certificazione di parte terza del SGSL.In un documento stilato da Inail e condiviso da Confindustria Udine al cui sito si fa rinvio per ulteriori approfondimenti ,così viene presentato il modello gestionale di un SGSL:
Il ciclo PDCA della sicurezza si articola secondo quanto segue. Il primo obiettivo è acquisire tutte le informazioni e gli elementi necessari per valutare l’effettivo livello di sicurezza, l’adeguatezza degli aspetti gestionali e di controllo dei rischi nello status quo al fine di determinare con chiarezza:
_ quale livello di sicurezza è possibile realizzare
_ quali sono gli obiettivi raggiungibili
_ quale è il migliore approccio per raggiungerli
_ la struttura organizzativa per la gestione della sicurezza
Si passa poi a
confrontare e verificare:
_ il rispetto della legislazione e delle prescrizioni normative nel campo della sicurezza e salute;
_ quali risorse sono dedicate alla gestione e attuazione della sicurezza;
_ se le risorse sono sufficienti ed adeguate;
_ l’esistenza di procedure e documentazioni interne;
_ definire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine.
Individuare e tempificare le attività da svolgere per la sicurezza ed i documenti da emettere (cosa fare). Si definisce quindi un documento programmatico.
Definire i compiti , le responsabilità e conferire gli incarichi (chi fa). Definire le procedure, formalizzate e non, per raggiungere gli obiettivi (come si fa)
Stabilire i punti di verifica e/o riesame in corrispondenza di determinate fasi del processo gestionale.
Attivare le risorse per realizzare le attività pianificate.
_Controllare continuamente che le procedure siano messe in atto.
_Attivare i processi informativi, comunicativi e formativi previsti.
_ Controllare che le relazioni e le interfacce interne aziendali siano efficaci ed efficienti.Il controllo e l’adozione di misure correttive costituiscono momenti chiave per la verifica dell’efficacia del sistema di gestione, in quanto permettono il riesame di tutti gli elementi del sistema e l’attivazione del feed-back. Bisognerà quindi monitorare e misurare con regolarità le prestazioni del sistema acquisendo tutte le informazioni su infortuni, le non conformità,l’adozione di misure correttive e di misure preventive; identificare, conservare e gestire le registrazioni; stabilire ed effettuare un programma di audit periodici. Alla luce dei risultati delle procedure di controllo e degli audit di sistema l’organizzazione dovrà: periodicamente riesaminare il sistema di gestione della sicurezza; assicurare la sua continua adeguatezza e il riesame sistematico; valutare la necessità di eventuali modifiche alla politica, agli obiettivi e a tutti quegli elementi del sistema che, alla luce dei risultati degli audit, si rilevano non conformi. Per dare attuazione alla politica di SSL il SGSL deve integrarsi ed essere congruente con la gestione complessiva dell’azienda.In ogni processo aziendale si dovrebbero determinare non solo i rischi e le conseguenti misure di prevenzione, ma anche l’influenza che lo svolgimento di tale processo ha sulle problematiche di SSL di tutti i processi correlati, sul funzionamento del SGSL e sul raggiungimento degli obiettivi prefissati. L’azienda deve definire modalità per:
_individuare i propri processi e le loro influenze reciproche
_analizzare e studiare soluzioni per eventualmente modificare i processi
stessi o le loro modalità di correlazione per raggiungere gli obiettivi di SSL e/o per migliorare l’efficienza e l’efficacia del SGSL
L’azienda deve:
_evidenziare le misure di prevenzione e protezione e le interrelazioni tra i vari soggetti e processi aziendali che hanno influenza sulla SSL
_definire “CHI FA CHE COSA”
_definire i metodi di gestione per raggiungere i risultati prefissati Un SGSL, come ogni sistema di gestione, dovrebbe prevedere una fase di verifica del raggiungimento degli obiettivi e una fase di verifica della funzionalità del sistema stesso. Si dovrebbero perciò prevedere due livelli di monitoraggio.
