Translate

domenica 20 aprile 2014

Corte Costituzionale: N. 93 ORDINANZA 7 - 10 aprile 2014 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Straniero - Espulsione dal territorio dello Stato - Impossibilita' di esecuzione immediata - Provvedimento del Questore di trattenimento presso il centro di permanenza ed assistenza piu' vicino tra quelli individuati o costituiti con decreto ministeriale.


N. 93 ORDINANZA 7 - 10 aprile 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero - Espulsione dal territorio dello Stato - Impossibilita' di
  esecuzione immediata - Provvedimento del Questore di  trattenimento
  presso il centro di permanenza ed assistenza piu' vicino tra quelli
  individuati o costituiti con decreto ministeriale.
- Decreto legislativo 25 luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
  disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione  e  norme
  sulla condizione dello  straniero),  art.  13,  comma  5-ter,  come
  aggiunto dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 14 settembre 2004,
  n.  241  (Disposizioni  urgenti  in   materia   di   immigrazione),
  convertito, con modificazioni, nella legge  12  novembre  2004,  n.
  271; art. 14 del medesimo decreto  legislativo  n.  286  del  1998;
  legge 6 marzo 1998 n. 40, art. 12.
-  
(GU n.17 del 16-4-2014 )  

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Gaetano SILVESTRI;
Giudici :Luigi MAZZELLA,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo
  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo
  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
     
