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domenica 11 marzo 2018

TAR marzo 2018: diritto del ricorrente al risarcimento, a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, ai sensi effetti del combinato disposto degli artt. 2087, 1218, 2043, 2049 cod. civ



TAR marzo 2018: diritto del ricorrente al risarcimento, a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, ai sensi effetti del combinato disposto degli artt. 2087, 1218, 2043, 2049 cod. civ



Pubblicato il 02/03/2018
N. 02351/2018 REG.PROV.COLL.

N. 12364/2013 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12364 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Daniela Cantisani e Alessandro Iandelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Cappellini in -OMISSIS-, via Salaria, 320;
contro

Università degli Studi di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Tommaso Di Nitto, con domicilio eletto presso il suo studio in -OMISSIS-, via Antonio Gramsci, 24;
Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in -OMISSIS-, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento

- del Decreto Rettorale -OMISSIS-con cui si irroga al ricorrente la sanzione disciplinare della censura ex artt. 87 punto 1) e 88 del T.U. 31/08/1933 n. 1592 e successive integrazioni e modificazioni, notificata a mezzo raccomandata A/R inviata il -OMISSIS-e ricevuta in data -OMISSIS-presso il domicilio eletto in sede di procedimento in -OMISSIS-;

- di ogni atto presupposto, connesso o conseguente, ivi compreso ogni ulteriore atto, anche di natura procedimentale, ancorché non conosciuto, comunque attinente al procedimento disciplinare per cui è causa;

e per l'accertamento

del diritto del ricorrente al risarcimento, a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, ai sensi effetti del combinato disposto degli artt. 2087, 1218, 2043, 2049 cod. civ., dei danni dallo stesso subiti ad opera dell'Università degli Studi "-OMISSIS-" e del Ministero convenuto, con conseguente condanna del medesimo ateneo e del Ministero, ciascuno in ragione della propria responsabilità e competenza, al pagamento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti e subendi ex art. 35 D. Lgs. n. 80/1998 così come modificato dall'art. 7 della L. n. 205/2000.

E sui motivi aggiunti depositati il -OMISSIS-

per l’annullamento del

Decreto Rettorale n. -OMISSIS-, compiegato alla nota del Rettorato prot. n. -OMISSIS-spedita con raccomandata n. -OMISSIS-e ricevuta il -OMISSIS-, col quale si accettano le dimissioni rassegnate dal Prof. -OMISSIS-con istanza del -OMISSIS-), nella parte il cui subordina il collocamento a riposo del docente "al consenso del Prof. -OMISSIS- al provvedimento con motivazioni non riferibili ad eventi pretestuosi adotti dal Prof. -OMISSIS-, non accettabili da questa Università";

e per l'accertamento

del diritto del ricorrente al risarcimento, a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 2087, 1218, 2043, 2049 cod. civ., dei danni dallo stesso subiti ad opera dell'Università degli Studi "-OMISSIS-" e del Ministero convenuto, con conseguente condanna del medesimo Ateneo e Ministero, ciascuno in ragione della propria responsabilità e competenza, al pagamento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti e subendi ex art. 35 D. Lgs. n. 80/1998 così come modificato dall'art. 7 della L. n. 205/2000.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Università degli Studi di -OMISSIS- e del Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2018 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per la parte ricorrente gli Avv.ti D. Cantisani e A. Iandelli, per l'Università degli Studi di -OMISSIS- l'Avv. T. Di Nitto e per l'Amministrazione resistente l'Avvocato dello Stato Orsola Biagini.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Prof. -OMISSIS-è stato professore di ruolo di seconda fascia confermato settore scientifico-disciplinare MED/28 (Malattie Odontostomatologiche) afferente al Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali, a tempo definito presso l'Università degli Studi di -OMISSIS- "-OMISSIS-".

Il -OMISSIS-l'Università ha ricevuto una lettera indirizzata al Rettore, al Direttore del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo Facciali e al Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria, in cui alcuni soggetti, qualificatisi come “Studenti di Odontoiatria e Igiene Dentale dell'Università -OMISSIS-”, denunciavano la presenza di “due docenti della Nostra Università” in un “noto programma televisivo-OMISSIS-”, in cui veniva pubblicizzata la Scuola di Specializzazione di area odontoiatrica di un'università -OMISSIS-), ravvisando in tale partecipazione un comportamento atto a “svilire il ruolo della nostra Università e del nostro corpo docenti”.

Quindi con nota prot. -OMISSIS-, il Rettore dell’Università “-OMISSIS-”, ha inviato al ricorrente una contestazione di addebito disciplinare in ordine al contenuto della predetta missiva, invitandolo a fornire chiarimenti scritti prima dell'inoltro degli atti al Collegio di disciplina istituito presso il C.U.N. - Consiglio Universitario Nazionale.

Il ricorrente ha presentato i chiarimenti richiesti con nota ricevuta dall'Università il -OMISSIS-.

L’istante, in particolare, ha rappresentato di aver proposto ai competenti uffici dell'Università la richiesta di stipulare un Accordo Bilaterale Interuniversitario (A.B.I.) tra l'Ateneo e -OMISSIS-e che, pertanto, l'Università era “a conoscenza che tra il sottoscritto e la -OMISSIS-erano in atto contatti alfine di una futura ed eventuale convenzione”.

Il ricorrente ha, poi, contestato il fatto addebitatogli con la nota del -OMISSIS-, osservando, per un verso, che “le verifiche d'ufficio, citate nella lettera in oggetto indicata, in realtà facevano riferimento a stampa di materiale proveniente da sito Internet, privo di qualsivoglia riscontro di veridicità e provenienza”, nonché ad un “opuscolo contenente il mio nome ma in nessun modo comprovante alcunché di quanto contestato”; per altro verso, di non aver: “MAI [...] rivestito la carica di Direttore delle Scuole di Specializzazione, MAI [...] sottoscritto alcun contratto di docenza, MAI [...] svolto alcuna attività didattica e MAI [...] ricevuto alcun compenso per le attività predette presso -OMISSIS-o altre Università di pari rango, né mai [...] ricoperto al loro interno cariche confliggenti con il mio attuale status di professore Universitario di ruolo in regime a tempo definito della università degli studi di -OMISSIS- “-OMISSIS-”.

Il deducente ha allegato, inoltre, due lettere della -OMISSIS-, dalle quali emergerebbe che egli non avrebbe ricoperto alcuna posizione accademica presso il predetto Ateneo, sussistendo, invero, un rapporto esclusivamente riconducibile ad un'attività di “consultant”, e che l'indicazione del suo nome sulla pagina internet delle Scuole di Specializzazione di Area Odontoiatrica della -OMISSIS-quale “Direttore di corso” sarebbe stato il frutto di un errore.

Il Rettore, con nota del -OMISSIS-ha inteso proseguire il procedimento disciplinare. In data -OMISSIS-, quindi, perveniva all’istante la convocazione da parte del segretario del Collegio di Disciplina del CUN, per il 10 ottobre stesso anno. Con memoria difensiva del -OMISSIS-rivolta al Collegio di Disciplina, l’interessato ha esposto i fatti e le circostanze di cui all'addebito, rilevando l'illegittimità del procedimento avviato dal Rettore.

All'adunanza del -OMISSIS-, il Collegio di disciplina ha deliberato la restituzione degli atti all'Università al fine di approfondire l'istruttoria;

Con lettera del -OMISSIS-al medesimo Collegio, il Rettore ha evidenziato ulteriori elementi a sostegno dell’addebito disciplinare, ai quali il ricorrente ha replicato con nota del -OMISSIS-.

In data -OMISSIS-il Rettore ha inviato al Collegio di Disciplina due note in data -OMISSIS-alle quali seguiva altra lettera del ricorrente indirizzata al Collegio di Disciplina, in cui si allegava una nota riguardante i rapporti tra l'Università-OMISSIS- e il deducente, si affermava che “-OMISSIS-” non aveva mai contattato l'Università-OMISSIS- al fine di verificare la posizione ed il ruolo rivestiti dal docente.

A seguito di richiesta di accesso agli atti il ricorrente ha rilevato che la documentazione inerente la propria posizione era stata nuovamente rinviata al Collegio di Disciplina del CUN, come da nota del Rettore del -OMISSIS-, dopo il parziale rinnovo di questo organo collegiale.

In data -OMISSIS-, a seguito di ulteriore accesso agli atti, il ricorrente apprendeva che il predetto Collegio aveva trasmesso gli atti del procedimento disciplinare alla Direzione Generale per l'Università, lo Studente e il Diritto allo Studio Universitario (-OMISSIS-) “non essendo più la materia disciplinare di competenza del Collegio di Disciplina”.

Con nota rettorale prot. n. -OMISSIS-, il procedimento disciplinare veniva dichiarato “perento per decorrenza dei termini”.

Quindi, con nota del -OMISSIS-, ricevuta dall’Università -OMISSIS-) l’istante, ai sensi dell'art. 13, co. 1, della Legge 18/03/1958 n. 311 e dell'art. 124 del d.P.R. 10/01/1957 n. 3, con riserva di adire le vie giudiziali a tutela della propria persona e dei propri diritti, rassegnava le dimissioni dal servizio.

In data -OMISSIS-l’interessato riceveva la nota rettorale prot. n -OMISSIS-, nella quale al medesimo veniva formalmente chiesto di fornire, di nuovo, “adeguate spiegazioni” in merito ad una presunta collaborazione, non autorizzata, con -OMISSIS-in violazione di quanto disposto dall'art 6, co. 12, della L. n. 240/2010 e dall'art. 2, co. 3, del D.R. n 2341/2013.

Con nota inviata via PEC il -OMISSIS-, il deducente inviava le proprie giustificazioni al riguardo.

Con provvedimento del -OMISSIS-trasmesso a mezzo racc. A/R del -OMISSIS-ricevuta il -OMISSIS-presso il domicilio eletto in -OMISSIS-, il Rettore dell'Università degli Studi “-OMISSIS-” di -OMISSIS- ha comminato all’istante la sanzione disciplinare della “censura” ex articoli 87 punto 1) ed 88 del T.U. 31/08/1933, n.1592.

Con nota del -OMISSIS-, il Direttore dell'Area Risorse Umane de “-OMISSIS-” ha accettato le dimissioni del Prof. -OMISSIS-con decorrenza da “data da destinarsi”.

Il Policlinico Universitario -OMISSIS-ha espresso parere favorevole alle dimissioni con decorrenza -OMISSIS-.

Il ricorrente rappresenta di essersi rivolto anche ad un c.d. Centro anti-mobbing della AUSL -OMISSIS- D, presso il quale avrebbe svolto una serie di colloqui e specifici test psico-diagnostici;

- di essersi sottoposto a visita medico legale presso lo studio del Prof. -OMISSIS-, docente di Psicopatologia Forense all'Università di-OMISSIS-, che in data 11/02/2013 ha redatto perizia medico-legale, nella quale conclude che “il Prof. -OMISSIS- presenta, quale conseguenza delle problematiche lavorative descritte (...), un Disturbo dell'Adattamento con Aspetti emotivi Misti, di Tipo Cronico, configurando il riconoscimento di un danno biologico (di natura psichica) che inattualità può essere quantificato nella misura del 10%”;

- di essersi sottoposto ad altra visita specialistica presso lo studio del Dr. -OMISSIS-, psicologo del Lavoro e CTU presso il Tribunale di-OMISSIS-, che ha redatto perizia in cui si affermerebbe che la vicenda occorsa al ricorrente sarebbe riconducibile a “mobbing”, quantificando il danno sofferto dal ricorrente in complessivi € 30.607,52, oltre un danno di tipo esistenziale “rilevante”, la cui quantificazione è rimessa alla valutazione equitativa di questo Giudice.

Avverso gli atti in epigrafe ha quindi proposto ricorso l’interessato deducendo i seguenti motivi:

1) impugnazione del decreto rettorale -OMISSIS-per: a) violazione e falsa applicazione degli artt. 10, co. 2 e 6, co. 9, della l. n. 240/2010. Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 dello statuto dell'università "-OMISSIS-". b) violazione e falsa applicazione degli artt. 87 punto 1) ed 88 del t.u. 31/08/1933 n. 1592 e ss.mm.ii. c) violazione dei principi generali in materia di buon andamento della pubblica amministrazione. d) eccesso di potere per travisamento dei fatti, per carenza di istruttoria e per difetto di motivazione sprovvista di logicità e di coerenza; e) nonché per sviamento di potere, nel perseguire finalità diverse da quelle proprie dell'atto adottato.

Il un nuovo procedimento disciplinare dopo l’archiviazione del precedente per perenzione, dovrebbe essere considerato tardivo e illegittimo.

Al -OMISSIS-- data della contestazione di addebito culminata nella sanzione impugnata – quanto appariva sul sito del ricorrente sull'icona “il corso One-To-One in Endodonzia” e poi sull'icona “Scuole di Specializzazione”, sarebbe già stato acquisito dal Rettore prima del dicembre 2012, per cui non avrebbe potuto costituire un “fatto nuovo”. Pertanto sarebbero decorsi i termini di cui all'art. 10, comma 2, della L. n. 240/10.

Il ricorrente non farebbe parte dei “distinguished professors” citati sul sito della -OMISSIS-, che invece si riferirebbe ad altro docente universitario a contratto italiano.

Né sussisterebbe la segnalazione pervenuta dal Presidente della Commissione Albo Odontoiatri della FNOMCeO, che consisterebbe, invece, risposta ad un quesito del 22/10/2012, indicata a sostegno del provvedimento disciplinare.

In base all'art. 2 dello Statuto de “-OMISSIS-” e all'art. 1, co. 3, del Codice Etico dell'Ateneo il ricorrente avrebbe comunque potuto gestire un proprio sito internet riguardante la attività medica svolta extra moenia.

Il link di rimando ad altri siti internet (contenuto nel sito -OMISSIS-, che rinvierebbe dal “Master in Endodonzia” alla pagina http://w3.uni-OMISSIS-l.it/endodonzia/) non costituirebbe indebita utilizzazione della denominazione, del logo e dei simboli istituzionali de "-OMISSIS-", atteso che l’istante sarebbe -OMISSIS-.

Il ricorrente non avrebbe svolto presso la -OMISSIS-alcuna attività incompatibile con lo status di docente universitario ricoperto presso l'Università “-OMISSIS-”, né avrebbe avuto situazioni di conflitto di interesse rispetto all'ateneo di appartenenza, in violazione dell'art. 12, co. 9, della L. n. 240/2010, essendo in regime di impegno a tempo definito.

L'art. 6, co. 12, della L. 240/2010 in relazione ai docenti a tempo definito stabilirebbe che gli obblighi dovrebbero essere adeguati al tipo d'attività libero professionale svolta, al fine di evitare un evidente conflitto di interessi con le esigenze didattiche e di ricerca dell'Ateneo datore di lavoro.

Il richiamo nel provvedimento impugnato al D.R. n. 2341/2013 “Regolamento per il rilascio delle autorizzazioni allo svolgimento di incarichi extra-istituzionali dei professori e ricercatori universitari” dell'Ateneo, emanato il 02/07/2013 sarebbe inconferente, in quanto l'art. 2, co. 3, sarebbe inapplicabile in via retroattiva, attesa la natura sanzionatoria della norma, a comportamenti posti in essere prima della sua entrata in vigore.

L’interessato avrebbe voluto intraprendere una collaborazione con la -OMISSIS-nel 2011, mediante una convenzione con l'Università "-OMISSIS-" di -OMISSIS-.

Per tale ragione in data -OMISSIS-) aveva presentato alla Segreteria Amministrativa del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali una richiesta di stipula di Accordo Bilaterale Interuniversitari, nell'ambito delle attività internazionali ai sensi dell'art. 1 del Regolamento di cui al D.R. n. 167/2009, tra la -OMISSIS-e l'Università "-OMISSIS-". Tale domanda, non sarebbe stata accolta sia dalla Giunta del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, sia dal Consiglio di Dipartimento.

La censura applicata al ricorrente rappresenterebbe un atto di rivalsa del Rettore, dopo la perenzione del primo procedimento disciplinare. L’istante, quindi, avrebbe subito una forma di accanimento e persecuzione illegittima;

2) sul diritto del ricorrente al risarcimento ex art. 35 d. lgs. n. 80/1998 così come modificato dall'art. 7 della l. n. 205/2000, a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 2087, 1218, 2043, 2049 c.c, dei danni dallo stesso subiti ad opera dell'università degli studi “-OMISSIS-” e del Ministero convenuto, con conseguente condanna del medesimo ateneo e ministero, ciascuno in ragione della propria responsabilità e competenza, al pagamento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti e subendi. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della prevaricazione.

Dopo aver richiamato la sequenza degli atti del procedimento disciplinare si evidenzia che il provvedimento prot. n. -OMISSIS- di archiviazione del primo procedimento sarebbe stato adottato tardivamente, 63 gg. dopo lo spirare dei termini perentori stabiliti dal citato art. 10, co. 5, della L. n. 204/10.

Tale vicenda avrebbe minato lo stato di salute del ricorrente che avrebbe manifestato l'insorgere di patologie psicofisiche con diagnosi di disturbo dell'adattamento e ansia, che lo avrebbero costretto a ricorrere anche ad apposita terapia farmacologica e psicoterapica.

Tale situazione avrebbe reso intollerabile la prosecuzione del rapporto di lavoro in essere con l'Università degli Studi di -OMISSIS-, tanto da indurre l’istante a dimettersi ai sensi dell'art. 13, co. 1, della legge 18/03/1958 n. 311 e dell'art. 124 del D.P.R. 10/01/1957 n. 3, con ogni riserva di adire le vie giudiziali a tutela della propria persona e dei propri diritti.

L'Amministrazione convenuta, quindi, avrebbe agito realizzando una persecuzione (“mobbing”) in danno del ricorrente, con conseguente nocumento delle condizioni psicofisiche e delle sue prospettive lavorative.

La pretestuosità del primo procedimento disciplinare avviato sarebbe dimostrata dalla sua estinzione per perenzione.

Il secondo procedimento costituirebbe una riedizione - non consentita - delle accuse mosse col primo.

Il Ministero convenuto non sarebbe intervenuto per tutelare la posizione del ricorrente, quanto meno per mediare fra la posizione del Docente e quella del Rettore. Tale inerzia evidenzierebbe la responsabilità contrattuale del MIUR, che, in violazione dell'art. 2087 c.c, avrebbe omesso di salvaguardare la professionalità, il ruolo, la dignità personale, la salute del proprio dipendente, consentendo al Rettore del “-OMISSIS-” di continuare nell'illecita condotta persecutoria nei confronti del Docente. Per cui il Ministero dovrebbe essere considerato responsabile al pari dell'Ateneo -OMISSIS-no - contrattualmente ai sensi degli artt. 1218 e 2087 c.c. ed extracontrattualmente ai sensi degli artt. 2043 e 2049 c.c., per fatto commissivo di un proprio dipendente e diretta per fatto omissivo proprio.

Il ricorrente avrebbe diritto al risarcimento integrale del danno non patrimoniale sofferto da valutarsi in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c., sulla base alla perizia di parte del Prof. -OMISSIS-.

Il Giudice dovrebbe quindi ritenere, sulla base della mera presunzione fondata sulla tipicità di determinati fatti a provocare una lesione al ricorrente, in base alla regola di esperienza di tipo statistico e avendo riguardo ad una “apparenza” basata sul tipico decorso degli avvenimenti. Oltre al danno biologico, afferente alla menomazione medicalmente accertabile della salute derivante dal “disturbo dell'adattamento con aspetti emotivi misti, di tipo cronico” e che configura un danno biologico (di natura psichica) permanente quantificabile nella misura del 10%, il ricorrente avrebbe diritto al risarcimento della sofferenza soggettiva cagionata (c.d. danno morale) e del danno esistenziale, sulla base della perizia del -OMISSIS-.

A tale fine dovrebbe tenersi conto della: Età del danneggiato (47 anni), della percentuale di invalidità permanente (pari al 10%) e del punto base del danno non patrimoniale (€ 2.744,81), in modo da quantificare un danno biologico permanente risarcibile di almeno € 21.135,00, il cui aumento personalizzato (max. 49%) può giungere fino a € 31.491,00.

Ai fini della c.d. “personalizzazione” del suddetto danno si dovrebbe tener conto delle condizioni personali e soggettive del ricorrente e della gravità della lesione In base a tali elementi il danno potrebbe essere quantificato in € 31.491,00.

Oltre ad un danno non patrimoniale il ricorrente avrebbe titolo al risarcimento del danno patrimoniale. Sotto il profilo del lucro cessante, il danno sarebbe pari alla retribuzione annua percepita dall’istante quale docente di ruolo presso l'Università “-OMISSIS-” e quale dirigente medico di primo livello presso il Policinico “-OMISSIS-”, che, considerata l'età anagrafica all'atto della cessazione del rapporto di lavoro (47 anni), l'anzianità lavorativa (12 anni), il limite dell'età pensionabile riconosciuta ai Professori Universitari (70 anni), gli anni mancanti (23 anni) alla soglia pensionistica, nonché la retribuzione annua percepita di euro 52.171,47, sarebbe pari a € 1.196.000,00.

Occorrerebbe considerare anche il danno alla immagine professionale del ricorrente che è stato, dal 2002 al 2013, Direttore del Master Universitario di 2° Livello in Endodonzia presso -OMISSIS- Università di -OMISSIS- e tuttora, titolare di due studi professionali in -OMISSIS- (all'EUR Torrino e a Casal Palocco), organizza corsi di formazione (“One-to-One Dental Training”) attraverso la Società Dental T.A.S.C. S.r.l., dai quali avrebbe sempre ottenuto una buona soddisfazione economica e professionale, conseguente decremento e perdita patrimoniale.

Premesso quanto sopra, in data 28/01/2014 il ricorrente ha ricevuto raccomandata A/R n. 14371423126-9, contenente la nota prot. 2875 del 17/01/2014, con la quale il Rettore lo informava che “con D.R. n. 4454 - prot. n. 0076026 del 30/12/2013 – trasmesso alla S.V. con nota del 07/01/2014 prot. 0000425 - sono state accettate, a decorrere dal 15/01/2014 e subordinatamente al consenso della S.V. medesima al provvedimento, le dimissioni rassegnate il -OMISSIS- prot univ. n. 0041408 del 06/09/2013. Considerato che alla data odierna non è pervenuto alcun riscontro, si invita la S.V. a voler urgentemente riscontrare la nota sopra citata”.

Pertanto, con messaggio di P.E.C. del 28/01/2014, il ricorrente prestava “il consenso al provvedimento con il quale sono state accettate a decorrere dal 15/01/2014 le dimissioni rassegnate il -OMISSIS- prot. univ. 0041408 del 06/09/2013” e chiedeva che gli fossero comunicati gli adempimenti del caso.

In data -OMISSIS-, il ricorrente riceveva la raccomandata n. 14371417082-4, contenente la nota del Rettorato prot. n. -OMISSIS-con compiegato il Decreto Rettorale n. -OMISSIS- con il quale si accettavano le sue dimissioni del -OMISSIS-), precisando che: "a) Il Prof -OMISSIS-, nato a -OMISSIS- il 04/07/1966, professore associato in servizio presso il Dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali della Facoltà di Medicina e Odontoiatria di questa Università, SSD MED/28 (Settore concorsuale - 06/F1 - Malattie odontostomatologiche), sarà collocato a riposo per volontarie dimissioni a decorrere dal 15.01.2014; b) Il suddetto collocamento a riposo è subordinato al consenso del Prof. -OMISSIS- al provvedimento con motivazioni non riferibili ad eventi pretestuosi adotti dal Prof. -OMISSIS-, non accettabili da questa Università";

Con diffida del 30/01/2014 a mezzo P.E.C. il ricorrente invitava:

- l'Università di -OMISSIS- “-OMISSIS-”, in persona del rettore in carica, in base agli artt. 124 del d.P.R. n. 3/1957, 13, comma 1, della Legge 18/03/1958 n. 311, e 24 della Cost., a non considerare pienamente efficace ed effettivo il collocamento a riposo per volontarie dimissioni dal 15/01/2014;

- il Rettore dell'Università degli Studi di -OMISSIS- “-OMISSIS-” a revocare in autotutela il Decreto Rettorale n. -OMISSIS- nella parte in cui subordinava il collocamento a riposo del docente alla sua rinuncia alle motivazioni poste alla base delle proprie dimissioni, indicate nella istanza del -OMISSIS-:

In data 17/02/2014 l’istante riceveva a mezzo raccomandata A/R la nota del Capo del Settore Stato giuridico ed economico Personale Docente prot. n. 7201 del 05/02/2014 con compiegato il nuovo Decreto Rettorale n. 272/2014 prot. n. 006579 del 03/02/2014, con il quale in relazione alla "PEC del Prof. -OMISSIS- del 28/01/2014, con la quale il medesimo, con riferimento alla nota del 17/01/2014, esprime il consenso al provvedimento n. 4454 del 30/12/2013”, si evidenziava che “il provvedimento di cessazione era subordinato al consenso che è stato espresso solo in data successiva al 15/01/2014 e che pertanto la decorrenza delle dimissioni non può essere antecedente alla data discioglimento della riserva di cui al D.R. 4425 del 30/12/2013”, decretando che “il Prof -OMISSIS- (...) è collocato a riposo per volontarie dimissioni a decorrere dal 28/01/2014”.

In data 19/02/2014 il ricorrente ha inviato una richiesta di interpretazione autentica del Decreto Rettorale n. 272/2014 del 03/02/2014 prot. n. 006579.

L’Università non ha risposto, per cui il ricorrente con motivi aggiunti depositati il -OMISSIS- ha impugnato gli atti in epigrafe deducendo i seguenti motivi:

1) impugnazione del decreto rettorale n. -OMISSIS- ricevuto il -OMISSIS-, nella parte il cui subordina il collocamento a riposo del docente al suo “consenso al provvedimento con motivazioni non riferibili ad eventi pretestuosi adotti (…), non accettabili da questa università” per: a) violazione e falsa applicazione dell'art. 124 (dimissioni) del d.p.r. n. 3/1957 (testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello stato); b) violazione e falsa applicazione dell'art. 13, co. 1, della legge 18/03/1958 n. 311; c) violazione dei principio costituzionale del diritto di agire e difendersi in giudizio sancito dall'art. 24 Cost.-; d) eccesso di potere per travisamento dei fatti, per carenza di istruttoria e per difetto di motivazione sprovvista di logicità e di coerenza, e) nonché per sviamento di potere.

L’ateneo non avrebbe risposto alla richiesta del 19/02/2014 di interpretazione autentica del Decreto Rettorale n. 272/2014 del 03/02/2014 prot. n. 006579 in cui si chiedeva: "atteso che nel D.R. n. 272/2014 non si fa menzione alcuna della diffida inviata a mezzo P.E.C. dai sottoscritti legali 1130/01/2014, con la quale, tra l'altro, si intimava al Rettore “di provvedere in autotutela entro e non oltre giorni 15 dal ricevimento della presente, a revocare il Decreto Rettorale n. 4454 prot. n. 0076026 del 30/12/2913 e ad emettere in sua sostituzione ogni più opportuno provvedimento che contenga l'accettazione incondizionata delle dimissioni presentate dal docente', si chiede se il D.R. n. 272/2014 debba essere considerato, in esecuzione della diffida ora citata e nel termine ivi assegnato, integralmente e sostanzialmente sostituivo e novativo del precedente D.R. n. 4454/2014”.

Il D.R. n. 272 prot. n. 0006579 non costituirebbe esercizio di autotutela a seguito della diffida citata, per cui il D.R. n. -OMISSIS- non sarebbe stato revocato nella parte in cui subordina il collocamento a riposo del ricorrente alla sua rinuncia alle motivazioni indicate nelle proprie dimissioni del -OMISSIS-) e poi rappresentate in sede giurisdizionale (con il ricorso introduttivo R.G. n. 12364/2013).

Il Decreto Rettorale n. -OMISSIS- nella parte in cui sub b) dispone “Il suddetto collocamento a riposo è subordinato al consenso del Prof. -OMISSIS- al provvedimento con motivazioni non riferibili ad eventi pretestuosi adotti dal Prof. -OMISSIS-, non accettabili da questa Università” sarebbe quindi del tutto irrituale.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1, della Legge 18/03/1958 n. 311, la accettazione delle dimissioni “può essere ritardata ma non rifiutata per motivi di servizio”.

Inoltre, attesa la pendenza del ricorso in esame notificato il 5/12/2013 che verte sui fatti dai quali sono scaturite le dimissioni del docente, l’ateneo non avrebbe potuto condizionare l'esercizio di tale diritto;

2) Sul diritto del ricorrente al risarcimento ex art. 35 d.lgs. n. 80/1998 a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 2087, 1218. 2043, 2049 c.c. dei danni dallo stesso subiti ad opera dell'università degli studi -OMISSIS- e del ministero convenuto, con conseguente condanna del medesimo ateneo e ministero, ciascuno in ragione della propria responsabilità e competenza, al pagamento di tutti i danni patrimoniali e non, subiti e subendi. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della prevaricazione.

Gli atti sopra indicati confermerebbero la vessatorietà della condotta dell’ateneo resistente.

Università “-OMISSIS-” di -OMISSIS- si è costituita in giudizio per resistere al ricorso, depositando articolate memorie con le quali eccepisce la sua infondatezza nel merito.

All’udienza del 10.1.2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare occorre disattendere l’eccezione di inammissibilità del primo motivo del ricorso introduttivo sollevata dall’Università -OMISSIS-, fondata sul presupposto che il ricorrente è stato collocato a riposo per volontarie dimissioni a decorrere dal 28 gennaio 2014.

L’istante, infatti, pur non appartenendo ai ruoli dei docenti del predetto ateneo, conserva comunque un interesse alla prosecuzione del giudizio, in quanto l'annullamento del provvedimento disciplinare potrebbe quanto meno soddisfare una utilità di carattere morale, non senza considerare che lo stesso docente ha anche chiesto il risarcimento dei danni che sarebbero derivati dalla sanzione disciplinare contestata.

2. Venendo all’esame del merito, con il motivo in esame l’interessato sostiene – in via principale – che la condotta sanzionata fosse comunque già nota all’Università alla data in cui era stato avviato il primo procedimento disciplinare, poi dichiarato perento per decorrenza del termine di conclusione.

La censura coglie nel segno.

3. Nel corso del primo procedimento con la nota -OMISSIS- n. 0036119 l’Università ha contestato al ricorrente che a seguito di “una segnalazione pervenuta a questa Amministrazione e di conseguenti verifiche d'ufficio, si è appresa la notizia che la S.V… rivestirebbe la carica di Direttore delle Scuole di Specializzazione presso la -OMISSIS-contestualmente allo status di docente in servizio attivo.

Tale circostanza, ove non diversamente acclarata, integra gli estremi dell'incompatibilità assoluta con lo status di docente presso questa Università, violando il dovere di esclusività nello svolgimento di funzioni che appare del tutto confliggente con le attività istituzionali svolte presso -OMISSIS-”.

Sulla base di quanto sopra l'Università ha contestato al ricorrente “una condotta sanzionabile per mancanza ai doveri di ufficio e grave irregolarità di condotta, ex art. 87 e seguenti del TU 31.8.1933 n. 1952, con evidenti effetti pregiudizievoli sull'immagine dell'istituzione universitaria e in particolare del-OMISSIS-”.

Tale procedimento si è concluso con la nota rettorale prot. n. -OMISSIS-, con la quale il procedimento disciplinare è stato dichiarato “perento per decorrenza dei termini”.

In seguito, l’ateneo resistente ha avviato un nuovo procedimento disciplinare, notificando al ricorrente, in data 20/09/2013, la nota rettorale prot. n. -OMISSIS-, con la quale si chiedeva di fornire “adeguate spiegazioni” in merito ad una presunta collaborazione, non autorizzata, con -OMISSIS-in violazione di quanto disposto dall'art 6, co. 12, della L. n. 240/2010 e dall'art. 2, co. 3, del D.R. n 2341/2013.

A tale nota è seguito il provvedimento 03/10/2013 prot. n 0056732 con il quale è stata irrogata la sanzione disciplinare della “censura” ai sensi degli artt. 87, punto 1) ed 88 del T.U. 31/08/1933, n.1592, “per avere inserito nel proprio sito professionale web "-OMISSIS-, studi odontoiatrici" alla casella-bottone "Corso One-to-One in Endodonzia", due caselle-bottone "Master in Endodonzia" e "Scuola di Specializzazione", che rinviano l'una (Master in Endodonzia) al sito internet rispondente al sito w3.uni-OMISSIS-Lit/endodonzia [di proprietà intellettuale -OMISSIS- e comunque chiaro riferimento all'Università -OMISSIS---OMISSIS-] e l'altro (Scuola di Specializzazione) alla "-OMISSIS-— Scuole di Specializzazione di area odontoiatrica — Fare le cose abilmente nel miglior modo possibile", come certificato dal Capo Settore Info-OMISSIS- [prot. n. 51514 del 6 settembre 2013], allegata al presente Decreto”.

4. Sulla base dell’esame dei due procedimenti è possibile convenire con quanto dedotto dall’istante, secondo cui i fatti oggetto del secondo procedimento disciplinare, alla data di assunzione delle rispettive determinazioni, fossero già noti all’Università.

Deve verosimilmente ritenersi infatti che, fino alla data della nuova contestazione, il sito gestito dal ricorrente non fosse stato modificato dal mese di dicembre 2012, al quale risale il primo atto di contestazione del rettore (del -OMISSIS-prot. n. 0075306) relativo al precedente procedimento disciplinare dichiarato perento.

4.1. Il nuovo procedimento sanzionatorio verte, in sostanza, sui medesimi rapporti che il ricorrente avrebbe intrattenuto con la -OMISSIS-e che l’Università resistente aveva ritenuto incompatibili con lo status di docente presso il medesimo ateneo -OMISSIS-no, relazioni che erano già state vagliate nel corso del primo procedimento disciplinare.

4.2. Quanto al rinvio, dal sito internet gestito dall’interessato (mediante le caselle-bottone “Corso One-to-One in Endodonzia” – “Master in Endodonzia”) al sito internet dell’Università -OMISSIS- (w3.uni-OMISSIS-Lit/endodonzia), occorre considerare – al di là della valutazione in termini di opportunità di tale riferimento – che alla data della contestazione il ricorrente risultava ancora rivestire la carica di Direttore del Master Universitario di 2^ Livello in Endodonzia, per cui sotto tale profilo il rinvio a tale sito avrebbe potuto essere considerato alla stregua di un richiamo di carattere curriculare, ancora giustificato a quella data dalla circostanza che l’istante non era ancora cessato dalle funzioni di docente universitario.

Sulla base di quanto sopra - in disparte ogni considerazione in ordine alla condotta tenuta dal ricorrente, comunque rimessa alla valutazione insindacabile dell’ateneo - non può escludersi quindi che l’Università con il secondo procedimento abbia di fatto violato il generale principio del ne bis in idem in materia disciplinare, valutando circostanze che erano emerse o che comunque sarebbero potute già emergere nel corso dell’originario procedimento disciplinare.

5. E’ possibile procedere all’esame dei motivi aggiunti notificati all'Università in data 27 marzo 2014 e depositati il successivo 9 aprile 2014, con i quali il ricorrente ha impugnato il Decreto Rettorale n. -OMISSIS-, compiegato alla nota del Rettorato prot. n. 425 del 07/01/2014, relativo alle dimissioni del docente del -OMISSIS-), nella parte in cui le stesse sono state subordinate “al consenso del Prof. -OMISSIS- al provvedimento con motivazioni non riferibili ad eventi pretestuosi addotti dal Prof. -OMISSIS-, non accettabili da questa Università”.

5.1. L’istante assume che l'Università in tal modo avrebbe “- del tutto arbitrariamente - condizionato l'effettivo collocamento a riposo alla "sconfessione" da parte del docente delle ragioni poste a base delle dimissioni” dallo stesso rassegnate.

6. In proposito deve convenirsi con l’eccezione di inammissibilità delle censure per carenza d'interesse della difesa dell’Università.

Con il decreto rettorale 3 febbraio 2014, prot. n. 272, infatti, il docente è stato collocato a riposo per dimissioni volontarie a decorrere dal 28 gennaio 2014, senza alcuna condizione (cfr. doc. 32 dell’università) con una decorrenza diversa, rispetto a quella iniziale, in relazione all'assenza dal servizio per malattia del docente e al percepimento dello stipendio da parte del ricorrente relativo al mese di gennaio 2018.

Il decreto rettorale 3 febbraio 2014, prot. n. 272, in quanto provvedimento successivo all’impugnato Decreto Rettorale n. -OMISSIS-, deve considerarsi sostitutivo e novativo rispetto al precedente in quanto:

- reca una data di decorrenza delle dimissioni diversa rispetto a quella del provvedimento in data 30.12.2013;

- il nuovo decreto rettorale del 3.2.2014 è intervenuto a seguito di successiva interlocuzione tra l’Università e il ricorrente (tra cui la nota PEC del 28.1.2014, con cui il ricorrente ha manifestato il proprio consenso “al provvedimento con il quale sono state accettate a decorrere dal 15-01-2014 le dimissioni rassegnate il 12-08-2013 - prot. univ. n. 0041408 del 06-09-2013”, menzionata nella diffida inviata dall’istante il 19.2.2014: cfr. doc. 33 dell’Università e doc. 49 del ricorrente);

- il decreto rettorale del 3.2.2014 non reca alcuna menzione alle condizioni indicate nel Decreto Rettorale n. -OMISSIS-.

7. E’ possibile procedere ora all’esame della richiesta di risarcimento del danno formulata nel secondo motivo del ricorso introduttivo e del secondo dei motivi aggiunti, con i quali il ricorrente deduce che l'Università lo avrebbe sottoposto ad un comportamento mobbizzante.

Al riguardo, ai fini di un corretto inquadramento della controversia, occorre premettere alcuni cenni necessari per individuare il concetto giuridico di “mobbing”.

Tale peculiare situazione, che esprime una delle possibili patologie da cui può essere affetto un rapporto di lavoro subordinato, presuppone nell'accezione che va consolidandosi pur con varietà di accentuazioni in dottrina e giurisprudenza, una durevole serie di reiterati comportamenti vessatori e persecutori rivolti nei confronti del dipendente all’interno dell’ambiente di lavoro in cui egli opera, capaci di provocare in suo danno una situazione di reale, serio ed effettivo disagio, che si concreta dunque in un danno ingiusto, incidente sulla persona del lavoratore, ed in particolare sulla sua sfera mentale, relazionale e psicosomatica.

La sussistenza di una simile situazione deve, pertanto, essere desunta mediante una complessiva analisi del quadro in cui si esplica la prestazione del lavoratore: gli elementi identificativi sono stati di volta in volta individuati nella reiterazione di richiami e sanzioni disciplinari ingiustificati o nella sottrazione di vantaggi precedentemente attribuiti, che devono registrarsi con carattere di ripetitività, sulla base di un intento sistematicamente perseguito da parte del datore di lavoro al fine di creare una situazione di seria e non transeunte sofferenza nel dipendente (cfr. T.A.R. Lazio III, 25 giugno 2004, n. 6254).

Analogamente a quanto ricorre per i reati collegati fra di loro dalla continuazione, il mobbing si deve dunque esprimere, oltre che nei singoli atti o comportamenti del datore di lavoro individuabili in concreto, nel nesso che li lega strettamente fra di loro: essi, infatti, non pervengono alla soglia del mobbing, pur restando se del caso atti illegittimi o comportamenti ingiusti, se non raggiungono la soglia della continuità e della loro particolare finalizzazione, requisiti che dimostrano la sussistenza di un disegno unitario volto a vessare il lavoratore ed a distruggerne la personalità e la figura professionale (cfr. Cassazione, Sez. lavoro 6.3.2006, n. 4774; TAR Lombardia Milano, Sez. I, 21 luglio 2006, n. 1844; idem, n. 1861/2006).

Sulla base di quanto ora osservato deve concludersi che il mobbing rappresenta un vero e proprio concetto giuridico a contenuto indeterminato, essendo assente ogni indicazione sia da parte del legislatore sia da parte della contrattazione collettiva in ordine ai parametri alla stregua dei quali accertarne o meno la concreta sussistenza e con essa l’illegittimità dei provvedimenti e degli atti ovvero anche l’ingiustizia dei comportamenti tramite i quali si manifesta.

Tale ricognizione si esercita dunque non già alla stregua del mero sindacato esterno di quegli indici formali, ma nella ricerca degli elementi capaci di farne emergere la sussistenza e con essa gli estremi del danno e della sua ingiustizia, avuto particolare riguardo a tutte quelle condotte incidenti sulla reputazione del lavoratore, sui suoi rapporti umani con l'ambiente di lavoro, sul contenuto stesso della prestazione lavorativa.

In detta ricerca non potrà mancare una necessaria linea di demarcazione tra l'esigenza di tutelare i lavoratori che rimangano vittime di iniziative persecutorie e la necessità di evitare l’eccessiva e patologica valutazione di ogni screzio in ambito lavorativo, che non deve comportare una sanzione giuridica per qualsivoglia scorrettezza o per qualunque evento negativo occorso nel luogo di lavoro (cfr. Tribunale Cassino, Sez. lavoro, 18 dicembre 2002, secondo cui il mobbing si differenzia dai normali conflitti interpersonali sorti nell'ambiente lavorativo, i quali non sono caratterizzati da alcuna volontà di emarginare ed espellere il collega o il subordinato dal contesto lavorativo, ma sono legati a fenomeni di antipatia personale o da rivalità o ambizione).

E’ comunque incontroverso nella ricordata giurisprudenza che, per aversi mobbing, si debba accertare una serie di atti volti a soverchiare ovvero anche solo ad accerchiare o ad isolare la vittima, ponendola in una posizione di debolezza sulla base di un intento persecutorio sistematicamente perseguito; fenomeno questo non tipico dell'impiego privato, essendone stata riconosciuta la sussistenza anche con riferimento al lavoro nelle pubbliche Amministrazioni (cfr. Trib. Ravenna, 11 luglio 2002; Trib. Tempio Pausania, 10 luglio 2003).

Concludendo l’analisi sul punto il mobbing presuppone dunque i seguenti elementi:

a) la pluralità dei comportamenti e delle azioni a carattere persecutorio (illecite o anche lecite, se isolatamente considerate), sistematicamente e durevolmente dirette contro il dipendente;

b) l'evento dannoso lesivo della salute psicofisica del dipendente;

c) il nesso di causalità tra la condotta e il danno;

d) la prova dell'elemento soggettivo ossia dell'intento persecutorio unificante i singoli fatti lesivi, che rappresenta elemento costitutivo della fattispecie (cfr., tra le più recenti pronunce: Cass. civ., sez. lav., 19 febbraio 2016, n. 3291; idem,16 marzo 2016, n. 5230; Consiglio di Stato, sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1945; idem, sez. IV, 27 ottobre 2016, n. 4509).

Al fine di accreditare un’ipotesi di mobbing è quindi necessario accertare l’esistenza di una serie di circostanze o elementi quali: il mutamento delle mansioni assegnate, richiami, sanzioni disciplinari e/o trasferimenti, che evidenzino un preciso intento del datore di lavoro diretto a vessare e perseguitare il dipendente con lo scopo di demolirne la personalità e la professionalità, non essendo sufficiente, a tale riguardo, la mera soggettiva percezione da parte dell’interessato, che abbia su tale scorta maturato un convincimento personale circa l’esistenza di una “congiura” ai suoi danni.

8. Ciò posto, l’esame degli atti depositati dal ricorrente non consente, nel caso di specie, di individuare quel complesso di elementi sintomatici, capaci di giustificare il fenomeno di mobbing in difetto di quella imprescindibile pluralità di comportamenti ed azioni a carattere persecutorio in danno dell’istante, nonché del nesso di causalità tra tali ipotetiche condotte e l’evento dannoso prospettato.

Seppure possa senz’altro convenirsi sul fatto che gli episodi denunciati dal ricorrente facciano emergere una difficoltà di relazione con i vertici dell’ateneo, essi non appaiono comunque riconducibili ad un unitario e sistematico atteggiamento vessatorio e preconcetto nei confronti del docente.

Gli elementi di fatto dai quali il ricorrente deduce potersi rilevare gli estremi del mobbing posto in essere ai suoi danni si riconducono sostanzialmente alle seguenti tipologie:

- avvio di primo procedimento disciplinare archiviato per perenzione;

- irrogazione di una sanzione disciplinare della censura;

- mancata autorizzazione all'attivazione di un programma di didattica e di ricerca comune tra il Master diretto dal docente e -OMISSIS-di cui alla richiesta del 12/01/2012, prot. n. 5255 del 19/07/2012;

- asseriti comportamenti vessatori posti in essere nei suoi confronti dal rettorato dell’Università.

8.1. Quanto al primo aspetto, il procedimento disciplinare - come illustrato in fatto – è stato attivato sulla base di una segnalazione che indicava la presenza dell’istante in un “noto programma televisivo-OMISSIS-”, in cui veniva pubblicizzata la Scuola di Specializzazione di area odontoiatrica di un'università privata-OMISSIS-, -OMISSIS-di Tirana, rispetto al quale l’ateneo -OMISSIS-no ha ritenuto di svolgere opportuni (e non sindacabili in questa sede) accertamenti.

In altri termini il suddetto procedimento disciplinare è scaturito dall’esercizio legittimo (quanto meno nella fase iniziale, essendo stato tale procedimento successivamente archiviato dall’organo amministrativo preposto) del potere disciplinare proprio del datore di lavoro a fronte di una segnalazione per la quale lo stesso ateneo aveva comunque cercato di appurare l’esistenza di idonei elementi di riscontro.

Non è possibile, pertanto, considerare tale procedimento parte di un disegno persecutorio ormai realizzato, configurandosi invece alla stregua di un atto dovuto di fronte alla denuncia di un fatto astrattamente idoneo a configurare una condotta irregolare nei riguardi dell'obbligo di fedeltà al datore di lavoro (comunque poi conclusosi in senso favorevole al ricorrente con la sua archiviazione).

8.2. In tale quadro non si ritiene che possa assumere rilievo la censurata eccessiva durata di tale procedimento, perché tale ritardo non è esclusivamente imputabile all'Università, che in base all'art. 3, comma 2 della legge 16 gennaio 2006, n. 18 applicabile ratione temporis prima che le università procedessero all'adeguamento statutario e regolamentare relativo ai nuovi Collegi di Disciplina previsti dall'art. 10 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha esercitato l'azione disciplinare innanzi al Collegio di Disciplina all'epoca istituito presso il CUN (Consiglio Universitario Nazionale — Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca), ha poi dovuto rispondere alla richiesta di supplemento istruttorio proveniente dal predetto organo. La durata di tale procedimento disciplinare non può quindi essere considerata un indice rivelatore della sussistenza di un disegno persecutorio perpetrato ai danni del ricorrente.

Tutto ciò non senza considerare che lo stesso procedimento è stato comunque archiviato per perenzione senza produrre alcuna conseguenza di carattere giuridico-professionale nei confronti del ricorrente. In altri termini proprio l’estrema lunghezza del procedimento ha poi giovato allo stesso ricorrente, perché ne ha determinato la estinzione per perenzione. Come del resto egli stesso aveva avuto modo di rilevare in data 21 marzo 2013, nella nota con la quale evidenziando la scadenza dei termini previsti dalla legge n. 18/2006, aveva sollecitava l'adozione “di un qualsiasi provvedimento” di conclusione del procedimento (cfr. doc. 28 del ricorrente).

