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domenica 16 dicembre 2012

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 dicembre 2012 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2011 e sulla politica dell'Unione europea in materia (2012/2145(INI))

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 dicembre 2012 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2011 e sulla politica dell'Unione europea in materia (2012/2145(INI))
Il Parlamento europeo,
–  viste la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e gli altri trattati e strumenti internazionali fondamentali in materia di diritti umani,
–  vista la relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2011, adottata dal Consiglio «Affari esteri» il 25 giugno 2012,
–  vista la sua risoluzione del 18 aprile 2012 sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo e la politica dell'Unione europea in materia, comprese le conseguenze per la politica strategica dell'UE in materia di diritti umani(1) ,
–  visti il quadro strategico e il piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia (11855/2012), adottati dal Consiglio «Affari esteri» il 25 giugno 2012,
–  vista la decisione 2012/440/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2012, che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani,
–  vista la comunicazione congiunta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio, del 12 dicembre 2011, dal titolo «Diritti umani e democrazia al centro dell'azione esterna dell'Unione europea – Verso un approccio più efficace» (COM(2011)0886),
–  visti gli orientamenti dell'Unione europea in materia di diritti umani,
–  vista la sua posizione dell'8 luglio 2010 sul Servizio europeo per l'azione esterna(2) ,
–  vista la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite 65/276, del 3 maggio 2011, sulla partecipazione dell'Unione europea alle attività delle Nazioni Unite,
–  vista la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite dell'8 settembre 2000 (A/Res/55/2) e le risoluzioni adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite,
–  visti la sua risoluzione del 17 novembre 2011 sul sostegno dell'UE alla CPI: affrontare le sfide e superare le difficoltà(3) e la sua risoluzione del 19 maggio 2010 sulla prima Conferenza di revisione sullo statuto di Roma della Corte penale internazionale, tenutasi a Kampala, Uganda, dal 31 maggio all'11 giugno 2011(4) , nonché gli impegni presi dall'UE in questa occasione(5) ,
–  visti la decisione 2011/168/PESC del Consiglio, del 21 marzo 2011, sulla Corte penale internazionale(6) e il piano d'azione modificato del 12 luglio 2011 volto a dare seguito alla decisione del Consiglio sulla Corte penale internazionale,
–  vista la sua risoluzione del 14 dicembre 2011 sulla revisione della politica europea di vicinato(7) ,
–  vista la comunicazione congiunta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione al Consiglio europeo, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, dell'8 marzo 2011, dal titolo «Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale» (COM(2011)0200),
–  vista la comunicazione congiunta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione, del 25 maggio 2011, dal titolo «Una risposta nuova ad un vicinato in mutamento» (COM(2011)0303),
–  viste le conclusioni del Consiglio «Affari esteri» sulla politica europea di vicinato, adottate il 20 giugno 2011 in occasione della sua 3101ª riunione,
–  viste le conclusioni del Consiglio «Affari esteri» sul Fondo europeo per la democrazia, adottate il 1° dicembre 2011 in occasione della sua 3130ª riunione, e la dichiarazione sull'istituzione di un Fondo europeo per la democrazia concordata in seno al Coreper il 15 dicembre 2011,
–  vista la sua raccomandazione del 29 marzo 2012 destinata al Consiglio sulle modalità per l'eventuale istituzione di un Fondo europeo per la democrazia(8) ,
–  vista la sua risoluzione del 7 luglio 2011 sulle politiche esterne dell'UE a favore della democratizzazione(9) ,
–  vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 25 ottobre 2011, dal titolo «Strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-2014 in materia di responsabilità sociale delle imprese»,
–  vista la sua raccomandazione del 2 febbraio 2012 destinata al Consiglio su una politica coerente nei confronti dei regimi contro cui l'UE applica misure restrittive, quando i loro dirigenti esercitano i propri interessi personali e commerciali entro i confini dell'UE(10) ,
–  vista la relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite (A/HRC/17/27), del 16 maggio 2011, sulla promozione e la tutela del diritto alla libertà di opinione e di espressione, che sottolinea l'applicabilità a Internet, in quanto mezzo di comunicazione, delle norme e dei principi internazionali in materia di diritti umani riguardanti la libertà di opinione e di espressione,
–  vista la comunicazione del Commissario per l'Agenda digitale, del 12 dicembre 2011, sulla strategia «no disconnect»,
–  vista la relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite (A/66/203), del 28 luglio 2011, sulla situazione dei difensori dei diritti umani,
–  vista la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (A/RES/65/206), del 21 dicembre 2010, sulla moratoria sull'uso della pena di morte,
–  vista la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti,
–  vista la sua risoluzione dell'11 settembre 2012 sui presunti casi di trasporto e detenzione illegale di prigionieri in paesi europei da parte della CIA,
–  vista la relazione intermedia del relatore speciale delle Nazioni Unite, del 5 agosto 2011, sulla tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, e sulla segregazione cellulare, incluse le cliniche psichiatriche (A/66/268),
–  viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1325, 1820, 1888, 1889 e 1960 sulle donne, la pace e la sicurezza,
–  vista la relazione sugli indicatori dell'UE per l'approccio globale relativo all'attuazione da parte dell'Unione delle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza, adottata dal Consiglio dell'UE il 13 maggio 2011,
–  viste le conclusioni del Consiglio del 1° dicembre 2011 sulla politica di sicurezza e di difesa comune,
–  vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 13 ottobre 2011, dal titolo «Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento» (COM(2011)0637),
–  visti la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) e il relativo protocollo facoltativo,
–  vista l'adozione da parte del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, in data 7 aprile 2011, della Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica,
–  viste le risoluzioni delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, da ultimo la risoluzione del 4 aprile 2012,
–  vista la risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, del 17 giugno 2011, sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere,
–  vista l'adesione dell'Unione europea, in data 22 gennaio 2011, alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, la prima convenzione delle Nazioni Unite sui diritti umani ratificata dall'Unione europea in quanto «organizzazione di integrazione regionale»,
–  visto il progetto di principi e orientamenti delle Nazioni Unite per l'efficace eliminazione della discriminazione basata sul lavoro e sulla discendenza, pubblicato dal Consiglio per i diritti umani (A/HRC/11/CRP.3),
–  viste le osservazioni e raccomandazioni sulla discriminazione di casta dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, degli organi previsti dai trattati e delle procedure speciali dell'ONU, in particolare la relazione del relatore speciale sulle forme attuali di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza, del 24 maggio 2011 (A/HRC/17/40),
–  viste le conclusioni del Consiglio, del 21 febbraio 2011, relative all'intolleranza, alla discriminazione e alla violenza per motivi di religione o convinzione e la risoluzione 66/167 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla lotta contro l'intolleranza, gli stereotipi negativi, la stigmatizzazione, la discriminazione, l'incitamento alla violenza e la violenza contro le persone basata sulla religione o sulle convinzioni,
–  visto l'articolo 48 del suo regolamento,
–  visti la relazione della commissione per gli affari esteri e i pareri della commissione per lo sviluppo e della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A7-0377/2012),
A.  considerando che i trattati prevedono che l'azione esterna dell'Unione europea si fondi sui principi della democrazia, dello Stato di diritto, dell'universalità e dell'indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del rispetto della dignità umana, sui principi di uguaglianza e di solidarietà e sul rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale;
B.  considerando che la giustizia, lo Stato di diritto, la responsabilità per tutti i crimini, inclusi i crimini più gravi motivo di allarme per la comunità internazionale, i processi equi e l'indipendenza del potere giudiziario sono elementi indispensabili nella tutela dei diritti umani nonché i pilastri di una pace sostenibile;
C.  considerando che la democrazia e lo Stato di diritto rappresentano la migliore tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, della non discriminazione in tutte le sue forme, della tolleranza nei confronti di individui e comunità e dell'uguaglianza di tutti gli individui;
D.  considerando che gli insegnamenti appresi dagli eventi della Primavera araba devono continuare a dare un impulso all'Unione europea affinché riveda, migliori e garantisca la coerenza delle sue politiche relative, tra l'altro, ai difensori dei diritti umani, al diritto internazionale umanitario, ai dialoghi in materia di diritti umani con i paesi terzi e la società civile, comprese le ONG e i movimenti di base, nonché ai media sociali;
E.  considerando che l'UE è tenuta ad aiutare i paesi cofirmatari degli accordi internazionali, compresi quelli commerciali, ad attuare tutti questi principi fondamentali, in particolare garantendo la rigorosa osservanza delle clausole in materia di diritti umani e democrazia contenute in tali accordi;
F.  considerando che l'accesso a Internet è un elemento fondamentale per garantire l'accesso alle informazioni, la libertà di espressione, di stampa e di riunione nonché lo sviluppo economico, sociale, politico e culturale; che l'UE deve tutelare e promuovere i diritti umani, sia off-line che on-line;
G.  considerando che le violazioni della libertà di pensiero, coscienza, religione o credo commesse tanto dai governi quanto dagli attori non statali sono in aumento in molti paesi del mondo, provocando discriminazioni e intolleranza nei confronti sia di alcuni individui che delle comunità religiose, tra cui le minoranze e i non credenti;
H.  considerando che il ruolo delle donne e la loro piena partecipazione alla vita politica, economica e sociale sono fondamentali, in particolare nei processi post-bellici di consolidamento della pace, nei negoziati di transizione democratica e nella risoluzione dei conflitti, come pure nei processi di riconciliazione e stabilizzazione;
I.  considerando che la relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo e sulla politica dell'Unione europea in materia non dovrebbe fornire solo una panoramica e una revisione dei risultati e delle carenze registrati in passato, ma dovrebbe anche servire a ispirare la strategia e il piano d'azione dell'UE in materia di diritti umani e di democrazia; che ogni relazione annuale successiva dovrebbe, idealmente, contribuire in modo concreto e costante al miglioramento della politica dell'UE in materia di diritti umani nel mondo;
La relazione annuale dell'UE per il 2011
1.  accoglie con favore l'adozione della relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani e la democrazia nel 2011; si compiace del fatto che il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante (VP/HR) sia stato in grado di presentare la relazione annuale in occasione della seduta plenaria di giugno del Parlamento europeo e quindi di tornare alla normale attività;
2.  prende atto dei progressi compiuti negli ultimi anni nell'elaborazione della relazione annuale, sottolinea tuttavia che vi è margine per ulteriori miglioramenti;
3.  ritiene che la relazione annuale debba costituire un importante strumento inteso a comunicare il lavoro che l'Unione realizza in questo ambito e debba contribuire ad aumentare la visibilità dell'azione dell'UE; invita il VP/HR, nella preparazione delle future relazioni annuali, a consultare attivamente e sistematicamente il Parlamento e a riferire circa la misura in cui si è tenuto conto delle sue risoluzioni;
Osservazioni generali
4.  esprime apprezzamento per l'adozione, il 25 giugno 2012, del quadro strategico dell'UE sui diritti umani; esorta le istituzioni dell'UE a collaborare per garantirne la puntuale e corretta attuazione, al fine di adempiere in modo credibile all'impegno previsto dal trattato dell'UE di perseguire politiche esterne basate sui diritti umani, sui valori democratici e sullo Sato di diritto in modo risoluto e fondato sui principi, evitando atteggiamenti iniqui;
5.  esorta il Consiglio, la Commissione, il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e il Parlamento a preservare e onorare il ruolo preminente dell'Unione europea a difesa dei diritti umani, cooperando strettamente nell'attuazione di una politica dell'UE in materia di diritti umani nel mondo che sia coerente, ambiziosa ed efficace sulla base di questo quadro strategico, ricorrendo agli aiuti allo sviluppo e alle opportunità offerte dal Fondo europeo per la democrazia;
6.  raccomanda al Consiglio e al SEAE di effettuare una valutazione intermedia del nuovo pacchetto sui diritti umani, in particolare del piano d'azione; insiste affinché il Parlamento sia ampiamente consultato e regolarmente informato e affinché la società civile sia integrata in questo processo;
7.  plaude al mandato conferito al rappresentante speciale dell'Unione per i diritti umani con competenze tematiche e alla prevista creazione di un gruppo di lavoro del Consiglio sui diritti umani (COHOM) con sede a Bruxelles; guarda con interesse alla loro stretta cooperazione con il Parlamento, nel primo caso anche conformemente alle disposizioni dell'articolo 36 del TUE;
8.  si aspetta che il COHOM rafforzi la cooperazione con il gruppo di lavoro del Consiglio sui diritti fondamentali (FREMP) per affrontare la questione della coerenza tra la politica esterna e interna dell'UE in materia di diritti umani; sottolinea l'importanza di avere, all'interno dell'Unione europea, politiche coerenti, costanti ed esemplari in conformità dei valori e principi fondamentali, al fine di massimizzare la credibilità dell'UE a livello globale e l'efficacia delle sue politiche in materia di diritti umani, nonché di dimostrare un autentico rispetto dell'universalità di tali diritti;
9.  accoglie con favore l'impatto positivo sulla coerenza delle politiche interne ed esterne dell'Unione apportato dall'esercizio della sua personalità giuridica sancita dal trattato di Lisbona per ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD) nel dicembre 2010; auspica che un approccio analogo sia adottato anche in relazione agli altri trattati e convenzioni internazionali in materia di diritti umani; invita il Consiglio e la Commissione ad adottare un approccio proattivo in tale ambito al fine di ovviare agli effetti negativi della firma e ratifica frammentarie da parte degli Stati membri dell'UE di altri importanti trattati e convenzioni esterni;
10.  esorta il VP/AR, il SEAE, il Consiglio e la Commissione, ai fini dell'efficienza, a garantire la coerenza e la concordanza tra i vari strumenti finanziari esterni e le diverse attività e metodologie di analisi comparativa, di monitoraggio e di valutazione dell'UE, esistenti o previste, concernenti la situazione dei diritti umani e della democrazia nei paesi terzi, tra cui: le sezioni sui diritti umani e la democrazia nelle relazioni sullo stato di avanzamento nell'ambito dell'allargamento e della politica di vicinato; la valutazione del principio «more for more» (maggiori aiuti a fronte di un maggiore impegno) in materia di diritti umani e democrazia definito in relazione alla politica europea di vicinato; la prevista inclusione dei diritti umani nelle valutazioni d'impatto effettuate in vista di proposte legislative e non legislative e degli accordi commerciali, di partenariato, di associazione e di cooperazione a livello regionale o bilaterale; il piano della Commissione di integrare una valutazione dei diritti umani nell'impiego delle modalità di aiuto dell'UE (in particolare per quanto riguarda il sostegno al bilancio); una maggiore attuazione del meccanismo di monitoraggio per controllare il rispetto delle convenzioni sui diritti umani nei paesi dell'SPG+; l'obiettivo di rendere più sistematico l'uso a posteriori delle relazioni delle missioni di osservazione elettorale dell'UE; l'importanza attribuita dal Consiglio dell'Unione europea all'analisi comparativa nonché a una considerazione costante e sistematica degli aspetti riguardanti i diritti umani, il genere e i minori coinvolti nei conflitti armati nei documenti sugli insegnamenti tratti delle missioni PSDC;
11.  valuta positivamente l'adozione di strategie nazionali in materia di diritti umani che consentano ai singoli paesi di attuare le politiche nel modo più appropriato ed efficace; riconosce il ruolo cruciale svolto dalle delegazioni locali dell'UE nell'elaborare e dare seguito alle strategie nazionali definite su misura per circostanze specifiche, sottolinea tuttavia la responsabilità di coordinamento del SEAE nel garantire l'applicazione coerente delle priorità politiche dell'UE in materia di diritti umani definite nel quadro strategico sui diritti umani e negli orientamenti dell'UE; sottolinea l'importanza di completare la rete dei centri d'informazione sui diritti umani e sulla democrazia nelle delegazioni dell'UE e nelle missioni e operazioni PSDC; esorta il VP/AR, il SEAE e gli Stati membri ad adottare quale migliore pratica il metodo che consiste nel trattare le questioni relative ai diritti umani a livello locale attraverso gruppi di lavoro sui diritti umani formati da esponenti delle delegazioni dell'UE e delle ambasciate degli Stati membri; invita inoltre a mantenere contatti regolari con i rappresentanti della società civile, i difensori dei diritti umani e i membri dei parlamenti nazionali; sostiene l'obiettivo del SEAE di fornire una formazione sui diritti umani e la democrazia a tutto il personale del SEAE, della Commissione, delle delegazioni dell'UE e delle missioni PSDC, nonché al personale delle agenzie dell'Unione europea, in particolare FRONTEX, che hanno rapporti con i paesi terzi; chiede che sia prestata particolare attenzione alla protezione dei difensori dei diritti umani; è del parere che sia opportuno integrare le strategie nazionali in materia di diritti umani nella PESC, nella PSDC e nelle politiche commerciali e di sviluppo dell'UE, nell'ambito di programmi sia geografici che tematici, onde garantire una maggiore efficienza, efficacia e coerenza;
Azione dell'Unione europea in seno alle Nazioni Unite
12.  plaude agli sforzi dell'UE volti a sostenere e rilanciare l'attività nel campo dei diritti umani all'interno del sistema delle Nazioni Unite, compresa la conclusione della revisione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite nel 2011; sottolinea l'importanza di sostenere l'indipendenza dell'Ufficio dell'Alto commissariato per i diritti umani e il ruolo dei relatori speciali delle Nazioni Unite sui diritti umani con competenze tematiche e specifiche per paese, e guarda con interesse alla loro stretta cooperazione con il neodesignato rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani; evidenzia il significato dell'adesione dell'Unione europea, il 22 gennaio 2011, alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità quale prima convenzione delle Nazioni Unite sui diritti umani ratificata dall'Unione europea in quanto soggetto giuridico;
13.  sottolinea l'importanza della partecipazione attiva dell'Unione europea ai lavori dell'UNHRC attraverso risoluzioni promosse congiuntamente, il rilascio di dichiarazioni e l'intervento in dialoghi e dibattiti interattivi e sostiene vigorosamente tale partecipazione;
14.  si compiace del ruolo guida svolto dagli Stati membri dell'UE nel sostenere la credibilità del sistema delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, estendendo congiuntamente un invito permanente a tutte le procedure speciali delle Nazioni Unite sui diritti umani, avviando una sessione speciale del Consiglio dei diritti dell'uomo (CDU) delle Nazioni Unite sulla Libia, in occasione della quale è stata formulata la storica raccomandazione sulla sospensione della Libia dal CDU, e diventando capofila negli sforzi che hanno condotto all'istituzione della commissione d'inchiesta indipendente sulla situazione dei diritti umani in Siria;
15.  riconosce il potenziale dell'Unione europea in termini di sensibilizzazione e formazione di coalizioni in modo creativo, come indicato dall'azione dell'UE che ha aperto la strada all'approvazione della risoluzione storica del CDU sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere che è stata sostenuta da paesi di tutte le regioni, e dalla formazione del consenso a Ginevra e a New York in merito alla necessità di combattere l'intolleranza religiosa e di tutelare la libertà di religione o di credo evitando al contempo un potenziale effetto negativo su altri diritti umani fondamentali, come la libertà di espressione;
16.  ribadisce la propria opposizione alla pratica dei gruppi regionali di organizzare elezioni non competitive in seno al Consiglio per i diritti umani;
17.  invita a dare seguito alle raccomandazioni derivanti dalla revisione periodica universale (UPR) includendole sistematicamente nelle strategie nazionali dell'UE in materia di diritti umani nonché nei dialoghi e nelle consultazioni sui diritti umani;
18.  ricorda la necessità di finanziamenti sufficienti per mantenere aperti gli uffici regionali dell'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite (OHCHR);
19.  ricorda la risoluzione 65/276 adottata dall'Assemblea generale dell'ONU sulla partecipazione dell'Unione europea alle attività delle Nazioni Unite e la considera un timido inizio verso il più ampio sforzo di potenziamento del ruolo dell'Unione nell'attività in materia di diritti umani di tale organizzazione;
Politica dell'UE in materia di giustizia penale internazionale e lotta contro l'impunità, nonché relativamente alla Corte penale internazionale (CPI)
20.  si rammarica del fatto che la giustizia selettiva si manifesti di frequente nelle nuove democrazie e nelle democrazie di transizione in nome dello Stato di diritto e della lotta alla corruzione; si rammarica che la giustizia selettiva sia diventata poco più di un mezzo per cercare la vendetta politica e regolare i conti con i dissidenti politici intimidendo e marginalizzando l'opposizione, gli operatori dei mezzi di comunicazione e i difensori dei diritti umani, in particolare nel periodo precedente alle elezioni; manifesta ancora preoccupazione per le accuse di reato e per le accuse di natura politica rivolte agli esponenti dell'opposizione in Ucraina ed esorta le autorità ucraine a porre fine alle continue vessazioni dell'opposizione, che costituiscono un serio ostacolo ai tentativi del paese volti a garantire lo Stato di diritto e i valori democratici;
21.  deplora che, nonostante i molteplici appelli lanciati dagli organismi internazionali alle autorità russe, non sia stato compiuto alcun progresso nelle indagini sulla morte di Sergej Magnitskij; esorta pertanto il Consiglio a imporre e attuare un divieto di visto a livello di UE per i funzionari responsabili della morte di Sergej Magnitskij e a congelare qualsiasi attività finanziaria eventualmente detenuta da essi o dai loro familiari diretti nell'Unione;
22.  è deluso dai procedimenti penali contro Michail Chodorkovskij e Platon Lebedev, considerati su scala internazionale procedimenti di natura politica;
23.  celebra il decimo anniversario dell'entrata in vigore dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale; plaude alla sua ratifica da parte di Capo Verde e di Vanuatu; riconosce la CPI quale meccanismo di «ultima istanza», competente per l'applicazione della giustizia per le vittime di crimini contro l'umanità, genocidio e crimini di guerra, come previsto dal principio di complementarità nello statuto di Roma;
24.  ribadisce il suo fermo sostegno alla CPI nella lotta contro l'impunità per i crimini più gravi di rilevanza internazionale; invita l'UE e gli Stati membri a continuare a fornire il loro sostegno politico, diplomatico, logistico e finanziario alla CPI e agli altri tribunali penali internazionali, tra cui i tribunali internazionali ad hoc per l'ex Jugoslavia e il Ruanda, il Tribunale speciale per la Sierra Leone, le sezioni straordinarie dei tribunali della Cambogia e il Tribunale speciale per il Libano;
25.  plaude all'inserimento, nel quadro strategico e piano di azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia, del riferimento alla necessità di lottare in modo deciso contro l'impunità per i crimini gravi attraverso, in particolare, l'impegno nei confronti della CPI e alla consapevolezza che spetta innanzitutto agli Stati eseguire indagini sui gravi crimini internazionali nonché promuovere e favorire il rafforzamento della capacità dei sistemi giudiziari nazionali di indagare e perseguire tali crimini;
26.  valuta positivamente gli impegni assunti nel quadro della decisione 2011/168/PESC del Consiglio, adottata il 21 marzo 2011, sulla Corte penale internazionale e del successivo piano d'azione adottato il 12 luglio 2011, e raccomanda all'UE e ai suoi Stati membri di garantirne l'attuazione attraverso misure efficaci e concrete volte a promuovere l'universalità e l'integrità dello statuto di Roma, a sostenere l'indipendenza della Corte e il suo effettivo ed efficace funzionamento, nonché a sostenere l'attuazione del principio di complementarità; invita il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani ad attuare le misure relative alla CPI contenute nel quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia;
27.  prende atto degli sforzi profusi dalla Commissione europea per mettere a punto un «kit di strumenti di complementarità» volto a sviluppare le capacità nazionali e creare la volontà politica di indagare e perseguire i presunti crimini internazionali e sottolinea l'importanza di consultazioni approfondite con gli Stati membri, il Parlamento e le organizzazioni della società civile al fine di perfezionare tale kit;
28.  ribadisce la sua raccomandazione di aggiungere lo Statuto di Roma al pacchetto di trattati internazionali sul buon governo e lo Stato di diritto che i paesi terzi ammessi al sistema di preferenze generalizzate Plus (SPG+) dovranno ratificare; sostiene il sistematico inserimento di una clausola sulla CPI negli accordi dell'UE con i paesi terzi; chiede che la CPI sia integrata in tutte le priorità di politica estera dell'UE, in particolare tenendo sistematicamente conto della lotta contro l'impunità e del principio di complementarità;
29.  sottolinea l'importanza di una decisa azione dell'UE al fine di prevedere e, di conseguenza, evitare o condannare i casi di mancata cooperazione, quali gli inviti a individui che sono oggetto di un mandato d'arresto della CPI e i mancati arresto e consegna di tali individui; chiede nuovamente all'UE e ai suoi Stati membri di soddisfare tutte le richieste della Corte di fornire tempestivamente assistenza e cooperazione al fine di garantire, fra l'altro, l'esecuzione dei mandati d'arresto pendenti; ribadisce la necessità che l'UE e i suoi Stati membri, con l'ausilio del SEAE, definiscano una serie di orientamenti interni che delineino un codice di condotta per i contatti tra i funzionari dell'UE/degli Stati membri e le persone ricercate dalla Corte penale internazionale;
30.  esprime profonda preoccupazione per l'esito delle discussioni in materia di bilancio in occasione della 10ª sessione dell'Assemblea degli Stati contraenti, che ha avuto luogo dal 12 al 21 dicembre 2011, in cui si è minacciato di tagliare i finanziamenti della Corte; deplora profondamente il fatto che alcuni Stati europei che sono parti contraenti dello Statuto di Roma sostengano l'adozione di un bilancio a crescita zero/ridotto e che l'Assemblea non abbia convenuto di fornire alla Corte le risorse sufficienti a eseguire efficacemente il proprio mandato giudiziario e amministrare la giustizia in modo risoluto, equo, efficace e significativo; invita gli Stati membri a fornire un sostegno significativo all'operato della Corte in seno all'Assemblea degli Stati contraenti e a respingere le proposte di una crescita nominale zero del bilancio della Corte, giacché ciò minerebbe la sua capacità di amministrare la giustizia e di affrontare le nuove situazioni;
31.  sottolinea che il sostegno dell'UE a favore della lotta contro l'impunità deve coprire una serie di iniziative che includano, tra l'altro: maggiori sforzi per promuovere una più ampia ratifica e attuazione dello statuto di Roma e dell'accordo sui privilegi e le immunità al fine di rendere la Corte realmente globale e universale; maggiori sforzi per garantire la piena cooperazione con la Corte, anche adottando la legislazione nazionale pertinente in materia di cooperazione e sottoscrivendo accordi quadro con la CPI per l'esecuzione delle sue sentenze, la tutela e il trasferimento delle vittime e dei testimoni ecc., al fine di favorire una cooperazione adeguata e tempestiva con la Corte; un fermo sostegno politico e diplomatico, in particolare a favore dell'esecuzione dei mandati di arresto pendenti;
32.  sottolinea, in seguito alla Primavera araba, l'importanza di sviluppare una politica dell'UE coerente e diversificata relativa alla giustizia di transizione in aggiunta al rafforzamento dell'indipendenza del potere giudiziario, che comprenda il collegamento con la CPI in quanto tribunale di ultima istanza, al fine di aiutare i paesi in transizione ad affrontare le violazioni dei diritti umani commesse in passato, a combattere l'impunità e a impedire il ripetersi di tali violazioni;
33.  sottolinea che la raccolta digitale di prove e la diffusione di immagini relative alle violazioni dei diritti umani può contribuire alla lotta globale contro l'impunità; ritiene che sia necessaria assistenza nel rendere tali materiali ammissibili ai sensi del diritto (penale) internazionale in qualità di prove nei procedimenti giudiziari;
Azione dell'UE nell'ambito del diritto internazionale umanitario (DIU)
34.  plaude all'inclusione, per la prima volta, di una sezione dedicata al diritto internazionale umanitario nella relazione annuale 2011 sui diritti umani e la democrazia e agli sforzi dell'UE intesi a garantire la responsabilità documentando le violazioni del DIU e sostenendo i meccanismi di responsabilità, così come agli impegni da essa assunti al fine di combattere le sparizioni forzate, continuare a sostenere la CPI, adoperarsi per una maggiore partecipazione ai principali strumenti del DIU, promuovere il rispetto di garanzie procedurali fondamentali per tutte le persone detenute nei conflitti armati e sostenere gli strumenti internazionali volti ad affrontare i rischi umanitari dei residuati bellici esplosivi, delle munizioni a grappolo, degli ordigni esplosivi improvvisati e delle mine antiuomo;
35.  si rammarica tuttavia che la consapevolezza generale e l'attuazione degli orientamenti dell'UE per promuovere l'osservanza del diritto internazionale umanitario siano a livelli nettamente inferiori rispetto a quanto accade in relazione ad altri orientamenti; invita l'UE a dare maggiore risalto politico e a destinare maggiori risorse all'attuazione di questi orientamenti, in particolare garantendo che il DIU sia integrato nelle operazioni di gestione delle crisi, nonché lottando in modo proattivo contro l'impunità e garantendo la responsabilità individuale;
36.  ricorda che, al fine di scongiurare le violazioni dei diritti umani, il rispetto del diritto internazionale deve essere al centro di qualsiasi strategia dell'Unione europea volta a promuovere i diritti umani e la democrazia nel mondo, segnatamente nelle sue relazioni con partner che sono implicati in conflitti, armati o congelati; ricorda la necessità di porre fine a ogni forma di sostegno dell'Unione europea, di natura finanziaria, logistica o tattica, inclusa la fornitura di armi, munizioni e di ogni altro genere di attrezzatura militare, alle parti di un conflitto, come disposto dalla posizione comune dell'Unione europea sull'esportazione di armi;
37.  evidenzia ulteriormente la necessità di garantire che la questione della lotta all'impunità per i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e il genocidio sia affrontata in modo più sistematico nelle relazioni bilaterali dell'Unione europea con i paesi interessati, anche facendovi riferimento in dichiarazioni pubbliche, e sottolinea che l'UE deve contrastare l'impunità in modo più coerente a livello multilaterale, ad esempio in seno all'Assemblea generale e al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite;
38.  ribadisce il suo impegno nei confronti del principio della «responsabilità di proteggere», sottolineando l'importanza che la comunità internazionale, tra cui l'Unione europea, si assuma la responsabilità di trattare le gravi violazioni dei diritti umani nei paesi terzi quando i governi di tali paesi non riescono a proteggere i propri cittadini o non lo vogliono fare; pone l'accento sul fatto che tale azione della comunità internazionale implica un intervento umanitario e un'adeguata pressione diplomatica e, solo come misura di ultima istanza, l'impiego collettivo della forza, sotto gli auspici o con l'autorizzazione delle Nazioni Unite; esorta l'UE ad impegnarsi attivamente e a promuovere l'urgente riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, al fine di evitare l'ostruzionismo nei confronti della responsabilità di proteggere;
39.  si compiace, in tale contesto, delle azioni dell'Unione europea e di diversi Stati membri che hanno assunto la guida nella prevenzione di ulteriori violenze nei confronti dei civili in Libia nel corso del 2011, ma si rammarica della mancanza di una risposta concertata a livello di UE;
40.  è profondamente preoccupato per la situazione dei diritti umani in Libia, in particolare per quanto riguarda le condizioni di detenzione e il trattamento dei detenuti nelle mani delle varie milizie, senza che vi sia un controllo effettivo e serio del governo provvisorio su questi gruppi, e richiede una vigilanza rafforzata e l'intensificazione dell'assistenza da parte della comunità internazionale, come affermato dall'Alto Commissario per i diritti umani dinanzi al Consiglio di sicurezza dell'ONU il 25 gennaio 2012;
41.  rileva gli sforzi compiuti dall'Unione europea e dalla comunità internazionale in Siria, deplora tuttavia il fatto che tali sforzi non si siano tradotti in un miglioramento della situazione sul campo; ribadisce la propria profonda preoccupazione per la situazione in Siria, soprattutto per quanto concerne la continua emergenza umanitaria e in relazione ai diritti umani; condanna con la massima fermezza la brutale repressione diffusa e le violazioni sistematiche dei diritti umani e delle libertà fondamentali perpetrate dal regime siriano nei confronti della popolazione, inclusi donne e bambini; invita le autorità siriane a porre immediatamente fine alle violazioni dei diritti umani e ad adempiere ai propri obblighi derivanti dal diritto internazionale in materia di diritti umani, al fine di consentire una transizione pacifica e democratica; ribadisce il suo fermo sostegno all'inviato speciale delle Nazioni Unite/Lega araba ed esorta il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ad adottare le misure necessarie per porre fine al massacro dei civili e deferire alla CPI i responsabili dei gravi crimini di guerra e delle violazioni dei diritti umani in Siria;
42.  plaude alla nuova iniziativa del corpo volontario europeo di aiuto umanitario che nel periodo iniziale di programmazione 2014-2020 offrirà a circa 10 000 europei l'opportunità di partecipare a operazioni umanitarie in tutto il mondo, nelle zone in cui gli aiuti sono maggiormente necessari, e di dimostrare la solidarietà europea fornendo un aiuto concreto alle comunità colpite da disastri naturali o provocati dall'uomo;
43.  sostiene che le società militari e di sicurezza private dovrebbero essere ritenute responsabili delle violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario commesse dal loro personale; invita l'UE e gli Stati membri, alla luce dell'ampio ricorso a tali società, a intensificare gli sforzi volti a trovare una soluzione normativa credibile al fine di evitare lacune giuridiche in termini di responsabilità;
Politica europea di vicinato e Primavera araba
44.  sottolinea il rilievo delle rivolte del 2011 nel mondo arabo sia come espressione del desiderio di libertà, giustizia e dignità sia come una sfida importante per la politica dell'Unione europea nella regione e oltre; riconosce che l'UE ha intensificato il suo impegno politico sia nei paesi del vicinato orientale che in quelli del vicinato meridionale, ma sottolinea la necessità di imparare dagli errori strategici del passato e di tracciare una nuova politica in linea con il rispetto dei diritti umani e il sostegno dei valori democratici;
45.  accoglie con favore la nuova enfasi posta dalla politica dell'UE per il vicinato meridionale sulla responsabilità reciproca e su un impegno condiviso a favore dei valori universali dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto; chiede coerenza nell'approccio politico dell'UE in materia di diritti umani nei confronti del Sud e dell'Est; sottolinea la necessità di evitare all'Est lo stesso tipo di errori strategici che sono stati commessi al Sud prima della Primavera araba del 2011;
46.  ricorda le sue risoluzioni del 25 novembre 2010 sulla situazione nel Sahara occidentale(11) e del 18 aprile 2012 sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo e la politica dell'Unione europea in materia, comprese le conseguenze per la politica strategica dell'UE in materia di diritti umani(12) ; esprime la propria preoccupazione dinanzi al deterioramento della situazione dei diritti umani nel Sahara occidentale; chiede che i diritti fondamentali della popolazione del Sahara occidentale siano rispettati, compresa la libertà di associazione, di espressione e di manifestare; chiede il rilascio di tutti i prigionieri politici Saharawi; chiede che il territorio sia reso accessibile a osservatori indipendenti, alle organizzazioni non governative e ai media; ribadisce il proprio sostegno alla creazione di un meccanismo internazionale per sorvegliare il rispetto dei diritti umani nel Sahara occidentale; appoggia una soluzione equa e duratura del conflitto basata sul diritto del popolo Saharawi all'autodeterminazione, in conformità delle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite;
47.  sottolinea l'importanza del ruolo delle donne e della loro piena partecipazione ai processi decisionali in ambito politico ed economico, in particolare per quanto concerne il consolidamento della pace nelle fasi post-belliche, i negoziati di transizione democratica e la risoluzione dei conflitti, come pure i processi di riconciliazione e stabilizzazione, nell'ottica di una maggiore sensibilizzazione e attenzione volte a eliminare le discriminazioni che subiscono le donne nel processo di democratizzazione in atto in numerosi paesi terzi;
48.  ribadisce il proprio parere secondo cui l'approccio «more for more» dovrebbe basarsi su criteri chiaramente definiti con obiettivi di riferimento specifici, misurabili, realizzabili, trasparenti e limitati nel tempo; invita il SEAE e la Commissione ad applicare questo approccio in modo sistematico nelle relazioni sullo stato di avanzamento della politica di vicinato;
49.  plaude alla maggiore apertura dell'Unione europea verso la società civile ed evidenzia la necessità che la società civile contribuisca in modo più sistematico e regolare all'elaborazione delle strategie nazionali in materia di diritti umani e alle valutazioni dei diritti umani richieste per una corretta applicazione del nuovo approccio «more for more» nell'ambito della politica dell'UE;
50.  esprime inoltre apprezzamento per le attività intraprese nell'ambito dell'iniziativa del partenariato orientale per quanto concerne la promozione dei diritti umani, della democrazia, delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto nei paesi partner; invita l'Unione europea a servirsi dell'esperienza in materia di transizione dei suoi Stati membri nel passaggio da regimi autoritari a democratici, e a tradurre gli insegnamenti tratti da queste esperienze in programmi concreti e orientati ai risultati nei paesi partner orientali dell'Unione; esorta l'UE a intervenire in modo più energico e coerente nella promozione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto nei paesi partner;
51.  si rammarica, tuttavia, del fatto che la politica del partenariato orientale si presti talvolta a interpretazioni errate, diventando piuttosto una politica improntata al permissivismo e al perdono e caratterizzata frequentemente dall'applicazione di due pesi e due misure nei confronti dei paesi partner orientali;
52.  ribadisce la propria profonda preoccupazione per la mancanza di democrazia, dello Stato di diritto, delle libertà fondamentali e del rispetto dei diritti umani in Bielorussia, l'unico paese del vicinato europeo a non partecipare pienamente al partenariato orientale e alle attività dell'Assemblea parlamentare Euronest, soprattutto in seguito alle elezioni presidenziali del dicembre 2010 e alla successiva repressione violenta dei manifestanti e dell'opposizione politica, inclusi i processi degli attivisti nel 2011 che sono stati condotti in modo non conforme alle norme internazionali e hanno portato alla pronuncia di sentenze sproporzionatamente severe; elogia l'unità dell'Unione europea in risposta all'espulsione dei diplomatici dell'UE dalla Bielorussia nel febbraio 2012; esorta l'Unione e tutti gli Stati membri a rimanere coerenti nelle proprie politiche nei confronti della Bielorussia e a mantenere la pressione sul regime politico, anche attraverso sanzioni, tra l'altro nei confronti dei funzionari arruolati, rivolgendosi al contempo alla società civile attraverso strumenti quali una maggiore facilitazione del rilascio dei visti e maggiori opportunità di istruzione, formazione e altri tipi di scambio; esprime profonda preoccupazione per la reclusione di Ales Bialiatskij dal 4 agosto 2011; esprime rammarico per le azioni dei funzionari polacchi e lituani, che hanno permesso l'arresto di Ales Bialetskij attraverso la trasmissione di informazioni bancarie, e chiede che sia compiuto ogni possibile sforzo da parte di tutti gli attori nell'UE per evitare che simili errori abbiano a ripetersi;
53.  esorta l'Unione europea ad applicare lo stesso approccio coerente nei confronti delle violazioni dei diritti umani in tutti i paesi terzi, sia nei paesi partner che nei paesi con cui l'UE ha rapporti meno sviluppati; insiste sulla necessità che l'UE segnali e condanni apertamente le violazioni dei diritti umani ovunque e ogni qualvolta si verifichino, a prescindere dal livello o dall'importanza strategica del partenariato con il paese interessato; sottolinea che l'UE deve far leva sull'aiuto finanziario e sulle relazioni economiche per garantire l'impegno a favore dei valori universali dei diritti umani da parte della totalità dei suoi partner;
Politiche dell'UE a sostegno della democratizzazione e delle elezioni
54.  evidenzia la natura di mutuo rafforzamento dei diritti umani e della democrazia, in quanto è attraverso il rispetto dei diritti umani che le società creano lo spazio politico libero necessario per un confronto democratico pacifico; plaude, al riguardo, alla maggiore attenzione rivolta dall'UE al sostegno della democrazia, come dimostrato dal Fondo europeo per la democrazia di recente istituzione;
55.  sottolinea che è necessario un approccio più a lungo termine che copra l'intero ciclo elettorale per dare seguito in modo adeguato alle relazioni e alle raccomandazioni delle missioni di osservazione elettorale dell'UE; evidenzia l'importanza di elaborare raccomandazioni realistiche e realizzabili e di garantire che tali raccomandazioni siano monitorate da parte delle delegazioni dell'UE e diventino parte integrante del dialogo politico e dell'assistenza offerta; ritiene che anche le delegazioni permanenti del Parlamento e le assemblee parlamentari paritetiche debbano svolgere un ruolo più incisivo in termini di seguito dato a tali raccomandazioni e di analisi dei progressi compiuti in materia di diritti umani e di democrazia; esorta le missioni di osservazione elettorale dell'Unione europea a rafforzare il coordinamento con le altre missioni internazionali di osservazione elettorale, così da migliorare la coerenza dell'azione dell'UE in tale ambito; sottolinea che l'UE deve investire nella formazione degli osservatori locali al fine di dar vita a processi elettorali sostenibili e autonomi nei paesi terzi; sottolinea che la transizione verso la democrazia, nonché i progressi nella promozione dei diritti umani, necessitano di strategie a lungo termine e potrebbero non dare risultati visibili sul breve periodo; esorta pertanto la Commissione e il SEAE a monitorare nel dettaglio più di un ciclo elettorale, inviando missioni di osservazione elettorale dell'UE nei paesi in cui vi è un passaggio da regimi autoritari a regimi democratici o nei paesi in cui si registra un grave arresto dell'avanzamento verso la democrazia;
56.  ribadisce l'invito al Consiglio e alla Commissione di sviluppare una strategia politica coerente e a lungo termine in relazione ad ogni missione di osservazione elettorale dell'UE, seguita da una valutazione del progresso democratico due anni dopo la missione, con la necessaria partecipazione dell'osservatore capo elettorale interessato, da presentare nel corso della discussione annuale del Parlamento con il VP/AR in materia di diritti umani; ricorda l'impegno del VP/AR di prestare maggiore attenzione, nell'attività di osservazione elettorale, alla partecipazione delle donne, delle minoranze nazionali e delle persone disabili, sia in qualità di candidati che di elettori;
57.  sottolinea che l'UE deve impegnarsi con le parti politiche al fine di consentire la condivisione degli strumenti e delle tecniche che le parti possono utilizzare per sviluppare legami più forti con l'opinione pubblica, lanciare campagne elettorali competitive e operare più efficacemente nell'assemblea legislativa; sottolinea, inoltre, che la democratizzazione è un processo che deve coinvolgere i cittadini, i movimenti popolari e la società civile; sarebbe, pertanto, opportuno che l'UE finanziasse programmi che promuovono la partecipazione civica, la sensibilizzazione degli elettori, l'organizzazione di azioni di sostegno, la libertà di stampa e di espressione, e che aiutano in generale i cittadini a esercitare i propri diritti e garantiscono il controllo politico;
58.  è del parere che la partecipazione equa delle donne alla politica e ai governi sia fondamentale per creare e promuovere la democrazia; sottolinea, pertanto, che i programmi dell'UE in materia di diritti umani e di democratizzazione dovrebbero sempre privilegiare la partecipazione attiva e la creazione di capacità delle donne nelle assemblee legislative, nei partiti politici e nella società civile in qualità di leader, attivisti e cittadini informati; è del parere che l'UE debba continuare a sostenere e a incoraggiare le donne a candidarsi alle elezioni e a partecipare in modo significativo a ogni sfaccettatura della vita civile e politica; ricorda che la piena partecipazione delle donne alla vita politica non si limita a obiettivi statistici riguardanti il numero di donne candidate ed elette, e precisa che garantire l'uguaglianza fra donne e uomini significa innanzitutto tenere conto delle problematiche relative ai diritti delle donne in sede di elaborazione delle politiche e comporta una partecipazione libera ed effettiva delle donne a tutti gli aspetti della vita pubblica, politica ed economica;
59.  ricorda che la costruzione di legittime fondamenta democratiche, un buon funzionamento della società civile e lo sviluppo di una comunità democratica basata sui diritti è un processo a lungo termine che deve realizzarsi dal basso e che richiede il sostegno interno, regionale e internazionale;
60.  accoglie con favore la creazione della Direzione per il sostegno alla democrazia in seno al Parlamento europeo e l'ampliamento del mandato del suo gruppo di coordinamento elettorale (GCE), divenuto gruppo di sostegno a favore della democrazia e di coordinamento elettorale (GSDCE); si aspetta che le attività di sostegno alla democrazia del Parlamento europeo saranno ulteriormente rafforzate, in particolare attraverso il suo Ufficio per la promozione della democrazia parlamentare e la sua Unità di osservazione elettorale;
Dialoghi e consultazioni sui diritti umani con i paesi terzi
61.  riconosce il potenziale insito in dialoghi globali sui diritti umani con i paesi terzi, in particolare se efficacemente combinati con l'attuazione delle strategie nazionali in materia di diritti umani ad altri livelli più elevati del dialogo politico, quali i vertici; evidenzia che i dialoghi non dovrebbero, tuttavia, essere strumentalizzati al fine di marginalizzare le discussioni sui diritti umani; insiste che gli aspetti relativi ai diritti umani siano centrali nelle relazioni con i paesi terzi;
62.  raccomanda che le strategie nazionali in materia di diritti umani siano rese pubbliche; sottolinea che le strategie pubbliche conferirebbero visibilità all'impegno dell'Unione europea a favore della difesa dei diritti umani nei paesi terzi e fornirebbero sostegno a quanti lottano per esercitare e tutelare i propri diritti umani;
63.  sottolinea che è importante che l'UE si serva di questi dialoghi per richiamare l'attenzione sui singoli casi che destano preoccupazione, segnatamente i prigionieri di coscienza arrestati per avere esercitato il diritto pacifico alla libertà di espressione, di riunione, di religione o di credo, e invita l'UE a seguire efficacemente questi casi con i paesi in questione;
64.  ribadisce, tuttavia, la propria preoccupazione per la persistente e deludente mancanza di progressi in molti dialoghi sui diritti umani, e per la mancanza di parametri di riferimento trasparenti per una reale valutazione dei miglioramenti o dei peggioramenti nell'ambito dei diritti umani; rileva le continue difficoltà dell'UE a negoziare migliori modalità per il dialogo sui diritti umani in particolare con la Cina e la Russia; invita il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani di nuova nomina ad assumere la guida in questi e in altri dialoghi sui diritti umani e a dar loro un'impostazione maggiormente orientata ai risultati, attraverso la sua cooperazione in corso con il Parlamento;
65.  sottolinea che, nonostante le misure intraprese dalle autorità cinesi nella giusta direzione, la situazione dei diritti umani continua a deteriorarsi ed è caratterizzata dall'incremento delle tensioni sociali e dal potenziamento del controllo e della repressione nei confronti di difensori dei diritti umani, avvocati, blogger e attivisti sociali, nonché dalla messa a punto di politiche mirate volte a emarginare i tibetani e la loro identità culturale; esorta le autorità cinesi a impegnarsi seriamente con il popolo tibetano al fine di valutare le cause alla base delle autoimmolazioni dei monaci e delle monache tibetani, porre fine alle molestie e intimidazioni dei tibetani che esercitano il loro diritto alla libertà di espressione, riunione e associazione, porre fine all'utilizzo della forza eccessiva e non necessaria nei confronti dei dimostranti, svolgere indagini su tutti i casi di violazioni dei diritti umani e autorizzare l'invio di controllori indipendenti nelle zone di protesta;
66.  ribadisce la necessità di nominare un rappresentante speciale UE per il Tibet, incaricato di difendere i diritti umani, tra cui il diritto a praticare liberamente la propria religione e cultura in Cina;
67.  rimane deluso del fatto che non vi sia stato un coinvolgimento sistematico del Parlamento nelle valutazioni del dialogo sui diritti umani, anche nel caso della Russia e della Cina; chiede che l'accesso del Parlamento a queste valutazioni sia formalizzato, e rammenta che le linee direttrici dell'UE per i dialoghi in materia di diritti umani affermano che «la società civile sarà associata a tale processo di valutazione»;
68.  ribadisce che la situazione dei diritti della donna e la loro promozione, l'uguaglianza di genere e la lotta contro la violenza sulle donne devono sistematicamente essere presi in considerazione in tutti i dialoghi in materia di diritti umani che intercorrono tra l'UE e i paesi terzi con cui essa ha sottoscritto accordi di cooperazione o di associazione;
Sanzioni dell'Unione europea e clausole relative ai diritti umani e alla democrazia negli accordi dell'Unione europea
69.  si compiace dell'impegno assunto nel piano d'azione dell'UE sui diritti umani di sviluppare una metodologia per migliorare l'analisi della situazione dei diritti umani nei paesi terzi in relazione all'avvio o alla conclusione di accordi commerciali e/o di investimento; chiede all'UE di garantire che la concessione dello status SPG+ sia strettamente collegata alla ratifica e attuazione da parte di un determinato paese degli strumenti internazionali chiave in materia di diritti umani, consentendo una valutazione regolare di tali obblighi, prestando particolare attenzione al rispetto della libertà di espressione, di riunione, di associazione, di religione o di credo e dei diritti delle minoranze, delle donne e dei bambini; sottolinea, in particolare, la necessità di trasparenza nella difesa dei diritti umani degli immigrati;
70.  plaude agli sforzi dell'Unione europea per includere una clausola relativa ai diritti umani e alla democrazia in tutti i suoi accordi politici quadro, ma ribadisce l'invito affinché tutte le relazioni contrattuali con i paesi terzi – sia industrializzati che in via di sviluppo, e compresi gli accordi settoriali, commerciali e di aiuto tecnico o finanziario – includano clausole chiaramente formulate relative ai diritti umani e alla democrazia, senza eccezioni; ritiene che l'attuale soglia di intervento del sistema delle preferenze generalizzate (SPG) per quanto attiene alle clausole sui diritti umani sia elevata, ma che debba essere adattata a ciascun paese interessato; mette in luce la nuova proposta di riforma dell'SPG del 2011, che suggerisce che la procedura di consultazione sia ampliata e faciliti le indagini sulle violazioni dei diritti umani nella commissione SPG; esprime al riguardo profonda preoccupazione circa il deterioramento della situazione dei diritti umani in Cambogia, dove l'accaparramento delle terre incrementa la povertà e conduce alla violazione delle clausole sui diritti umani, che sono parte integrante degli accordi UE-Cambogia; avverte che la mancanza di coerenza nell'attuazione della clausola relativa ai diritti umani può minare la credibilità e l'efficacia della politica della condizionalità dell'UE;
71.  plaude alle misure adottate e ai piani sviluppati nel 2011 dalle istituzioni europee e dagli Stati membri finalizzate a dar vita a una politica più coerente e coordinata a sostegno della responsabilità sociale delle imprese (RSI), tra l'altro, a favore dei diritti umani nel mondo e ad attuare i principi guida delle Nazioni Unite del 2011 sulle imprese e sui diritti umani;
72.  sottolinea l'importanza di integrare la RSI negli accordi di libero scambio con i paesi terzi o in via di sviluppo onde promuovere i diritti umani nonché le norme sociali e ambientali; suggerisce che in tutti i futuri accordi di libero scambio sia inserito un capitolo completo sui diritti umani, in aggiunta ai capitoli sociale e ambientale; chiede inoltre alla Commissione di utilizzare gli accordi di libero scambio per promuovere le quattro norme fondamentali del lavoro, ossia la libertà di associazione e il diritto di negoziazione collettiva; l'eliminazione di ogni forma di lavoro forzato; l'abolizione del lavoro minorile; l'eliminazione della discriminazione in materia di occupazione; sottolinea che i meccanismi di monitoraggio e di applicazione del sistema SPG+ dovrebbero essere ulteriormente rafforzati;
73.  ribadisce che l'applicazione coerente della clausola sui diritti umani degli accordi è fondamentale nelle relazioni dell'Unione europea e degli Stati membri con i paesi terzi; sottolinea l'importanza di rivedere il modo in cui gli Stati membri hanno cooperato con l'apparato di repressione in nome della lotta al terrorismo; evidenzia, a tale proposito, la necessità che la politica europea di vicinato recentemente sottoposta a revisione fornisca soprattutto sostegno alla riforma del settore della sicurezza e, in particolare, garantisca una chiara separazione tra le funzioni di intelligence e di applicazione della legge; invita il VP/AR, il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, il Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), il Consiglio e la Commissione a rafforzare la cooperazione con il comitato per la prevenzione della tortura e altri meccanismi pertinenti del Consiglio d'Europa nel quadro della programmazione e dell'attuazione di progetti di assistenza ai paesi terzi nella lotta al terrorismo e in tutte le forme di dialogo con i paesi terzi in materia di antiterrorismo;
74.  sottolinea l'importanza di continuare il lavoro sulle pratiche mondiali concernenti in particolare il ricorso alla detenzione segreta nel quadro della lotta contro il terrorismo; insiste sul fatto che la lotta al terrorismo non può in nessun caso giustificare casi di violazione dei diritti umani nei paesi terzi come sul territorio dell'Unione europea; si compiace, a tale proposito, dell'approvazione della risoluzione del Parlamento europeo dell'11 settembre 2012 sui presunti casi di trasporto e detenzione illegale di prigionieri in paesi europei da parte della CIA: seguito della relazione della commissione TDIP del PE, e chiede agli Stati membri di attuarne le raccomandazioni;
75.  insiste sull'importanza che l'Unione europea rispetti pienamente e attui i suoi obblighi internazionali, le sue politiche e i suoi strumenti di politica estera, quali gli orientamenti sulla tortura e i dialoghi sui diritti umani, così da poter essere più credibile nel suo appello per un'attuazione rigorosa delle clausole relative ai diritti umani negli accordi di associazione, e per sollecitare i suoi principali alleati a rispettare il proprio diritto interno e le leggi internazionali;
76.  raccomanda, al fine di aumentare la credibilità della clausola relativa ai diritti umani e la prevedibilità dell'azione dell'Unione europea, di sviluppare ulteriormente la clausola con l'inclusione di meccanismi procedurali politici e giuridici da utilizzare nel caso di una richiesta di sospensione della cooperazione bilaterale sulla base di ripetuti e/o sistematici abusi dei diritti umani in violazione del diritto internazionale;
77.  invita l'Unione europea ad assicurarsi che gli accordi commerciali conclusi con i paesi terzi siano favorevoli alla coesione sociale e garantiscano il rispetto delle norme sociali, ambientali e del lavoro nonché la corretta gestione delle risorse naturali, in particolare la terra e l'acqua; rileva che l'Unione europea sta sviluppando un meccanismo di monitoraggio dei diritti umani da includere nei nuovi accordi di partenariato e di cooperazione, e in altri accordi commerciali, con una serie di paesi; esprime preoccupazione per il fatto che questi meccanismi di monitoraggio non siano abbastanza ambiziosi né definiti in modo chiaro, e che possano quindi compromettere l'impegno del trattato dell'UE di promuovere i diritti umani e la democrazia nel mondo; esprime, al riguardo, particolare preoccupazione per l'APC concluso con l'Uzbekistan e per l'APC che sta per concludere con il Turkmenistan;
78.  ribadisce la sua raccomandazione che l'UE adotti una politica più coerente ed efficace in materia di sanzioni e misure restrittive, fornendo criteri precisi relativamente ai casi che richiedono l'applicazione di tali misure e ai tipi di sanzioni che dovrebbero essere applicate, e includendo parametri di riferimento trasparenti per la loro revoca; invita il Consiglio a garantire che non si applichino due pesi e due misure al momento di decidere riguardo a misure restrittive o sanzioni e che queste siano applicate a prescindere dagli interessi politici, economici e di sicurezza;
79.  invita la Commissione e gli Stati membri ad affrontare a livello internazionale il problema della violenza contro le donne e la dimensione di genere delle violazioni dei diritti umani, in particolare nel contesto degli accordi di associazione bilaterali e degli accordi commerciali internazionali in vigore o in corso di negoziazione;
Libertà di espressione (media sociali/libertà digitali)
80.  rileva che la Primavera araba ha dimostrato come la nuova architettura mondiale dell'informazione e della comunicazione non stia soltanto creando nuovi canali per la libertà di espressione, ma stia anche rendendo possibili nuove forme di mobilitazione politica che aggirano i metodi tradizionali; sottolinea, al riguardo, che le aree rurali non sono spesso sufficientemente collegate alle moderne tecnologie di comunicazione; invita le istituzioni dell'UE e gli Stati membri a sfruttare il potenziale positivo delle nuove tecnologie nella politica estera dell'UE, sottolineando al contempo che solo ai gruppi organizzati che dispongono di un'agenda politica chiara e coerente è concessa l'assistenza finanziaria; invita le istituzioni europee e gli Stati membri ad affrontare il pericolo della censura e della repressione relative a Internet; accoglie con favore il lancio, nel dicembre 2011, della strategia «No disconnect» per la messa a punto di strumenti che consentano all'UE, nei casi appropriati, di aiutare le organizzazioni della società civile o i singoli cittadini ad eludere le interruzioni abusive dell'accesso alle tecnologie di comunicazione elettronica, inclusa Internet;
81.  riconosce che una crescente dipendenza dalle infrastrutture tecnologiche dell'informazione e delle comunicazioni può probabilmente creare nuove vulnerabilità e problemi di sicurezza a livello internazionale; ricorda, tuttavia, che molte delle caratteristiche decentralizzate che fanno di Internet una preoccupazione nell'ambito della sicurezza informatica sono anche le ragioni che lo rendono uno strumento potente per i difensori dei diritti umani che vivono sotto regimi repressivi; sottolinea, pertanto, l'importanza, di una strategia globale di libertà digitale con una chiara dimensione dei diritti umani, che comprenda una valutazione d'impatto sulle conseguenze per i diritti umani nell'ambito dello sviluppo di politiche e programmi concernenti la sicurezza informatica, la lotta contro la criminalità informatica, la governance di Internet e altre politiche dell'UE in questo settore; invita, al riguardo, la Commissione e il SEAE ad adottare un approccio proattivo e a integrare l'aspetto della sicurezza informatica nell'interazione con i paesi terzi;
82.  sottolinea che la repressione e il controllo di cittadini e aziende implica una crescente componente tecnologica, attraverso il blocco dei contenuti e il controllo e identificazione dei difensori dei diritti umani, giornalisti, attivisti e dissidenti, nonché attraverso la criminalizzazione dell'espressione legittima online e l'adozione di una normativa restrittiva che giustifichi tali misure; sottolinea che la promozione e la salvaguardia delle libertà digitali devono essere integrate e riviste su base annuale in modo da garantire responsabilità e continuità, in tutte le azioni esterne, politiche e strumenti di finanziamento e di aiuto dell'UE; invita la Commissione e il Consiglio a riconoscere inequivocabilmente le libertà digitali come diritti fondamentali e prerequisiti indispensabili per il godimento dei diritti umani universali, quali la libertà di espressione, riunione e accesso alle informazioni e per garantire la trasparenza e la responsabilità nella vita pubblica;
83.  si compiace dell'impegno assunto nel piano d'azione dell'UE sui diritti umani di mettere a punto nuovi orientamenti pubblici sulla libertà di espressione sia online che offline, inclusa la protezione dei blogger e dei giornalisti, dei difensori dei diritti umani e dei partiti dell'opposizione;
84.  sottolinea l'importanza di promuovere stampa e media indipendenti e liberi giacché sono attori cruciali nel preservare lo Stato di diritto e nella lotta alla corruzione;
85.  rileva con inquietudine il preoccupante aumento degli attacchi e delle intimidazioni contro i giornalisti e gli operatori dei media nel mondo; auspica un'intensificazione degli sforzi dell'UE per promuovere la loro sicurezza nei dialoghi con i partner dell'Unione e con altri paesi;
86.  esprime viva preoccupazione per gli sviluppi che limitano la libertà di espressione e di associazione in base a idee infondate in materia di omosessualità e transessualità; ribadisce che queste leggi e proposte sono incompatibili con il patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, che vieta le leggi e pratiche discriminatorie basate sull'orientamento sessuale; invita il VP/AR e il Rappresentante speciale per i diritti umani a sollevare sistematicamente tali preoccupazioni;
87.  deplora l'impiego di tecnologie e servizi prodotti all'interno dell'UE in paesi terzi per violare i diritti umani attraverso la censura delle informazioni, sorveglianza di massa, controllo, rilevamento e localizzazione dei cittadini e delle loro attività sulle reti telefoniche (mobili) e su Internet; esprime preoccupazione per le notizie di alcune società europee che collaborano con regimi autoritari fornendo accesso gratuito illimitato alle loro reti e banche dati con il pretesto di seguire la legge locale, come è stato nel caso della società TeliaSonera in diversi paesi dell'ex Unione Sovietica; è convinto che le imprese europee, le loro filiali e i loro subappaltatori svolgano un ruolo fondamentale ai fini della promozione e della diffusione delle norme sociali nel mondo, e che pertanto il loro comportamento debba essere conforme ai valori europei e alle norme internazionali di base in materia sociale e ambientale;
88.  plaude alle decisioni del Consiglio volte a vietare l'esportazione di talune tecnologie e servizi d'informazione in Siria e in Iran ed esorta l'Unione europea a considerare questi casi come precedenti per future misure restrittive nei confronti di altri regimi repressivi; appoggia fermamente la proposta di includere le violazioni dei diritti umani nel sistema europeo di controllo delle esportazioni di prodotti a duplice uso, affinché i prodotti non elencati possano essere soggetti a restrizioni all'esportazione da parte degli Stati membri; attira l'attenzione, in tale contesto, sulla sua posizione relativa all'adozione del regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 428/2009 del Consiglio che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell'intermediazione e del transito di prodotti a duplice uso;
Sostegno dell'UE alla società civile e ai difensori dei diritti umani
89.  sottolinea che lo sviluppo di una società civile forte e dinamica costituisce un fattore chiave che consente il progresso democratico e una migliore tutela dei diritti umani; pone in evidenza che la mobilitazione della società civile è all'origine dei cambiamenti storici della Primavera araba;
90.  riconosce gli sforzi dell'UE per rafforzare il sostegno alle organizzazioni della società civile; apprezza particolarmente la capacità dell'Unione europea di impegnarsi direttamente con la società civile attraverso lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR); si rammarica, tuttavia, del fatto che l'UE non disponga di una politica sistematica più decisa per convincere i paesi partner ad abolire indebite restrizioni giuridiche e amministrative che limitano i diritti universali di riunione e di associazione; invita a mettere a punto tali orientamenti politici;
91.  ribadisce il proprio sostegno all'attuazione del concetto di titolarità democratica nella cooperazione allo sviluppo dell'UE e ritiene il ruolo della società civile fondamentale in tale contesto; evidenzia la necessità che tutto il personale dell'UE lavori a stretto contatto con la società civile nei paesi in cui è distaccato; sottolinea che una più stretta collaborazione con la società civile contribuirebbe in modo significativo all'elaborazione di strategie nazionali in materia di diritti umani fattibili e realistiche, elaborate in funzione delle priorità di questi paesi;
92.  si rammarica del fatto che la persecuzione e la marginalizzazione dei difensori dei diritti umani rimangano una tendenza ampiamente diffusa in tutto il mondo, specialmente in Cina, in Russia e in tutti gli altri paesi che tuttora interpretano malamente standard elevati in materia di diritti umani come un'imposizione dell'UE, dell'ONU e delle organizzazioni internazionali per i diritti umani; deplora che in Cina la sorte di avvocati radiati nonché di giornalisti e operatori dei media vittime di persecuzioni politiche sia tuttora considerata un affare interno; rileva le restrizioni dello spazio democratico;
93.  accoglie con favore la risoluzione del Terzo Comitato dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del novembre 2011 sui difensori dei diritti umani, appoggiata dall'UE, e il sostegno pubblico dato dall'UE al relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani e ai meccanismi regionali pertinenti per proteggere i difensori dei diritti umani;
94.  sostiene i piani per istituire un'iniziativa europea volontaria nel quadro dell'EIDHR intesa a fornire protezione temporanea ai difensori dei diritti umani che devono essere urgentemente trasferiti dai loro paesi d'origine; sottolinea che tale iniziativa dovrebbe essere attuata in modo da integrare i regimi di protezione già esistenti;
95.  rileva che sono i difensori dei diritti umani che operano in aree isolate e zone di conflitto i più esposti alle minacce e ai pericoli, nonché quelli in minor contatto con il personale dell'UE; esorta tutte le delegazioni dell'UE a sviluppare strategie locali in materia di diritti umani per mantenere contatti regolari con i difensori dei diritti umani sul campo e per fornire loro l'assistenza e la protezione necessarie, come richiesto dagli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani;
96.  sottolinea l'importanza che l'UE intervenga in modo proattivo (reazione e sostegno ai difensori dei diritti umani minacciati, osservazione dei processi nei confronti dei difensori dei diritti umani, reazione pronta, energica e visibile alle restrizioni delle libertà di espressione, associazione e riunione) e che fornisca sistematicamente ai difensori dei diritti umani e/o alle loro famiglie informazioni sulle azioni intraprese per loro conto, come previsto dagli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani; sollecita, al riguardo, il potenziamento del meccanismo EIDHR finalizzato a creare misure urgenti di protezione nei confronti dei difensori dei diritti umani in pericolo o a rischio;
97.  deplora che non sia stato accolto l'appello del PE volto a rafforzare la visibilità del premio Sakharov annuale, in quanto il premio Sakharov è citato solo in modo dichiarativo nella sezione PE della relazione annuale; sottolinea ancora una volta che è necessario che il SEAE dia un seguito adeguato sul benessere dei candidati e dei vincitori e sulla situazione nei loro paesi; rinnova la richiesta rivolta al SEAE e alla Commissione di tenersi regolarmente in contatto con i candidati e i vincitori del premio Sakharov per garantire il proseguimento del dialogo e il monitoraggio della situazione dei diritti umani nei rispettivi paesi e per offrire protezione a quanti siano oggetto di gravi persecuzioni; invita il SEAE a includere il premio Sakharov nella sezione sui difensori dei diritti umani della relazione annuale sui diritti umani;
