L'affermazione che in America tutte le spese sono deducibili è una leggenda metropolitana priva di riscontri nella realtà. Da un confronto di Lef tra i sistemi dei principali paesi emerge che in Italia ci sono 47 tipologie di sconti all'imposta sulle persone fisiche contro 33 negli Usa.
di Lelio Violetti
Nel dibattito sul contrasto all'evasione fiscale sovente ricorre
l'affermazione che per ridurre drasticamente il fenomeno basterebbe
introdurre nel nostro paese il contrasto di interessi rendendo
deducibili dall'imposta sul reddito delle persone fisiche tutte, o gran
parte, delle spese sostenute dal contribuente. Bisogna fare come in
America o, come dicono i più raffinati, come nei paesi anglo-sassoni.
Una affermazione che in genere viene fatta con sprezzante sicurezza
senza riflessione alcuna sulla sua illogicità e irrazionalità e nella
più completa ignoranza del funzionamento delle deduzioni/detrazioni
concesse nella determinazione dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche negli Stati Uniti o nel Regno Unito. Se, infatti, dall’ammontare
del reddito, a base del calcolo dell’imposta, si tolgono tutte o gran
parte delle spese sostenute nell’arco dell’anno si arriva a tassare in
prevalenza solo il risparmio, cambiando completamente natura al tributo e
al meccanismo delle deduzioni/detrazioni.
Le agevolazioni fiscali sono utilizzate
prioritariamente per attenuare il carico fiscale dei soggetti
economicamente più deboli e svantaggiati; sono utilizzate inoltre per
tutelare il futuro degli individui (previdenza, istruzione, acquisto
abitazione, ecc.), per incentivare particolari settori economici
(risparmio energetico, edilizia residenziale, ecc.), per sostenere il
volontariato e le attività no-profit, ecc. La possibilità di dedurre dal
reddito o detrarre dall’imposta tutte o gran parte delle
spese aprirebbe anche seri problemi di bilancio in quanto ridurrebbe in
modo radicale le entrate derivanti dalla imposta erariale più importante
in termini di gettito. A questo va aggiunto che l’imposizione sul
reddito delle persone fisiche, con l’applicazione di aliquote crescenti
al crescere del reddito, è il principale tributo che garantisce la
progressività e la drastica riduzione della sua base imponibile
limiterebbe di molto la piena attuazione di quanto stabilito
dall’articolo 53 della nostra costituzione in cui si afferma che “tutti
sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva”.
Per comprendere, tuttavia, come “la leggenda
metropolitana del tutto deducibile” si sia così capillarmente diffusa e
radicata nell’opinione pubblica è necessario analizzare in dettaglio gli
elementi che hanno contribuito a crearla. L’origine va ricercata nel
fatto che in Italia l’evasione fiscale è elevatissima e
che conseguentemente si è nella necessità d’individuare nuovi ed
efficaci strumenti per contrastarla e ridurla, da cui l’intuizione di
concedere deduzioni dal reddito anche per far emergere imponibile non
dichiarato. Infatti il contribuente deve documentare le spese sostenute
che può portare in deduzione dal reddito e questo lo costringe a
richiedere al venditore o al prestatore di servizi la relativa
fattura/ricevuta. Nel meccanismo viene a crearsi un “conflitto
d’interessi” che porta a tracciare la transazione economica e quindi ad
aumentare o far emergere i ricavi del soggetto che vende o presta il
servizio. Così formulato il meccanismo, a parte la perdita di gettito,
non sembra avere controindicazioni.
In concreto, tuttavia, non è così e per coglierne
le motivazioni è necessario analizzare il dettaglio del suo
funzionamento. Nel nostro sistema fiscale le spese potenzialmente
deducibili possono essere distinte in quelle senza Iva (tipo quelle
mediche) e quelle con Iva. Esistono, inoltre, due principali tipi di
agevolazioni che riducono l’imposta da pagare: le deduzioni
dall’imponibile e le detrazioni dall’imposta. Per quanto riguarda le
spese senza Iva nell’ipotesi di deducibilità dall’imponibile
il venditore o il prestatore di servizi (esempio il medico) può nella
grande maggioranza dei casi scontare la spesa, in assenza di
fatturazione, d’un importo maggiore di quello che il contribuente
riceverebbe indietro dal fisco. Infatti 47% dei contribuenti italiani ha
una aliquota uguale o inferiore al 23% e pertanto, in caso di rilascio
di fatturazione/ricevuta, la metà dei contribuenti avrebbe diritto ad
uno sconto fiscale inferiore a quello che può praticare il
venditore/prestatore (il medico) di servizi, tenendo conto di tutti i
risparmi tra tasse e contributi che questo realizza operando al
“nero”. Per essere efficace e riguardare tutti i contribuenti lo stato
dovrebbe concedere una detrazione dall’imposta superiore al 23%
dell’imponibile ovvero praticare uno sconto che
per la metà dei contribuenti risulta addirittura superiore all’imposta dovuta sulla cifra impiegata per la spesa.