    ha pronunciato la seguente

                              ORDINANZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13, comma
5-ter, e 14 del decreto legislativo 25 luglio  1998,  n.  286  (Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), e dell'art. 12 della legge
6 marzo 1998, n.  40  (Disciplina  dell'immigrazione  e  norme  sulla
condizione dello straniero), promosso dal Giudice di pace di Roma nel
procedimento relativo a Y.F.H. con  ordinanza  del  17  giugno  2013,
iscritta al n. 241 del registro ordinanze  2013  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  46,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2013.
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del  12  marzo  2014  il  Giudice
relatore Paolo Grossi.
    Ritenuto che, con ordinanza del 17 giugno  2013,  il  Giudice  di
pace di Roma ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale:
a) dell'art. 13, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286 (Testo unico  delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina
dell'immigrazione e norme sulla  condizione  dello  straniero),  come
aggiunto dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 14  settembre  2004,
n. 241 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione), convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della  legge  12  novembre
2004, n. 271 - secondo cui «Al fine di  assicurare  la  tempestivita'
del procedimento di convalida dei provvedimenti di cui ai commi  4  e
5, ed all'articolo 14, comma 1, le questure forniscono al giudice  di
pace, nei limiti delle risorse disponibili, il supporto occorrente  e
la disponibilita' di un locale idoneo»  -,  «per  contrasto  con  gli
artt. 2, 3, 10,  13,  24,  97,  111  e  117  della  Costituzione,  in
relazione all'art. 5 della Convenzione  europea  dei  diritti  umani,
ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,  n.  848»;  b)
dell'art. 14 del medesimo decreto legislativo n.  286  del  1998,  «e
della legge 6 marzo 1998 n. 40  art.  12  (quando  non  e'  possibile
eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento  alla
frontiera, ovvero il  respingimento,  perche'  occorre  procedere  al
soccorso dello straniero, ad  accertamenti  supplementari  in  ordine
alla  sua  identita'  o  nazionalita',  ovvero  all'acquisizione   di
documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilita' di vettore  o
altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero
sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il  centro
di  permanenza  temporanea  e  assistenza  piu'  vicino,  tra  quelli
individuati o costituiti con decreto del  ministro  dell'Interno,  di
concerto con i ministri per la Solidarieta' sociale e del Tesoro), in
riferimento ai Centri di identificazione ed  espulsione  perche'  non
istituiti ne' regolamentati con legge, violando  il  principio  della
riserva  di  legge  nell'organizzazione  dei  pubblici   uffici   per
contrasto con gli articoli 2, 3, 10,  13,  24,  97,  111,  117  della
Costituzione, in relazione all'art. 5 della Convenzione  europea  dei
diritti umani, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848»;
    che il giudice rimettente premette di essere chiamato a  decidere
sulla convalida del provvedimento di trattenimento di  una  cittadina
extracomunitaria presso il Centro di identificazione ed espulsione di
Ponte Galeria in Roma, emesso dal Questore di  Messina  il  5  giugno
2013 (in esecuzione del provvedimento di espulsione  adottato,  nella
stessa data, dal Prefetto di Messina),  nonche'  sulla  richiesta  di
convalida di detto provvedimento, proposta dal Questore di Roma il  7
giugno 2013 (atti entrambi depositati l'8 giugno 2013);
    che, «nel dubbio tra le due opposte richieste» sollecitate  dalle
parti - l'una di non  convalida  per  inutile  decorso  del  previsto
termine di quarantotto ore, l'altra tesa ad insistere nella richiesta
di convalida - il giudice rimettente «sospendeva il  procedimento  in
corso ritenendo che non fosse possibile decidere in base agli atti ed
alla legislazione vigente», «anche  alla  luce  della  situazione  di
fatto  rappresentata  dalla  disamina  degli   atti   e   dalla   non
ragionevolezza delle norme citate di  cui  al  D.  Lgsvo  n.  286/98,
relative all'accertamento di quale fosse il Centro di Identificazione
ed Espulsione piu' vicino, nonche' di quale fosse  il  locale  idoneo
reso disponibile e fornito dalle questure al giudice di pace, al fine
di assicurare la tempestivita' del procedimento di convalida»;
    che   l'indeterminatezza   della   normativa    di    riferimento
consentirebbe al Ministero dell'interno di individuare i  Centri,  in
tutto il territorio nazionale, nei  quali  trattenere  gli  stranieri
espulsi,  scegliendo,  in  tal  modo,  anche  il  giudice   di   pace
competente, che dovrebbe recarsi presso il luogo indicato dal  potere
esecutivo per effettuare tempestivamente la convalida;
    che  risulterebbe  di  dubbia  legittimita'   costituzionale   il
richiamato art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998,  nella  parte  in  cui
demanda al  Ministero  dell'interno  di  individuare  i  Centri  gia'
esistenti o di «costituirne di nuovi»;
    che di dubbia legittimita' risulterebbe altresi'  l'istituto  del
trattenimento  degli  stranieri  in  riferimento  al   principio   di
uguaglianza,  di  non  discriminazione  e  del  diritto  di  liberta'
personale («art. 3, art. 10, art. 13 Cost.»);
    che, infatti, in ossequio al principio della riserva di legge, la
disciplina dei  Centri  di  identificazione  ed  espulsione  dovrebbe
essere integralmente affidata alla legge;
    che, al contrario, «il Testo Unico dell'immigrazione non contiene
nessuna prescrizione circa le modalita' del trattenimento  nei  CIE»,
salve disposizioni del tutto generiche,  evocandosi  a  confronto  il
