TAR marzo 2018:
diritto del ricorrente al risarcimento, a titolo di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale, ai sensi effetti del combinato
disposto degli artt. 2087, 1218, 2043, 2049 cod. civ
Pubblicato il
02/03/2018
N. 02351/2018
REG.PROV.COLL.
N. 12364/2013
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 12364 del 2013, integrato da motivi aggiunti,
proposto da:
-OMISSIS-,
rappresentato e difeso dagli avvocati Daniela Cantisani e Alessandro
Iandelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco
Cappellini in -OMISSIS-, via Salaria, 320;
contro
Università degli
Studi di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall'avvocato Tommaso Di Nitto, con domicilio
eletto presso il suo studio in -OMISSIS-, via Antonio Gramsci, 24;
Ministero
dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliato
in -OMISSIS-, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- del Decreto
Rettorale -OMISSIS-con cui si irroga al ricorrente la sanzione
disciplinare della censura ex artt. 87 punto 1) e 88 del T.U.
31/08/1933 n. 1592 e successive integrazioni e modificazioni,
notificata a mezzo raccomandata A/R inviata il -OMISSIS-e ricevuta in
data -OMISSIS-presso il domicilio eletto in sede di procedimento in
-OMISSIS-;
- di ogni atto
presupposto, connesso o conseguente, ivi compreso ogni ulteriore
atto, anche di natura procedimentale, ancorché non conosciuto,
comunque attinente al procedimento disciplinare per cui è causa;
e per l'accertamento
del diritto del
ricorrente al risarcimento, a titolo di responsabilità contrattuale
ed extracontrattuale, ai sensi effetti del combinato disposto degli
artt. 2087, 1218, 2043, 2049 cod. civ., dei danni dallo stesso subiti
ad opera dell'Università degli Studi "-OMISSIS-" e del
Ministero convenuto, con conseguente condanna del medesimo ateneo e
del Ministero, ciascuno in ragione della propria responsabilità e
competenza, al pagamento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti
e subendi ex art. 35 D. Lgs. n. 80/1998 così come modificato
dall'art. 7 della L. n. 205/2000.
E sui motivi
aggiunti depositati il -OMISSIS-
per l’annullamento
del
Decreto Rettorale n.
-OMISSIS-, compiegato alla nota del Rettorato prot. n.
-OMISSIS-spedita con raccomandata n. -OMISSIS-e ricevuta il
-OMISSIS-, col quale si accettano le dimissioni rassegnate dal Prof.
-OMISSIS-con istanza del -OMISSIS-), nella parte il cui subordina il
collocamento a riposo del docente "al consenso del Prof.
-OMISSIS- al provvedimento con motivazioni non riferibili ad eventi
pretestuosi adotti dal Prof. -OMISSIS-, non accettabili da questa
Università";
e per l'accertamento
del diritto del
ricorrente al risarcimento, a titolo di responsabilità contrattuale
ed extracontrattuale, ai sensi e per gli effetti del combinato
disposto degli artt. 2087, 1218, 2043, 2049 cod. civ., dei danni
dallo stesso subiti ad opera dell'Università degli Studi "-OMISSIS-"
e del Ministero convenuto, con conseguente condanna del medesimo
Ateneo e Ministero, ciascuno in ragione della propria responsabilità
e competenza, al pagamento di tutti i danni, patrimoniali e non,
subiti e subendi ex art. 35 D. Lgs. n. 80/1998 così come modificato
dall'art. 7 della L. n. 205/2000.
Visti il ricorso, i
motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di
costituzione in giudizio di Università degli Studi di -OMISSIS- e
del Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2018 il dott. Vincenzo
Blanda e uditi per la parte ricorrente gli Avv.ti D. Cantisani e A.
Iandelli, per l'Università degli Studi di -OMISSIS- l'Avv. T. Di
Nitto e per l'Amministrazione resistente l'Avvocato dello Stato
Orsola Biagini.
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Prof. -OMISSIS-è
stato professore di ruolo di seconda fascia confermato settore
scientifico-disciplinare MED/28 (Malattie Odontostomatologiche)
afferente al Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e
Maxillo-Facciali, a tempo definito presso l'Università degli Studi
di -OMISSIS- "-OMISSIS-".
Il
-OMISSIS-l'Università ha ricevuto una lettera indirizzata al
Rettore, al Direttore del Dipartimento di Scienze
Odontostomatologiche e Maxillo Facciali e al Presidente del Corso di
Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria, in cui alcuni
soggetti, qualificatisi come “Studenti di Odontoiatria e Igiene
Dentale dell'Università -OMISSIS-”, denunciavano la presenza di
“due docenti della Nostra Università” in un “noto programma
televisivo-OMISSIS-”, in cui veniva pubblicizzata la Scuola di
Specializzazione di area odontoiatrica di un'università -OMISSIS-),
ravvisando in tale partecipazione un comportamento atto a “svilire
il ruolo della nostra Università e del nostro corpo docenti”.
Quindi con nota
prot. -OMISSIS-, il Rettore dell’Università “-OMISSIS-”, ha
inviato al ricorrente una contestazione di addebito disciplinare in
ordine al contenuto della predetta missiva, invitandolo a fornire
chiarimenti scritti prima dell'inoltro degli atti al Collegio di
disciplina istituito presso il C.U.N. - Consiglio Universitario
Nazionale.
Il ricorrente ha
presentato i chiarimenti richiesti con nota ricevuta dall'Università
il -OMISSIS-.
L’istante, in
particolare, ha rappresentato di aver proposto ai competenti uffici
dell'Università la richiesta di stipulare un Accordo Bilaterale
Interuniversitario (A.B.I.) tra l'Ateneo e -OMISSIS-e che, pertanto,
l'Università era “a conoscenza che tra il sottoscritto e la
-OMISSIS-erano in atto contatti alfine di una futura ed eventuale
convenzione”.
Il ricorrente ha,
poi, contestato il fatto addebitatogli con la nota del -OMISSIS-,
osservando, per un verso, che “le verifiche d'ufficio, citate nella
lettera in oggetto indicata, in realtà facevano riferimento a stampa
di materiale proveniente da sito Internet, privo di qualsivoglia
riscontro di veridicità e provenienza”, nonché ad un “opuscolo
contenente il mio nome ma in nessun modo comprovante alcunché di
quanto contestato”; per altro verso, di non aver: “MAI [...]
rivestito la carica di Direttore delle Scuole di Specializzazione,
MAI [...] sottoscritto alcun contratto di docenza, MAI [...] svolto
alcuna attività didattica e MAI [...] ricevuto alcun compenso per le
attività predette presso -OMISSIS-o altre Università di pari rango,
né mai [...] ricoperto al loro interno cariche confliggenti con il
mio attuale status di professore Universitario di ruolo in regime a
tempo definito della università degli studi di -OMISSIS-
“-OMISSIS-”.
Il deducente ha
allegato, inoltre, due lettere della -OMISSIS-, dalle quali
emergerebbe che egli non avrebbe ricoperto alcuna posizione
accademica presso il predetto Ateneo, sussistendo, invero, un
rapporto esclusivamente riconducibile ad un'attività di
“consultant”, e che l'indicazione del suo nome sulla pagina
internet delle Scuole di Specializzazione di Area Odontoiatrica della
-OMISSIS-quale “Direttore di corso” sarebbe stato il frutto di un
errore.
Il Rettore, con nota
del -OMISSIS-ha inteso proseguire il procedimento disciplinare. In
data -OMISSIS-, quindi, perveniva all’istante la convocazione da
parte del segretario del Collegio di Disciplina del CUN, per il 10
ottobre stesso anno. Con memoria difensiva del -OMISSIS-rivolta al
Collegio di Disciplina, l’interessato ha esposto i fatti e le
circostanze di cui all'addebito, rilevando l'illegittimità del
procedimento avviato dal Rettore.
All'adunanza del
-OMISSIS-, il Collegio di disciplina ha deliberato la restituzione
degli atti all'Università al fine di approfondire l'istruttoria;
Con lettera del
-OMISSIS-al medesimo Collegio, il Rettore ha evidenziato ulteriori
elementi a sostegno dell’addebito disciplinare, ai quali il
ricorrente ha replicato con nota del -OMISSIS-.
In data -OMISSIS-il
Rettore ha inviato al Collegio di Disciplina due note in data
-OMISSIS-alle quali seguiva altra lettera del ricorrente indirizzata
al Collegio di Disciplina, in cui si allegava una nota riguardante i
rapporti tra l'Università-OMISSIS- e il deducente, si affermava che
“-OMISSIS-” non aveva mai contattato l'Università-OMISSIS- al
fine di verificare la posizione ed il ruolo rivestiti dal docente.
A seguito di
richiesta di accesso agli atti il ricorrente ha rilevato che la
documentazione inerente la propria posizione era stata nuovamente
rinviata al Collegio di Disciplina del CUN, come da nota del Rettore
del -OMISSIS-, dopo il parziale rinnovo di questo organo collegiale.
In data -OMISSIS-, a
seguito di ulteriore accesso agli atti, il ricorrente apprendeva che
il predetto Collegio aveva trasmesso gli atti del procedimento
disciplinare alla Direzione Generale per l'Università, lo Studente e
il Diritto allo Studio Universitario (-OMISSIS-) “non essendo più
la materia disciplinare di competenza del Collegio di Disciplina”.
Con nota rettorale
prot. n. -OMISSIS-, il procedimento disciplinare veniva dichiarato
“perento per decorrenza dei termini”.
Quindi, con nota del
-OMISSIS-, ricevuta dall’Università -OMISSIS-) l’istante, ai
sensi dell'art. 13, co. 1, della Legge 18/03/1958 n. 311 e dell'art.
124 del d.P.R. 10/01/1957 n. 3, con riserva di adire le vie
giudiziali a tutela della propria persona e dei propri diritti,
rassegnava le dimissioni dal servizio.
In data
-OMISSIS-l’interessato riceveva la nota rettorale prot. n
-OMISSIS-, nella quale al medesimo veniva formalmente chiesto di
fornire, di nuovo, “adeguate spiegazioni” in merito ad una
presunta collaborazione, non autorizzata, con -OMISSIS-in violazione
di quanto disposto dall'art 6, co. 12, della L. n. 240/2010 e
dall'art. 2, co. 3, del D.R. n 2341/2013.
Con nota inviata via
PEC il -OMISSIS-, il deducente inviava le proprie giustificazioni al
riguardo.
Con provvedimento
del -OMISSIS-trasmesso a mezzo racc. A/R del -OMISSIS-ricevuta il
-OMISSIS-presso il domicilio eletto in -OMISSIS-, il Rettore
dell'Università degli Studi “-OMISSIS-” di -OMISSIS- ha
comminato all’istante la sanzione disciplinare della “censura”
ex articoli 87 punto 1) ed 88 del T.U. 31/08/1933, n.1592.
Con nota del
-OMISSIS-, il Direttore dell'Area Risorse Umane de “-OMISSIS-” ha
accettato le dimissioni del Prof. -OMISSIS-con decorrenza da “data
da destinarsi”.
Il Policlinico
Universitario -OMISSIS-ha espresso parere favorevole alle dimissioni
con decorrenza -OMISSIS-.
Il ricorrente
rappresenta di essersi rivolto anche ad un c.d. Centro anti-mobbing
della AUSL -OMISSIS- D, presso il quale avrebbe svolto una serie di
colloqui e specifici test psico-diagnostici;
- di essersi
sottoposto a visita medico legale presso lo studio del Prof.
-OMISSIS-, docente di Psicopatologia Forense all'Università
di-OMISSIS-, che in data 11/02/2013 ha redatto perizia medico-legale,
nella quale conclude che “il Prof. -OMISSIS- presenta, quale
conseguenza delle problematiche lavorative descritte (...), un
Disturbo dell'Adattamento con Aspetti emotivi Misti, di Tipo Cronico,
configurando il riconoscimento di un danno biologico (di natura
psichica) che inattualità può essere quantificato nella misura del
10%”;
- di essersi
sottoposto ad altra visita specialistica presso lo studio del Dr.
-OMISSIS-, psicologo del Lavoro e CTU presso il Tribunale
di-OMISSIS-, che ha redatto perizia in cui si affermerebbe che la
vicenda occorsa al ricorrente sarebbe riconducibile a “mobbing”,
quantificando il danno sofferto dal ricorrente in complessivi €
30.607,52, oltre un danno di tipo esistenziale “rilevante”, la
cui quantificazione è rimessa alla valutazione equitativa di questo
Giudice.
Avverso gli atti in
epigrafe ha quindi proposto ricorso l’interessato deducendo i
seguenti motivi:
1) impugnazione del
decreto rettorale -OMISSIS-per: a) violazione e falsa applicazione
degli artt. 10, co. 2 e 6, co. 9, della l. n. 240/2010. Violazione e
falsa applicazione dell'art. 2 dello statuto dell'università
"-OMISSIS-". b) violazione e falsa applicazione degli artt.
87 punto 1) ed 88 del t.u. 31/08/1933 n. 1592 e ss.mm.ii. c)
violazione dei principi generali in materia di buon andamento della
pubblica amministrazione. d) eccesso di potere per travisamento dei
fatti, per carenza di istruttoria e per difetto di motivazione
sprovvista di logicità e di coerenza; e) nonché per sviamento di
potere, nel perseguire finalità diverse da quelle proprie dell'atto
adottato.
Il un nuovo
procedimento disciplinare dopo l’archiviazione del precedente per
perenzione, dovrebbe essere considerato tardivo e illegittimo.
Al -OMISSIS-- data
della contestazione di addebito culminata nella sanzione impugnata –
quanto appariva sul sito del ricorrente sull'icona “il corso
One-To-One in Endodonzia” e poi sull'icona “Scuole di
Specializzazione”, sarebbe già stato acquisito dal Rettore prima
del dicembre 2012, per cui non avrebbe potuto costituire un “fatto
nuovo”. Pertanto sarebbero decorsi i termini di cui all'art. 10,
comma 2, della L. n. 240/10.
Il ricorrente non
farebbe parte dei “distinguished professors” citati sul sito
della -OMISSIS-, che invece si riferirebbe ad altro docente
universitario a contratto italiano.
Né sussisterebbe la
segnalazione pervenuta dal Presidente della Commissione Albo
Odontoiatri della FNOMCeO, che consisterebbe, invece, risposta ad un
quesito del 22/10/2012, indicata a sostegno del provvedimento
disciplinare.
In base all'art. 2
dello Statuto de “-OMISSIS-” e all'art. 1, co. 3, del Codice
Etico dell'Ateneo il ricorrente avrebbe comunque potuto gestire un
proprio sito internet riguardante la attività medica svolta extra
moenia.
Il link di rimando
ad altri siti internet (contenuto nel sito -OMISSIS-, che rinvierebbe
dal “Master in Endodonzia” alla pagina
http://w3.uni-OMISSIS-l.it/endodonzia/) non costituirebbe indebita
utilizzazione della denominazione, del logo e dei simboli
istituzionali de "-OMISSIS-", atteso che l’istante
sarebbe -OMISSIS-.
Il ricorrente non
avrebbe svolto presso la -OMISSIS-alcuna attività incompatibile con
lo status di docente universitario ricoperto presso l'Università
“-OMISSIS-”, né avrebbe avuto situazioni di conflitto di
interesse rispetto all'ateneo di appartenenza, in violazione
dell'art. 12, co. 9, della L. n. 240/2010, essendo in regime di
impegno a tempo definito.
L'art. 6, co. 12,
della L. 240/2010 in relazione ai docenti a tempo definito
stabilirebbe che gli obblighi dovrebbero essere adeguati al tipo
d'attività libero professionale svolta, al fine di evitare un
evidente conflitto di interessi con le esigenze didattiche e di
ricerca dell'Ateneo datore di lavoro.
Il richiamo nel
provvedimento impugnato al D.R. n. 2341/2013 “Regolamento per il
rilascio delle autorizzazioni allo svolgimento di incarichi
extra-istituzionali dei professori e ricercatori universitari”
dell'Ateneo, emanato il 02/07/2013 sarebbe inconferente, in quanto
l'art. 2, co. 3, sarebbe inapplicabile in via retroattiva, attesa la
natura sanzionatoria della norma, a comportamenti posti in essere
prima della sua entrata in vigore.
L’interessato
avrebbe voluto intraprendere una collaborazione con la -OMISSIS-nel
2011, mediante una convenzione con l'Università "-OMISSIS-"
di -OMISSIS-.
Per tale ragione in
data -OMISSIS-) aveva presentato alla Segreteria Amministrativa del
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali una
richiesta di stipula di Accordo Bilaterale Interuniversitari,
nell'ambito delle attività internazionali ai sensi dell'art. 1 del
Regolamento di cui al D.R. n. 167/2009, tra la -OMISSIS-e
l'Università "-OMISSIS-". Tale domanda, non sarebbe stata
accolta sia dalla Giunta del Dipartimento di Scienze
Odontostomatologiche, sia dal Consiglio di Dipartimento.
La censura applicata
al ricorrente rappresenterebbe un atto di rivalsa del Rettore, dopo
la perenzione del primo procedimento disciplinare. L’istante,
quindi, avrebbe subito una forma di accanimento e persecuzione
illegittima;
2) sul diritto del
ricorrente al risarcimento ex art. 35 d. lgs. n. 80/1998 così come
modificato dall'art. 7 della l. n. 205/2000, a titolo di
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, ai sensi e per gli
effetti del combinato disposto degli artt. 2087, 1218, 2043, 2049
c.c, dei danni dallo stesso subiti ad opera dell'università degli
studi “-OMISSIS-” e del Ministero convenuto, con conseguente
condanna del medesimo ateneo e ministero, ciascuno in ragione della
propria responsabilità e competenza, al pagamento di tutti i danni,
patrimoniali e non, subiti e subendi. Eccesso di potere sotto il
profilo dello sviamento e della prevaricazione.
Dopo aver richiamato
la sequenza degli atti del procedimento disciplinare si evidenzia che
il provvedimento prot. n. -OMISSIS- di archiviazione del primo
procedimento sarebbe stato adottato tardivamente, 63 gg. dopo lo
spirare dei termini perentori stabiliti dal citato art. 10, co. 5,
della L. n. 204/10.
Tale vicenda avrebbe
minato lo stato di salute del ricorrente che avrebbe manifestato
l'insorgere di patologie psicofisiche con diagnosi di disturbo
dell'adattamento e ansia, che lo avrebbero costretto a ricorrere
anche ad apposita terapia farmacologica e psicoterapica.
Tale situazione
avrebbe reso intollerabile la prosecuzione del rapporto di lavoro in
essere con l'Università degli Studi di -OMISSIS-, tanto da indurre
l’istante a dimettersi ai sensi dell'art. 13, co. 1, della legge
18/03/1958 n. 311 e dell'art. 124 del D.P.R. 10/01/1957 n. 3, con
ogni riserva di adire le vie giudiziali a tutela della propria
persona e dei propri diritti.
L'Amministrazione
convenuta, quindi, avrebbe agito realizzando una persecuzione
(“mobbing”) in danno del ricorrente, con conseguente nocumento
delle condizioni psicofisiche e delle sue prospettive lavorative.
La pretestuosità
del primo procedimento disciplinare avviato sarebbe dimostrata dalla
sua estinzione per perenzione.
Il secondo
procedimento costituirebbe una riedizione - non consentita - delle
accuse mosse col primo.
Il Ministero
convenuto non sarebbe intervenuto per tutelare la posizione del
ricorrente, quanto meno per mediare fra la posizione del Docente e
quella del Rettore. Tale inerzia evidenzierebbe la responsabilità
contrattuale del MIUR, che, in violazione dell'art. 2087 c.c, avrebbe
omesso di salvaguardare la professionalità, il ruolo, la dignità
personale, la salute del proprio dipendente, consentendo al Rettore
del “-OMISSIS-” di continuare nell'illecita condotta persecutoria
nei confronti del Docente. Per cui il Ministero dovrebbe essere
considerato responsabile al pari dell'Ateneo -OMISSIS-no -
contrattualmente ai sensi degli artt. 1218 e 2087 c.c. ed
extracontrattualmente ai sensi degli artt. 2043 e 2049 c.c., per
fatto commissivo di un proprio dipendente e diretta per fatto
omissivo proprio.
Il ricorrente
avrebbe diritto al risarcimento integrale del danno non patrimoniale
sofferto da valutarsi in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c.,
sulla base alla perizia di parte del Prof. -OMISSIS-.
Il Giudice dovrebbe
quindi ritenere, sulla base della mera presunzione fondata sulla
tipicità di determinati fatti a provocare una lesione al ricorrente,
in base alla regola di esperienza di tipo statistico e avendo
riguardo ad una “apparenza” basata sul tipico decorso degli
avvenimenti. Oltre al danno biologico, afferente alla menomazione
medicalmente accertabile della salute derivante dal “disturbo
dell'adattamento con aspetti emotivi misti, di tipo cronico” e che
configura un danno biologico (di natura psichica) permanente
quantificabile nella misura del 10%, il ricorrente avrebbe diritto al
risarcimento della sofferenza soggettiva cagionata (c.d. danno
morale) e del danno esistenziale, sulla base della perizia del
-OMISSIS-.
A tale fine dovrebbe
tenersi conto della: Età del danneggiato (47 anni), della
percentuale di invalidità permanente (pari al 10%) e del punto base
del danno non patrimoniale (€ 2.744,81), in modo da quantificare un
danno biologico permanente risarcibile di almeno € 21.135,00, il
cui aumento personalizzato (max. 49%) può giungere fino a €
31.491,00.
Ai fini della c.d.
“personalizzazione” del suddetto danno si dovrebbe tener conto
delle condizioni personali e soggettive del ricorrente e della
gravità della lesione In base a tali elementi il danno potrebbe
essere quantificato in € 31.491,00.
Oltre ad un danno
non patrimoniale il ricorrente avrebbe titolo al risarcimento del
danno patrimoniale. Sotto il profilo del lucro cessante, il danno
sarebbe pari alla retribuzione annua percepita dall’istante quale
docente di ruolo presso l'Università “-OMISSIS-” e quale
dirigente medico di primo livello presso il Policinico “-OMISSIS-”,
che, considerata l'età anagrafica all'atto della cessazione del
rapporto di lavoro (47 anni), l'anzianità lavorativa (12 anni), il
limite dell'età pensionabile riconosciuta ai Professori Universitari
(70 anni), gli anni mancanti (23 anni) alla soglia pensionistica,
nonché la retribuzione annua percepita di euro 52.171,47, sarebbe
pari a € 1.196.000,00.
Occorrerebbe
considerare anche il danno alla immagine professionale del ricorrente
che è stato, dal 2002 al 2013, Direttore del Master Universitario di
2° Livello in Endodonzia presso -OMISSIS- Università di -OMISSIS- e
tuttora, titolare di due studi professionali in -OMISSIS- (all'EUR
Torrino e a Casal Palocco), organizza corsi di formazione
(“One-to-One Dental Training”) attraverso la Società Dental
T.A.S.C. S.r.l., dai quali avrebbe sempre ottenuto una buona
soddisfazione economica e professionale, conseguente decremento e
perdita patrimoniale.
Premesso quanto
sopra, in data 28/01/2014 il ricorrente ha ricevuto raccomandata A/R
n. 14371423126-9, contenente la nota prot. 2875 del 17/01/2014, con
la quale il Rettore lo informava che “con D.R. n. 4454 - prot. n.
0076026 del 30/12/2013 – trasmesso alla S.V. con nota del
07/01/2014 prot. 0000425 - sono state accettate, a decorrere dal
15/01/2014 e subordinatamente al consenso della S.V. medesima al
provvedimento, le dimissioni rassegnate il -OMISSIS- prot univ. n.
0041408 del 06/09/2013. Considerato che alla data odierna non è
pervenuto alcun riscontro, si invita la S.V. a voler urgentemente
riscontrare la nota sopra citata”.
Pertanto, con
messaggio di P.E.C. del 28/01/2014, il ricorrente prestava “il
consenso al provvedimento con il quale sono state accettate a
decorrere dal 15/01/2014 le dimissioni rassegnate il -OMISSIS- prot.
univ. 0041408 del 06/09/2013” e chiedeva che gli fossero comunicati
gli adempimenti del caso.
