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lunedì 3 marzo 2014

Cassazione:la sosta dei veicoli al servizio di persone invalide può derogare la segnaletica solamente in caso di grave pericolo e/o necessità






CIRCOLAZIONE STRADALE   -   INVALIDI   -   SANZIONI AMMINISTRATIVE E DEPENALIZZAZIONI
Cass. civ. Sez. I, 30-08-2005, n. 17480

Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo


Con ricorso depositato in data 19 marzo 2001, (Lpd) (Lpd), medico legale, proponeva opposizione innanzi al giudice di pace di Terni avverso il verbale con il quale gli era stata contestata la violazione dell'art. 157, comma 2, del codice della strada, per avere lasciato in sosta la propria autovettura - al cui interno era esposto il contrassegno del permesso di parcheggio riservato ad invalidi intestato alla madre dell'opponente - adiacente alle vetrine di un negozio in una strada sprovvista di marciapiede, senza lasciare lo spazio di almeno un metro per consentire il passaggio pedonale, ed era stata irrogata la sanzione pecuniaria di lire 63.510. Lo Iemma esponeva di avere, il giorno della contestazione della infrazione, accompagnato la madre, disabile, per esigenze sanitarie non prorogabili, e di avere commesso la infrazione medesima per non aver reperito nessun altro spazio disponibile per il parcheggio di autovetture addette al trasporto di invalidi.
Il giudice di pace, ritenendo configurabile nella specie la esimente dello stato di necessità, di cui all'art. 4, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, in considerazione delle difficoltà di spostamento degli invalidi, accoglieva il ricorso.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione il Comune di Terni. L'intimato non si è costituito.

Motivi della decisione


Con l'unico motivo di ricorso, si deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dell'art. 54 cod.pen., degli artt. 2697 e 2907 cod.civ., dell'art. 99 cod.proc.civ., dell'art. 157, comma 2, del codice della strada. Si lamenta che il giudice di pace abbia ritenuto la sussistenza, nella specie, della esimente dello stato di necessità alla stregua di prove non offerte e di circostanze inidonee a configurare la stessa esimente, riconosciuta sulla base della sola affermazione dello Iemma di aver trasportato la propria madre disabile, e dalla esposizione, all'interno della propria autovettura, del contrassegno del permesso di parcheggio riservato agli invalidi, senza che venissero provati i presupposti dello stato di necessità. Nè sarebbe stata fornita la dimostrazione dell'avvenuto trasporto della invalida sul veicolo poi parcheggiato, poichè, all'atto dell'accertamento della violazione, nè il conducente nè la propria madre erano a bordo dello stesso. E nemmeno sarebbe stata dimostrata la mancanza di altri spazi per il parcheggio, assunto peraltro inidoneo ai fini della configurabilità dell'esimente. Si sottolinea altresì che l'art. 157, comma 2, del codice della strada - la cui violazione era stata contestata all'intimato - accorda una presunzione di intralcio e pericolo per la circolazione e per l'utenza pedonale alla violazione dello specifico divieto di fermata e sosta in strada priva di marciapiede, ove è prescritto che sia lasciato uno spazio di almeno un metro per il passaggio pedonale, fermata e sosta, pertanto, vietata anche ai veicoli in possesso del contrassegno relativo al permesso di parcheggio per gli invalidi.
Il ricorso è fondato, nei termini che seguono.
L'esclusione della responsabilità1 per violazioni amministrative derivante da "stato di necessità", secondo la previsione dell'art. 4 della legge n. 689 del 1981, postula, in applicazione degli artt. 54 e 59 cod.pen., che fissano i principi generali della materia, una effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, ovvero l'erronea persuasione di trovarsi in tale situazione, persuasione provocata da circostanze oggettive (v., tra le altre, Cass., n. 4710 del 1999, n. 287 del 2005).
Nella specie, la decisione impugnata non risulta rispettosa del citato dato normativo, avendo il giudicante erroneamente riconosciuto la configurabilità della esimente di cui si tratta senza che ne sussistessero i descritti presupposti. In particolare, egli aveva valorizzato, ai fini del predetto riconoscimento, la circostanza delle difficoltà di spostamento di un invalido, circostanza nella quale non è ravvisabile l'ulteriore elemento, che caratterizza lo stato di necessità, del pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, per scongiurare il quale l'agente sia stato costretto a tenere il comportamento sanzionato.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto. La sentenza impugnata va, conseguentemente, cassata, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può, ai sensi dell'art. 384, primo comma, cod.proc.civ., decidere la causa nel merito, rigettando la opposizione.
La decisione nel merito comporta il necessario regolamento delle spese del giudizio di primo grado, in relazione alle quali si ritengono sussistenti giusti motivi per la compensazione. Quanto alle spese del giudizio di legittimità, esse vanno poste a carico dell'intimato, e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.


La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta la opposizione. Compensa le spese del giudizio di primo grado, e condanna l'intimato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 400,00, di cui euro 350,00 per onorari, oltre alle spese generali ed accessorie di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 3 marzo 2005.
Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2005

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