N. 82 SENTENZA 21 febbraio - 20 aprile 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (personale di polizia
provinciale trasferito alla Regione e assegnato al Servizio
regionale di controllo e vigilanza: conservazione della qualifica
di agente di polizia giudiziaria) e di previdenza sociale
(dirigenti e dipendenti dell'Agenzia Veneta per l'innovazione nel
settore primario: mantenimento dell'iscrizione all'INPS Gestione
dipendenti pubblici - ex Gestione INPDAP - ex Cassa Pensioni
Dipendenti Enti Locali).
- Legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla
legge di stabilita' regionale 2017), artt. 6, comma 5, e 20.
-
(GU n.17 del 26-4-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 6, comma
5, e 20 della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30
(Collegato alla legge di stabilita' regionale 2017), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28
febbraio-2 marzo 2017, depositato in cancelleria il 7 marzo 2017 ed
iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2017.
Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;
udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 2018 il Giudice
relatore Silvana Sciarra;
uditi l'avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Ezio Zanon e Andrea Manzi
per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso spedito per la notifica il 28 febbraio 2017 e
depositato il successivo 7 marzo, il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, ha promosso questione di legittimita' costituzionale di varie
disposizioni della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30
(Collegato alla legge di stabilita' regionale 2017) e, tra esse,
degli artt. 6, comma 5, e 20, in riferimento all'art. 117, secondo
comma, lettere h) ed o), della Costituzione.
1.1.- Il ricorrente premette che l'art. 6 della citata legge
regionale istituisce il Servizio regionale di vigilanza (comma 1) e
assegna alla Giunta regionale il compito di individuarne la struttura
e di determinarne le competenze (comma 2). Fra queste ultime, la
difesa statale precisa che il citato articolo individua «le attivita'
di controllo e di vigilanza: a) correlate alle funzioni non
fondamentali conferite dalla Regione alle province e alla Citta'
metropolitana di Venezia, di cui all'articolo 2, comma 1, della legge
regionale 29 ottobre 2015, n. 19», nonche' quelle «b) relative alla
tutela e salvaguardia della fauna selvatica e all'attivita' di
prelievo venatorio di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio" e alla legge della Regione Veneto 9 dicembre 1993, n. 50
"Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo
venatorio" nonche' della fauna ittica e della pesca nelle acque
interne di cui alla legge regionale 28 aprile 1998, n. 19 "Norme per
la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la
disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime
interne della Regione Veneto" ricadenti nelle funzioni non
fondamentali conferite dalla Regione alle province e alla Citta'
metropolitana di Venezia, di cui all'articolo 2, comma 1 della legge
regionale 29 ottobre 2015, n. 19 [...]» (comma 3).
Tali attivita' - prosegue il ricorrente - sono assegnate al
«personale addetto alle attivita' di polizia provinciale», «gia'
inserito, ai sensi dell'articolo 9, comma 7, della legge regionale 29
ottobre 2015, n. 19, nella dotazione organica delle Province e della
Citta' metropolitana di Venezia», il quale «viene trasferito nella
dotazione organica della Regione e assegnato al Servizio regionale di
vigilanza» (comma 4) e al quale, oltre a essere assicurate «tutte le
indennita' e il trattamento economico gia' maturati ed in godimento
nell'Amministrazione di provenienza», «sono conservate le qualifiche
di cui sono titolari (recte: e' titolare)» (comma 5).
Quest'ultima previsione, contenuta nel richiamato comma 5 -
secondo l'Avvocatura generale dello Stato - si porrebbe in contrasto
con l'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. Essa, infatti,
disponendo la conservazione delle qualifiche previste per il
personale della polizia provinciale trasferito al Servizio regionale
di vigilanza, comporterebbe anche la conservazione della qualifica di
agente di polizia giudiziaria, con conseguente invasione della
competenza statale esclusiva in materia di «ordine pubblico e
sicurezza». La difesa statale ricorda, infatti, che l'art. 5 della
legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro sull'ordinamento della
polizia municipale) stabilisce che «[i]l personale che svolge
servizio di polizia municipale, nell'ambito territoriale dell'ente di
appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni, esercita anche
[...] funzioni di polizia giudiziaria», e che l'art. 57, comma 2,
lettera b), del codice di procedura penale non contempla una simile
possibilita' per il personale regionale.
La legge regionale, pertanto, nel riorganizzare i servizi di
vigilanza regionali anche mediante il trasferimento di parte del
personale della polizia provinciale o municipale, non avrebbe titolo
a attribuire a tale personale, divenuto a tutti gli effetti
regionale, la suddetta qualifica di agente di polizia giudiziaria.