1° LIVELLO = monitoraggio operativo di processo E’ svolto da risorse interne della struttura, sia in autocontrollo da parte dell’operatore, sia da parte del preposto.Per aspetti specialistici (ad esempio: verifiche strumentali) può comportare il ricorso ad altre risorse umane interne o esterne all’azienda. Dopo la conclusione del ciclo di monitoraggio interno il vertice aziendale dovrebbe sottoporre a riesame le attività del SGSL.
Argomenti tipici del riesame possono essere:
_statistiche infortuni
_risultati dei monitoraggi interni (non conformità rilevate NC)
_azioni correttive (AC) intraprese
_rapporti sulle emergenze (reali o simulate)
_rapporti del Responsabile designato dalla direzione sulle prestazioni
complessive del sistema
_rapporti sull’efficacia del sistema di gestione
_rapporti sull’identificazione dei pericoli e sulla valutazione e controllo dei rischi
2°LIVELLO = verifica ispettiva interna (audit), verifica raggiungimento obiettivi e verifica funzionamento
In conclusione del riesame, oltre a valutare lo stato di conseguimento degli obiettivi già fissati, la direzione, alla luce dei risultati del monitoraggio, dell’esecuzione delle AC e delle eventuali modifiche della situazione,dovrebbe stabilire nuovi obiettivi, nell’ottica del miglioramento progressivo, considerando l’opportunità di modificare la politica, le procedure o eventuali altri elementi del sistema.
LA CERTIFICAZIONE DEI SGSL
La certificazione di un sistema di gestione è un processo volontario secondo il quale una terza parte indipendente, detto organismo di certificazione, ne verifica 1'implementazione attuata da un'organizzazione, per accertare che il sistema sia conforme allo standard di gestione che si è deciso di seguire e che si sia in grado di raggiungere gli obiettivi ed opera con efficienza ed efficacia (F. Benedetti in Aifos). Per i SGSL lo standard di riferimento e la BS OHSAS 18001:2007.Gli enti di certificazione possono essere o meno accreditati da un ente nazionale deputato a questo scopo.Dal 2003 e operativo in Italia un regolamento ufficiale per 1'accreditamentodegli organismi di certificazione dei sistemi di gestione della salute e la sicurezza sul lavoro.Questo regolamento emanato dal SINCERT, ente di accreditamento italiano oggi sostituto da ACCREDIA63, e denominato RT 12 SCR, e stato redatto con la collaborazione della gran parte delle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, e dei principali enti pubblici come 1'INAIL.Nel 2006 è terminata la prima revisione dell'RT 12 SCR che è la versione ancora oggi applicata ed è disponibile sul sito web di ACCREDIA.
Cassazione "...Esclusa la valutazione equitativa del danno biologico da stress da lavoro straordinario..."
Cassazione civile, Sez. Lav., Sentenza 08 marzo 2011, n. 5437.
FATTO E DIRITTO
La ################# chiede l'annullamento della sentenza della Corte d'Appello di Milano, pubblicata il 4 settembre 2006, che, riformando in parte la decisione di rigetto del Tribunale di Milano, ha accolto alcuni capi della domanda proposta dal dipendente #################
Quest'ultimo aveva convenuto in giudizio la società ricorrente, chiedendo il riconoscimento della qualifica superiore di autista di cat. B3; il risarcimento del danno biologico per usura da stress psicofisico; nonché del danno psichico da mobbing; il pagamento di 4.407,87 Euro per mancati riposi; il risarcimento del danno morale ed esistenziale; le somme derivanti dalla considerazione dello straordinario svolto su gli altri istituti contrattuali per complessivi 17.578,22 Euro; il rimborso delle spese mediche e di cura. Il Tribunale aveva integralmente respinto la domanda.
La Corte d'Appello ha accolto in parte l'impugnazione del T. e ha condannato la società datrice di lavoro a pagargli un importo pari al 15% della retribuzione netta percepita nel periodo febbraio 1999 - dicembre 2001 a titolo risarcitorio; ha confermato il rigetto degli altri capi della domanda; ha condannato la società alla rifusione di metà delle spese del giudizio di primo e secondo grado, compensando l'altra metà.
La Corte ha ritenuto che "sull'istruttoria svolta si può ritenere che T. sia stato sottoposto nello svolgimento delle mansioni ad usura da 'stress' psicofisico a causa dell'effettuazione di un numero rilevante e continuativo di ore di lavoro straordinario". Ha rilevato, infatti, che dai documenti e dalla prova testimoniale emerge che questi svolse, nell'anno 2001, 144 ore di straordinario mensile, 1729 complessive, pagate dalla società cui era ben nota la situazione.
Esaminata analiticamente la prova la Corte ha ritenuto che le mansioni del T. consistevano non solo nell'accompagnare l'ispettore nelle case sgomberate o da sgomberare, ma anche nel presidiare le suddette case perché non fossero rioccupate dagli abusivi e che il relativo orario di lavoro si allungava a dismisura, con turni che a volte si sovrapponevano l'uno sull'altro.
Ciò ha indotto la Corte a liquidare la somma su indicata, quantificata in via equitativa, a titolo di risarcimento del danno biologico.
La società propone nove motivi di ricorso: 1) Violazione del D.P.R. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13. Quesito formulato: "se il danno biologico verificatosi nel 2001, sotto la vigenza della L. n. 38 del 2001, è coperto dall'assicurazione obbligatoria e non deve pertanto essere risarcito dal datore di lavoro". 2) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul seguente fatto controverso e decisivo: mancata conoscenza del lavoro straordinario, consenso pieno del lavoratore. 3) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul seguente fatto controverso e decisivo: pieno consenso del lavoratore e mansioni di semplice attesa. 4) Violazione dell'art. 116 c.p.c., e dell'art. 201 c.p., per aver liquidato il danno senza ammettere alcuna c.t.u., ma ponendo a fondamento la deposizione di un teste e la relazione del consulente di parte. Quesito formulato: "se la consulenza tecnica di parte sia mero atto difensivo privo di valore probatorio". 5) Violazione dell'art. 2698 c.c., e dell'art. 116, su onere della prova e valutazione della prova in ordine al nesso di causalità tra lavoro e danno. Quesito formulato: "se l'onere della prova sul nesso causale tra condotta datoriale e danno sia a carico del lavoratore, che deve assolvere questo onere idoneamente e rigorosamente". 6) Violazione dell'art. 244 c.p.c., in ordine alla ammissibilità dei testi. Quesito formulato: "se lede il contraddittorio tra le parti l'assunzione e l'ammissione di prove formulate da controparte in modo generico e su giudizi". 7) Violazione dell'art. 432 c.p.c., sulla valutazione equitativa. Quesito formulato "se al giudice di merito è precluso il ricorso al giudizio di equità nel caso in cui possa accertare altrimenti il danno effettivamente subito". 8) Violazione di legge e illogica e insufficiente motivazione sui criteri di liquidazione del danno. Quesito formulato, "se in criteri di liquidazione del danno devono essere specificamente motivati senza ricorrere a criteri generici e di mero rito". 9) Violazione di legge e insufficiente motivazione in materia di regolamento delle spese. Quesito formulato: "se in caso di reciproca soccombenza le spese siano da compensare e se il provvedimento di condanna alle spese debba essere adeguatamente motivato".
Il T. ha notificato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in quattro motivi. 1) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione riguardo al calcolo del danno alla persona nonché violazione degli artt. 2087, 2043, 2049, 2056, 1223 e 1226 c.c.. Quesito formulato: "se oltre al danno patrimoniale per lavoro usurante il lavoratore abbia diritto anche al danno biologico, al danno morale e al danno esistenziale, non cumulativamente e se la Corte d'appello ha ben governato i principi alla luce dell'art. 2087 c.c.". 2) "Violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro". Quesito formulato: "se premesso il principio di uguaglianza, la Corte d'Appello ha pronunciato coerentemente con tale principio, tenuto conto delle circostanze di fatto emerse nel giudizio". 3) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nonché violazione di norme di diritto e del ceni di categoria. Quesito formulato: "se, alla luce di quanto emerso in giudizio, e documentato in atti, le prestazioni di lavoro straordinario effettuate continuativamente e mensilmente retribuite al lavoratore tra il 1999 e il 2001 siano da considerare normali prestazioni di lavoro ai fini dell'incidenza sul t.f.r. e sugli istituti contrattuali". 4) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione riguardo alla compensazione parziale delle spese di lite. Quesito formulato: "se la compensazione delle spese nella misura della metà adottata dalla Corte d'Appello di Milano debba essere motivata e se sia coerente con il principio della soccombenza".
La ################# ha notificato controricorso a ricorso incidentale.
Il T. ha depositato una memoria per l'udienza.
La Corte d'appello, accogliendo l'impugnazione del lavoratore, ha condannato la ################# a pagare, a titolo risarcitorio al T., una somma pari al 15% della retribuzione netta percepita per lavoro ordinario e straordinario nel periodo febbraio 1999 - dicembre 2001, oltre interessi e rivalutazione dalla data della istanza di tentativo di conciliazione.
Sulla base di una analisi adeguata dei documenti prodotti e delle deposizioni testimoniali, la Corte di merito ha ritenuto che le mansioni (consistenti non solo nell'accompagnare l'ispettore nelle aree da sgomberare, ma anche nel presidiare la zona affinché non fosse rioccupata dagli abusivi), e l'orario di lavoro (che si allungava a dismisura e imprevedibilmente, anche con la sovrapposizione dei turni) del T. siano stati tali da determinare un danno biologico al lavoratore.
La Corte ha definito biologico tale danno, ha precisato che è derivato da "usura da stress psico-fisica" e lo ha liquidato in via equitativa, quantificandolo in misura pari al 15% delle retribuzioni percepite nel periodo febbraio 1999 - dicembre 2001.
Ora, se la motivazione della Corte è completa e puntuale in ordine al carattere fortemente usurante sul piano psico-fisico del lavoro svolto dal T., il criterio adottato per la quantificazione è apodittico.
Il danno biologico è, per espressa definizione legislativa, anche in ambito lavoristico (art. 13 del decreto legislativo 38/2000), "la lesione della integrità psico-fisica della persona, suscettibile di valutazione medico legale". Vi è pertanto danno biologico quando la lesione della integrità psico-fisica sia "suscettibile di valutazione medico legale".
Ma se così è, nel quantificarlo, il giudice non può limitarsi a richiamare il criterio dell'equità e ad individuare una somma in modo apodittico come si è fatto nel caso in esame: deve giungere alla determinazione mediante una valutazione medico legale.
La via più naturale è quella di svolgere una consulenza medico legale, ma il giudice può anche effettuare direttamente tale valutazione, a condizione che basi la sua scelta su di un fondamento medico legale.
I motivi del ricorso principale che concernono questo vizio della sentenza, devono essere pertanto accolti. La sentenza sul punto deve essere cassata con rinvio ad altro giudice di merito che dovrà determinare il danno biologico sulla base di una valutazione medico legale.
Vanno respinti gli altri motivi. E' infondato quello in cui si sostiene che il danno biologico si esaurisce nell'indennizzo dell'INAIL. Sono infondati quelli in cui si sostiene che il consenso del lavoratore allo straordinario escluda in radice la responsabilità ex art. 2087, cc: i beni della persona tutelati dall'art. 2087, c.c. (integrità fisica e personalità morale del lavoratore) non sono disponibili.
Gli altri sono formulati in modo generico ed apodittico. L'ultimo, relativo alla regolamentazione delle spese, è infondato in quanto la Corte ha specificamente motivato le ragioni della compensazione parziale.
Il ricorso incidentale deve essere rigettato.
Il primo motivo è generico e si basa sul presupposto, errato, che la Corte abbia liquidato il danno patrimoniale derivante dall'usura, omettendo di liquidare il danno biologico, morale ed esistenziale.
Il secondo ed il terzo motivo denunziano violazioni di contratti collettivi, che però omettono di individuare, e che, peraltro, in violazione dell'art. 369 c.p.c., n. 4, non sono stati depositati.
Il quarto motivo concerne la regolamentazione delle spese e deve essere rigettato per le stesse ragioni per le quali si è ritenuto infondato il simmetrico motivo di ricorso principale.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale ed accoglie il ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di Milano in altra composizione, che deciderà anche in ordine alla spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2011
Cassazione "..La Polizia Stradale in base all'art. 186 c.5° del C.d.S. in caso di incidente stradale e successivo ricovero ospedaliero può richiedere l'accertamento dello stato di ebbrezza da parte della struttura sanitaria, non escludendo che lo stesso possa essere effettuato direttamente dagli operatori di polizia. L’accertamento effettuato con l’alcoltest, è in ogni caso del tutto legittimo ed ha pieno valore probatorio..."
Cassazione Penale, Sezione Quarta, Sentenza n. 13745 del 07/04/2011
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Piacenza con la quale [#################] è stato ritenuto responsabile di aver guidato in stato di ebbrezza e condannato a 10 giorni di arresto ed Euro 200,00 di ammenda con sospensione della patente di guida per 8 mesi.
2. Ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo inosservanza di norme giuridiche ed in particolare del comma quinto dell’art. 186 del codice_della_strada che prescrive che, per i conducenti coinvolti in incidenti, l’accertamento del tasso alcolemico deve essere effettuato dalle strutture sanitarie, per assicurare che lo stesso sia effettuato con maggiori garanzie attese le conseguenze che il fatto ha sul lato del risarcimento del danno; nella specie, invece, è stato effettuato solo il test con l’etilometro. Altra violazione consiste nel fatto che l’alcoltest è stato eseguito solo alle 6,47 e alle 7,07, mentre l’incidente si era verificato alle 4,45 circa; dunque l’accertamento è stato eseguito a distanza di oltre due ore dai fatti, facendo si che il rilievo non fosse più riferibile all’attività di guida; inoltre – sostiene il ricorrente – Il [#################] non era rimasto sotto il controllo degli agenti ma era stato portato in ospedale dove aveva ingerito alcol. Sotto i detti profili la prova andava considerata inutilizzabile o quanto meno nulla.
Considerato in diritto
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Come già correttamente ha osservato la Corte di appello, l’art. 186, comma 5, del codice della strada, nel prevedere che per i conducenti che sono coinvolti in incidenti stradali e necessitano di ricovero in ospedale, l’accertamento dello stato di ebbrezza possa essere effettuato, su richiesta della Polizia Stradale, da parte delle strutture sanitarie, non stabilisce una modalità tassativa ed esclusiva di accertamento dello stato di ebbrezza in tali situazioni, e non esclude che l’accertamento possa essere effettuato anche dagli organi di polizia con l’etilometro. Si tratta solo di una modalità aggiuntiva e di una facoltà attribuita alla Polizia Stradale, essendo evidente che decidere la necessità di procedere nell’uno o nell’altro modo dipenderà dalle circostanze del singolo caso, ed il primo sarà da privilegiare ove primaria si riveli l’esigenza di assicurare la salute del guidatore rimasto coinvolto nell’incidente allorché il medesimo abbia riportato ferite. L’accertamento effettuato con l’alcoltest è in ogni caso del tutto legittimo ed ha pieno valore probatorio.