8.3. Quanto al secondo procedimento disciplinare, lo stesso è successivo alla presentazione delle dimissioni presentate dal ricorrente, per cui deve escludersi che queste ultime siano state indotte dal nuovo iter sanzionatorio avviato dall’Università.

La sanzione irrogata (censura) costituisce l’unico atto negativo nell’ambito del rapporto professionale intercorso tra l’Università -OMISSIS-, peraltro nemmeno in grado di incidere sulla attività del docente perché avviato in data successiva alle sue dimissioni.

8.4. Quanto al provvedimento con il quale l'Ateneo ha deciso di non instaurare alcun Accordo Bilaterale con -OMISSIS-di Tirana, tale determinazione rientra nell’ambito della valutazioni discrezionali dell'Università, considerato che la decisione di non stipulare tale accordo era stata adeguatamente motivata dalla Giunta del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche in considerazione dell'assenza del “suddetto Ateneo nei sistemi di ranking universitari internazionali più accreditati in area medico-sanitaria” e che “proprio alcuni atenei albanesi privati sono stati di recente coinvolti in vicende assurte agli onori della cronaca per le c.d. “lauree facili” (cfr. verbale dell’11.7.2012 della Giunta del Dipartimento, doc. 7 dell’Università).

9. In conclusione gli elementi sopra indicati non possono essere considerati riconducibili ad un atteggiamento volontario e sistematico dei responsabili dell’Università -OMISSIS-, tale da poter essere considerata quale a condotta vessatoria e/o persecutoria rivolta nei confronti dell'interessato.

In proposito è opportuno osservare che l’attività di insegnamento (peraltro nel campo delle scienze mediche), per le sue peculiarità (che attengono alla perizia ed alla capacità degli operatori) e per i delicati risvolti ad essa connessi (in particolare la vita e lo stato di salute dei pazienti), richiede un rapporto di fiducia e di collaborazione reciproca tra il singolo docente ed il responsabile della struttura, che può essere raggiunto soltanto attraverso la ricerca e la disponibilità continua al dialogo ed al confronto.

Orbene dall’insieme degli atti di causa e dalla vicenda, non emerge nell’ambito del rapporto professionale che l’interessato ha avuto con l’ateneo -OMISSIS-no per oltre 12 anni (dal 2001 al 2014), un palese atteggiamento oppressivo o ostruzionistico nei confronti del ricorrente, considerato, peraltro, che gli episodi sui quali l’istante si è soffermato per dimostrare l’atteggiamento vessatorio, risultano essersi svolti in un periodo piuttosto limitato rispetto alla carriera del docente nel contesto universitario.

10. Alla luce delle considerazioni sopra illustrate, con le quali si è analiticamente ripercorso l’elenco di pretese angherie che il docente reputa di aver subito, appare del tutto assente un disegno organico volto intenzionalmente ad intimidire e/o ad annichilirne progressivamente la personalità, capace di essere qualificato nei termini sopra esposti di un conclamato ed indubitabile mobbing.

In senso contrario non può essere favorevolmente apprezzata la perizia del 28 febbraio 2013 sottoscritta dal Dott. Ege, nella parte in cui lo specialista ritiene sussistenti tutti i parametri di riconoscimento del mobbing.

In proposito occorre premettere che la perizia, al pari di ogni consulenza di parte stragiudiziale, non assolve in modo compiuto all'onere probatorio, essa infatti costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, posto che il contenuto tecnico del documento non vale ad alterarne la natura, che resta quella di mero atto difensivo. Alla perizia e alle consulenze di parte, può quindi riconoscersi solo un valore indiziario al pari di ogni documento proveniente da un terzo, perché non è svolta nel rispetto del necessario contraddittorio e quindi come tale è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, non potendo essere qualificate in senso proprio come mezzi di prova sia pur atipici (cfr., ex plurimis, Cassazione civile sez. II 24 agosto 2017 n. 20347 ; idem, sez. I, 6 agosto 2015, n. 1655; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 20.11.2014, n. 640).

Venendo, quindi, all’esame di tale atto, in relazione alla “frequenza delle azioni ostili”, che dal perito è stata stimata “in alcune volte al mese”, si rileva che tale affermazione si basa sul resoconto riferito dallo stesso ricorrente (cfr. pag. 7 della relazione doc. 43 ricorrente) e non appare in linea con la ricostruzione degli episodi attinenti i procedimenti disciplinari e il diniego di convenzione sopra descritti, tenuto anche conto della durata del rapporto professionale con l’Università.

Circa la durata del conflitto, che secondo il Dott. Ege risalirebbe al gennaio 2012, in occasione del diniego della stipula dell'accordo bilaterale con l'-OMISSIS-, sulla base di “motivazioni poi rivelatesi infondate”, si richiama quanto già osservato per quanto concerne i motivi non sindacabili e non illogici posti a sostegno di tale diniego dall’Università, che riducono la questione ad una mera divergenza di posizioni o conflittuali, considerate possibili e rientrati in un quadro di “normalità” nell’ambiente di lavoro.

Non si rinvengono, sulla base della documentazione in atti, episodi obiettivamente qualificabili come “attacchi umani, isolamento sistematico e attacchi alla reputazione”, in quanto gli episodi riferiti dal perito, pur potendo essere considerati soggettivamente come tali, non raggiungono un livello di intensità e sistematicità o comunque non appaiono teleologicamente indirizzati a danneggiare il ricorrente.

Quanto al dislivello tra antagonisti, la stessa corposa documentazione depositata in atti dal ricorrente e dall’Università, che riguarda note assai numerose contenenti osservazioni, controdeduzioni difensive e atti di diffida, che il ricorrente ha svolto spesso anche tramite qualificati professionisti e legali, inducono ad escludere una incapacità di gestione del conflitto da parte dell’interessato.

Tanto è vero che non solo egli è riuscito ad evidenziare la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di perenzione del primo procedimento disciplinare, ma anche ad ottenere l’adozione di un provvedimento di dimissioni privo della condizione risolutiva inizialmente apposta dall’ateneo.

Quanto all’intento persecutorio, desumibile: dalla carica emotiva e soggettiva, dallo scopo politico (una precisa motivazione della condotta del mobber) e dall'obiettivo conflittuale (le varie azioni perpetrate per giungere allo scopo).

Nel richiamare le precedenti considerazioni si osserva, altresì, che l'avvio del procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente non può essere considerato indice certo ed inequivocabile della intenzione di ostacolare l'ascesa professionale dell’istante, atteso che lo stesso procedimento era stato avviato proprio al fine di accertare l’esistenza di una posizione di conflitto di interesse rispetto all'Università stessa, che avrebbe potuto ledere l’immagine dell’ateneo, ma anche quella dello stesso ricorrente (che era stato oggetto della segnalazione).

Il secondo procedimento disciplinare peraltro è stato avviato soltanto dopo la presentazione delle dimissioni da parte del docente, e si è concluso con la irrogazione (poi censurata da questo Tribunale per le ragioni sopra illustrate) di una “censura”, che costituisce la sanzione minima nell’ambito di quelle irrogabili, e quindi come tale difficilmente lesiva della reputazione e dell'immagine a livello universitario.

Tanto chiarito circa la discontinuità degli episodi indicati e il non certo collegamento tra gli stessi, dalla stessa documentazione medica prodotta in atti non emerge la certezza che il disagio riferito dal in sede di controllo medico, pur astrattamente compatibile con l’ambiente di lavoro descritto, sia stata la conseguenza consapevole di condotte poste in essere con questa precisa finalità.

Altrimenti detto, il disagio lavorativo che il ricorrente ha avvertito nel tempo, non costituisce necessariamente la causa scatenante e determinante della sofferenza patita, quanto piuttosto la percezione e interiorizzazione di eventi e accadimenti non piacevoli, ma dal medesimo elaborati quali tasselli di una generalizzata ostilità nei suoi confronti.