L'attribuzione di tali qualifiche sarebbe, infatti, essenziale per lo
svolgimento delle funzioni di tutela dell'ordine e della sicurezza
pubblica, costituendo percio' parte integrante della relativa
disciplina di fonte statale.
1.2.- Il ricorrente impugna altresi' l'art. 20 della legge reg.
Veneto n. 30 del 2016, che inserisce il comma 3-bis nell'art. 12
della legge della Regione Veneto 28 novembre 2014, n. 37 (Istituzione
dell'Agenzia veneta per l'innovazione nel settore primario), con cui
e' stata istituita l'Agenzia veneta per l'innovazione nel settore
primario, dotata di compiti di «supporto alla Giunta regionale
nell'ambito delle politiche che riguardano i settori agricolo,
agroalimentare, forestale e della pesca» (art. 1 della legge reg.
Veneto n. 37 del 2014).
Il citato comma 3-bis e' impugnato la' dove stabilisce che il
personale della predetta Agenzia, benche' inquadrato nella
contrattazione collettiva delle aziende municipalizzate di igiene
ambientale, come personale soggetto all'iscrizione alla gestione
ordinaria dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS),
mantenga l'iscrizione alla speciale gestione INPS per i dipendenti
pubblici, gia' iscritti all'Istituto nazionale di previdenza e
assistenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) e
alla Cassa pensioni dipendenti enti locali. Cosi' disponendo, esso
inciderebbe in modo diretto sulle modalita' di iscrizione
previdenziale e sugli oneri che il trattamento previdenziale dei
dipendenti dell'Agenzia comporta sul bilancio dell'INPS e invaderebbe
la competenza statale esclusiva in materia di previdenza sociale, di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera o), Cost.
2.- Nel giudizio si e' costituita la Regione Veneto, chiedendo
che le richiamate questioni siano dichiarate infondate ove non
inammissibili.
2.1.- Quanto alle censure promosse nei confronti dell'art. 6,
comma 5, della legge reg. Veneto n. 30 del 2016, la Regione,
anzitutto, rileva che l'attribuzione della qualifica di agente di
polizia giudiziaria, secondo la costante giurisprudenza
costituzionale, non afferisce alla materia dell'ordine pubblico, ma
alla diversa materia della «giurisdizione e norme processuali;
ordinamento civile e penale». Pertanto, il parametro costituzionale
evocato dal ricorrente non sarebbe conferente.
Nel merito, la questione sarebbe priva di fondamento.
La norma regionale impugnata si limiterebbe a prevedere «un
fenomeno successorio di funzioni cui accede una "migrazione" di
personale dai ruoli provinciali a quelli regionali, con l'intento di
"garantire la continuita' dell'esercizio delle funzioni svolte presso
l'amministrazione di appartenenza"». La qualifica di agente di
polizia giudiziaria in capo al personale divenuto regionale sarebbe
automaticamente acquisita dallo stesso in ragione delle funzioni
esercitate a seguito del trasferimento dalle Province alle Regioni.
2.2.- Anche la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
20 sarebbe, ad avviso della Regione, priva di fondamento.
La norma regionale impugnata trarrebbe origine dalla legge della
Regione Veneto 5 settembre 1992, n. 35 (Istituzione dell'azienda
regionale per i settori agricolo, forestale e agro-alimentare "Veneto
Agricoltura"), che, all'art. 14, comma 5, disponeva che «[i]l
personale e' iscritto ai fini del trattamento di quiescenza e
previdenza all'I.N.P.D.A.P.». Nell'ambito del fenomeno successorio
tra Azienda regionale «Veneto Agricoltura» e Agenzia veneta per
l'innovazione nel settore primario, il legislatore regionale avrebbe
voluto semplicemente dichiarare il permanere del regime previdenziale
in atto, a superamento di eventuali perplessita' applicative. La
norma regionale impugnata si limiterebbe, pertanto, ad esplicitare la
disciplina previdenziale vigente, senza produrre effetti innovativi
sull'ordinamento.
3.- All'udienza pubblica le parti hanno insistito per
l'accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, tra
gli altri, gli artt. 6, comma 5, e 20 della legge della Regione
Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla legge di stabilita'
regionale 2017), in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettere
h) ed o), della Costituzione.
1.1.- Riservata a separate pronunce la decisione
dell'impugnazione delle altre disposizioni della legge reg. Veneto n.
30 del 2016, vengono in esame, in questa sede, le sole questioni
relative agli artt. 6, comma 5, e 20 della medesima legge.
