N. 93 ORDINANZA 7 - 10 aprile 2014
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Straniero - Espulsione dal territorio dello Stato - Impossibilita' di
esecuzione immediata - Provvedimento del Questore di trattenimento
presso il centro di permanenza ed assistenza piu' vicino tra quelli
individuati o costituiti con decreto ministeriale.
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), art. 13, comma 5-ter, come
aggiunto dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 14 settembre 2004,
n. 241 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione),
convertito, con modificazioni, nella legge 12 novembre 2004, n.
271; art. 14 del medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998;
legge 6 marzo 1998 n. 40, art. 12.
-
(GU n.17 del 16-4-2014 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Gaetano SILVESTRI;
Giudici :Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo
Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo
GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio
MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13, comma
5-ter, e 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), e dell'art. 12 della legge
6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero), promosso dal Giudice di pace di Roma nel
procedimento relativo a Y.F.H. con ordinanza del 17 giugno 2013,
iscritta al n. 241 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale,
dell'anno 2013.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 marzo 2014 il Giudice
relatore Paolo Grossi.
Ritenuto che, con ordinanza del 17 giugno 2013, il Giudice di
pace di Roma ha sollevato questione di legittimita' costituzionale:
a) dell'art. 13, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come
aggiunto dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 14 settembre 2004,
n. 241 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione), convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 12 novembre
2004, n. 271 - secondo cui «Al fine di assicurare la tempestivita'
del procedimento di convalida dei provvedimenti di cui ai commi 4 e
5, ed all'articolo 14, comma 1, le questure forniscono al giudice di
pace, nei limiti delle risorse disponibili, il supporto occorrente e
la disponibilita' di un locale idoneo» -, «per contrasto con gli
artt. 2, 3, 10, 13, 24, 97, 111 e 117 della Costituzione, in
relazione all'art. 5 della Convenzione europea dei diritti umani,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848»; b)
dell'art. 14 del medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998, «e
della legge 6 marzo 1998 n. 40 art. 12 (quando non e' possibile
eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla
frontiera, ovvero il respingimento, perche' occorre procedere al
soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine
alla sua identita' o nazionalita', ovvero all'acquisizione di
documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilita' di vettore o
altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero
sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro
di permanenza temporanea e assistenza piu' vicino, tra quelli
individuati o costituiti con decreto del ministro dell'Interno, di
concerto con i ministri per la Solidarieta' sociale e del Tesoro), in
riferimento ai Centri di identificazione ed espulsione perche' non
istituiti ne' regolamentati con legge, violando il principio della
riserva di legge nell'organizzazione dei pubblici uffici per
contrasto con gli articoli 2, 3, 10, 13, 24, 97, 111, 117 della
Costituzione, in relazione all'art. 5 della Convenzione europea dei
diritti umani, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,
n. 848»;
che il giudice rimettente premette di essere chiamato a decidere
sulla convalida del provvedimento di trattenimento di una cittadina
extracomunitaria presso il Centro di identificazione ed espulsione di
Ponte Galeria in Roma, emesso dal Questore di Messina il 5 giugno
2013 (in esecuzione del provvedimento di espulsione adottato, nella
stessa data, dal Prefetto di Messina), nonche' sulla richiesta di
convalida di detto provvedimento, proposta dal Questore di Roma il 7
giugno 2013 (atti entrambi depositati l'8 giugno 2013);
che, «nel dubbio tra le due opposte richieste» sollecitate dalle
parti - l'una di non convalida per inutile decorso del previsto
termine di quarantotto ore, l'altra tesa ad insistere nella richiesta
di convalida - il giudice rimettente «sospendeva il procedimento in
corso ritenendo che non fosse possibile decidere in base agli atti ed
alla legislazione vigente», «anche alla luce della situazione di
fatto rappresentata dalla disamina degli atti e dalla non
ragionevolezza delle norme citate di cui al D. Lgsvo n. 286/98,
relative all'accertamento di quale fosse il Centro di Identificazione
ed Espulsione piu' vicino, nonche' di quale fosse il locale idoneo
reso disponibile e fornito dalle questure al giudice di pace, al fine
di assicurare la tempestivita' del procedimento di convalida»;
che l'indeterminatezza della normativa di riferimento
consentirebbe al Ministero dell'interno di individuare i Centri, in
tutto il territorio nazionale, nei quali trattenere gli stranieri