98.  invita la Commissione e il Consiglio a sostenere, formare e dare maggiore potere ai difensori dei diritti umani, attivisti della società civile e giornalisti indipendenti per garantirne la sicurezza e libertà online e per ribadire i diritti fondamentali di libertà di espressione, riunione e associazione online;
Azione dell'UE contro la pena di morte
99.  ribadisce la propria posizione inamovibile contro la pena di morte in tutti i casi e le circostanze, e sostiene con fermezza gli sforzi dell'UE per approvare una risoluzione decisa sulla moratoria contro la pena di morte alla 67a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, anche al fine di acquisire slancio nel periodo precedente al Congresso mondiale contro la pena di morte; sottolinea che l'UE svolge un ruolo guida ed è il donatore più importante nella lotta contro la pena di morte;
100.  invita gli Stati membri ad astenersi dal commercializzare o dal promuovere attrezzature vietate ai sensi del regolamento (CE) n. 1236/2005 del Consiglio del 27 giugno 2005 relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti; invita, pertanto, a effettuare un controllo periodico e aggiornato delle esportazioni di farmaci prodotti dalle industrie farmaceutiche europee che potrebbero essere utilizzati per le esecuzioni capitali nei paesi terzi; plaude alla decisione della Commissione del 2011, recante modifica del regolamento (CE) n. 1236/2005 finalizzata a potenziare i controlli sulle esportazioni di determinati farmaci che potrebbero essere utilizzati per la pena di morte; plaude alle azioni proattive intraprese da alcune industrie farmaceutiche europee per fermare le esportazioni verso i paesi terzi in cui sussiste il rischio prevedibile che tali farmaci siano utilizzati per le esecuzioni capitali; esorta un maggior numero di industrie farmaceutiche europee a fare altrettanto; invita la Commissione a definire una clausola omnicomprensiva nel regolamento (CE) n. 1236/2005 che richiederebbe, tra l'altro, il permesso preventivo di esportazione per tutti i farmaci che possono essere utilizzati per le torture o le esecuzioni capitali;
101.  accoglie con favore la valutazione da parte delle organizzazioni per i diritti umani secondo cui l'uso della pena di morte nel 2011 conferma sostanzialmente la tendenza mondiale verso l'abolizione; accoglie con favore l'abolizione in Thailandia della pena di morte per gli autori di reati di età inferiore ai 18 anni; si rammarica, tuttavia, del fatto che si sia registrato un aumento significativo delle esecuzioni in Iran, Iraq, Afghanistan e Arabia Saudita; esprime profonda delusione per il rifiuto della Cina di rivelare informazioni credibili sull'uso della pena di morte e sulle esecuzioni che, secondo Amnesty International, ammontano a migliaia; accoglie con favore l'abolizione della pena di morte nello stato americano dell'Illinois, ma si rammarica del fatto che gli Stati Uniti continuino a eseguire condanne capitali nonostante siano l'unico paese del G8 ad applicare questa pratica nel 2011; rammenta con preoccupazione che la Bielorussia è l'unico paese europeo che continua a usare la pena di morte; sollecita l'Unione europea e gli Stati membri ad affrontare in modo coerente e in modo prioritario la questione nei loro dialoghi con questi paesi;
102.  sostiene che l'UE, che ha già conseguito risultati concreti in passato nella lotta alla pena di morte, deve assumere una posizione più decisa e chiedere alle istituzioni e agli Stati membri di mantenere e rafforzare il loro impegno e la loro volontà politica per questa causa, al fine di raggiungere l'abolizione definitiva della pena di morte nel mondo;
Tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti
103.  accoglie con favore l'adozione degli orientamenti aggiornati per la politica dell'UE nei confronti dei paesi terzi sulla tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti; rammenta, tuttavia, che è necessario superare le sfide di sensibilizzazione e di attuazione per conseguire progressi reali nella politica dell'UE;
104.  plaude al fatto che siano state inserite nelle linee guida aggiornate relative ai gruppi che necessitano di una protezione speciale anche le persone vittime di discriminazione basata sugli orientamenti sessuali o sull'identità di genere come pure plaude all'impegno di esortare i paesi terzi a garantire una procedura interna ai reclami e alle segnalazioni che riflettono la problematica di genere e minorile; deplora tuttavia che gli sforzi coordinati dell'UE per contrastare la tortura non tengano conto della sua dimensione di genere in maniera più globale, il che è principalmente dovuto all'assenza di informazioni sostanziali su tutte le forme di tortura e di maltrattamento;
105.  sottolinea l'importanza di collegare gli orientamenti dell'UE con le modalità di attuazione del Protocollo facoltativo alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (OPCAT), con particolare attenzione ai meccanismi preventivi nazionali;
106.  sottolinea che la definizione della schiavitù data dalle Nazioni Unite corrisponde alla condizione di un individuo sul quale viene esercitato un diritto di proprietà, o almeno alcuni tratti costitutivi di tale diritto; deplora il fatto che alcune forme di schiavitù moderna sussistano anche in seno all'Unione europea; chiede pertanto alla Commissione una politica molto più rigorosa in materia, soprattutto per quanto riguarda il personale domestico, che è la categoria professionale maggiormente interessata da queste forme di schiavitù;
107.  deplora il fatto che l'abuso politico della psichiatria rimanga un problema doloroso in molti paesi che già in passato erano soliti impiegare metodi psichiatrici violenti a sostegno di regimi antidemocratici nel tentativo di intimidire e di fermare individui e segmenti della società dissidenti; sottolinea con preoccupazione che questa tendenza va di pari passo con forme vaghe e sfuggenti di tortura, tra cui il terrore psicologico e condizioni degradanti delle carceri;
108.  richiama l'attenzione sul significato della relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite (A/66/268) del 5 agosto 2011 sulla tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, che tratta in particolare gli effetti della segregazione in cella d'isolamento, compreso l'uso di tale metodo nelle cliniche psichiatriche; esprime profonda preoccupazione per le testimonianze che giungono da diversi paesi sul fatto che ospedali psichiatrici vengono in realtà utilizzati come centri di detenzione; invita il VP/AR, il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, il SEAE e la Commissione a dedicare la dovuta attenzione al problema;
109.  esprime preoccupazione per il futuro funzionamento dei centri di riabilitazione per le vittime di torture; invita il SEAE e i servizi della Commissione a lavorare in modo trasversale rispetto alla linea di demarcazione tra le politiche esterne e quelle interne, al fine di garantire che le divisioni fra le competenza amministrativa non mettano a repentaglio il sostegno dell'UE ai centri di riabilitazione, sia all'esterno che all'interno dell'Unione;
110.  deplora che le violazioni dei diritti umani continuino a costituire un problema doloroso nei territori occupati di Cipro; segnala che migliaia di profughi, costretti con la forza ad abbandonare le loro case e proprietà, si sono visti negare dalle forze militari turche, a tutt'oggi, il diritto di vivere nella loro patria; osserva inoltre che alle famiglie e ai parenti delle persone scomparse è tuttora negato il diritto di avere risposte sulla sorte dei loro cari, in quanto la Turchia non agevola l'accesso alle zone militari o agli archivi in cui sono custodite le pertinenti relazioni d'indagine del comitato per le persone scomparse a Cipro;
Discriminazione
111.  insiste sul fatto che il dialogo politico sui diritti umani tra l'UE e i paesi terzi deve comprendere una definizione più inclusiva e globale del concetto di non discriminazione sulla base di fattori quali, ad esempio, la religione o le convinzioni personali, il sesso, la razza o l'origine etnica, l'età, la disabilità, l'orientamento sessuale e l'identità di genere;
112.  sottolinea che, affinché la politica estera dell'UE sia credibile e coerente nell'ambito dei diritti fondamentali, dell'uguaglianza e della non discriminazione, sarebbe opportuno che il Consiglio adottasse la direttiva sulla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall'età o dall'orientamento sessuale ed estendesse il campo di applicazione della decisione quadro sul razzismo e la xenofobia anche ad altri gruppi interessati, quali le persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT);
113.  chiede agli Stati membri di opporsi con forza a qualsiasi tentativo di indebolire il concetto di universalità, indivisibilità e interdipendenza dei diritti umani e di incoraggiare attivamente il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a riservare la stessa attenzione alla problematica della discriminazione, quali che ne siano i motivi, inclusi il genere, l'identità di genere, la razza, l'età, l'orientamento sessuale e la religione o le convinzioni personali; deplora profondamente il fatto che l'omosessualità rimanga un reato in 78 Stati, in cinque dei quali è punita con la pena di morte; invita tali Stati a depenalizzare l'omosessualità senza indugio, a liberare coloro che sono stati imprigionati sulla base del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere e a non giustiziarli; esorta il SEAE ad avvalersi pienamente dello «strumentario LGBT» per proteggere i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali (LGBTI); esorta il Consiglio ad adoperarsi a favore dell'elaborazione di linee guida vincolanti in tale ambito; chiede al SEAE e agli Stati membri di sostenere i difensori dei diritti umani delle persone LGBTI nei paesi in cui tali diritti sono a rischio, e invita il VP/AR e il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani a continuare a chiarire il fermo impegno dell'Unione europea a favore dell'uguaglianza e della non discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale, dell'identità di genere e dell'espressione di genere nel mondo, anche mediante l'avvio e il sostegno di iniziative a livello bilaterale, internazionale e di Nazioni Unite su tali questioni; ribadisce la sua richiesta alla Commissione di presentare una tabella di marcia per l'uguaglianza sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere;
114.  invita gli Stati membri a concedere asilo alle persone in fuga dalle persecuzioni nei paesi in cui gli individui LGBTI sono considerati alla stregua di criminali, prendendo in considerazione i fondati timori di persecuzione di quanti fanno richiesta di asilo e affidandosi alla loro autoidentificazione in quanto lesbiche, gay, bisessuali o transessuali o intersessuali;
115.  ribadisce che il principio della non discriminazione, anche sulla base del sesso e dell'orientamento sessuale, è un elemento fondamentale nel quadro del partenariato ACP-UE;
116.  sottolinea che l'UE ha ratificato la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD) e ha adottato la strategia europea per la disabilità 2010-2020, con particolare riferimento all'area di azione 8; condanna qualsivoglia forma di discriminazione basata sulla disabilità ed esorta tutti gli Stati a ratificare e ad attuare l'UNCRPD; sottolinea che l'UE deve altresì monitorare l'attuazione della suddetta convenzione nel proprio territorio; invita l'UE e i suoi Stati membri a promuovere la Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità, istituita nel 2006 nel quadro delle Nazioni Unite, sia all'interno che all'esterno dell'Unione europea;
117.  condanna le continue violazioni dei diritti umani commesse nei confronti di persone che subiscono una discriminazione legata alla casta, le quali si vedono tra l'altro negare l'uguaglianza e l'accesso alla giustizia, sono vittime di una persistente segregazione e sono ostacolate dalla barriera della casta nella fruizione dei diritti umani basilari; chiede al Consiglio, al SEAE e alla Commissione di adottare, ove del caso, iniziative comuni in merito alla discriminazione basata sulla casta, anche nelle comunicazioni, nei quadri nonché nelle strategie e nei dialoghi condotti dall'UE su base nazionale in materia di diritti umani e a promuovere il progetto di principi e linee guida delle Nazioni Unite per l'eliminazione della discriminazione basata sul lavoro e l'origine quale quadro orientativo per eliminare la discriminazione basata sulla casta, nonché ad adoperarsi affinché tale progetto ottenga l'approvazione in seno al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite;
118.  chiede al VP/AR e al rappresentante speciale per i diritti umani di riconoscere pienamente la discriminazione basata sulla casta come problema trasversale in materia di diritti umani e povertà con gravi implicazioni, in particolare per le donne;
119.  si compiace del fatto che i principi guida del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite in materia di povertà estrema e diritti dell'uomo siano fondati sull'interdipendenza e sull'indivisibilità di tutti i diritti dell'uomo, nonché sui principi della partecipazione e dell'emancipazione delle persone che vivono in condizioni di estrema povertà; insiste sull'inscindibilità dell'estrema povertà e dei diritti dell'uomo: da una parte, le persone che vivono in condizioni di estrema povertà sono spesso anche private dei diritti umani civili, politici, economici e sociali; d'altra parte, nella lotta contro l'estrema povertà è fondamentale adottare un approccio basato sui diritti umani, in modo da comprendere la situazione e combatterla; invita il Consiglio a sostenere questo approccio in seno al Comitato economico e sociale delle Nazioni Unite;
120.  rileva con preoccupazione che sono soprattutto le popolazioni indigene a rischiare di essere discriminate e che sono, inoltre, particolarmente vulnerabili ai cambiamenti e ai disordini politici, economici, ambientali e lavorativi; rileva che la maggior parte vive al di sotto della soglia di povertà e ha un accesso limitato o inesistente alla rappresentanza, al processo decisionale o al sistema giudiziario; è particolarmente preoccupato per le segnalazioni riguardanti la pratica diffusa dell'accaparramento delle terre, dei trasferimenti forzati e delle violazioni dei diritti umani a seguito di conflitti armati;