In data -OMISSIS-,
il ricorrente riceveva la raccomandata n. 14371417082-4, contenente
la nota del Rettorato prot. n. -OMISSIS-con compiegato il Decreto
Rettorale n. -OMISSIS- con il quale si accettavano le sue dimissioni
del -OMISSIS-), precisando che: "a) Il Prof -OMISSIS-, nato a
-OMISSIS- il 04/07/1966, professore associato in servizio presso il
Dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali della
Facoltà di Medicina e Odontoiatria di questa Università, SSD MED/28
(Settore concorsuale - 06/F1 - Malattie odontostomatologiche), sarà
collocato a riposo per volontarie dimissioni a decorrere dal
15.01.2014; b) Il suddetto collocamento a riposo è subordinato al
consenso del Prof. -OMISSIS- al provvedimento con motivazioni non
riferibili ad eventi pretestuosi adotti dal Prof. -OMISSIS-, non
accettabili da questa Università";
Con diffida del
30/01/2014 a mezzo P.E.C. il ricorrente invitava:
- l'Università di
-OMISSIS- “-OMISSIS-”, in persona del rettore in carica, in base
agli artt. 124 del d.P.R. n. 3/1957, 13, comma 1, della Legge
18/03/1958 n. 311, e 24 della Cost., a non considerare pienamente
efficace ed effettivo il collocamento a riposo per volontarie
dimissioni dal 15/01/2014;
- il Rettore
dell'Università degli Studi di -OMISSIS- “-OMISSIS-” a revocare
in autotutela il Decreto Rettorale n. -OMISSIS- nella parte in cui
subordinava il collocamento a riposo del docente alla sua rinuncia
alle motivazioni poste alla base delle proprie dimissioni, indicate
nella istanza del -OMISSIS-:
In data 17/02/2014
l’istante riceveva a mezzo raccomandata A/R la nota del Capo del
Settore Stato giuridico ed economico Personale Docente prot. n. 7201
del 05/02/2014 con compiegato il nuovo Decreto Rettorale n. 272/2014
prot. n. 006579 del 03/02/2014, con il quale in relazione alla "PEC
del Prof. -OMISSIS- del 28/01/2014, con la quale il medesimo, con
riferimento alla nota del 17/01/2014, esprime il consenso al
provvedimento n. 4454 del 30/12/2013”, si evidenziava che “il
provvedimento di cessazione era subordinato al consenso che è stato
espresso solo in data successiva al 15/01/2014 e che pertanto la
decorrenza delle dimissioni non può essere antecedente alla data
discioglimento della riserva di cui al D.R. 4425 del 30/12/2013”,
decretando che “il Prof -OMISSIS- (...) è collocato a riposo per
volontarie dimissioni a decorrere dal 28/01/2014”.
In data 19/02/2014
il ricorrente ha inviato una richiesta di interpretazione autentica
del Decreto Rettorale n. 272/2014 del 03/02/2014 prot. n. 006579.
L’Università non
ha risposto, per cui il ricorrente con motivi aggiunti depositati il
-OMISSIS- ha impugnato gli atti in epigrafe deducendo i seguenti
motivi:
1) impugnazione del
decreto rettorale n. -OMISSIS- ricevuto il -OMISSIS-, nella parte il
cui subordina il collocamento a riposo del docente al suo “consenso
al provvedimento con motivazioni non riferibili ad eventi pretestuosi
adotti (…), non accettabili da questa università” per: a)
violazione e falsa applicazione dell'art. 124 (dimissioni) del d.p.r.
n. 3/1957 (testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto
degli impiegati civili dello stato); b) violazione e falsa
applicazione dell'art. 13, co. 1, della legge 18/03/1958 n. 311; c)
violazione dei principio costituzionale del diritto di agire e
difendersi in giudizio sancito dall'art. 24 Cost.-; d) eccesso di
potere per travisamento dei fatti, per carenza di istruttoria e per
difetto di motivazione sprovvista di logicità e di coerenza, e)
nonché per sviamento di potere.
L’ateneo non
avrebbe risposto alla richiesta del 19/02/2014 di interpretazione
autentica del Decreto Rettorale n. 272/2014 del 03/02/2014 prot. n.
006579 in cui si chiedeva: "atteso che nel D.R. n. 272/2014 non
si fa menzione alcuna della diffida inviata a mezzo P.E.C. dai
sottoscritti legali 1130/01/2014, con la quale, tra l'altro, si
intimava al Rettore “di provvedere in autotutela entro e non oltre
giorni 15 dal ricevimento della presente, a revocare il Decreto
Rettorale n. 4454 prot. n. 0076026 del 30/12/2913 e ad emettere in
sua sostituzione ogni più opportuno provvedimento che contenga
l'accettazione incondizionata delle dimissioni presentate dal
docente', si chiede se il D.R. n. 272/2014 debba essere considerato,
in esecuzione della diffida ora citata e nel termine ivi assegnato,
integralmente e sostanzialmente sostituivo e novativo del precedente
D.R. n. 4454/2014”.
Il D.R. n. 272 prot.
n. 0006579 non costituirebbe esercizio di autotutela a seguito della
diffida citata, per cui il D.R. n. -OMISSIS- non sarebbe stato
revocato nella parte in cui subordina il collocamento a riposo del
ricorrente alla sua rinuncia alle motivazioni indicate nelle proprie
dimissioni del -OMISSIS-) e poi rappresentate in sede giurisdizionale
(con il ricorso introduttivo R.G. n. 12364/2013).
Il Decreto Rettorale
n. -OMISSIS- nella parte in cui sub b) dispone “Il suddetto
collocamento a riposo è subordinato al consenso del Prof. -OMISSIS-
al provvedimento con motivazioni non riferibili ad eventi pretestuosi
adotti dal Prof. -OMISSIS-, non accettabili da questa Università”
sarebbe quindi del tutto irrituale.
Ai sensi dell'art.
13, comma 1, della Legge 18/03/1958 n. 311, la accettazione delle
dimissioni “può essere ritardata ma non rifiutata per motivi di
servizio”.
Inoltre, attesa la
pendenza del ricorso in esame notificato il 5/12/2013 che verte sui
fatti dai quali sono scaturite le dimissioni del docente, l’ateneo
non avrebbe potuto condizionare l'esercizio di tale diritto;
2) Sul diritto del
ricorrente al risarcimento ex art. 35 d.lgs. n. 80/1998 a titolo di
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale ai sensi e per gli
effetti del combinato disposto degli artt. 2087, 1218. 2043, 2049
c.c. dei danni dallo stesso subiti ad opera dell'università degli
studi -OMISSIS- e del ministero convenuto, con conseguente condanna
del medesimo ateneo e ministero, ciascuno in ragione della propria
responsabilità e competenza, al pagamento di tutti i danni
patrimoniali e non, subiti e subendi. Eccesso di potere sotto il
profilo dello sviamento e della prevaricazione.
Gli atti sopra
indicati confermerebbero la vessatorietà della condotta dell’ateneo
resistente.
Università
“-OMISSIS-” di -OMISSIS- si è costituita in giudizio per
resistere al ricorso, depositando articolate memorie con le quali
eccepisce la sua infondatezza nel merito.
All’udienza del
10.1.2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. In via
preliminare occorre disattendere l’eccezione di inammissibilità
del primo motivo del ricorso introduttivo sollevata dall’Università
-OMISSIS-, fondata sul presupposto che il ricorrente è stato
collocato a riposo per volontarie dimissioni a decorrere dal 28
gennaio 2014.
L’istante,
infatti, pur non appartenendo ai ruoli dei docenti del predetto
ateneo, conserva comunque un interesse alla prosecuzione del
giudizio, in quanto l'annullamento del provvedimento disciplinare
potrebbe quanto meno soddisfare una utilità di carattere morale, non
senza considerare che lo stesso docente ha anche chiesto il
risarcimento dei danni che sarebbero derivati dalla sanzione
disciplinare contestata.
2. Venendo all’esame
del merito, con il motivo in esame l’interessato sostiene – in
via principale – che la condotta sanzionata fosse comunque già
nota all’Università alla data in cui era stato avviato il primo
procedimento disciplinare, poi dichiarato perento per decorrenza del
termine di conclusione.
La censura coglie
nel segno.
3. Nel corso del
primo procedimento con la nota -OMISSIS- n. 0036119 l’Università
ha contestato al ricorrente che a seguito di “una segnalazione
pervenuta a questa Amministrazione e di conseguenti verifiche
d'ufficio, si è appresa la notizia che la S.V… rivestirebbe la
carica di Direttore delle Scuole di Specializzazione presso la
-OMISSIS-contestualmente allo status di docente in servizio attivo.
Tale circostanza,
ove non diversamente acclarata, integra gli estremi
dell'incompatibilità assoluta con lo status di docente presso questa
Università, violando il dovere di esclusività nello svolgimento di
funzioni che appare del tutto confliggente con le attività
istituzionali svolte presso -OMISSIS-”.
Sulla base di quanto
sopra l'Università ha contestato al ricorrente “una condotta
sanzionabile per mancanza ai doveri di ufficio e grave irregolarità
di condotta, ex art. 87 e seguenti del TU 31.8.1933 n. 1952, con
evidenti effetti pregiudizievoli sull'immagine dell'istituzione
universitaria e in particolare del-OMISSIS-”.
Tale procedimento si
è concluso con la nota rettorale prot. n. -OMISSIS-, con la quale il
procedimento disciplinare è stato dichiarato “perento per
decorrenza dei termini”.
In seguito, l’ateneo
resistente ha avviato un nuovo procedimento disciplinare, notificando
al ricorrente, in data 20/09/2013, la nota rettorale prot. n.