Inammissibili sono poi le censure con le quali ancora in questa sede si dubita dei risultati del test e si prospetta l’eventualità che il [#################] abbia ingerito alcol dopo l’incidente; di tali questioni si sono già occupati il Tribunale e la Corte di appello che, con motivazione completa e del tutto logica, hanno posto in evidenza le imprecisioni contenute nel rapporto di servizio circa l’ora in cui era avvenuto l’incidente (che si dava per avvenuto un’ora prima dell’ora pacificamente accertata) e l’inattendibilità della deposizione del collega che asseritamente avrebbe offerto da bere al [#################]
La insistita prospettazione di tali argomenti davanti a questo giudice non è consentita attesa la natura tassativa delle violazioni che possono essere dedotte come motivi di ricorso per cassazione, che escludono ogni valutazione di merito.
2. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2011
mercoledì 20 aprile 2011
ANSA/ SALUTE:INFERMIERI-FISIOTERAPISTI,DA 4MAGGIO IN FARMACIA IN GAZZETTA UFFICIALE IL II DECRETO ATTUATIVO DELLA RIFORMA
ANSA/ SALUTE:INFERMIERI-FISIOTERAPISTI,DA 4MAGGIO IN FARMACIA
IN GAZZETTA UFFICIALE IL II DECRETO ATTUATIVO DELLA RIFORMA
(ANSA) - ROMA, 20 APR - Prende forma, almeno sulla carta, la
trasformazione delle farmacie in presidi sanitari, cosi' come
previsto dal decreto legislativo del 2009. Dopo la pubblicazione
in Gazzetta ufficiale del decreto attuativo sui test analitici
di prima istanza e in attesa di quello sulle prestazioni
specialistiche, che ha gia' avuto il nuovo via libera dalla
Conferenza Stato-Regioni, questa volta in Gu e' stato pubblicato
il decreto ministeriale che disciplina l'erogazione da parte
delle farmacie di specifiche prestazioni professionali e che
segna l'ingresso in farmacia di infermieri e fisioterapisti. Una
piccola rivoluzione, che iniziera' a partire dal 4 maggio,
quando i cittadini si potranno recare nelle farmacie abilitate
non solo per acquistare farmaci o prodotti cosmetici ma anche
per farsi controllare il colesterolo o la glicemia, o per
ricevere massaggi di tipo riabilitativo, ovviamente dietro
prescrizione medica. Gli infermieri e i fisioterapisti agiranno
sempre su prescrizione dei medici di famiglia e dei pediatri (in
farmacia o a domicilio del paziente) e si muoveranno sotto la
responsabilita' del farmacista, che dovra' sempre verificare il
possesso dei titoli e dei requisiti. Nello specifico gli
infermieri potranno praticare iniezioni, effettuare medicazioni,
assistere i pazienti nei test analitici di prima istanza
rientranti nell'ambito dell'autocontrollo (glicemia,
colesterolo, trigliceridi) ma anche svolgere attivita' di
educazione sanitaria e di partecipazione a programmi di
consulting. Mentre i fisioterapisti potranno svolgere attivita'
terapeutica per la rieducazione funzionale delle disabilita'
motorie, psico motorie e cognitive e viscerali, utilizzando
terapie manuali massoterapiche ed occupazionali. "L'approvazione
in Gazzetta ufficiale del decreto del ministero della Salute
rappresenta un importante e ulteriore passo in avanti nella
trasformazione delle farmacie in presidi sanitari", ha
sottolineato il presidente di Federfarma, Annarosa Racca,
auspicando che "il prossimo passo sia il rinnovo della
convenzione con il Servizio sanitario nazionale, scaduta oramai
da molto tempo". Positivo anche il giudizio di Andrea Mandelli,
della Federazione degli Ordini dei Farmacisti, che pero' sprona
ad andare avanti: "la farmacia dispone di tutti gli strumenti
necessari a svolgere la sua nuova funzione di centro
polifunzionale di servizi cosi' come indicato dalla Legge
69/2009", spiega Mandelli, evidenziando che la "farmacia dei
servizi non e' un'aggiunta facoltativa alla farmacia
tradizionale ma la sola possibile evoluzione per assicurare la
stabilita' al sistema".(ANSA).