espulsi, scegliendo, in tal modo, anche il giudice di pace
competente, che dovrebbe recarsi presso il luogo indicato dal potere
esecutivo per effettuare tempestivamente la convalida;
che risulterebbe di dubbia legittimita' costituzionale il
richiamato art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui
demanda al Ministero dell'interno di individuare i Centri gia'
esistenti o di «costituirne di nuovi»;
che di dubbia legittimita' risulterebbe altresi' l'istituto del
trattenimento degli stranieri in riferimento al principio di
uguaglianza, di non discriminazione e del diritto di liberta'
personale («art. 3, art. 10, art. 13 Cost.»);
che, infatti, in ossequio al principio della riserva di legge, la
disciplina dei Centri di identificazione ed espulsione dovrebbe
essere integralmente affidata alla legge;
che, al contrario, «il Testo Unico dell'immigrazione non contiene
nessuna prescrizione circa le modalita' del trattenimento nei CIE»,
salve disposizioni del tutto generiche, evocandosi a confronto il
diverso regime previsto dall'ordinamento penitenziario;
che, in proposito, non potrebbe valere il regolamento di
attuazione del predetto testo unico sulla immigrazione, proprio
perche' si tratta di fonte secondaria, risultando, del resto, la
gestione dei Centri disciplinata da un capitolato di appalto,
approvato con decreto ministeriale del 21 novembre 2008;
che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, la
materia interferirebbe con il sereno ed imparziale esercizio della
giurisdizione, visto che i locali adibiti al giudice di pace sono
forniti dall'Amministrazione dell'interno, segnalandosi, al riguardo,
come il Consiglio superiore della magistratura avrebbe avuto modo di
stigmatizzare tale stato di fatto in un parere del 21 ottobre 2004;
che la norma di cui all'art. 13, comma 5-ter, in discorso
dovrebbe, dunque, «essere emendata riportando all'interno degli
uffici del giudice di pace, o di locali ad esso riferibili, lo
svolgimento delle udienze relative alle convalide dei giudici di pace
dei trattenimenti, degli stranieri espulsi, presso i centri di
identificazione ed espulsione, configurandosi in caso contrario una
evidente lesione del diritto di difesa di cui all'art. 24 della
Costituzione [...] e del dovere di imparzialita' e di parita' davanti
ad un giudice terzo (art. 111 della Costituzione)»;
che violati sarebbero pure gli artt. 97 e 13 Cost., posto che le
decisioni sulla convalida incidono sulla liberta' personale;
che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per
difetto di rilevanza e, in subordine, infondata;
che «le ragioni esplicitate in punto di rilevanza»
risulterebbero, infatti, nell'ordinanza di rimessione, «vaghe e
contraddittorie nonche' carenti anche sotto il profilo logico e
sostanziale», non risultando spiegati i motivi per i quali
l'eventuale rimozione delle norme denunciate influirebbe sulla
decisione della controversia sottoposta al giudizio del rimettente;
che non sarebbero, infatti, evidenziati elementi dai quali
dedurre che la cittadina extracomunitaria sia stata assoggettata ad
una restrizione «non regolare» o inadeguata, cio' che soltanto
potrebbe giustificare la proposizione di un dubbio di legittimita'
costituzionale della normativa censurata;
che, al contrario, il giudice rimettente si limita ad esprimere
un dubbio «essenzialmente sul momento cronologico, del tutto
marginale, della notifica del provvedimento» di espulsione, senza che
risulti chiarito come la rimozione delle norme denunciate potrebbe
determinare un miglioramento della condizione della persona
trattenuta;
che, d'altra parte, le argomentazioni svolte nell'ordinanza
risultano analoghe a quelle poste a fondamento di altra questione di
legittimita' costituzionale, decisa con ordinanza n. 109 del 2010,
nel senso della manifesta inammissibilita';
che, nel merito, la questione sarebbe, comunque, infondata, dal
momento che le modalita' dello svolgimento del procedimento di
convalida all'interno dei Centri di permanenza risulterebbero
rispettose della disciplina censurata, ne' potrebbe intravedersi
pericolo per l'esercizio sereno ed imparziale delle funzioni
giurisdizionali, considerate le misure di controllo e di sicurezza
che presidiano quei Centri;
che il ricorso alla normativa secondaria sarebbe imposto
dall'esigenza di «una fonte di disciplina duttile e di rapida
approvazione»;
che il rispetto delle condizioni di trattenimento sarebbe
assicurato proprio dalla previsione di cui all'art. 14 denunciato,
oltre che dall'art. 21 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394
(Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6,
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), in tema di liberta'
assicurate allo straniero trattenuto;
che tale disciplina generale sarebbe a fondamento del richiamato
capitolato di appalto per la gestione dei Centri, in conformita'
anche a quanto disposto dalla direttiva 16 dicembre 2008, n.
2008/115/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante
norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio
di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare).