-OMISSIS-, con la quale si chiedeva di fornire “adeguate
spiegazioni” in merito ad una presunta collaborazione, non
autorizzata, con -OMISSIS-in violazione di quanto disposto dall'art
6, co. 12, della L. n. 240/2010 e dall'art. 2, co. 3, del D.R. n
2341/2013.
A tale nota è
seguito il provvedimento 03/10/2013 prot. n 0056732 con il quale è
stata irrogata la sanzione disciplinare della “censura” ai sensi
degli artt. 87, punto 1) ed 88 del T.U. 31/08/1933, n.1592, “per
avere inserito nel proprio sito professionale web "-OMISSIS-,
studi odontoiatrici" alla casella-bottone "Corso One-to-One
in Endodonzia", due caselle-bottone "Master in Endodonzia"
e "Scuola di Specializzazione", che rinviano l'una (Master
in Endodonzia) al sito internet rispondente al sito
w3.uni-OMISSIS-Lit/endodonzia [di proprietà intellettuale -OMISSIS-
e comunque chiaro riferimento all'Università -OMISSIS---OMISSIS-] e
l'altro (Scuola di Specializzazione) alla "-OMISSIS-— Scuole
di Specializzazione di area odontoiatrica — Fare le cose abilmente
nel miglior modo possibile", come certificato dal Capo Settore
Info-OMISSIS- [prot. n. 51514 del 6 settembre 2013], allegata al
presente Decreto”.
4. Sulla base
dell’esame dei due procedimenti è possibile convenire con quanto
dedotto dall’istante, secondo cui i fatti oggetto del secondo
procedimento disciplinare, alla data di assunzione delle rispettive
determinazioni, fossero già noti all’Università.
Deve verosimilmente
ritenersi infatti che, fino alla data della nuova contestazione, il
sito gestito dal ricorrente non fosse stato modificato dal mese di
dicembre 2012, al quale risale il primo atto di contestazione del
rettore (del -OMISSIS-prot. n. 0075306) relativo al precedente
procedimento disciplinare dichiarato perento.
4.1. Il nuovo
procedimento sanzionatorio verte, in sostanza, sui medesimi rapporti
che il ricorrente avrebbe intrattenuto con la -OMISSIS-e che
l’Università resistente aveva ritenuto incompatibili con lo status
di docente presso il medesimo ateneo -OMISSIS-no, relazioni che erano
già state vagliate nel corso del primo procedimento disciplinare.
4.2. Quanto al
rinvio, dal sito internet gestito dall’interessato (mediante le
caselle-bottone “Corso One-to-One in Endodonzia” – “Master in
Endodonzia”) al sito internet dell’Università -OMISSIS-
(w3.uni-OMISSIS-Lit/endodonzia), occorre considerare – al di là
della valutazione in termini di opportunità di tale riferimento –
che alla data della contestazione il ricorrente risultava ancora
rivestire la carica di Direttore del Master Universitario di 2^
Livello in Endodonzia, per cui sotto tale profilo il rinvio a tale
sito avrebbe potuto essere considerato alla stregua di un richiamo di
carattere curriculare, ancora giustificato a quella data dalla
circostanza che l’istante non era ancora cessato dalle funzioni di
docente universitario.
Sulla base di quanto
sopra - in disparte ogni considerazione in ordine alla condotta
tenuta dal ricorrente, comunque rimessa alla valutazione
insindacabile dell’ateneo - non può escludersi quindi che
l’Università con il secondo procedimento abbia di fatto violato il
generale principio del ne bis in idem in materia disciplinare,
valutando circostanze che erano emerse o che comunque sarebbero
potute già emergere nel corso dell’originario procedimento
disciplinare.
5. E’ possibile
procedere all’esame dei motivi aggiunti notificati all'Università
in data 27 marzo 2014 e depositati il successivo 9 aprile 2014, con i
quali il ricorrente ha impugnato il Decreto Rettorale n. -OMISSIS-,
compiegato alla nota del Rettorato prot. n. 425 del 07/01/2014,
relativo alle dimissioni del docente del -OMISSIS-), nella parte in
cui le stesse sono state subordinate “al consenso del Prof.
-OMISSIS- al provvedimento con motivazioni non riferibili ad eventi
pretestuosi addotti dal Prof. -OMISSIS-, non accettabili da questa
Università”.
5.1. L’istante
assume che l'Università in tal modo avrebbe “- del tutto
arbitrariamente - condizionato l'effettivo collocamento a riposo alla
"sconfessione" da parte del docente delle ragioni poste a
base delle dimissioni” dallo stesso rassegnate.
6. In proposito deve
convenirsi con l’eccezione di inammissibilità delle censure per
carenza d'interesse della difesa dell’Università.
Con il decreto
rettorale 3 febbraio 2014, prot. n. 272, infatti, il docente è stato
collocato a riposo per dimissioni volontarie a decorrere dal 28
gennaio 2014, senza alcuna condizione (cfr. doc. 32 dell’università)
con una decorrenza diversa, rispetto a quella iniziale, in relazione
all'assenza dal servizio per malattia del docente e al percepimento
dello stipendio da parte del ricorrente relativo al mese di gennaio
2018.
Il decreto rettorale
3 febbraio 2014, prot. n. 272, in quanto provvedimento successivo
all’impugnato Decreto Rettorale n. -OMISSIS-, deve considerarsi
sostitutivo e novativo rispetto al precedente in quanto:
- reca una data di
decorrenza delle dimissioni diversa rispetto a quella del
provvedimento in data 30.12.2013;
- il nuovo decreto
rettorale del 3.2.2014 è intervenuto a seguito di successiva
interlocuzione tra l’Università e il ricorrente (tra cui la nota
PEC del 28.1.2014, con cui il ricorrente ha manifestato il proprio
consenso “al provvedimento con il quale sono state accettate a
decorrere dal 15-01-2014 le dimissioni rassegnate il 12-08-2013 -
prot. univ. n. 0041408 del 06-09-2013”, menzionata nella diffida
inviata dall’istante il 19.2.2014: cfr. doc. 33 dell’Università
e doc. 49 del ricorrente);
- il decreto
rettorale del 3.2.2014 non reca alcuna menzione alle condizioni
indicate nel Decreto Rettorale n. -OMISSIS-.
7. E’ possibile
procedere ora all’esame della richiesta di risarcimento del danno
formulata nel secondo motivo del ricorso introduttivo e del secondo
dei motivi aggiunti, con i quali il ricorrente deduce che
l'Università lo avrebbe sottoposto ad un comportamento mobbizzante.
Al riguardo, ai fini
di un corretto inquadramento della controversia, occorre premettere
alcuni cenni necessari per individuare il concetto giuridico di
“mobbing”.
Tale peculiare
situazione, che esprime una delle possibili patologie da cui può
essere affetto un rapporto di lavoro subordinato, presuppone
nell'accezione che va consolidandosi pur con varietà di
accentuazioni in dottrina e giurisprudenza, una durevole serie di
reiterati comportamenti vessatori e persecutori rivolti nei confronti
del dipendente all’interno dell’ambiente di lavoro in cui egli
opera, capaci di provocare in suo danno una situazione di reale,
serio ed effettivo disagio, che si concreta dunque in un danno
ingiusto, incidente sulla persona del lavoratore, ed in particolare
sulla sua sfera mentale, relazionale e psicosomatica.
La sussistenza di
una simile situazione deve, pertanto, essere desunta mediante una
complessiva analisi del quadro in cui si esplica la prestazione del
lavoratore: gli elementi identificativi sono stati di volta in volta
individuati nella reiterazione di richiami e sanzioni disciplinari
ingiustificati o nella sottrazione di vantaggi precedentemente
attribuiti, che devono registrarsi con carattere di ripetitività,
sulla base di un intento sistematicamente perseguito da parte del
datore di lavoro al fine di creare una situazione di seria e non
transeunte sofferenza nel dipendente (cfr. T.A.R. Lazio III, 25
giugno 2004, n. 6254).
Analogamente a
quanto ricorre per i reati collegati fra di loro dalla continuazione,
il mobbing si deve dunque esprimere, oltre che nei singoli atti o
comportamenti del datore di lavoro individuabili in concreto, nel
nesso che li lega strettamente fra di loro: essi, infatti, non
pervengono alla soglia del mobbing, pur restando se del caso atti
illegittimi o comportamenti ingiusti, se non raggiungono la soglia
della continuità e della loro particolare finalizzazione, requisiti
che dimostrano la sussistenza di un disegno unitario volto a vessare
il lavoratore ed a distruggerne la personalità e la figura
professionale (cfr. Cassazione, Sez. lavoro 6.3.2006, n. 4774; TAR
Lombardia Milano, Sez. I, 21 luglio 2006, n. 1844; idem, n.
