Translate

lunedì 3 marzo 2014

Ministero dello sviluppo economico Ris. 8-1-2014 n. 1368 L.R. 5 dicembre 2005, n. 29 - D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. - Misure di sorveglianza - Quesito.


Ministero dello sviluppo economico
Ris. 8-1-2014 n. 1368
L.R. 5 dicembre 2005, n. 29 - D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. - Misure di sorveglianza - Quesito.
Emanata dal Ministero dello sviluppo economico, Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione, Direzione generale per il mercato, Concorrenza, Consumatori, Vigilanza e normativa tecnica, Divisione IV promozione della concorrenza.

Ris. 8 gennaio 2014, n. 1368 (1).

L.R. 5 dicembre 2005, n. 29 - D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. - Misure di sorveglianza - Quesito.


--------------------------------------------------------------------------------

(1) Emanata dal Ministero dello sviluppo economico, Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione, Direzione generale per il mercato, Concorrenza, Consumatori, Vigilanza e normativa tecnica, Divisione IV promozione della concorrenza.




--------------------------------------------------------------------------------

Si fa riferimento alla Nota n. 40586 del 13 dicembre 2013, con la quale codesta Regione sottopone alla scrivente un quesito della Camera di Commercio di (...) vista la prevalente competenza statale in materia di requisiti di accesso per l’esercizio di un’attività commerciale.

Al riguardo, evidenzia che la Camera di Commercio in parola aveva già rappresentato a codesta Regione una questione in materia di accertamento di uno dei requisiti morali necessari per lo svolgimento dell’attività di commercio all’ingrosso, alla quale la medesima Regione aveva provveduto a rispondere con Nota n. 32937 del 22 maggio 2013, nella quale, affrontando il problema dell’eventuale discrasia tra la normativa nazionale e quella regionale in materia di requisiti, aveva ribadito la prevalenza della prima rispetto alla seconda.

Nello specifico, la CCIAA precisa che nella nota regionale innanzi citata è stato affrontato il rapporto tra quanto disposto dall’articolo 71, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. e quanto invece disposto dall’articolo 6, comma 1, lettera e) della L.R. 5 dicembre 2005, n. 29 in materia di requisiti morali, dando indicazione che l’istituto della riabilitazione è obbligatorio esclusivamente per le ipotesi di dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza e non in caso di differenti misure.

Stante quanto sopra, la CCIAA evidenzia che la questione riguarda la rilevanza ostativa della avvenuta applicazione di una delle misure di cui al D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

Al riguardo rappresenta che l’articolo 71, comma 1, lettera f) del D.Lgs. n. 59 del 2010 dispone che non possono esercitare l’attività commerciale di vendita e di somministrazione: "coloro che sono sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui alla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, ovvero a misure di sicurezza".

L’articolo 116, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 159 del 2011, c.s. Codice Antimafia, stabilisce che i richiami alle disposizioni contenute nella L. n. 1423 e L. n. 575, ovunque presenti, si debbano intendere riferiti alle corrispondenti disposizioni contenute nel medesimo decreto legislativo.

La L.R. n. 29 del 2005, all’articolo 6, comma 1, lettera e) dispone che non possono esercitare l’attività commerciale in sede fissa o sulle aree pubbliche nonché l’attività di somministrazione di alimenti e bevande: "coloro che siano sottoposti o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dal D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (...) incluse misure di sicurezza non detentive, ovvero siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione

Di conseguenza, nel caso della citata normativa statale la dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza di cui all’articolo 71, comma 1, lettera a), ai sensi di quanto successivamente previsto dal medesimo articolo 71, comma 3, rende obbligatorio l’ottenimento del provvedimento di riabilitazione, non essendo pertanto ammissibile il decorso del termine dei cinque anni nel caso della ostatività di cui alla citata lettera a).

Nel caso della normativa regionale tale differenziazione non è prevista, in quanto il successivo comma 2 del medesimo articolo 6 della L.R. n. 29 del 2005 dispone che: "Il divieto di esercizio dell’attività commerciale in caso di condanna permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena sia stata scontata, qualora la pena si sia estinta in altro modo, il termine dei cinque anni decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza, salvo riabilitazione", con la conseguenza, ad avviso della CCIAA, che appare difficoltoso valutare l’ostatività di una misura di sorveglianza speciale.

Al riguardo, codesta Regione, con la Nota del 9 dicembre 2013 ribadisce quanto in precedenza formulato con la Nota del 22 maggio 2013, nella quale ha evidenziato, in caso di discrasie tra la normativa nazionale e regionale, la prevalenza della prima rispetto alla seconda, sottolineando, infatti, che la riabilitazione concerne esclusivamente le ipotesi di dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza e non altre differenti misure.

Al riguardo al scrivente Direzione rappresenta quanto segue.

Nel confermare quanto già ampiamente ribadito da codesta Regione, ovvero la generale competenza statale in materia di requisiti di accesso per l’avvio e l’esercizio di un’attività commerciale, ai fini richiesti si precisa che ai sensi del comma 3, dell’articolo 71 del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. "Il divieto di esercizio dell’attività, ai sensi del comma 1, lettera b), c), d), e) ed f) e ai sensi del comma 2, permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata. Qualora la pena si sia estinta in altro modo, il termine di cinque anni decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza, salvo riabilitazione

Risulta evidente,pertanto, che il decorso del termine dei cinque anni non è ammissibile nel caso della ostatività di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 71, per il quale è obbligatorio ottenere il provvedimento di riabilitazione.

Il divieto di esercizio dell’attività commerciale (con la sola esclusione dei soggetti dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza) permane, quindi, per la durata di cinque anni dal giorno in cui la pena è stata scontata (cioè completamente espiata trattandosi di pena detentiva).

Permane, altresì, per cinque anni, qualora la pena si sia in altro modo estinta dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza, cioè con effetti irreversibili.

Con riferimento alla necessità o meno di ottenere un formale provvedimento di riabilitazione per eliminare gli effetti ostativi all’avvio e allo svolgimento dell’attività nei casi previsti dall’articolo 71, ovvero se il trascorrere dei cinque anni previsti faccia decadere di per sé gli effetti ostativi, si precisa che già nel 2001, la scrivente Amministrazione in presenza di analoga disposizione contenuta nel D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, con Circ. 27 giugno 2001, n. 3518/C, sulla base di un espresso parere del Ministero della Giustizia (Direzione Generale degli Affari Civili e delle Libere Professioni del 27 marzo 2001, n. 7/05F16/973/U), aveva chiarito che il provvedimento riabilitativo costituisce conditio sine qua non solo quando lo stato di inabilità derivi dalla dichiarazione di abitualità, professionalità o tendenza a delinquere (ora richiamata alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 71) e che la necessità del provvedimento di riabilitazione non era sostenibile, invece, per le altre ipotesi. Ciò significa che, anche con riferimento al contenuto testuale dell’articolo 71, quando l’inabilità derivi dall’aver subito condanna ad una certa pena o ad una pena per determinati reati (Ferma restando l’eccezione della ostatività sancita dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 71, di cui si è detto), il comma 3 fissa espressamente in cinque anni la durata dell’effetto interdittivo e,pertanto, decorso tale termine, la situazione di inabilità viene comunque a cessare.

Quanto detto, ovviamente, salvo che il soggetto non ottenga il provvedimento di riabilitazione prima dei detto termine quinquennale.

La modifica dell’articolo 179 del Codice Penale, infatti, in caso di formale provvedimento di riabilitazione, ha ridotto da cinque atre gli anni necessari per ottenerlo.

Per concludere, si precisa inoltre che la scrivente ha già avuto modo di precisare che anche alle misure di cui alla citata lettera f), del comma 1, dell’articolo 71 del D.Lgs. n. 59 del 2010 (ora confluite nel D.Lgs. n. 159 del 2011, c.d. Codice Antimafia, per effetto della loro abrogazione da parte del D.Lgs. n. 159 del 2011), restano ferme ed applicabili le su citate disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 71 del D.Lgs. n. 59 del 2010. Ciò significa che il soggetto che abbia subito una delle misure di cui alla lettera f) può ritenersi di nuovo in possesso dei requisiti di onorabilità ove rispettate le modalità stabilite dal citato comma 3.

Nessun commento: