Rischia il
carcere il capo che costringe autista a turni massacranti provocando
incidente
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 21810/2010, ha confermato la responsabilità penale dell'amministratore e del titolare di una ditta che avevano ...
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 21810/2010, ha confermato la responsabilità penale dell'amministratore e del titolare di una ditta che avevano ...
Cass. pen. Sez. IV,
(ud. 12-05-2010) 08-06-2010, n. 21810
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1.0.
Il 18 ottobre 2006 il Tribunale di Perugia - Sezione distaccata di
Città di Castello - condannava C.I. e Be.Fa., riconosciute a
quest'ultimo le attenuanti generiche equivalenti alla aggravante di
cui al secondo comma della norma incriminatrice, a pena ritenuta di
giustizia per imputazione di cui all'art.
589 c.p.;
venivano contestati anche gli illeciti amministrativi di cui all'art.
157 C.d.S., comma 3, art. 176 C.d.S., comma 5, art. 174 C.d.S., commi
4 e 5; li condannava, altresì, al risarcimento del danno in favore
delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede.
Ricostruiva in fatto il giudice del merito che verso le ore 1,00 del
(OMISSIS) sulla corsia nord di una strada extraurbana principale si
trovava fermo lungo la corsia di sorpasso, a fari spenti, un
autocarro di proprietà della " s.n.c.", condotto da G.B..
Sopraggiungevano da tergo un autoarticolato condotto da C.D. e, sulla
corsia di sorpasso (occupata dall'autocarro condotto dal G.B.,
separatamente giudicato), una autovettura condotta da S.M.. C.,
avvedutosi del mezzo fermo sulla corsia di sorpasso, si spostava il
più possibile verso il margine destro della carreggiata, così da
creare una possibile via di fuga all'auto che sopraggiungeva.
Nonostante ciò e nonostante il tentativo del conducente dell'auto di
incunearsi tra i due autocarri e di frenare, egli aveva urtato con la
parte anteriore sinistra del proprio mezzo la parte posteriore del
mezzo condotto da G.B.: in conseguenza del violento impatto
determinatosi, lo S. aveva riportato lesioni che lo avevano tratto a
morte. Rilevava il giudice che "la ragione per la quale
l'autocarro Volvo si era fermato era dovuta al fatto che il suo
guidatore si era addormentato a causa della stanchezza" ed egli
era "talmente stanco da avere raggiunto e superato
abbondantemente ogni soglia di comprensibile attenzione alla guida".
Richiamando le indicazioni tratte dai quattro dischi cronotachigrafi
sequestrati, il giudice rilevava che "nel lasso di tempo
compreso tra il momento dell'inserimento del primo disco (lunedì
(OMISSIS), alle ore 07,50) fino al momento del sinistro (venerdì
(OMISSIS) alle ore 01,10) G. ha guidato complessivamente per 49 ore e
29 minuti e nell'arco delle ultime 43 ore e 35 minuti... ha guidato
per complessive 31 ore e 19 minuti... In tale contesto G. effettuava
- nell'arco di 43 ore e 35 minuti - una sola sosta più lunga (di 5
ore e 40 minuti) ed altre brevi (di 30, al massimo 45 minuti).
Agli imputati (il C. quale socio ed amministratore della s.n.c., il
Be. quale socio ed amministratore di fatto della stessa) si era
contestato di aver omesso "di disporre la presenza sul mezzo di
altra persona idonea alla guida e comunque di garantire il rispetto
dei prescritti tempi massimi di guida da parte del conducente",
così creando "condizioni tali da rendere prevedibile il
verificarsi di incidenti, anche di gravità pari a quello di fatto
verificatosi, determinati da colpi di sonno o comunque da
inefficienza fisica del conducente medesimo".
Il giudice riteneva fondati tali addebiti e perveniva,
conseguentemente, alla resa statuizione di condanna.
1.1. Sui gravami degli imputati, la Corte di Appello di Perugia, con
sentenza del 18 novembre 2008, riduceva la pena inflitta agli
imputati dal primo giudice e confermava nel resto la sentenza
impugnata. Il giudice dell'appello confermava, in sostanza, la
ritenuta sussistenza degli addebiti di colpa già ravvisati dal
giudice di prime cure.
2.0. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorsi gli imputati, per
mezzo dei rispettivi difensori.
Be. denuncia vizi di violazione di legge e di motivazione "con
riferimento alla valutazione dell'elemento soggettivo e del nesso di
causalità".
Deduce che la Corte territoriale "riconosce in capo al Be. una
responsabilità non derivante da una propria condotta - immune da
ogni censura - ma da altrui comportamenti, spingendosi, in tal modo,
al riconoscimento di una responsabilità molto vicina a quella
oggettiva". In punto di colpa generica "la Corte di Appello
poggia le proprie argomentazioni su ipotesi del tutto astratte...".
In punto di colpa specifica "al ricorrente sono state attribuite
infrazioni al codice della strada determinate non da propri
comportamenti ma da condotte di guida altrui... sottratte ad ogni suo
possibile controllo..."; le infrazioni amministrative "gli
sono state imputate... perchè sarebbero derivate dalla omessa
osservanza di regole di prudenza (quelle, in particolare, della
presenza del secondo autista) e non da specifici obblighi normativi
(la presenza del secondo autista, come è noto, è superabile con la
dotazione al mezzo del cronotachigrafo)... Appare chiaramente
impossibile attribuire a Be.Fa. una responsabilità specifica per la
violazione delle norme sulla circolazione stradale perchè il
ricorrente non era alla guida del mezzo che ha causato il
sinistro...".
Quanto
al nesso di causalità, assume che, "poichè l'autocarro con
alla guida il B. era dotato del sistema di controllo del
cronotachigrafo..., non vi era alcun obbligo giuridico di prevedere
il secondo autista...". Soggiunge che "per il ruolo
rivestito, quello di datore di lavoro di fatto,... non può dirsi...
che vi sia stata alcuna imprudente omissione alla quale collegare,
anche solo indirettamente, il verificarsi dell'evento mortale...":
perciò "la motivazione della sentenza di secondo grado che
riconosce la sussistenza del rapporto di causalità... è
manifestamente illogica e palesemente incongrua..."; e
"dovrebbe, in ogni caso, sostenersi che l'evento mortale si è
verificato esclusivamente in conseguenza della condotta di guida del
B. e delle sue autonome, imprevedibili (perchè addirittura
pazzesche) incontrollabili decisioni...". Quanto al vizio di
violazione di legge, in ordine alle contestate violazioni
amministrative, "le norme richiamate dalla Corte di Appello...
non giustificano in alcun modo l'attribuzione al Be. degli specifici
illeciti compiuti dal B....; si tratta di violazioni, quelle del
codice della strada, realizzabili solo dal conducente del
veicolo..."; il giudice di secondo grado, quindi, avrebbe
"comunque errato nel ritenere applicabile...
l'aggravante dell'art.
589 c.p.,
comma 2".
La sentenza impugnata sarebbe, infine, "censurabile" nella
parte relativa al giudizio di comparazione tra le circostanze.
2.1. C., dal canto suo, denuncia:
a)
vizi di violazione di legge e di motivazione. Deduce che
illegittimamente erano state disattese le sue deduzioni difensive,
"comprovanti la dismissione, per così dire, da parte del C.,
della posizione di garanzia di cui all'art.
40 c.p.,
comma 2", al momento del sinistro;
b)
vizi di violazione di legge e di motivazione, in relazione all'art.
42 c.p.,
comma 1, e art.
43 c.p.. Richiamati
i ravvisati profili di colpa specifica (art. 157 C.d.S., comma 3,
art. 176 C.d.S., comma 5, art. 174 C.d.S., commi 4 e 5), rileva che
tanto equivale a "dire che il datore di lavoro risponde se il
suo autista omette uno stop, viaggia contromano, o a velocità
eccedente i limiti, e ciò sull'abbrivo di una singolare lusinga alla
dilatazione dell'alveo della responsabilità personale....
L'aggravante di cui all'art.
589 c.p.,
comma 2, andava, dunque, esclusa...; il tragico evento che ha
condotto alla morte S.M. è stato conseguenza unica ed esclusiva
dello sconsiderato, imprudente, negligente ed imperito comportamento
dell'autista...";
c)
vizi di violazione di legge e di motivazione, in relazione all'art.
42 c.p.,
comma 2. "All'origine dell'incidente - assume il ricorrente -
non vi è stato un colpo di sonno, ma lo sconsiderato arresto
dell'autotreno, da parte dell'autista...";
d) vizi di violazione di legge e di motivazione, in relazione
all'art. 62 bis c.p., perchè illegittimamente la Corte territoriale
avrebbe negato le attenuanti generiche.
MOTIVI DELLA DECISIONE 3.0. Il ricorso di Be. è infondato.
Infatti, contestandosi innanzitutto a tale ricorrente di essere, al
momento del fatto, socio ed amministratore di fatto della s.n.c.
"Cobentras", alle dipendenze della quale lavorava il B.,
tale circostanza non è affatto contestata dal ricorrente medesimo.
Annota, peraltro, la integrativa sentenza di prime cure che "
Be.Fa.... ha sostenuto essere lui il legale rappresentante della
stessa società a partire dal 1 maggio 2000, e di occuparsi della
gestione dei dipendenti (anche autisti)..." e che "anche il
G.B.... ha dichiarato che era Be.Fa. a dargli le direttive dei
viaggi"; ulteriormente chiarisce la sentenza ora impugnata che
"in particolare Be.Fa., che direttamente seguiva i viaggi ed
impartiva direttive agli autisti, veniva portato a conoscenza di dove
il veicolo si trovasse".
Posto, dunque, che correttamente si è ritenuta far capo a tale
ricorrente, quale datore di lavoro, una posizione di garanzia in
relazione a quella attività lavorativa che egli, "concretamente,
sia pure di fatto gestiva", ha rilevato la Corte territoriale
che quel viaggio, cui doveva nella circostanza attendere il B., "non
diversamente dai precedenti viaggi che solevano ripetersi in quel
percorso e per quelle forniture alimentari, era organizzato con tempi
e modalità tali da rendere praticamente impossibile, in caso di
unico autista, l'osservanza di regolari tempi di guida nel rispetto
delle norme sulla velocità e dei tempi di percorso": e di tanto
ha dato specifica contezza, ricordando i termini del viaggio
programmato, le tappe da percorrere, i carichi da effettuare, su un
"percorso di circa 2.200 chilometri" che imponeva di
"sottoporsi alla guida per oltre 25 ore continuative,
inframmezzate solo da brevi soste o fermate".
Si sono già sopra ricordati i tempi di lavoro in tal guisa imposti
al lavoratore ("... G. effettuava - nell'arco di 43 ore e 35
minuti - una sola sosta più lunga, di 5 ore e 40 minuti, ed altre
brevi, di 30, al massimo 45 minuti..."). Del tutto
consequenziale e logico, quindi, il divisamente espresso dai giudici
del merito, che, cioè, in siffatto contesto "l'addormentarsi
alla guida ed il conseguente prodursi dei più svariati inconvenienti
e/o intralci alla circolazione, compreso quello dell'arresto del
mezzo su strada, sia evenienza tutt'altro che improbabile ed
imprevedibile, quando al volante vi sia persona provata da ore ed ore
trascorse alla guida, senza adeguato riposo": lo stesso
arrestare il mezzo nel luogo e nella posizione pericolosissima di cui
sopra s'è detto appare indice logicamente indicativo del crollo
fisico del conducente, dell'esaurimento di ogni riserva di capacità
di gestire oltre la sua attenzione e la sua condotta di guida, a
seguito ed in conseguenza dei ritmi di lavoro impostigli. E non può
sorger dubbio che la imposizione di questi, in tali termini, sia
ascrivibile al datore di lavoro e che tale condotta si sia posta in
imprescindibile nesso di relazione causale con l'evento prodottosi,
nella cooperativa incidenza della condotta colposa anche del
lavoratore (separatamente giudicato). Adducendo il ricorrente che
egli "non era alla guida del mezzo che ha causato il
sinistro..., si tratta di violazioni, quelle del codice della strada,
realizzabili solo dal conducente del veicolo...", omette del
tutto di considerare la sua precedente condotta che ha determinato i
presupposti e le condizioni perchè, sinergicamente, quel
comportamento a sua volta colposo del conducente dell'automezzo
avesse a del tutto prevedibilmente realizzarsi. Nè è dato
comprendere - in relazione alla pur contestata violazione del
disposto dell'art. 174 C.d.S, commi 4 e 5, in riferimento agli artt.