1861/2006).
Sulla base di quanto
ora osservato deve concludersi che il mobbing rappresenta un vero e
proprio concetto giuridico a contenuto indeterminato, essendo assente
ogni indicazione sia da parte del legislatore sia da parte della
contrattazione collettiva in ordine ai parametri alla stregua dei
quali accertarne o meno la concreta sussistenza e con essa
l’illegittimità dei provvedimenti e degli atti ovvero anche
l’ingiustizia dei comportamenti tramite i quali si manifesta.
Tale ricognizione si
esercita dunque non già alla stregua del mero sindacato esterno di
quegli indici formali, ma nella ricerca degli elementi capaci di
farne emergere la sussistenza e con essa gli estremi del danno e
della sua ingiustizia, avuto particolare riguardo a tutte quelle
condotte incidenti sulla reputazione del lavoratore, sui suoi
rapporti umani con l'ambiente di lavoro, sul contenuto stesso della
prestazione lavorativa.
In detta ricerca non
potrà mancare una necessaria linea di demarcazione tra l'esigenza di
tutelare i lavoratori che rimangano vittime di iniziative
persecutorie e la necessità di evitare l’eccessiva e patologica
valutazione di ogni screzio in ambito lavorativo, che non deve
comportare una sanzione giuridica per qualsivoglia scorrettezza o per
qualunque evento negativo occorso nel luogo di lavoro (cfr. Tribunale
Cassino, Sez. lavoro, 18 dicembre 2002, secondo cui il mobbing si
differenzia dai normali conflitti interpersonali sorti nell'ambiente
lavorativo, i quali non sono caratterizzati da alcuna volontà di
emarginare ed espellere il collega o il subordinato dal contesto
lavorativo, ma sono legati a fenomeni di antipatia personale o da
rivalità o ambizione).
E’ comunque
incontroverso nella ricordata giurisprudenza che, per aversi mobbing,
si debba accertare una serie di atti volti a soverchiare ovvero anche
solo ad accerchiare o ad isolare la vittima, ponendola in una
posizione di debolezza sulla base di un intento persecutorio
sistematicamente perseguito; fenomeno questo non tipico dell'impiego
privato, essendone stata riconosciuta la sussistenza anche con
riferimento al lavoro nelle pubbliche Amministrazioni (cfr. Trib.
Ravenna, 11 luglio 2002; Trib. Tempio Pausania, 10 luglio 2003).
Concludendo
l’analisi sul punto il mobbing presuppone dunque i seguenti
elementi:
a) la pluralità dei
comportamenti e delle azioni a carattere persecutorio (illecite o
anche lecite, se isolatamente considerate), sistematicamente e
durevolmente dirette contro il dipendente;
b) l'evento dannoso
lesivo della salute psicofisica del dipendente;
c) il nesso di
causalità tra la condotta e il danno;
d) la prova
dell'elemento soggettivo ossia dell'intento persecutorio unificante i
singoli fatti lesivi, che rappresenta elemento costitutivo della
fattispecie (cfr., tra le più recenti pronunce: Cass. civ., sez.
lav., 19 febbraio 2016, n. 3291; idem,16 marzo 2016, n. 5230;
Consiglio di Stato, sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1945; idem, sez. IV,
27 ottobre 2016, n. 4509).
Al fine di
accreditare un’ipotesi di mobbing è quindi necessario accertare
l’esistenza di una serie di circostanze o elementi quali: il
mutamento delle mansioni assegnate, richiami, sanzioni disciplinari
e/o trasferimenti, che evidenzino un preciso intento del datore di
lavoro diretto a vessare e perseguitare il dipendente con lo scopo di
demolirne la personalità e la professionalità, non essendo
sufficiente, a tale riguardo, la mera soggettiva percezione da parte
dell’interessato, che abbia su tale scorta maturato un
convincimento personale circa l’esistenza di una “congiura” ai
suoi danni.
8. Ciò posto,
l’esame degli atti depositati dal ricorrente non consente, nel caso
di specie, di individuare quel complesso di elementi sintomatici,
capaci di giustificare il fenomeno di mobbing in difetto di quella
imprescindibile pluralità di comportamenti ed azioni a carattere
persecutorio in danno dell’istante, nonché del nesso di causalità
tra tali ipotetiche condotte e l’evento dannoso prospettato.
Seppure possa
senz’altro convenirsi sul fatto che gli episodi denunciati dal
ricorrente facciano emergere una difficoltà di relazione con i
vertici dell’ateneo, essi non appaiono comunque riconducibili ad un
unitario e sistematico atteggiamento vessatorio e preconcetto nei
confronti del docente.
Gli elementi di
fatto dai quali il ricorrente deduce potersi rilevare gli estremi del
mobbing posto in essere ai suoi danni si riconducono sostanzialmente
alle seguenti tipologie:
- avvio di primo
procedimento disciplinare archiviato per perenzione;
- irrogazione di una
sanzione disciplinare della censura;
- mancata
autorizzazione all'attivazione di un programma di didattica e di
ricerca comune tra il Master diretto dal docente e -OMISSIS-di cui
alla richiesta del 12/01/2012, prot. n. 5255 del 19/07/2012;
- asseriti
comportamenti vessatori posti in essere nei suoi confronti dal
rettorato dell’Università.
8.1. Quanto al primo
aspetto, il procedimento disciplinare - come illustrato in fatto –
è stato attivato sulla base di una segnalazione che indicava la
presenza dell’istante in un “noto programma televisivo-OMISSIS-”,
in cui veniva pubblicizzata la Scuola di Specializzazione di area
odontoiatrica di un'università privata-OMISSIS-, -OMISSIS-di Tirana,
rispetto al quale l’ateneo -OMISSIS-no ha ritenuto di svolgere
opportuni (e non sindacabili in questa sede) accertamenti.
In altri termini il
suddetto procedimento disciplinare è scaturito dall’esercizio
legittimo (quanto meno nella fase iniziale, essendo stato tale
procedimento successivamente archiviato dall’organo amministrativo
preposto) del potere disciplinare proprio del datore di lavoro a
fronte di una segnalazione per la quale lo stesso ateneo aveva
comunque cercato di appurare l’esistenza di idonei elementi di
riscontro.
Non è possibile,
pertanto, considerare tale procedimento parte di un disegno
persecutorio ormai realizzato, configurandosi invece alla stregua di
un atto dovuto di fronte alla denuncia di un fatto astrattamente
idoneo a configurare una condotta irregolare nei riguardi
dell'obbligo di fedeltà al datore di lavoro (comunque poi conclusosi
in senso favorevole al ricorrente con la sua archiviazione).
8.2. In tale quadro
non si ritiene che possa assumere rilievo la censurata eccessiva
durata di tale procedimento, perché tale ritardo non è
esclusivamente imputabile all'Università, che in base all'art. 3,
comma 2 della legge 16 gennaio 2006, n. 18 applicabile ratione
temporis prima che le università procedessero all'adeguamento
statutario e regolamentare relativo ai nuovi Collegi di Disciplina
previsti dall'art. 10 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha
esercitato l'azione disciplinare innanzi al Collegio di Disciplina
all'epoca istituito presso il CUN (Consiglio Universitario Nazionale
— Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca), ha poi dovuto
rispondere alla richiesta di supplemento istruttorio proveniente dal
predetto organo. La durata di tale procedimento disciplinare non può
quindi essere considerata un indice rivelatore della sussistenza di
un disegno persecutorio perpetrato ai danni del ricorrente.
Tutto ciò non senza
considerare che lo stesso procedimento è stato comunque archiviato
per perenzione senza produrre alcuna conseguenza di carattere
giuridico-professionale nei confronti del ricorrente. In altri
termini proprio l’estrema lunghezza del procedimento ha poi giovato
allo stesso ricorrente, perché ne ha determinato la estinzione per
perenzione. Come del resto egli stesso aveva avuto modo di rilevare
in data 21 marzo 2013, nella nota con la quale evidenziando la
scadenza dei termini previsti dalla legge n. 18/2006, aveva
sollecitava l'adozione “di un qualsiasi provvedimento” di
conclusione del procedimento (cfr. doc. 28 del ricorrente).
8.3. Quanto al
secondo procedimento disciplinare, lo stesso è successivo alla
presentazione delle dimissioni presentate dal ricorrente, per cui
deve escludersi che queste ultime siano state indotte dal nuovo iter
sanzionatorio avviato dall’Università.