121.  invita la Commissione e il Consiglio a promuovere il riconoscimento, sul piano ufficiale e giuridico, del termine «rifugiato climatico» (riferito alle persone costrette a lasciare le proprie case e a rifugiarsi all'estero per effetto dei mutamenti climatici), che ancora non è riconosciuto dal diritto internazionale o dagli accordi internazionali giuridicamente vincolanti;
122.  sottolinea l'importanza del diritto alla cittadinanza come uno dei diritti più basilari, dato che numerosi paesi concedono solo ai cittadini a pieno titolo la possibilità di fruire ed esercitare integralmente i loro diritti umani fondamentali, fra cui il diritto alla sicurezza pubblica, al benessere e all'istruzione;
123.  sottolinea che le minoranze nazionali tradizionali hanno esigenze specifiche che differiscono da quelle degli altri gruppi minoritari e che è necessario salvaguardare la parità di trattamento nei confronti di tali minoranze in materia di istruzione, assistenza sanitaria, servizi sociali e altri servizi pubblici nonché promuovere, in tutti i settori della vita economica, sociale, politica e culturale, l'uguaglianza piena ed effettiva fra le persone appartenenti a una minoranza nazionale e quelle appartenenti alla maggioranza;
Donne e bambini nelle situazioni di conflitto armato
124.  apprezza l'attenzione particolare dedicata alla sfida relativa all'attuazione, nelle politiche dell'UE, delle risoluzioni concernenti le donne, la pace e la sicurezza, come evidenziato nella relazione sugli indicatori dell'UE per l'approccio globale relativo all'attuazione – da parte dell'UE – delle risoluzioni 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, approvata dal Consiglio dell'Unione europea il 13 maggio 2011; accoglie con favore l'azione politica adottata dall'UE per garantire il prolungamento del mandato del rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite sui bambini e i conflitti armati presso l'Assemblea generale delle Nazioni Unite; condivide l'opinione espressa nelle conclusioni del Consiglio del 1° dicembre 2011 sulla politica di sicurezza e difesa comune, secondo cui l'attenzione costante e sistematica per gli aspetti relativi ai diritti umani, al genere e ai bambini colpiti dai conflitti armati dovrebbe costituire una considerazione essenziale in tutte le fasi delle missioni PSDC;
125.  ritiene che, al fine di garantire l'effettiva partecipazione delle donne laddove sono sottorappresentate negli organi politici o in quelli della società civile, sia importante prevedere moduli di formazione e di accompagnamento, tanto per il personale europeo che si occupa delle questioni di genere quanto per le donne sul campo, in modo da consentire loro di apportare un contributo efficace ai processi di pace e di risoluzione dei conflitti;
126.  riconosce che il conseguimento di miglioramenti concreti della situazione delle donne e dei bambini nelle situazioni di conflitto armato è spesso subordinato alla realizzazione di strutture di responsabilità chiare e unificate nei servizi militari e di sicurezza sotto il controllo civile; sollecita, pertanto, le istituzioni dell'UE competenti a perseguire e applicare metodi più efficaci per realizzare riforme del settore della sicurezza nei paesi in situazione di conflitto o che emergono da un conflitto, con un marcato accento sui diritti delle donne e dei bambini, sull'inclusione e sulla partecipazione in tale contesto; invita il SEAE e la Commissione a tenere conto di ciò, unitamente all'importanza dell'emancipazione femminile nella ricostruzione post-conflitto, in sede di programmazione e attuazione degli strumenti di assistenza esterna per affrontare la riforma del settore della sicurezza;
127.  auspica il disarmo, la rieducazione e la reintegrazione dei bambini soldato quale elemento fondamentale delle politiche dell'UE volte a rafforzare i diritti umani, la protezione dei minori e la sostituzione della violenza con meccanismi politici di risoluzione dei conflitti;
128.  manifesta una profonda preoccupazione per la regione dei Grandi laghi in Africa, in cui lo stupro costituisce un'arma di guerra volta a eliminare interi gruppi della popolazione;
Diritti delle donne
129.  esorta l'Unione europea a rafforzare la sua azione per porre fine alle pratiche di mutilazione genitale femminile (MGF), ai matrimoni precoci e forzati, ai delitti d'onore e all'aborto forzato o selettivo in funzione del sesso del nascituro; insiste sul fatto che tali politiche dovrebbero costituire elementi essenziali dell'approccio dell'UE alla cooperazione allo sviluppo; sottolinea l'importanza, oltre che di un accesso adeguato agli strumenti sanitari, dell'informazione e dell'educazione riguardo alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti a essa connessi, per il benessere delle donne e ragazze in tutti i paesi;
130.  osserva che viene tuttora dedicata un'attenzione insufficiente alla violazione dei diritti sessuali e riproduttivi e che ciò compromette gli sforzi indirizzati all'attuazione degli impegni assunti in relazione al programma d'azione della Conferenza internazionale delle Nazioni Unite su popolazione e sviluppo (ICPD), svoltasi al Cairo nel 1994, e alla lotta contro la discriminazione – tra cui la discriminazione e le diseguaglianze legate al genere – nelle strategie sulla popolazione e lo sviluppo; sottolinea che i progressi in materia di salute riproduttiva sono stati limitati, in alcune situazioni, da violazioni quali i matrimoni tra minori, precoci e forzati e la mancata applicazione di un'età giuridica minima per contrarre il matrimonio, da pratiche coercitive quali la sterilizzazione forzata o la mutilazione genitale femminile, nonché dal rifiuto di concedere alle donne e alle ragazze l'autonomia decisionale in merito alla loro salute sessuale e riproduttiva, senza dover subire discriminazioni, coercizioni e violenze; chiede l'attuazione del programma d'azione del Cairo relativamente ai suoi aspetti di politica in materia di diritti umani e di sviluppo, per promuovere l'uguaglianza di genere e i diritti delle donne e dei minori, tra cui la salute sessuale e riproduttiva e i diritti a essa connessi;
131.  esorta l'UE e gli Stati membri a garantire che il processo di revisione operativa ICPD+20 conduca a una revisione globale di tutti gli aspetti legati alla piena fruizione dei diritti sessuali e riproduttivi, riconfermi un approccio forte e progressivo nei confronti dei diritti sessuali e riproduttivi per tutti, conformemente alle norme internazionali in materia di diritti umani, e preveda un'accresciuta responsabilità dei governi per quanto concerne il conseguimento degli obiettivi stabiliti; invita, in particolare, l'UE e gli Stati membri a garantire che il processo di revisione sia condotto in modo inclusivo, consentendo l'effettivo coinvolgimento dei diversi soggetti interessati, tra cui la società civile, le donne, gli adolescenti e i giovani; ricorda che il quadro in cui si inserisce tale revisione deve basarsi sui diritti umani e dedicare un'attenzione particolare ai diritti sessuali e riproduttivi;
132.  ricorda la risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sulla mortalità e la morbilità materne prevenibili e i diritti umani, secondo la quale per prevenire la mortalità e la morbilità materne è necessario promuovere in modo efficace i diritti umani delle donne e delle ragazze e, in particolare, il loro diritto alla vita, all'istruzione, all'informazione e alla salute; sottolinea che l'Unione europea deve quindi svolgere un ruolo importante per contribuire al declino delle complicazioni prevenibili prima, durante e dopo la gravidanza e il parto;
133.  invita l'UE ad agire in stretta collaborazione con l'organismo delle nazioni Unite «UN Women» a livello bilaterale, internazionale, regionale e nazionale al fine di rafforzare i diritti delle donne; sottolinea, in particolare, la necessità non solo di promuovere l'educazione alla salute e programmi adeguati in materia di salute e di diritti sessuali e riproduttivi, che costituiscono una parte importante della politica dell'Unione europea in materia di sviluppo e di diritti umani a favore dei paesi terzi, ma anche di garantire che le donne abbiano un accesso equo ai sistemi sanitari pubblici nonché un'adeguata assistenza ginecologica e ostetrica, come stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità;
134.  esorta la Commissione e il SEAE a prestare un'attenzione particolare alla mutilazione genitale femminile (MGF) come parte di una strategia globale per combattere la violenza contro le donne, che comprenda lo sviluppo di un piano d'azione dell'UE in materia di MGF in applicazione del principio della dovuta diligenza; incoraggia il SEAE e gli Stati membri a continuare ad affrontare la questione delle MGF nei loro dialoghi politici e strategici con i paesi partner in cui la pratica è ancora in uso, e a coinvolgere in tali dialoghi i difensori dei diritti umani che già si adoperano per porre fine alla pratica, insieme alle ragazze e alle donne che ne sono direttamente interessate, ai leader delle comunità, ai leader religiosi, agli insegnanti, agli operatori sanitari e ai funzionari governativi, a livello sia locale che nazionale; sottolinea la necessità che il SEAE sviluppi una serie di strumenti specifici sulle MGF nell'ambito delle sue azioni tese all'attuazione del quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia;
135.  sottolinea che i progressi in materia di salute riproduttiva sono stati limitati, in alcune situazioni, da violazioni quali i matrimoni tra minori, precoci e forzati e la mancata applicazione di un'età giuridica minima per contrarre il matrimonio, come pure da pratiche coercitive quali la sterilizzazione forzata o la mutilazione genitale femminile;
136.  apprezza l'impegno profuso da diversi Stati membri per contrastare la violenza contro le donne, la violenza domestica e le mutilazioni genitali femminili, e in particolare i loro aspetti transfrontalieri; ribadisce che occorre coerenza nelle politiche interne ed esterne dell'UE al riguardo ed esorta la Commissione a porsi come obiettivo prioritario quello di fermare la violenza contro le donne e le ragazze e il femminicidio e di sostenere, attraverso lo stanziamento di risorse finanziarie adeguate, programmi mirati e innovativi sia all'interno dell'UE che nei paesi terzi; incoraggia l'UE e gli Stati membri a firmare e ratificare la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza contro le donne e la violenza domestica;
137.  si compiace dell'adozione della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani, nonché dell'introduzione di una nuova strategia da parte della Commissione, dal titolo «La strategia dell'UE per l'eradicazione della tratta degli esseri umani (2012-2016)»; ricorda che la tratta degli esseri umani è un fenomeno transnazionale complesso che affonda le radici nella vulnerabilità alla povertà, nell'assenza di una cultura democratica, nella disuguaglianza di genere e nella violenza contro le donne; sottolinea che è necessario insistere maggiormente sulla dimensione di genere nel dialogo con i paesi terzi in merito a questa problematica; invita, infine, gli Stati membri che non lo hanno ancora fatto a ratificare al più presto il protocollo delle Nazioni Unite relativo alla tratta degli esseri umani, detto «protocollo di Palermo», e la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani;
138.  insiste sul ruolo essenziale che le donne svolgono nella vita politica del vicinato meridionale; si compiace dei risultati delle elezioni, che hanno portato a un aumento notevole del numero di donne presenti nelle sedi politiche;
139.  chiede al Consiglio, alla Commissione e agli Stati membri di promuovere in particolare la ratifica e l'attuazione, da parte degli Stati membri dell'Unione africana, del Protocollo dell'Unione africana sui diritti delle donne in Africa;
Diritti dei minori
140.  rammenta l'impegno specifico, assunto nel quadro del trattato di Lisbona, a concentrarsi sui diritti dei minori nelle politiche esterne dell'UE; sottolinea che l'adozione pressoché universale della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo fornisce una base giuridica internazionale particolarmente solida per perseguire politiche progressive in quest'ambito; raccomanda che tutte le politiche e le azioni dell'UE tengano conto dei diritti dei minori; invita, pertanto, i paesi che non l'hanno ancora fatto a ratificare al più presto la Convenzione e ad applicarla, unitamente ai suoi protocolli facoltativi;
141.  richiama l'attenzione sul serio problema, esistente in diversi paesi dell'Africa sub-sahariana, dei bambini accusati di stregoneria, con gravi conseguenze che vanno dall'esclusione sociale all'infanticidio, fino all'uccisione rituale di bambini come vittime sacrificali; osserva che lo Stato ha la responsabilità di proteggere i minori da qualsiasi forma di violenza e di abuso ed esorta, pertanto, il VP/AR, il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, la Commissione e il SEAE a prestare una particolare attenzione alla protezione dei minori da tutte le forme di violenza, come pure alla sorte di questi minori, nei dialoghi sui diritti umani con i governi dei paesi interessati e nella programmazione degli strumenti finanziari esterni;
142.  invita il SEAE e la Commissione a tutelare, nel quadro delle politiche esterne dell'Unione, i diritti dei minori nei procedimenti penali, determinando esigenze specifiche di protezione in ragione della loro vulnerabilità alla vittimizzazione secondaria e ripetuta, e a considerare in primo luogo l'interesse superiore del minore, come stabilito dalla direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime sui diritti delle vittime;
143.  accoglie con favore la comunicazione della Commissione dal titolo «Programma UE per i diritti dei minori», che integra obiettivi di politica interna ed esterna in un unico documento politico; rammenta l'impegno del VP/AR, espresso nella comunicazione della Commissione dal titolo «Diritti umani e democrazia al centro dell'azione esterna dell'Unione europea», a porre l'accento sui diritti dei minori, come una delle tre priorità della campagna; sottolinea, d'altra parte, l'importanza di tradurre questi impegni in azioni finanziate e di monitorarne l'efficace attuazione;