11. In tal senso la relazione rilasciata il 15 gennaio 2013 dal Centro mobbing di -OMISSIS- presso cui il ricorrente ha eseguito una serie di accertamenti, evidenzia, in effetti, che l’azione comportamentale del ricorrente è caratterizzata dalla prevalenza della sfera emotiva ed affettiva, sulla base della storia ricostruita dal medesimo professionista (cfr. pag. 2 della relazione “valutazione psicologica”, doc. 40 del ricorrente), e che “la condizione psicopatologica descritta APPARE eziologicamente riferibile a costrittività organizzative…”, senza esprimersi quindi in termini di certezza in ordine al rapporto tra l’ambiente di lavoro e la situazione di sofferenza riscontrata.

12. Quanto ai documenti depositati il 21 novembre 2017, menzionati nella memoria del 7 dicembre 2017, riguardanti la registrazione audio di un colloquio che sarebbe avvenuto i1 19 novembre 2013 tra il ricorrente, il rettore dell’Università, la Prof.ssa Polimeni e il Prof. Barbieri nei locali del rettorato, non è possibile procedere al loro esame, attesa la contestazione da parte dell’ateneo resistente in ordine all'ammissibilità di tale produzione in relazione alla circostanza che si tratterebbe di registrazione audio occulta sulla base di quanto osservato dalla giurisprudenza (cfr. Corte di Cassazione n. 16629/2016).

Le censure sostenute da tale documentazione (file audio e relativa trascrizione giurata) sono state dedotte dal ricorrente soltanto in occasione del deposito della memoria in questione e non entro il termine decadenziale per il deposito del ricorso, per cui devono essere dichiarate inammissibili.

Peraltro i medesimi documenti (la cui valutazione rientra comunque nel prudente apprezzamento di questo giudice ai sensi dell'art. 2729 cod. civ. e 116 c.p.c.) non evidenziano una palese situazione di conflitto tra coloro che figurano nella conversazione e il ricorrente, né possono essere considerati indice inequivocabile di un atteggiamento persecutorio o discriminatorio nei confronti del medesimo prof. Gallottini.

13. In conclusione anche se possa ragionevolmente ritenersi che l’istante si sia “soggettivamente” ritenuto astretto da una serie di palesi ovvero anche surrettizie aggressioni nel proprio ambiente di lavoro, ogni indizio e comunque ogni dimostrazione al riguardo, nel presente giudizio, sono comunque mancati.

Non può pertanto ravvisarsi un uso distorto o improprio delle misure organizzative da parte del datore di lavoro, né una condotta vessatoria ed ostile di colleghi o superiori gerarchici, e comunque non sussiste la lamentata violazione del cd. obbligo di protezione gravante sul datore di lavoro, nei termini sopra illustrati.

Le considerazioni sopra riportate inducono, quindi, ad escludere che la sequenza di episodi ed atti, come emergenti nella ricostruzione del ricorrente, siano connotati da quell’intento di persistente e strisciante volontà del datore di lavoro di discriminare, emarginare ed estromettere il ricorrente dalla vita lavorativa.

14. Sulla base di tali considerazioni che escludono la esistenza di un atteggiamento mobbizzante, può quindi escludersi anche l’esistenza di un obbligo risarcitorio nei termini illustrati dal ricorrente sotto il profilo del danno patrimoniale, biologico, morale ed esistenziale, nel ricorso introduttivo (cfr. ex multis, TAR Lazio, -OMISSIS-, Sez. I, 26 novembre 2014, n. 11882).

Invero i danni derivanti dal mobbing non si pongono quale conseguenza automatica del comportamento illegittimo rientrante in tale categoria, sicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore che denunzi il danno l'onere di fornirne rigorosamente la prova, in base alla regola generale di cui all'art. 2697 c.c. (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 284).

15. In proposito sull'asserito danno non patrimoniale subito dal ricorrente, egli ha depositato una perizia del Dott. -OMISSIS- (ed un ulteriore aggiornamento della stessa) che avrebbe accertato l'asserito danno biologico, considerato come menomazione dell'integrità psico-fisica del docente.

In proposito ne richiamare quanto già osservato in precedenza sul valore delle perizie di parte, si precisa ulteriormente che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la perizia stragiudiziale, ancorché asseverata, costituisce una mera allegazione difensiva, di modo che “il giudice del merito non è tenuto a motivare il proprio dissenso in ordine alle osservazioni in essa contenute quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni incompatibili con le stesse” (cfr. Cass. civ., 11 febbraio 2002, n. 1902).

16. Ciò detto, quanto alla lunghezza del primo procedimento disciplinare, che avrebbe determinato conseguenze negative sulla salute del ricorrente, non sono stati indicati i motivi per cui la sua eccessiva durata (che comunque – come già osservato – ha giovato invece all’incolpato, determinandone l’estinzione per perenzione) avrebbe comunque comportato danni degni di essere risarciti perché superiori rispetto alla soglia della normale tollerabilità, in cui rientra il disagio o il disappunto non risarcibili (cfr. Cass. civ., SS.UU., n. 26973 dell’11.11.2008).

Né può ritenersi chiarito (sulla base di quanto sopra argomentato) come “le problematiche lavorative sommariamente descritte” dal dott. -OMISSIS- sulla base del racconto declinato dall’interessato possano essere la causa del “disturbo dell'Adattamento con Aspetti Emotivi Misti, di Tipo Cronico” accertato dal medesimo esperto con la perizia dell'11 febbraio 2013 (cfr. pagg. 7, 11 e 12 della perizia, doc. 42 ricorrente).

Analoghe considerazioni possono essere riferite alla certificazione della dott.ssa Gaudiosi al certificato del dott. Russo entrambi depositati il 21.11.2017 dal ricorrente. Tali documenti non possono ritenersi idonei a dimostrare un presunto aggravamento delle condizioni di salute del ricorrente, in quanto non riferiscono in modo chiaro quale sia la causa della sintomatologia indicata, che viene ricondotta a generiche “difficoltà sorte in ambito lavorativo” (cfr. certificato della Dott. Gaudiosi).

17. In relazione al danno c.d. esistenziale, occorre premettere che tale tipo di danno non patrimoniale, parimenti al danno morale, non costituisce una categoria autonoma di danno e ha una valenza meramente nominalistica; il danno non patrimoniale costituisce una categoria ampia ed onnicomprensiva, all'interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sotto categorie (cfr. Cass., S.U., 22 luglio 2015, n. 15350).

In ogni caso non è possibile rinvenire elementi certi e obiettivi di un effettivo immiserimento professionale, considerato peraltro che lo stesso ricorrente asserisce di continuare ad esercitare la propria attività libero-professionale in due studi ubicati in -OMISSIS-, di organizzare “annualmente corsi di formazione ("One-to-One Dental Training") mediante la Società Dental T.A.S.C. S.r.l., dai quali ha sempre ottenuto una buona soddisfazione economica e professionale” (cfr. pag. 44 del ricorso).

Il danno indicato è prospettato, inoltre, come futuro in quanto asserisce che “E' chiaro che tutto ciò, a seguito della dimissioni, subirà un decremento e che, quindi, anche tutto ciò rappresenta una indubbia perdita patrimoniale da considerare come imputabile al danno subito”, senza però che allo stato sia stata documentata una flessione dei proventi di tali attività, e che essa sia riconducibile alla vicenda in esame.

Per questi motivi la domanda va in definitiva respinta.

In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso introduttivo deve essere accolto con conseguente annullamento del Decreto Rettorale -OMISSIS-; i motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili per difetto di interesse e la domanda di risarcimento del danno deve essere respinta in quanto infondata.

Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dispone quanto segue:

- accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il Decreto Rettorale -OMISSIS-;

- dichiara inammissibili per difetto di interesse i motivi aggiunti depositati il -OMISSIS-;

- respinge la richiesta di risarcimento del danno;

- condanna la Università degli Studi di -OMISSIS- “-OMISSIS-”, al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente, che liquida nella misura complessiva di € 3.000,00 (tremila/00) oltre IVA, CPA e oneri dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in -OMISSIS- nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Gabriella De Michele, Presidente

Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore

Achille Sinatra, Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vincenzo Blanda Gabriella De Michele
IL SEGRETARIO

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