Y23
20-APR-11 18:33 NNNN
IN GAZZETTA UFFICIALE IL II DECRETO ATTUATIVO DELLA RIFORMA
(ANSA) - ROMA, 20 APR - Prende forma, almeno sulla carta, la
trasformazione delle farmacie in presidi sanitari, cosi' come
previsto dal decreto legislativo del 2009. Dopo la pubblicazione
in Gazzetta ufficiale del decreto attuativo sui test analitici
di prima istanza e in attesa di quello sulle prestazioni
specialistiche, che ha gia' avuto il nuovo via libera dalla
Conferenza Stato-Regioni, questa volta in Gu e' stato pubblicato
il decreto ministeriale che disciplina l'erogazione da parte
delle farmacie di specifiche prestazioni professionali e che
segna l'ingresso in farmacia di infermieri e fisioterapisti. Una
piccola rivoluzione, che iniziera' a partire dal 4 maggio,
quando i cittadini si potranno recare nelle farmacie abilitate
non solo per acquistare farmaci o prodotti cosmetici ma anche
per farsi controllare il colesterolo o la glicemia, o per
ricevere massaggi di tipo riabilitativo, ovviamente dietro
prescrizione medica. Gli infermieri e i fisioterapisti agiranno
sempre su prescrizione dei medici di famiglia e dei pediatri (in
farmacia o a domicilio del paziente) e si muoveranno sotto la
responsabilita' del farmacista, che dovra' sempre verificare il
possesso dei titoli e dei requisiti. Nello specifico gli
infermieri potranno praticare iniezioni, effettuare medicazioni,
assistere i pazienti nei test analitici di prima istanza
rientranti nell'ambito dell'autocontrollo (glicemia,
colesterolo, trigliceridi) ma anche svolgere attivita' di
educazione sanitaria e di partecipazione a programmi di
consulting. Mentre i fisioterapisti potranno svolgere attivita'
terapeutica per la rieducazione funzionale delle disabilita'
motorie, psico motorie e cognitive e viscerali, utilizzando
terapie manuali massoterapiche ed occupazionali. "L'approvazione
in Gazzetta ufficiale del decreto del ministero della Salute
rappresenta un importante e ulteriore passo in avanti nella
trasformazione delle farmacie in presidi sanitari", ha
sottolineato il presidente di Federfarma, Annarosa Racca,
auspicando che "il prossimo passo sia il rinnovo della
convenzione con il Servizio sanitario nazionale, scaduta oramai
da molto tempo". Positivo anche il giudizio di Andrea Mandelli,
della Federazione degli Ordini dei Farmacisti, che pero' sprona
ad andare avanti: "la farmacia dispone di tutti gli strumenti
necessari a svolgere la sua nuova funzione di centro
polifunzionale di servizi cosi' come indicato dalla Legge
69/2009", spiega Mandelli, evidenziando che la "farmacia dei
servizi non e' un'aggiunta facoltativa alla farmacia
tradizionale ma la sola possibile evoluzione per assicurare la
stabilita' al sistema".(ANSA).
Y23
20-APR-11 18:33 NNNN
Salute: dieta in gravidanza altera DNA embrione
SALUTE: DIETA IN GRAVIDANZA ALTERA DNA EMBRIONE
(ANSA) - SYDNEY, 20 APR - Una dieta povera di carboidrati nei
primi tre mesi di gravidanza puo' alterare il Dna dell'embrione,
aggravando il rischio di obesita', malattie cardiache e diabete
piu' tardi nella vita. Lo rivela uno studio internazionale
guidato dal prof. Peter Gluckman dell'universita' di Auckland,
in Nuova Zelanda, che fornisce le prime prove scientifiche che
collegano la dieta durante la gravidanza all'obesita' della
prole.
