Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-11-2012, n. 20298
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Il Comune di Roma ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi illustrati da memoria avverso la sentenza del giudice di pace di Roma del 13.2.2006 che ha accolto la domanda di indebito arricchimento proposta da (Lpd) nei confronti dello stesso Comune.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 306 e 310 c.p.c. e vizi motivazionali.
Il motivo non è fondato.
Correttamente il giudice di pace ha ritenuto trattarsi di cause aventi diversi petitum e causa petendi.
La prima, infatti, era fondata su di un rapporto contrattuale e svolta nei confronti del Comune di Roma e dei concessionari del servizio di rimozione e deposito dei veicoli asportati dalla pubblica via; l'altra sull'indebito arricchimento del Comune di Roma per il servizio prestato.
Di qui ha ritenuto ammissibile l'azione ex art. 2041 c.c., a seguito di rinuncia all'appello proposto nel giudizio avente ad oggetto l'azione contrattuale e del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado di rigetto della richiesta di compensi per l'attività indicata.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2041 c.c., e segg..
Con il terzo motivo sì denuncia la violazione dell'art. 2697 c.c..
Mancato assolvimento dell'onere della prova. Mancanza o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5.
I due motivi, per l'intima connessione delle censure con gli stessi proposte, sono esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati per le ragioni e nei termini che seguono.
Il ricorrente censura l'erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 2041 c.c., evidenziando, da un lato, la natura residuale dell'azione generale di arricchimento, tale da giustificarne la promovibilità soltanto quando non vi è un'azione tipica sperimentabile contro l'arricchito; dall'altro l'impossibilità di ricorrere a questa azione in assenza dei tassativi requisiti normativi della sussidiarietà e del riconoscimento dell'utilitas.
La Corte di cassazione si è già pronunciata, in fattispecie analoga, con la sentenza del 26.3.2012, n. 4818, alla quale il Collegio ritiene di aderire.
In particolare deve sottolinearsi che il carattere sussidiario dell'azione di indebito arricchimento, previsto dall'art. 2042 c.c., comporta che tale azione non possa essere promossa, non soltanto quando sussista un'altra azione tipica proponibile dal danneggiato nei confronti dell'arricchito, ma anche quando vi sia originariamente un'azione sperimentabile contro persone diverse dall'arricchito, che siano obbligate per legge o per contratto (Cass. 5.7.2003, n. 11067;
Cass. 27.6.1998, n. 6355).
Lo stesso requisito non è escluso dall'avere esperito, con esito negativo, altra azione tipica, qualora la relativa domanda sia stata respinta sotto il profilo della carenza ab origine dell' azione stessa (nel caso esaminato, ex contractu) per difetto del titolo posto a suo fondamento, e che l'azione di natura contrattuale esperita dal F. nei confronti dei concessionario era stata rigettata con sentenza passata in giudicato sull'inesistenza del titolo.
Il Giudice di pace nulla ha espressamente detto sul punto, pur potendosi presumere dalla "stringata" motivazione che abbia indirettamente valutato, scendendo al fondo della domanda, la sua ammissibilità.
Quanto al riconoscimento dell'utilitas, da parte del Comune di Roma deve evidenziarsi quanto segue.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato che l'azione di indebito arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione differisce da quella ordinaria, poichè non è sufficiente il fatto materiale dell'esecuzione di un'opera o di una prestazione vantaggiosa per l'ente pubblico, che deve essere provato dall'attore, ma è necessario che l'ente abbia riconosciuto l'utilità dell'opera o della prestazione in maniera esplicita, con atto formale, ovvero in modo implicito. Il riconoscimento implicito, a differenza di quello esplicito, che deve essere adottato dagli organi deliberativi dell'Ente, può promanare anche dagli organi rappresentativi dello stesso Ente pubblico (nel caso del Comune, dal sindaco, nella sua qualità di legale rappresentante del Comune L. 8 giugno 1990, n. 142, ex art. 36).
Esso, tuttavia, presuppone, pur sempre, o atti formali degli organi deliberativi ovvero comportamenti, quali la consapevole utilizzazione della prestazione o dell'opera, posti in essere, senza il rispetto delle prescritte formalità, dagli organi rappresentativi, dai quali si possa desumere inequivocamente un effettivo giudizio positivo circa il vantaggio o l'utilità dell'opera o della prestazione eseguita dal privato.
Ai fini del riconoscimento implicito sono, invece, ininfluenti la semplice conoscenza dell'esecuzione dell'opera o della prestazione, acquisita dalla pubblica amministrazione in un momento successivo, ovvero la consapevole tolleranza dell'altrui apporto vantaggioso, trattandosi di elementi non casualmente collegati ad un comportamento del sindaco idoneo a mettere a disposizione dell'ente la prestazione o l'opera, ed a manifestare con fatti concludenti e univoci il riconoscimento della loro utilità (Cass. 27.6.2002, n. 9348).
Sempre nello stesso senso, quanto alla necessità che vi sia una forma di utilizzazione della prestazione consapevolmente attuata dagli organi istituzionalmente rappresentativi della Pubblica Amministrazione, Cass. 26.7.1999, n. 8070, Cass. 30.1.2008, n. 2312;
Cass. 18.6.2008, n. 16595; Cass. 14.10.2008, n. 21156; Cass. 4.3.2008, n. 5206.
Il giudice del merito, anche in questo caso, nulla ha detto in ordine all'applicabilità di tali principi al caso concreto, limitandosi ad affermare che " Risulta dagli atti che l'autovettura GLF targata (OMISSIS) in data 14.06.1999 è stata prelevata, su incarico della Polizia Municipale del Comune di Roma....".
Ma l'affidamento del veicolo in custodia, da parte di appartenenti al Corpo della polizia Municipale, non può costituire riconoscimento implicito dell'utilitas effettuato da soggetti dotati di poteri rappresentativi dell'Ente locale. Secondo la L. n. 65 del 1986, artt. 1 e 5, che disciplina le condizioni per l'istituzione del Corpo di polizia municipale, a questa sono affidate funzioni di polizia locale e, nei comuni in cui tale servizio è svolto da almeno sette addetti, anche funzioni di polizia giudiziaria, polizia stradale e di ausiliare di pubblica sicurezza.
Dall'esame della relativa normativa si ricava che gli addetti al Corpo della polizia municipale non possono ritenersi organo rappresentativo dell'ente locale; con la conseguente inidoneità a manifestare la volontà del Comune ai fini dell'implicito riconoscimento dell' utilitas dell'opera o della prestazione ai sensi dell'art. 2041 c.c..
Conclusivamente è rigettato il primo motivo; sono accolti il secondo ed il terzo.
La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e la causa è rinviata al giudice di Pace di Roma in persona di diverso magistrato per l'accertamento dell'utilitas della prestazione per l'Ente locale alla luce dei principi esposti.
Le spese sono rimesse al giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo. Accoglie il secondo ed il terzo.
Cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, al Giudice di pace di Roma in persona di diverso magistrato.
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