7 e 8 Reg. C.E.E. n. 3820 del 20 dicembre 1985 - come mai e perchè
"la presenza... del secondo autista... è superabile con la
dotazione al mezzo del cronotachigrafo", come vuole il
ricorrente.
Quanto,
infine, al trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata ha
espressamente ritenuto di "non poter modificare in senso più
favorevole all'imputato il giudizio di comparazione tra circostanze,
data anche l'evidente corposa consistenza della violazione della
normativa sulla circolazione stradale": e tale divisamento, reso
in evidente considerazione dei parametri di riferimento di
cui all'art.
133 c.p.,
e nel legittimo esercizio del potere che al riguardo la legge
attribuisce al giudice del merito, non si appalesa censurabile in
questa sede di legittimità. 3.1. Infondato è anche il ricorso di
C..
Quanto, difatti, al primo profilo di doglianza, ha ben chiarito la
sentenza impugnata che tale ricorrente era, all'epoca del fatto,
"ancora socio e soprattutto amministratore della Cobentras
s.n.c., partecipazione e carica che avrebbe dismesso solo nel
(OMISSIS), a distanza di oltre due mesi dal verificarsi
dell'incidente in esame...". Ha considerato che "la
richiamata comunicazione all'I.N.P.S. ed alla Direzione provinciale
del Lavoro, comprensibilmente motivata da ragioni contributive, non
può valere a mutare la sostanza delle cose, vale a dire il permanere
in capo al C. della qualità di socio, in assenza di formale vendita
delle sue quote, e, soprattutto, il permanere della veste di
amministratore, in assenza della formalizzazione di alcuna variazione
nella carica". Al momento del sinistro, dunque, egli era ancora
socio della predetta società di persone (confermativamente annota la
integrativa sentenza di prime cure che la cessione delle quote venne
formalizzata nel (OMISSIS)) e amministratore della stessa; non
illogicamente, quindi, i giudici del merito hanno ritenuto che, per i
persistenti doveri scaturenti da tali qualità e carica tuttora
ricoperte, egli non potesse disinteressarsi degli obblighi da tanto
scaturenti, "in assenza di qualsiasi regolare delega di essi e
contentandosi del fatto che qualcuno provvedesse in suo luogo, senza
sincerarsi di come ciò avvenisse e soprattutto senza assicurarsi che
i viaggi si svolgessero nel pieno rispetto della normativa di
riferimento, compresa quella del Codice della Strada".
Quanto alle altre doglianze in punto di responsabilità, non v'è che
da richiamare quanto già si è osservato al riguardo a proposito del
ricorso del coimputato Be..
Per quel che concerne, infine, l'ultimo motivo di censura, afferente
al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, anche al
riguardo la sentenza impugnata ha reso congrua e puntuale
motivazione, osservando che il ricorrente era "già gravato da
altri due precedenti per omicidio colposo, uno dei quali abbastanza
recente...": ed anche tale apprezzamento di merito, idoneamente
e logicamente motivato, si appalesa incensurabile in questa sede di
legittimità. 4. I ricorsi vanno, dunque, rigettati, con conseguente
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Essi
vanno, altresì, condannati in solido al rimborso in favore delle
costituite parti civili delle spese di questo giudizio, che
unitariamente si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali, nonchè in solido al rimborso in favore delle
costituite parti civili delle spese di questo giudizio e liquida le
stesse unitariamente in Euro 3.000,00, oltre accessori come per
legge.
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