''I risultati ci offrono il potenziale per elaborare la dieta
ottimale della futura madre'', scrive Gluckman sulla rivista
Diabetes. Lo studio, condotto in collaborazione con scienziati
britannici e di Singapore, mostra che cio' che mangia la donna
incinta puo' cambiare la funzione del Dna dell'embrione tramite
un processo detto cambiamento epigenetico.
I nati con un alto grado di cambiamento epigenetico hanno
maggiore probabilita' di sviluppare un metabolismo che accumula
i grassi e predispone all'obesita'. Alcuni bambini pesano circa
tre chili piu' dei coetanei, quando raggiungono l'eta' fra 6 e 9
anni. L'ipotesi e' che un embrione nutrito da una dieta povera
di carboidrati si prepara a nascere in un ambiente carente di
tali sostanza e altera il proprio metabolismo per immagazzinare
piu' grassi, che potranno essere usati quando il cibo
scarseggia.
Gli studiosi hanno usato tessuto del cordone ombelicale per
misurare il cambiamento epigenetico in 300 neonati, e hanno poi
esaminato se questo era legato al loro peso in eta' fra 6 e 9
anni. ''La correlazione e' molto forte. Dapprima non ci
credevamo, ma abbiamo replicato le misurazioni piu' volte'',
scrive Gluckman, secondo cui si tratta di una conferma di
ipotesi da tempo avanzate, che un cattivo nutrimento prenatale
puo' avere un impatto significativo sulla salute in eta' adulta.
(ANSA).
XMC
20-APR-11 11:56 NNNN
(ANSA) - SYDNEY, 20 APR - Una dieta povera di carboidrati nei
primi tre mesi di gravidanza puo' alterare il Dna dell'embrione,
aggravando il rischio di obesita', malattie cardiache e diabete
piu' tardi nella vita. Lo rivela uno studio internazionale
guidato dal prof. Peter Gluckman dell'universita' di Auckland,
in Nuova Zelanda, che fornisce le prime prove scientifiche che
collegano la dieta durante la gravidanza all'obesita' della
prole.
''I risultati ci offrono il potenziale per elaborare la dieta
ottimale della futura madre'', scrive Gluckman sulla rivista
Diabetes. Lo studio, condotto in collaborazione con scienziati
britannici e di Singapore, mostra che cio' che mangia la donna
incinta puo' cambiare la funzione del Dna dell'embrione tramite
un processo detto cambiamento epigenetico.
I nati con un alto grado di cambiamento epigenetico hanno
maggiore probabilita' di sviluppare un metabolismo che accumula
i grassi e predispone all'obesita'. Alcuni bambini pesano circa
tre chili piu' dei coetanei, quando raggiungono l'eta' fra 6 e 9
anni. L'ipotesi e' che un embrione nutrito da una dieta povera
di carboidrati si prepara a nascere in un ambiente carente di
tali sostanza e altera il proprio metabolismo per immagazzinare
piu' grassi, che potranno essere usati quando il cibo
scarseggia.
Gli studiosi hanno usato tessuto del cordone ombelicale per
misurare il cambiamento epigenetico in 300 neonati, e hanno poi
esaminato se questo era legato al loro peso in eta' fra 6 e 9
anni. ''La correlazione e' molto forte. Dapprima non ci
credevamo, ma abbiamo replicato le misurazioni piu' volte'',
scrive Gluckman, secondo cui si tratta di una conferma di
ipotesi da tempo avanzate, che un cattivo nutrimento prenatale
puo' avere un impatto significativo sulla salute in eta' adulta.
(ANSA).
XMC
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