diverso regime previsto dall'ordinamento penitenziario;
    che,  in  proposito,  non  potrebbe  valere  il  regolamento   di
attuazione del  predetto  testo  unico  sulla  immigrazione,  proprio
perche' si tratta di fonte  secondaria,  risultando,  del  resto,  la
gestione  dei  Centri  disciplinata  da  un  capitolato  di  appalto,
approvato con decreto ministeriale del 21 novembre 2008;
    che, quanto alla non manifesta infondatezza della  questione,  la
materia interferirebbe con il sereno ed  imparziale  esercizio  della
giurisdizione, visto che i locali adibiti al  giudice  di  pace  sono
forniti dall'Amministrazione dell'interno, segnalandosi, al riguardo,
come il Consiglio superiore della magistratura avrebbe avuto modo  di
stigmatizzare tale stato di fatto in un parere del 21 ottobre 2004;
    che la norma  di  cui  all'art.  13,  comma  5-ter,  in  discorso
dovrebbe,  dunque,  «essere  emendata  riportando  all'interno  degli
uffici del giudice di pace,  o  di  locali  ad  esso  riferibili,  lo
svolgimento delle udienze relative alle convalide dei giudici di pace
dei trattenimenti,  degli  stranieri  espulsi,  presso  i  centri  di
identificazione ed espulsione, configurandosi in caso  contrario  una
evidente lesione del diritto di  difesa  di  cui  all'art.  24  della
Costituzione [...] e del dovere di imparzialita' e di parita' davanti
ad un giudice terzo (art. 111 della Costituzione)»;
    che violati sarebbero pure gli artt. 97 e 13 Cost., posto che  le
decisioni sulla convalida incidono sulla liberta' personale;
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sia  dichiarata  inammissibile  per
difetto di rilevanza e, in subordine, infondata;
    che   «le   ragioni   esplicitate   in   punto   di    rilevanza»
risulterebbero,  infatti,  nell'ordinanza  di  rimessione,  «vaghe  e
contraddittorie nonche' carenti  anche  sotto  il  profilo  logico  e
sostanziale»,  non  risultando  spiegati  i  motivi   per   i   quali
l'eventuale  rimozione  delle  norme  denunciate  influirebbe   sulla
decisione della controversia sottoposta al giudizio del rimettente;
    che  non  sarebbero,  infatti,  evidenziati  elementi  dai  quali
dedurre che la cittadina extracomunitaria sia stata  assoggettata  ad
una restrizione  «non  regolare»  o  inadeguata,  cio'  che  soltanto
potrebbe giustificare la proposizione di un  dubbio  di  legittimita'
costituzionale della normativa censurata;
    che, al contrario, il giudice rimettente si limita  ad  esprimere
un  dubbio  «essenzialmente  sul  momento  cronologico,   del   tutto
marginale, della notifica del provvedimento» di espulsione, senza che
risulti chiarito come la rimozione delle  norme  denunciate  potrebbe
determinare  un  miglioramento   della   condizione   della   persona
trattenuta;
    che,  d'altra  parte,  le  argomentazioni  svolte  nell'ordinanza
risultano analoghe a quelle poste a fondamento di altra questione  di
legittimita' costituzionale, decisa con ordinanza n.  109  del  2010,
nel senso della manifesta inammissibilita';
    che, nel merito, la questione sarebbe, comunque,  infondata,  dal
momento che  le  modalita'  dello  svolgimento  del  procedimento  di
convalida  all'interno  dei  Centri  di   permanenza   risulterebbero
rispettose della  disciplina  censurata,  ne'  potrebbe  intravedersi
pericolo  per  l'esercizio  sereno  ed  imparziale   delle   funzioni
giurisdizionali, considerate le misure di controllo  e  di  sicurezza
che presidiano quei Centri;
    che  il  ricorso  alla  normativa  secondaria   sarebbe   imposto
dall'esigenza di  «una  fonte  di  disciplina  duttile  e  di  rapida
approvazione»;
    che  il  rispetto  delle  condizioni  di  trattenimento   sarebbe
assicurato proprio dalla previsione di cui  all'art.  14  denunciato,
oltre  che  dall'art.  21  del  d.P.R.  31  agosto   1999,   n.   394
 (Regolamento recante norme  di  attuazione  del  testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 1,  comma  6,
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), in tema di  liberta'
assicurate allo straniero trattenuto;
    che tale disciplina generale sarebbe a fondamento del  richiamato
capitolato di appalto per la  gestione  dei  Centri,  in  conformita'
anche  a  quanto  disposto  dalla  direttiva  16  dicembre  2008,  n.
2008/115/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante
norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al  rimpatrio
di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare).
    Considerato che il Giudice di pace di Roma ha sollevato questione
di legittimita' costituzionale: a) dell'art.  13,  comma  5-ter,  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), come aggiunto dall'art.  1,  comma
1, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni  urgenti
in materia di immigrazione), convertito, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge 12 novembre 2004, n. 271, - secondo  cui  «Al
fine di assicurare la tempestivita' del procedimento di convalida dei
provvedimenti di cui ai commi 4 e 5, ed all'articolo 14, comma 1,  le
questure forniscono al giudice di  pace,  nei  limiti  delle  risorse
disponibili, il supporto occorrente e la disponibilita' di un  locale
idoneo» -, «per contrasto con gli artt. 2, 3, 10, 13, 24, 97,  111  e
117 Cost., in relazione all'art.  5  della  Convenzione  europea  dei
diritti umani, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848»; b) dell'art. 14 del medesimo decreto legislativo n. 286  del
1998, «e della legge 6 marzo 1998  n.  40  art.  12  (quando  non  e'
possibile   eseguire   con   immediatezza    l'espulsione    mediante
accompagnamento alla  frontiera,  ovvero  il  respingimento,  perche'
occorre  procedere  al  soccorso  dello  straniero,  ad  accertamenti
supplementari in ordine alla sua  identita'  o  nazionalita',  ovvero