Considerato che il Giudice di pace di Roma ha sollevato questione
di legittimita' costituzionale: a) dell'art. 13, comma 5-ter, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), come aggiunto dall'art. 1, comma
1, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni urgenti
in materia di immigrazione), convertito, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge 12 novembre 2004, n. 271, - secondo cui «Al
fine di assicurare la tempestivita' del procedimento di convalida dei
provvedimenti di cui ai commi 4 e 5, ed all'articolo 14, comma 1, le
questure forniscono al giudice di pace, nei limiti delle risorse
disponibili, il supporto occorrente e la disponibilita' di un locale
idoneo» -, «per contrasto con gli artt. 2, 3, 10, 13, 24, 97, 111 e
117 Cost., in relazione all'art. 5 della Convenzione europea dei
diritti umani, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,
n. 848»; b) dell'art. 14 del medesimo decreto legislativo n. 286 del
1998, «e della legge 6 marzo 1998 n. 40 art. 12 (quando non e'
possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante
accompagnamento alla frontiera, ovvero il respingimento, perche'
occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti
supplementari in ordine alla sua identita' o nazionalita', ovvero
all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per
l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il
questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo
strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e
assistenza piu' vicino, tra quelli individuati o costituiti con
decreto del ministro dell'Interno, di concerto con i ministri per la
Solidarieta' sociale e del Tesoro), in riferimento ai Centri di
identificazione ed espulsione perche' non istituiti ne' regolamentati
con legge, violando il principio della riserva di legge
nell'organizzazione dei pubblici uffici per contrasto con gli
articoli 2, 3, 10, 13, 24, 97, 111, 117 della Costituzione, in
relazione all'art. 5 della Convenzione europea dei diritti umani,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848»;
che, a fondamento delle prospettate censure, il giudice
rimettente indica una serie di "inconvenienti" cui darebbe luogo il
meccanismo di individuazione dei Centri di identificazione ed
espulsione da parte del Ministro dell'interno, di concerto con altri
ministri, facendo, tra l'altro, incidentalmente riferimento:
all'inadeguatezza dei locali messi a disposizione per l'effettuazione
del giudizio di convalida; alle esigenze di sicurezza non
adeguatamente soddisfatte; alla varieta' delle sedi presso le quali
effettuare le convalide, con possibili effetti disfunzionali per il
giudice chiamato a celebrare l'udienza in tempi ristretti; alla
devoluzione al solo potere esecutivo del compito di identificare il
Centro presso il quale ricoverare lo straniero cui la misura del
trattenimento si riferisce; alla mancanza di prescrizioni precise da
parte della normativa di settore su aspetti che si reputano
fondamentali per l'amministrazione della giustizia;
che, a fronte della nutrita platea di "doglianze" prospettate -
nessuna delle quali correlata ad una specifica disposizione di legge,
ma tutte dedotte in termini generici ed onnicomprensivi, alla stregua
di dati di comune esperienza -, il giudice rimettente richiama una
altrettanto estesa gamma di parametri costituzionali senza, tuttavia,
precisare quale degli asseriti "inconvenienti" si verrebbe a porre
con essi in specifico contrasto;
che, invero, gli enunciati riferimenti "critici" oscillano tra
una pretesa mancata tutela dello straniero - senza peraltro che
risultino evidenziati profili di carenza difensiva o di trattamenti
indebitamente repressivi - e pregiudizi di tipo "logistico" del
giudice di pace, chiamato a spostarsi nei vari luoghi per
l'espletamento dell'udienza di convalida;
che, dunque, al di la' dell'evidente genericita' delle censure,
le stesse finiscono per risolversi in questioni di mero fatto, del
tutto avulse da vizi ascrivibili alle disposizioni denunciate e,
quindi, insuscettibili, come tali, di formare oggetto di un dubbio di
legittimita' costituzionale;
che, accanto a cio', l'ordinanza di rimessione risulta carente
nella motivazione in punto di rilevanza della questione, dal momento
che nessuno degli "inconvenienti" additati presenta una qualche
palese interferenza con i dubbi manifestati a proposito delle
contrapposte richieste avanzate dalle parti all'esito dell'udienza
(«se convalidare o meno il provvedimento di trattenimento della
Questura di Messina del 5/6/2013, asseritamente notificato il
6/6/2013, oppure quello di richiesta di trattenimento della Questura
di Roma emesso in data 7/06/2013, entrambi depositati l'8/06/2013»);
che, peraltro, la relativa attivita' procedimentale non appare
preclusa da quegli "inconvenienti" che, nella stessa prospettazione
del rimettente, hanno ormai esaurito qualsiasi effetto, essendosi
l'udienza conclusa e residuando in capo al giudice solo il compito di
decidere;
che, d'altra parte, analoga questione era stata gia' sollevata
dallo stesso giudice rimettente e decisa nel senso della manifesta
inammissibilita' con l'ordinanza n. 109 del 2010, nella quale non si
manco' di rilevare, fra l'altro, come la questione risultasse
proposta «in maniera del tutto ipotetica e astratta», attraverso
l'enunciazione di «una serie di generiche perplessita' prive di alcun
riferimento concreto ad effettivi condizionamenti esterni, idonei ad
inficiare» l'imparzialita' e l'indipendenza del giudice rimettente
«nell'adozione del provvedimento giurisdizionale oggetto del giudizio
principale»;
che, pertanto, la questione proposta deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilita' delle questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 5-ter, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero), come aggiunto dall'art. 1, comma 1, del
decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241 (Disposizioni urgenti in
materia di immigrazione), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 12 novembre 2004, n. 271, e dell'art. 14 del
medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998 («e della legge 6 marzo
1998 n. 40 art. 12»), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 10,
13, 24, 97, 111 e 117 della Costituzione, in relazione all'art. 5
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto
1955, n. 848, dal Giudice di pace di Roma con l'ordinanza in
epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 aprile 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2014.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI
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