La sanzione irrogata
(censura) costituisce l’unico atto negativo nell’ambito del
rapporto professionale intercorso tra l’Università -OMISSIS-,
peraltro nemmeno in grado di incidere sulla attività del docente
perché avviato in data successiva alle sue dimissioni.
8.4. Quanto al
provvedimento con il quale l'Ateneo ha deciso di non instaurare alcun
Accordo Bilaterale con -OMISSIS-di Tirana, tale determinazione
rientra nell’ambito della valutazioni discrezionali
dell'Università, considerato che la decisione di non stipulare tale
accordo era stata adeguatamente motivata dalla Giunta del
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche in considerazione
dell'assenza del “suddetto Ateneo nei sistemi di ranking
universitari internazionali più accreditati in area
medico-sanitaria” e che “proprio alcuni atenei albanesi privati
sono stati di recente coinvolti in vicende assurte agli onori della
cronaca per le c.d. “lauree facili” (cfr. verbale dell’11.7.2012
della Giunta del Dipartimento, doc. 7 dell’Università).
9. In conclusione
gli elementi sopra indicati non possono essere considerati
riconducibili ad un atteggiamento volontario e sistematico dei
responsabili dell’Università -OMISSIS-, tale da poter essere
considerata quale a condotta vessatoria e/o persecutoria rivolta nei
confronti dell'interessato.
In proposito è
opportuno osservare che l’attività di insegnamento (peraltro nel
campo delle scienze mediche), per le sue peculiarità (che attengono
alla perizia ed alla capacità degli operatori) e per i delicati
risvolti ad essa connessi (in particolare la vita e lo stato di
salute dei pazienti), richiede un rapporto di fiducia e di
collaborazione reciproca tra il singolo docente ed il responsabile
della struttura, che può essere raggiunto soltanto attraverso la
ricerca e la disponibilità continua al dialogo ed al confronto.
Orbene dall’insieme
degli atti di causa e dalla vicenda, non emerge nell’ambito del
rapporto professionale che l’interessato ha avuto con l’ateneo
-OMISSIS-no per oltre 12 anni (dal 2001 al 2014), un palese
atteggiamento oppressivo o ostruzionistico nei confronti del
ricorrente, considerato, peraltro, che gli episodi sui quali
l’istante si è soffermato per dimostrare l’atteggiamento
vessatorio, risultano essersi svolti in un periodo piuttosto limitato
rispetto alla carriera del docente nel contesto universitario.
10. Alla luce delle
considerazioni sopra illustrate, con le quali si è analiticamente
ripercorso l’elenco di pretese angherie che il docente reputa di
aver subito, appare del tutto assente un disegno organico volto
intenzionalmente ad intimidire e/o ad annichilirne progressivamente
la personalità, capace di essere qualificato nei termini sopra
esposti di un conclamato ed indubitabile mobbing.
In senso contrario
non può essere favorevolmente apprezzata la perizia del 28 febbraio
2013 sottoscritta dal Dott. Ege, nella parte in cui lo specialista
ritiene sussistenti tutti i parametri di riconoscimento del mobbing.
In proposito occorre
premettere che la perizia, al pari di ogni consulenza di parte
stragiudiziale, non assolve in modo compiuto all'onere probatorio,
essa infatti costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di
autonomo valore probatorio, posto che il contenuto tecnico del
documento non vale ad alterarne la natura, che resta quella di mero
atto difensivo. Alla perizia e alle consulenze di parte, può quindi
riconoscersi solo un valore indiziario al pari di ogni documento
proveniente da un terzo, perché non è svolta nel rispetto del
necessario contraddittorio e quindi come tale è rimessa al prudente
apprezzamento del giudice, non potendo essere qualificate in senso
proprio come mezzi di prova sia pur atipici (cfr., ex plurimis,
Cassazione civile sez. II 24 agosto 2017 n. 20347 ; idem, sez. I, 6
agosto 2015, n. 1655; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd.,
20.11.2014, n. 640).
Venendo, quindi,
all’esame di tale atto, in relazione alla “frequenza delle azioni
ostili”, che dal perito è stata stimata “in alcune volte al
mese”, si rileva che tale affermazione si basa sul resoconto
riferito dallo stesso ricorrente (cfr. pag. 7 della relazione doc. 43
ricorrente) e non appare in linea con la ricostruzione degli episodi
attinenti i procedimenti disciplinari e il diniego di convenzione
sopra descritti, tenuto anche conto della durata del rapporto
professionale con l’Università.
Circa la durata del
conflitto, che secondo il Dott. Ege risalirebbe al gennaio 2012, in
occasione del diniego della stipula dell'accordo bilaterale con
l'-OMISSIS-, sulla base di “motivazioni poi rivelatesi infondate”,
si richiama quanto già osservato per quanto concerne i motivi non
sindacabili e non illogici posti a sostegno di tale diniego
dall’Università, che riducono la questione ad una mera divergenza
di posizioni o conflittuali, considerate possibili e rientrati in un
quadro di “normalità” nell’ambiente di lavoro.
Non si rinvengono,
sulla base della documentazione in atti, episodi obiettivamente
qualificabili come “attacchi umani, isolamento sistematico e
attacchi alla reputazione”, in quanto gli episodi riferiti dal
perito, pur potendo essere considerati soggettivamente come tali, non
raggiungono un livello di intensità e sistematicità o comunque non
appaiono teleologicamente indirizzati a danneggiare il ricorrente.
Quanto al dislivello
tra antagonisti, la stessa corposa documentazione depositata in atti
dal ricorrente e dall’Università, che riguarda note assai numerose
contenenti osservazioni, controdeduzioni difensive e atti di diffida,
che il ricorrente ha svolto spesso anche tramite qualificati
professionisti e legali, inducono ad escludere una incapacità di
gestione del conflitto da parte dell’interessato.
Tanto è vero che
non solo egli è riuscito ad evidenziare la sussistenza dei
presupposti per la dichiarazione di perenzione del primo procedimento
disciplinare, ma anche ad ottenere l’adozione di un provvedimento
di dimissioni privo della condizione risolutiva inizialmente apposta
dall’ateneo.
Quanto all’intento
persecutorio, desumibile: dalla carica emotiva e soggettiva, dallo
scopo politico (una precisa motivazione della condotta del mobber) e
dall'obiettivo conflittuale (le varie azioni perpetrate per giungere
allo scopo).
Nel richiamare le
precedenti considerazioni si osserva, altresì, che l'avvio del
procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente non può
essere considerato indice certo ed inequivocabile della intenzione di
ostacolare l'ascesa professionale dell’istante, atteso che lo
stesso procedimento era stato avviato proprio al fine di accertare
l’esistenza di una posizione di conflitto di interesse rispetto
all'Università stessa, che avrebbe potuto ledere l’immagine
dell’ateneo, ma anche quella dello stesso ricorrente (che era stato
oggetto della segnalazione).
Il secondo
procedimento disciplinare peraltro è stato avviato soltanto dopo la
presentazione delle dimissioni da parte del docente, e si è concluso
con la irrogazione (poi censurata da questo Tribunale per le ragioni
sopra illustrate) di una “censura”, che costituisce la sanzione
minima nell’ambito di quelle irrogabili, e quindi come tale
difficilmente lesiva della reputazione e dell'immagine a livello
universitario.
Tanto chiarito circa
la discontinuità degli episodi indicati e il non certo collegamento
tra gli stessi, dalla stessa documentazione medica prodotta in atti
non emerge la certezza che il disagio riferito dal in sede di
controllo medico, pur astrattamente compatibile con l’ambiente di
lavoro descritto, sia stata la conseguenza consapevole di condotte
poste in essere con questa precisa finalità.
Altrimenti detto, il
disagio lavorativo che il ricorrente ha avvertito nel tempo, non
costituisce necessariamente la causa scatenante e determinante della
sofferenza patita, quanto piuttosto la percezione e interiorizzazione
di eventi e accadimenti non piacevoli, ma dal medesimo elaborati
quali tasselli di una generalizzata ostilità nei suoi confronti.
11. In tal senso la
relazione rilasciata il 15 gennaio 2013 dal Centro mobbing di
-OMISSIS- presso cui il ricorrente ha eseguito una serie di
accertamenti, evidenzia, in effetti, che l’azione comportamentale
del ricorrente è caratterizzata dalla prevalenza della sfera emotiva
ed affettiva, sulla base della storia ricostruita dal medesimo
professionista (cfr. pag. 2 della relazione “valutazione
psicologica”, doc. 40 del ricorrente), e che “la condizione
psicopatologica descritta APPARE eziologicamente riferibile a
costrittività organizzative…”, senza esprimersi quindi in
termini di certezza in ordine al rapporto tra l’ambiente di lavoro
e la situazione di sofferenza riscontrata.