144.  chiede che i diritti dei minori siano inseriti in maniera coerente nelle strategie nazionali dell'UE in materia di diritti umani, conformemente all'impegno figurante nel trattato di Lisbona; sostiene i piani per conseguire ulteriori progressi nella definizione di approcci alla cooperazione allo sviluppo basati sui diritti, come indicato nel piano d'azione strategico dell'UE sui diritti umani; sottolinea l'urgenza di agire in tal senso nel caso dei diritti dei minori, al fine di garantire un progresso sostenibile più a lungo termine; ribadisce che, in determinati paesi, le ragazze si trovano in una situazione di particolare vulnerabilità;
145.  sottolinea che è necessario contrastare tutte le forme di lavoro minorile forzato, di sfruttamento e di traffico di minori; invita a migliorare l'attuazione delle norme nazionali e internazionali in vigore, che promuovono una maggiore consapevolezza riguardo agli abusi sui minori nel mercato del lavoro; sottolinea che è opportuno che i bambini e gli adolescenti svolgano solo lavori che non incidono negativamente sulla loro salute e sul loro sviluppo personale e che non interferiscono con la loro istruzione;
Libertà di pensiero, di coscienza, di religione o di credo
146.  sottolinea che la libertà di pensiero, di coscienza, di religione o di credo è un diritto fondamentale dell'uomo(13) , che include il diritto di credere o di non credere e la libertà di praticare indistintamente confessioni teistiche, non teistiche o ateistiche, in pubblico o in privato, singolarmente o in comunità con altri; sottolinea che la fruizione di tale diritto è fondamentale per lo sviluppo di società pluralistiche e democratiche; invita l'UE a difendere in modo sistematico, nei dialoghi politici con i paesi terzi, il diritto alla libertà di religione o di credo per tutti, conformemente alle convenzioni delle Nazioni Unite in materia di diritti umani;
147.  condanna qualsiasi intolleranza, discriminazione o violenza fondata sulla religione o sul credo, ovunque si verifichi e chiunque ne sia destinatario, a prescindere se sia rivolta a religiosi, apostati o non credenti; esprime una profonda preoccupazione per la crescente diffusione degli episodi di questo tipo perpetrati, in vari paesi, nei confronti di rappresentanti delle minoranze religiose come pure nei confronti degli esponenti moderati delle tradizioni religiose maggioritarie che si esprimono a favore di società pluraliste ed eterogenee basate sul rispetto reciproco tra gli individui; esprime preoccupazione per l'impunità di tali violazioni, per la mancanza di imparzialità da parte della polizia e dei sistemi giudiziari nel gestire tali questioni, nonché per l'assenza di adeguati sistemi di risarcimento delle vittime, fenomeni che si riscontrano in numerosi paesi nel mondo; constata che, paradossalmente, gli avvenimenti della primavera araba, che secondo le attese dovevano portare a una trasformazione a favore della democrazia, in molti casi hanno determinato un deterioramento delle libertà e dei diritti delle minoranze religiose e condanna, pertanto, fermamente tutti gli atti di violenza perpetrati contro cristiani, ebrei, musulmani e altre comunità religiose; riconosce la crescente necessità, in un certo numero di paesi, della trasformazione dei conflitti e dell'impegno verso la riconciliazione, compreso il dialogo interreligioso a vari livelli; esorta l'UE e il VP/AR, il rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, la Commissione e il SEAE ad affrontare, nei dialoghi dell'UE con i paesi terzi in materia di diritti umani, il contenuto discriminatorio e provocatorio presente, ad esempio, nei mezzi d'informazione, come pure gli ostacoli alla libertà di professione religiosa; reputa che, nei paesi terzi in cui le minoranze religiose vedono i loro diritti violati, non sia possibile risolvere il problema isolando tali minoranze dalle società circostanti nell'intento di proteggerle, creando così «società parallele»;
148.  esprime una particolare preoccupazione per la situazione in Cina, dove coloro che praticano la propria religione al di fuori dei canali autorizzati ufficialmente, tra cui cristiani, musulmani, buddisti e praticanti del Falun Gong, subiscono sistematicamente persecuzioni; invita il governo cinese a porre fine alla campagna di maltrattamenti e vessazioni nei confronti dei praticanti del Falun Gong, che devono scontare lunghe pene detentive come punizione per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di religione e di credo, e vengono sottoposti a un processo di «rieducazione attraverso il lavoro» che mira a costringerli a rinunciare alle loro credenze spirituali, nonostante la Cina abbia ratificato la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti; esorta la Cina a mantenere la promessa di ratificare il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (ICCPR); invita le autorità cinesi a sospendere e quindi modificare, attraverso autentici processi di consultazione con i tibetani, le politiche che producono i peggiori effetti sul buddismo, sulla cultura e sulla tradizione del Tibet; esprime una profonda preoccupazione per la situazione della libertà religiosa a Cuba, in particolare per la crescente persecuzione esercitata non solo nei confronti dei leader delle chiese cattoliche e protestanti, ma anche dei credenti;
149.  sottolinea che il diritto internazionale umanitario riconosce la libertà di pensiero, di coscienza, di religione, di credo e di appartenenza politica indipendentemente dallo status di registrazione, motivo per cui la registrazione non dovrebbe costituire un prerequisito obbligatorio per poter professare la propria religione o il proprio diritto all'appartenenza politica; rileva con preoccupazione che in Cina tutti coloro che desiderano praticare una religione, comprese le cinque religioni ufficiali – buddismo, taoismo, islamismo, cattolicesimo e protestantesimo – sono tenuti a registrarsi presso il governo e devono sottostare a organi di direzione controllati dallo Stato, e che questo interferisce con la loro autonomia religiosa e limita la loro attività; rileva inoltre con preoccupazione che i gruppi religiosi non registrati, tra cui i praticanti delle chiese domestiche e del Falun Gong, subiscono varie forme di maltrattamenti che limitano le loro attività e le loro riunioni, arrivando alla confisca delle loro proprietà e persino all'arresto e alla carcerazione;
150.  plaude all'inserimento della libertà di religione o di credo fra gli argomenti della formazione fornita al personale UE; rinnova fermamente la sua richiesta di adottare uno «strumentario» di ampio respiro per promuovere il diritto alla libertà di religione o di credo come parte della politica esterna dell'UE; apprezza, a tale proposito, l'impegno dell'UE a sviluppare linee guida in materia di libertà di religione o di credo, conformemente alla sezione 23 del piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia; osserva che tali linee guida dovrebbero essere in linea con le strategie nazionali dell'UE in materia di diritti umani e comprendere un elenco di verifica delle indispensabili libertà inerenti al diritto alla libertà di religione o di credo al fine di valutare la situazione in un determinato paese, nonché una metodologia per contribuire a individuare le violazioni della libertà di religione o di credo; sottolinea la necessità di coinvolgere il Parlamento europeo e le organizzazioni della società civile nella preparazione di tali linee guida; incoraggia l'UE ad assicurare la coerenza fra le nuove linee guida e le priorità elencate nelle strategie dell'UE per paese in materia di diritti umani; sottolinea l'importanza di integrare la libertà di religione o di credo nelle politiche di sviluppo e nelle altre politiche esterne dell'UE;
151.  esorta l'UE a rispondere in modo proattivo all'utilizzo crescente delle leggi in materia di apostasia, blasfemia e anticonversione e al loro ruolo in termini di incremento dell'intolleranza e della discriminazione a sfondo religioso; sottolinea che il diritto internazionale contempla il diritto ad avere, abbracciare e cambiare una religione o un credo; invita il VP/AR e le istituzioni dell'UE a intervenire contro le pratiche inaccettabili esercitando pressioni sui paesi terzi interessati, in particolare sui partner dell'UE che ancora applicano tali pratiche, onde garantire la loro eliminazione; esorta l'UE a prendere posizione contro l'utilizzo di siffatte leggi da parte dei governi e a sostenere il diritto degli individui di cambiare religione, in particolare nei paesi in cui l'apostasia è punibile con la pena di morte;
152.  sottolinea l'importanza di proteggere la libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di credo, tra cui l'ateismo e le altre forme di assenza di credo, nel quadro delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, e ribadisce che tali libertà non devono essere compromesse dall'applicazione di leggi contro la blasfemia utilizzate per opprimere e perseguire chi professa una religione o un credo diversi; sottolinea che, malgrado le leggi sulla blasfemia siano spesso promosse con il pretesto di ridurre le tensioni sociali, in realtà contribuiscono soltanto a esacerbare tali tensioni e ad accrescere l'intolleranza, in particolare nei confronti delle minoranze religiose; rammenta a tal proposito che, in un certo numero di paesi, i divieti, le confische e la distruzione di luoghi di culto e di pubblicazioni religiose e il divieto di formazione del clero rappresentano tuttora la prassi comune; esorta le istituzioni europee, nei loro rapporti con i governi interessati, a contrastare queste violazioni; chiede una posizione risoluta contro la strumentalizzazione delle leggi sulla blasfemia a fini persecutori nei confronti di membri delle minoranze religiose;
153.  sottolinea l'importanza di integrare la libertà di religione o di credo nelle politiche dell'UE in materia di sviluppo, prevenzione dei conflitti e lotta al terrorismo; plaude agli sforzi inclusivi a favore di un dialogo interculturale e interconfessionale e di una cooperazione a vari livelli, che coinvolga i leader delle comunità, le donne, i giovani e i rappresentanti delle minoranze etniche, al fine di promuovere la coesione sociale e un modello pacifico di società; plaude all'impegno dell'UE a presentare e promuovere il diritto alla libertà di religione o di credo nei consessi internazionali e regionali, tra cui le Nazioni Unite, l'OSCE, il Consiglio d'Europa e altri meccanismi regionali, e invita a intrattenere un dialogo costruttivo con l'Organizzazione dei paesi islamici sul superamento della terminologia legata alla lotta contro la diffamazione delle religioni; esorta l'UE a continuare a presentare la sua risoluzione annuale sulla libertà di religione o di credo in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite;
154.  plaude alla dichiarazione congiunta del VP/AR, del segretario generale dell'Organizzazione dei paesi islamici, del segretario generale della Lega araba e del commissario per la pace e la sicurezza dell'Unione africana, del 20 settembre 2012, in cui si ribadisce il rispetto per tutte le religioni e l'importanza fondamentale della libertà e della tolleranza religiose, riconoscendo pienamente, nel contempo, l'importanza della libertà di espressione; condanna tutte le forme di sostegno dell'odio religioso e della violenza e deplora profondamente la perdita di vite umane a seguito dei recenti attacchi alle missioni diplomatiche; esprime il suo cordoglio alle famiglie delle vittime;
155.  osserva che la libertà di religione o di credo è strettamente collegata alle questioni attinenti al riconoscimento, alla pari cittadinanza e al pari godimento dei diritti in una determinata società; esorta l'UE a promuovere l'uguaglianza e la pari cittadinanza come priorità per i rappresentanti di gruppi emarginati e discriminati della società; sottolinea inoltre l'importanza di sostenere iniziative e garantire finanziamenti a favore della società civile e dei difensori dei diritti umani nei loro sforzi diretti a contrastare la discriminazione, l'intolleranza e la violenza basate sulla religione o sul credo;
156.  esorta il SEAE a sviluppare al suo interno una capacità permanente finalizzata a monitorare e ad analizzare il ruolo della religione o del credo nelle società contemporanee e nelle relazioni internazionali e a integrare la problematica della libertà di religione o di credo in tutte le direzioni e le unità geografiche e tematiche; incoraggia il SEAE a riferire al Parlamento, con cadenza annuale, sui progressi realizzati nell'ambito della libertà religiosa o di credo nel mondo;
157.  sottolinea l'importanza di consentire, sostenendo iniziative in tal senso, il finanziamento della società civile e dei difensori dei diritti umani nei loro sforzi volti a contrastare la discriminazione, l'intolleranza e la violenza basate sulla religione o sul credo; ritiene che i programmi di sostegno per paese nell'ambito dello strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo (EIDHR) debbano privilegiare i finanziamenti intesi a proteggere e promuovere la libertà di religione o di credo nei paesi in cui la strategia nazionale dell'UE ha identificato tale diritto come questione prioritaria;
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158.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Vicepresidente della commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, al Servizio europeo per l'azione esterna nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati, alle Nazioni Unite, al Consiglio d'Europa e ai governi dei paesi e dei territori citati nella presente risoluzione.
(1) Testi approvati, P7_TA(2012)0126.
(2) Testi approvati, P7_TA(2010)0280.
(3) Testi approvati, P7_TA(2011)0507.
(4) GU C 161 E del 31.5.2011, pag. 78.
(5) http://www.icc-cpi.int/NR/rdonlyres/18B88265-BC63-4DFF-BE56-903F2062B797/0/RC9ENGFRASPA.pdf.
(6) GU L 76 del 22.3.2011, pag. 56.
(7) Testi approvati, P7_TA(2011)0576.
(8) Testi approvati, P7_TA(2012)0113.
(9) GU C 291 E del 4.10.2011, pag. 171.
(10) Testi approvati, P7_TA(2012)0018.
(11) GU C 99 E del 3.4.2012, pag. 87.
(12) Testi approvati P7_TA(2012)0126
(13) Risoluzione del Parlamento europeo del 20 gennaio 2011 sulla situazione dei cristiani nel contesto della libertà religiosa (GU C 136 E dell'11.5.2012, pag. 53).

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