Nel caso di spese con IVA la percentuale di sconto
che il venditore o prestatore di servizi può realizzare, omettendo di
rilasciare ricevuta/fattura, s’innalza ulteriormente in quanto ai suoi
risparmi si somma anche la percentuale (aliquota) dell’Iva che avrebbe
dovuto riscuotere dal contribuente e versare allo Stato come sostituto
d’imposta. Tenendo conto che l’aliquota media dell’IVA è pari
all’incirca al 15% lo sconto che il venditore o prestatore di servizi
può fare, in caso di omessa ricevuta/fattura, arriva a superare il 38% e
ciò significa che in caso di deduzione oltre il 95% dei contribuenti
non avrebbe convenienza a far uscire la transazione dal nero. In questo
caso per far scattare il meccanismo del “conflitto d’interessi” lo stato
dovrebbe concedere una detrazione dall’imposta pari almeno al 38%
dell’imponibile rinunciando non solo a riscuotere l’imposta sul reddito,
ma anche l’Iva. Per tali ragioni nel nostro sistema di tassazione dei
redditi delle persone fisiche il meccanismo del conflitto d’interessi è
stato introdotto, sino ad oggi, solo per due tipi di spesa: interventi
di recupero del patrimonio edilizio e interventi finalizzati al
risparmio energetico. Il primo interessa un settore economico, quello
dell’edilizia, dove l’evasione fiscale e contributiva è particolarmente
alta, mentre il secondo riguarda la difesa ambientale e la riduzione
della nostra spesa energetica.
Per le spese sostenute per la ristrutturazione di
immobili è, infatti, concessa una detrazione dall’imposta pari al 36%
dell’importo. La detrazione va ripartita dal contribuente in 10 rate ed
ha un limite d’importo (48.000 €). Tenendo conto che l’aliquota Iva
sulle prestazioni di servizio per questo tipo di spese è del 10%, il 36%
è stato determinato per far scattare il meccanismo del conflitto di
convenienza per tutti i contribuenti. Si tratta tuttavia d’un onere
consistente per lo stato che rinuncia per questo tipo di spese sia
a riscuotere le imposte dirette che quelle indirette. Nel solo anno
d’imposta 2010 lo stato ha rinunciato ad incassare per questo tipo di
spese ben 2.242.562.000 di € che costituiscono l’1,50% dell’imposta
netta totale pari a 149.442.986.000 di €. Per le spese sostenute per
interventi finalizzati al risparmio energetico è, invece, concessa una
detrazione dall’imposta pari al 55% dell’importo. La detrazione va
ripartita dal contribuente in 10 rate ed ha un limite d’importo
collegato al tipo di opera realizzato. Nell’anno d’imposta 2010 lo stato
ha rinunciato ad incassare per questo tipo di spese 1.349.376.000 di €
che costituiscono lo 0,90% dell’imposta netta totale.
L’applicazione pratica del meccanismo del
contrasto d’interessi, sconosciuto nei sistemi fiscali in cui è elevata
l’adesione spontanea all’obbligo, come quello Usa e del Regno Unito, si
realizza compiutamente in Italia, paese in cui l’evasione è
elevatissima, solo nei due casi precedentemente illustrati e porta da
solo ad una rinuncia di riscossione pari al 2,40% dell’imposta netta
totale. Per evidenziare che in nessun paese, economicamente comparabile
con il nostro, tutte o
gran parte delle spese sono deducibili/detraibili sono stati messi a
confronto con il nostro i sistemi di agevolazione dell’imposizione
diretta (deduzioni e detrazioni) di Francia, Regno Unito, Spagna e Usa. I
risultati di questa ricerca sono contenuti nelle tabelle
di comparazione dello studio allegato. Il
confronto è stato realizzato rilevando dai quadri base dei modelli di
dichiarazione dei redditi delle persone fisiche presentati da tutti i
contribuenti nei cinque paesi considerati (Francia, Italia, Regno Unito,
Spagna e Usa). Si è fatto riferimento alle sole detrazioni/deduzioni
che contribuiscono al calcolo finale dell’imposta e che spettano, di
norma, a tutti i contribuenti a prescindere dalle diverse tipologie di
reddito dichiarate.
Le tabelle contenute nello studio evidenziano che
la suggestione che in America sia tutto deducibile non ha alcun
fondamento reale. Anzi negli USA come numerosità le detrazioni/deduzioni
sono inferiori a quelle presenti in Italia (33 contro 47). Alcune,
inoltre, sono molto particolari e probabilmente riguardano pochi
contribuenti (come le Spese professionali dei membri della Guardia
Nazionale o le Spese di educatore professionale). Ancora meno sono le
deduzioni/detrazioni concesse nel Regno Unito ai contribuenti persone
fisiche che si limitano esclusivamente a quelle essenziali.
Probabilmente in questo
paese, più che al fisco, si preferisce ricorrere per concedere
l’agevolazione ad altre forme. Nessun paese economicamente comparabile
al nostro utilizza il sistema delle deduzioni/detrazioni per far
emergere il conflitto d’interessi. Questo tipologia di agevolazione è
esclusiva del nostro sistema. (Vai al documento)
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