12. Quanto ai
documenti depositati il 21 novembre 2017, menzionati nella memoria
del 7 dicembre 2017, riguardanti la registrazione audio di un
colloquio che sarebbe avvenuto i1 19 novembre 2013 tra il ricorrente,
il rettore dell’Università, la Prof.ssa Polimeni e il Prof.
Barbieri nei locali del rettorato, non è possibile procedere al loro
esame, attesa la contestazione da parte dell’ateneo resistente in
ordine all'ammissibilità di tale produzione in relazione alla
circostanza che si tratterebbe di registrazione audio occulta sulla
base di quanto osservato dalla giurisprudenza (cfr. Corte di
Cassazione n. 16629/2016).
Le censure sostenute
da tale documentazione (file audio e relativa trascrizione giurata)
sono state dedotte dal ricorrente soltanto in occasione del deposito
della memoria in questione e non entro il termine decadenziale per il
deposito del ricorso, per cui devono essere dichiarate inammissibili.
Peraltro i medesimi
documenti (la cui valutazione rientra comunque nel prudente
apprezzamento di questo giudice ai sensi dell'art. 2729 cod. civ. e
116 c.p.c.) non evidenziano una palese situazione di conflitto tra
coloro che figurano nella conversazione e il ricorrente, né possono
essere considerati indice inequivocabile di un atteggiamento
persecutorio o discriminatorio nei confronti del medesimo prof.
Gallottini.
13. In conclusione
anche se possa ragionevolmente ritenersi che l’istante si sia
“soggettivamente” ritenuto astretto da una serie di palesi ovvero
anche surrettizie aggressioni nel proprio ambiente di lavoro, ogni
indizio e comunque ogni dimostrazione al riguardo, nel presente
giudizio, sono comunque mancati.
Non può pertanto
ravvisarsi un uso distorto o improprio delle misure organizzative da
parte del datore di lavoro, né una condotta vessatoria ed ostile di
colleghi o superiori gerarchici, e comunque non sussiste la lamentata
violazione del cd. obbligo di protezione gravante sul datore di
lavoro, nei termini sopra illustrati.
Le considerazioni
sopra riportate inducono, quindi, ad escludere che la sequenza di
episodi ed atti, come emergenti nella ricostruzione del ricorrente,
siano connotati da quell’intento di persistente e strisciante
volontà del datore di lavoro di discriminare, emarginare ed
estromettere il ricorrente dalla vita lavorativa.
14. Sulla base di
tali considerazioni che escludono la esistenza di un atteggiamento
mobbizzante, può quindi escludersi anche l’esistenza di un obbligo
risarcitorio nei termini illustrati dal ricorrente sotto il profilo
del danno patrimoniale, biologico, morale ed esistenziale, nel
ricorso introduttivo (cfr. ex multis, TAR Lazio, -OMISSIS-, Sez. I,
26 novembre 2014, n. 11882).
Invero i danni
derivanti dal mobbing non si pongono quale conseguenza automatica del
comportamento illegittimo rientrante in tale categoria, sicché non è
sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta
datoriale, incombendo sul lavoratore che denunzi il danno l'onere di
fornirne rigorosamente la prova, in base alla regola generale di cui
all'art. 2697 c.c. (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 28 gennaio 2016, n.
284).
15. In proposito
sull'asserito danno non patrimoniale subito dal ricorrente, egli ha
depositato una perizia del Dott. -OMISSIS- (ed un ulteriore
aggiornamento della stessa) che avrebbe accertato l'asserito danno
biologico, considerato come menomazione dell'integrità psico-fisica
del docente.
In proposito ne
richiamare quanto già osservato in precedenza sul valore delle
perizie di parte, si precisa ulteriormente che, secondo un
consolidato orientamento giurisprudenziale, la perizia
stragiudiziale, ancorché asseverata, costituisce una mera
allegazione difensiva, di modo che “il giudice del merito non è
tenuto a motivare il proprio dissenso in ordine alle osservazioni in
essa contenute quando ponga a base del proprio convincimento
considerazioni incompatibili con le stesse” (cfr. Cass. civ., 11
febbraio 2002, n. 1902).
16. Ciò detto,
quanto alla lunghezza del primo procedimento disciplinare, che
avrebbe determinato conseguenze negative sulla salute del ricorrente,
non sono stati indicati i motivi per cui la sua eccessiva durata (che
comunque – come già osservato – ha giovato invece all’incolpato,
determinandone l’estinzione per perenzione) avrebbe comunque
comportato danni degni di essere risarciti perché superiori rispetto
alla soglia della normale tollerabilità, in cui rientra il disagio o
il disappunto non risarcibili (cfr. Cass. civ., SS.UU., n. 26973
dell’11.11.2008).
Né può ritenersi
chiarito (sulla base di quanto sopra argomentato) come “le
problematiche lavorative sommariamente descritte” dal dott.
-OMISSIS- sulla base del racconto declinato dall’interessato
possano essere la causa del “disturbo dell'Adattamento con Aspetti
Emotivi Misti, di Tipo Cronico” accertato dal medesimo esperto con
la perizia dell'11 febbraio 2013 (cfr. pagg. 7, 11 e 12 della
perizia, doc. 42 ricorrente).
Analoghe
considerazioni possono essere riferite alla certificazione della
dott.ssa Gaudiosi al certificato del dott. Russo entrambi depositati
il 21.11.2017 dal ricorrente. Tali documenti non possono ritenersi
idonei a dimostrare un presunto aggravamento delle condizioni di
salute del ricorrente, in quanto non riferiscono in modo chiaro quale
sia la causa della sintomatologia indicata, che viene ricondotta a
generiche “difficoltà sorte in ambito lavorativo” (cfr.
certificato della Dott. Gaudiosi).
17. In relazione al
danno c.d. esistenziale, occorre premettere che tale tipo di danno
non patrimoniale, parimenti al danno morale, non costituisce una
categoria autonoma di danno e ha una valenza meramente nominalistica;
il danno non patrimoniale costituisce una categoria ampia ed
onnicomprensiva, all'interno della quale non è possibile ritagliare
ulteriori sotto categorie (cfr. Cass., S.U., 22 luglio 2015, n.
15350).
In ogni caso non è
possibile rinvenire elementi certi e obiettivi di un effettivo
immiserimento professionale, considerato peraltro che lo stesso
ricorrente asserisce di continuare ad esercitare la propria attività
libero-professionale in due studi ubicati in -OMISSIS-, di
organizzare “annualmente corsi di formazione ("One-to-One
Dental Training") mediante la Società Dental T.A.S.C. S.r.l.,
dai quali ha sempre ottenuto una buona soddisfazione economica e
professionale” (cfr. pag. 44 del ricorso).
Il danno indicato è
prospettato, inoltre, come futuro in quanto asserisce che “E'
chiaro che tutto ciò, a seguito della dimissioni, subirà un
decremento e che, quindi, anche tutto ciò rappresenta una indubbia
perdita patrimoniale da considerare come imputabile al danno subito”,
senza però che allo stato sia stata documentata una flessione dei
proventi di tali attività, e che essa sia riconducibile alla vicenda
in esame.
Per questi motivi la
domanda va in definitiva respinta.
In conclusione, per
le ragioni esposte, il ricorso introduttivo deve essere accolto con
conseguente annullamento del Decreto Rettorale -OMISSIS-; i motivi
aggiunti devono essere dichiarati inammissibili per difetto di
interesse e la domanda di risarcimento del danno deve essere respinta
in quanto infondata.
Le spese del
giudizio seguono la regola della soccombenza nella misura indicata
nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
dispone quanto segue:
- accoglie il
ricorso e, per l’effetto, annulla il Decreto Rettorale -OMISSIS-;
- dichiara
inammissibili per difetto di interesse i motivi aggiunti depositati
il -OMISSIS-;
- respinge la
richiesta di risarcimento del danno;
- condanna la
Università degli Studi di -OMISSIS- “-OMISSIS-”, al pagamento
delle spese di giudizio in favore del ricorrente, che liquida nella
misura complessiva di € 3.000,00 (tremila/00) oltre IVA, CPA e
oneri dovuti per legge.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in
-OMISSIS- nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2018 con
l'intervento dei magistrati:
Gabriella De
Michele, Presidente
Vincenzo
Blanda, Consigliere, Estensore
Achille
Sinatra, Consigliere
L'ESTENSORE IL
PRESIDENTE
Vincenzo
Blanda Gabriella De Michele
IL SEGRETARIO
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