all'acquisizione  di   documenti   per   il   viaggio,   ovvero   per
l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo di trasporto  idoneo,  il
questore dispone  che  lo  straniero  sia  trattenuto  per  il  tempo
strettamente necessario presso il centro di permanenza  temporanea  e
assistenza piu' vicino,  tra  quelli  individuati  o  costituiti  con
decreto del ministro dell'Interno, di concerto con i ministri per  la
Solidarieta' sociale e del  Tesoro),  in  riferimento  ai  Centri  di
identificazione ed espulsione perche' non istituiti ne' regolamentati
con  legge,  violando   il   principio   della   riserva   di   legge
nell'organizzazione  dei  pubblici  uffici  per  contrasto  con   gli
articoli 2, 3, 10, 13,  24,  97,  111,  117  della  Costituzione,  in
relazione all'art. 5 della Convenzione  europea  dei  diritti  umani,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848»;
    che,  a  fondamento  delle  prospettate   censure,   il   giudice
rimettente indica una serie di "inconvenienti" cui darebbe  luogo  il
meccanismo  di  individuazione  dei  Centri  di  identificazione   ed
espulsione da parte del Ministro dell'interno, di concerto con  altri
ministri,  facendo,   tra   l'altro,   incidentalmente   riferimento:
all'inadeguatezza dei locali messi a disposizione per l'effettuazione
del  giudizio  di  convalida;  alle   esigenze   di   sicurezza   non
adeguatamente soddisfatte; alla varieta' delle sedi presso  le  quali
effettuare le convalide, con possibili effetti disfunzionali  per  il
giudice chiamato a  celebrare  l'udienza  in  tempi  ristretti;  alla
devoluzione al solo potere esecutivo del compito di  identificare  il
Centro presso il quale ricoverare lo  straniero  cui  la  misura  del
trattenimento si riferisce; alla mancanza di prescrizioni precise  da
parte  della  normativa  di  settore  su  aspetti  che  si   reputano
fondamentali per l'amministrazione della giustizia;
    che, a fronte della nutrita platea di "doglianze"  prospettate  -
nessuna delle quali correlata ad una specifica disposizione di legge,
ma tutte dedotte in termini generici ed onnicomprensivi, alla stregua
di dati di comune esperienza -, il giudice  rimettente  richiama  una
altrettanto estesa gamma di parametri costituzionali senza, tuttavia,
precisare quale degli asseriti "inconvenienti" si  verrebbe  a  porre
con essi in specifico contrasto;
    che, invero, gli enunciati riferimenti  "critici"  oscillano  tra
una pretesa mancata tutela  dello  straniero  -  senza  peraltro  che
risultino evidenziati profili di carenza difensiva o  di  trattamenti
indebitamente repressivi -  e  pregiudizi  di  tipo  "logistico"  del
giudice  di  pace,  chiamato  a  spostarsi  nei   vari   luoghi   per
l'espletamento dell'udienza di convalida;
    che, dunque, al di la' dell'evidente genericita'  delle  censure,
le stesse finiscono per risolversi in questioni di  mero  fatto,  del
tutto avulse da vizi  ascrivibili  alle  disposizioni  denunciate  e,
quindi, insuscettibili, come tali, di formare oggetto di un dubbio di
legittimita' costituzionale;
    che, accanto a cio', l'ordinanza di  rimessione  risulta  carente
nella motivazione in punto di rilevanza della questione, dal  momento
che nessuno  degli  "inconvenienti"  additati  presenta  una  qualche
palese  interferenza  con  i  dubbi  manifestati  a  proposito  delle
contrapposte richieste avanzate dalle  parti  all'esito  dell'udienza
(«se convalidare o  meno  il  provvedimento  di  trattenimento  della
Questura  di  Messina  del  5/6/2013,  asseritamente  notificato   il
6/6/2013, oppure quello di richiesta di trattenimento della  Questura
di Roma emesso in data 7/06/2013, entrambi depositati l'8/06/2013»);
    che, peraltro, la relativa attivita'  procedimentale  non  appare
preclusa da quegli "inconvenienti" che, nella  stessa  prospettazione
del rimettente, hanno ormai  esaurito  qualsiasi  effetto,  essendosi
l'udienza conclusa e residuando in capo al giudice solo il compito di
decidere;
    che, d'altra parte, analoga questione era  stata  gia'  sollevata
dallo stesso giudice rimettente e decisa nel  senso  della  manifesta
inammissibilita' con l'ordinanza n. 109 del 2010, nella quale non  si
manco'  di  rilevare,  fra  l'altro,  come  la  questione  risultasse
proposta «in maniera del  tutto  ipotetica  e  astratta»,  attraverso
l'enunciazione di «una serie di generiche perplessita' prive di alcun
riferimento concreto ad effettivi condizionamenti esterni, idonei  ad
inficiare» l'imparzialita' e l'indipendenza  del  giudice  rimettente
«nell'adozione del provvedimento giurisdizionale oggetto del giudizio
principale»;
    che, pertanto,  la  questione  proposta  deve  essere  dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma  5-ter,  del  decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello  straniero),  come  aggiunto  dall'art.   1,   comma   1,   del
decreto-legge 14 settembre 2004,  n.  241  (Disposizioni  urgenti  in
materia di immigrazione), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 12 novembre 2004, n. 271,  e  dell'art.  14  del
medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998 («e della legge 6  marzo
1998 n. 40 art. 12»), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3,  10,
13, 24, 97, 111 e 117 della Costituzione,  in  relazione  all'art.  5
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto
1955, n. 848,  dal  Giudice  di  pace  di  Roma  con  l'ordinanza  in
epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 aprile 2014.

                                F.to:
                    Gaetano SILVESTRI, Presidente
                       Paolo GROSSI, Redattore
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2014.

                   Il Direttore della Cancelleria
                       F.to: Gabriella MELATTI

Nessun commento: