Riceviamo da Ficiesse e pubblichiamo
UN DOVERE ANCHE
CRISTIANO ABBASSARE SUBITO TUTTE LE PENSIONI D’ORO A 5MILA EURO – di Cleto
Iafrate
Del problema ne ha parlato Beppe Grillo nello scorso agosto. Secondo il comico, come si legge in un’Ansa del 3 agosto scorso, ci sarebbero<<100 mila pensioni d'oro per un costo annuo di 13 miliardi. Se venissero abbassate a 5 mila euro netti al mese, il risparmio annuale sarebbe superiore ai 7 miliardi di euro>>.
Noi non siamo stati d’accordo quando, qualche mese fa, Grillo ha invitato gli agenti in servizio di ordine pubblico a togliersi i caschi e a marciare accanto al fianco dei manifestanti, visto che chi lo avesse fatto avrebbe violato la legge. Ma questa proposta, che non incontrerebbe neppure limiti costituzionali, checché ne dicano i fautori dell'intangibilità dei diritti acquisiti, ci sembra davvero, ancor più di questi tempi e con le attuali eccezionali difficoltà per i giovani e per gli anziani meno abbienti, un atto dovuto.
Sul punto ritorna ora il nostro Cleto Iafrate, che aggiunge alla richiesta una legittimazione evangelica, quella della “parabola dei talenti”: il rapporto tra chi riceve di più e chi di meno deve essere al massimo 1 a 5.
Il nostro è un paese in cui molti i politici si richiamano alla morale cristiana. Chissà che questo nuovo argomento non possa risultare, almeno per loro, più convincente.
Il titolo è della redazione del sito.
GIUSEPPE FORTUNA
Del problema ne ha parlato Beppe Grillo nello scorso agosto. Secondo il comico, come si legge in un’Ansa del 3 agosto scorso, ci sarebbero<<100 mila pensioni d'oro per un costo annuo di 13 miliardi. Se venissero abbassate a 5 mila euro netti al mese, il risparmio annuale sarebbe superiore ai 7 miliardi di euro>>.
Noi non siamo stati d’accordo quando, qualche mese fa, Grillo ha invitato gli agenti in servizio di ordine pubblico a togliersi i caschi e a marciare accanto al fianco dei manifestanti, visto che chi lo avesse fatto avrebbe violato la legge. Ma questa proposta, che non incontrerebbe neppure limiti costituzionali, checché ne dicano i fautori dell'intangibilità dei diritti acquisiti, ci sembra davvero, ancor più di questi tempi e con le attuali eccezionali difficoltà per i giovani e per gli anziani meno abbienti, un atto dovuto.
Sul punto ritorna ora il nostro Cleto Iafrate, che aggiunge alla richiesta una legittimazione evangelica, quella della “parabola dei talenti”: il rapporto tra chi riceve di più e chi di meno deve essere al massimo 1 a 5.
Il nostro è un paese in cui molti i politici si richiamano alla morale cristiana. Chissà che questo nuovo argomento non possa risultare, almeno per loro, più convincente.
Il titolo è della redazione del sito.
GIUSEPPE FORTUNA
IPOTESI DI RIFORMA DEL SISTEMA PREVIDENZIALE ITALIANO IN
CHIAVE EVANGELICA
<<… Sogno una
chiesa che, pur perseverando nell’annuncio della “ consolazione degli afflitti”
- sempre più numerosi -inizi anche a predicare “l’afflizione dei consolati” (Lc
6,24).>>
Il debito pubblico italiano ha raggiunto qualche giorno
fa la cifra record di 2.014 miliardi di euro, pari al 126,1 % del prodotto
interno lordo. Gli interessi sul debito, per il 2012 pari ad 86 miliardi, sono
destinati, nei prossimi anni, ad aumentare: il debito produce debito. Gli
interessi verranno pagati dai cittadini sotto forma di nuove tasse oppure di
tagli alla spesa sociale e ciò determinerà una progressiva erosione dello stato
sociale.
La crisi, però, non ha le stesse conseguenze per tutti,
ma sta alimentando un conflitto intergenerazionale: mette i padri contro i figli
attraverso le politiche di “rigore” adottate negli ultimi anni. Anche se
l’Italia riuscirà a non entrare nella spirale che potrebbe condurla al
fallimento, le future generazioni dovranno, comunque, pagare un conto molto
salato a causa degli interessi sul debito.
La generazione dei padri è composta da persone che hanno
un’età mediamente superiore a 50 anni: la maggior parte ha un contratto di
lavoro a tempo indeterminato oppure percepisce una pensione sin dal compimento
del cinquantacinquesimo anno d’età . La loro aspettativa di vita termina
mediamente intorno all’ottantesimo compleanno. La loro pensione è stata (o
verrà ) calcolata con il criterio retributivo, che è molto più favorevole
rispetto al contributivo. Diversi oggi sono gli ex manager che percepiscono un
assegno di pensione che supera i 30mila euro al mese, spesso frutto del cumulo
di più pensioni; tantissime sono le pensioni superiori a 10mila
euro al mese che l’INPS continua ad accreditare, nonostante la spending
review, a tutti coloro che in passato hanno maturato il diritto
a percepirle.
La generazione dei figli, invece, è composta dagli
under 40: percepiranno la pensione ben oltre il compimento del
sessantacinquesimo anno d’età e questa corrisponderà a meno del 60% dell’ultima
retribuzione, in quanto calcolata con il criterio contributivo. Probabilmente,
quando ciò avverrà , lo stato sociale sarà stato completamente smantellato a
causa dei tagli lineari alla spesa.
I giovani e le future generazioni sono, quindi, le vere
vittime sacrificali della crisi, su cui si ripercuotono le conseguenze dei
tagli. Sorge spontanea una domanda: le scelte fatte fino ad oggi dai
politici, che appartengono prevalentemente alla prima generazione,
sono aderenti al dettato costituzionale, oppure in tempo di crisi si
possono rimettere in discussione anche i diritti
acquisiti?
E’ molto importante fare chiarezza sul punto per rispondere ad interrogativi ben più concreti. Ad esempio, in presenza di pensioni superiori a 30.000 euro al mese, è “costituzionalmente corretto” imporre una tassa come l’IMU a chi percepisce una pensione di appena 600 euro al mese? E ancora, in presenza di stipendi pubblici da 500.000 euro all’anno, è “costituzionalmente corretto” ridurre i posti letto in ospedale?
E’ molto importante fare chiarezza sul punto per rispondere ad interrogativi ben più concreti. Ad esempio, in presenza di pensioni superiori a 30.000 euro al mese, è “costituzionalmente corretto” imporre una tassa come l’IMU a chi percepisce una pensione di appena 600 euro al mese? E ancora, in presenza di stipendi pubblici da 500.000 euro all’anno, è “costituzionalmente corretto” ridurre i posti letto in ospedale?
La nostra Costituzione, ascrivendo i diritti sociali tra
i diritti soggettivi indisponibili, li pone al riparo da eventuali compressioni.
La Corte ha più volte sostenuto che gli artt. 36 e 38 della Costituzione
non escludono la possibilità di un intervento legislativo che, per inderogabili
esigenze di contenimento della spesa pubblica, riduca un trattamento
pensionistico in precedenza previsto.
Infatti, già durante la precedente crisi
finanziaria iniziata nel settembre del 1992, la Consulta ha affermato:
<<… per quanto concerne gli
artt. 36 e 38 della Costituzione, se è vero che il trattamento di quiescenza
deve essere proporzionato alla qualità e quantità del lavoro prestato, resta
tuttavia salva la discrezionalità del legislatore nell'apportare correttivi, ove
vi siano esigenze meritevoli di ponderazione, come quelle che discendono
dall'equilibrio finanziario … >>
(Corte Cost. n. 99/1995).
Sulla stessa linea di pensiero s’inserisce
un’altra decisione, nella quale gli Ermellini
hanno stabilito: << … secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte, gli evocati parametri non escludono affatto la possibilità di un
intervento legislativo che, per inderogabili esigenze di contenimento della
spesa pubblica, riduca in maniera definitiva un trattamento pensionistico in
precedenza previsto,considerato che esiste il limite delle risorse
disponibili e che, in sede di manovra finanziaria di fine anno, spetta al
Governo ed al Parlamento introdurre modifiche alla legislazione di spesa, ove
ciò sia necessario per salvaguardare l'equilibrio del bilancio dello Stato e
perseguire gli obiettivi della programmazione finanziaria. … >> (Corte
Cost. n. 417/1996).
I diritti acquisiti, quindi, possono anche essere ridotti
se vi sono esigenze di bilancio o di contenimento della spesa da rispettare.
Quando, però, si è trattato di stabilire in che
misura possono essere ridotti, la Corte non si è mai espressa, limitandosi solo
a ritenere che in tempi di crisi “l’erogazione di
servizi e le prestazioni da parte della Repubblica, necessarie a garantire ed
erogare i diritti, potessero limitarsi alla sola realizzazione del nucleo
essenziale del diritto stesso”.
A questo punto sorge un’altra domanda, questa volta
cruciale: qual è il “nucleo essenziale” di una pensione di 30mila euro al mese?
E ancora, ridurre i posti letto in ospedale a due per ogni mille abitanti, non
significa intaccare il nucleo essenziale del diritto dei cittadini
all’assistenza sanitaria?
La Corte, ovviamente, non si è mai sostituita al
legislatore, né ha mai fornito alcuna indicazione sul quantume sul
quomodo ridurre i diritti acquisiti (siano essi previdenziali o
stipendiali).
E’ necessario fare chiarezza poiché il discorso è
complesso.
Atteso che la retribuzione deve essere commisurata alla
capacità del lavoratore e il successivo trattamento previdenziale commisurato
alla retribuzione, in che modo bisognerà ridurre i diritti acquisiti per
ripristinare la pace intergenerazionale?
La chiave del dilemma sembra risiedere proprio nel
concetto di“capacità ”. Ci si chiede: essendoci stipendi pubblici superiori a
480mila euro all’anno e altri da 12mila euro, è plausibile che le
capacità di alcuni lavoratori siano apprezzate 40 volte superiori a quelle di
altri? Ossia, davanti a pensioni da 30mila euro al mese e altre da 600 euro al
mese, è verosimile che le capacità di alcuni ex lavoratori siano state 50 volte
superiori a quelle di altri? La scala che misura il talento degli uomini di
quanti gradini è composta? Quanti sono i livelli di capacità ? La capacitÃ
massima in che proporzione è correlata con la minima?
A tali domande devono rispondere il politici. Ma visto
che nel nostro paese molti di loro si dichiarano si stretta osservanza
cattolica, proviamo a vedere se c’è qualche indicazione nei Sacri Testi, dove
tutto è scritto in vista della felicità dell’uomo.
Rileva, ai nostri fini, il versetto 15 del cap. 25
della parabola dei talenti, la cui chiave di lettura è proprio il termine
“capacità ”: <<A uno diede cinque talenti, a
un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacitÃ
>> (Mt 25,15). Secondo lo scrivente, i talenti
rappresentano le diverse “altezze” della capacità , a cui corrispondono le
diverse attitudini dell’uomo a produrre reddito.
Nella parabola il rapporto che intercorre tra il meno
capace ed il più capace è di 1 a 5.
La strada ora è spianata. L’importo massimo di un
trattamento pensionistico o stipendiale non dovrebbe essere superiore a cinque
volte quello minimo; ogni eccedenza non è giustificata da maggiori capacità ,
quindi è un indebito.
Mi auguro che il prossimo esecutivo, piuttosto che
imporre l’IMU a tutti, riformi il sistema previdenziale in chiave evangelica:
riduca a 5mila euro le pensioni massime e innalzi a mille quelle minime.
Il vero obiettivo della classe politica
dovrebbe essere quello di “felicitatem defendere”, come dicevano i
Romani, e di rimuovere gli ostacoli di ordine economico sociale che “di fatto”
la impediscono.
In occasione del clima natalizio, nel quale anche le
speranze e i sogni si possono avverare, mi piace concludere nel seguente modo:
spero che lo Stato inizi a misurare la sua ricchezza non più con il PIL ma con
il BIL (Benessere Interno Lordo), inteso come il valore totale della sommatoria
del benessere dei singoli cittadini e della capacità di esprimere liberamente le
loro potenzialità . Il PIL indica il totale dei polli che posseggono gli
italiani, mentre il BIL il numero dei polli che mangia ciascun
italiano.
Auguri e
buon anno a tutti i lettori di Ficiesse
CLETO
IAFRATE
Condirettore del Laboratorio delle idee di Ficiesse
Presidente della Sezione Ficiesse di Tarantoc.iafrate@ficiesse.it
Condirettore del Laboratorio delle idee di Ficiesse
Presidente della Sezione Ficiesse di Tarantoc.iafrate@ficiesse.it
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