2.- Il ricorrente sostiene che l'art. 6, comma 5, della citata
legge regionale si ponga in contrasto con l'art. 117, secondo comma,
lettera h), Cost., la' dove stabilisce che il personale addetto alle
attivita' di polizia provinciale, gia' inserito nella dotazione
organica delle Province e della Citta' metropolitana di Venezia, poi
trasferito nella dotazione organica della Regione e assegnato al
Servizio regionale di vigilanza, conservi le qualifiche di cui era
titolare.
Tale norma, infatti, nella parte in cui dispone la conservazione
delle qualifiche previste per il personale della polizia provinciale
trasferito al Servizio regionale di vigilanza, comporterebbe anche il
mantenimento della qualifica di agente di polizia giudiziaria, in
contrasto con la normativa statale, in specie con l'art. 5 della
legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro sull'ordinamento della
polizia municipale) e con l'art. 57, comma 2, lettera b), del codice
di procedura penale, e con conseguente invasione della competenza
statale esclusiva in materia di «ordine pubblico e sicurezza».
2.1.- La questione non e' fondata.
Il ricorrente impugna la norma regionale in quanto, disponendo la
conservazione della qualifica di agenti di polizia giudiziaria al
personale della polizia provinciale trasferito al Servizio regionale,
invaderebbe la sfera di competenza statale. Questa Corte ha gia'
avuto occasione di affermare che la competenza a riconoscere la
suddetta qualifica e' «"riservata a leggi e regolamenti che debbono
essere, in quanto attinenti alla sicurezza pubblica, esclusivamente
di fonte statale" (sentenza n. 185 del 1999)» (sentenza n. 167 del
2010). Tenuto conto della stretta connessione fra la materia della
«giurisdizione penale», di cui alla lettera l) del secondo comma
dell'art. 117 Cost. e quella dell'«ordine pubblico e sicurezza», di
cui alla lettera h) del secondo comma dell'art. 117 Cost., risulta
agevole rilevare che il ricorrente contesta la circostanza che,
attraverso disposizioni volte ad affidare funzioni di polizia
giudiziaria al personale di polizia locale trasferito nei ruoli della
Regione, il legislatore regionale finisca con l'incidere su «scelte
in tema di sicurezza, per le quali le Regioni non hanno competenza»
(sentenza n. 172 del 2017).
La disposizione regionale impugnata si inserisce nel quadro del
riordino complessivo delle funzioni amministrative non fondamentali
conferite dalla Regione Veneto alle Province e alla Citta'
metropolitana di Venezia, delineato dalla legge della Regione Veneto
29 ottobre 2015, n. 19 (Disposizioni per il riordino delle funzioni
amministrative provinciali), in attuazione di quanto prescritto
dall'art. 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni
sulle citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di
comuni), nell'ambito della «riforma di sistema della geografia
istituzionale della Repubblica», voluta dal legislatore statale
(sentenza n. 32 del 2017).
In questa prospettiva, l'art. 6 della legge reg. Veneto n. 30 del
2016 ha istituito il Servizio regionale di vigilanza, cui sono
assegnate attivita' di controllo «correlate alle funzioni non
fondamentali conferite dalla Regione alle province e alla Citta'
metropolitana di Venezia, di cui all'articolo 2, comma 1, nella legge
regionale 29 ottobre 2015, n. 19» (art. 6, comma 3, lettera a, della
citata legge regionale), nonche' alla «tutela e salvaguardia della
fauna selvatica e all'attivita' di prelievo venatorio» e «della fauna
ittica e della pesca nelle acque interne», puntualmente disciplinate
da leggi regionali gia' in vigore (legge della Regione Veneto 9
dicembre 1993, n. 50, recante «Norme per la protezione della fauna
selvatica e per il prelievo venatorio»; legge della Regione Veneto 28
aprile 1998, n. 19, recante «Norme per la tutela delle risorse
idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina
dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne
della Regione Veneto»), nel rispetto della normativa nazionale e
europea, e comunque «ricadenti nelle funzioni non fondamentali
conferite dalla Regione alle province e alla Citta' metropolitana di
Venezia, di cui all'articolo 2, comma 1 della legge regionale 29
ottobre 2015, n. 19» (art. 6, comma 3, lettera b, della medesima
legge reg. Veneto n. 30 del 2016).
Come si evince dai lavori preparatori, scopo dell'istituzione del
Servizio regionale di vigilanza e' quello di assicurare, specie a
seguito del trasferimento alla Regione delle funzioni amministrative
in materia di caccia, pesca e agricoltura, la continuita' del
servizio di controllo e salvaguardia del patrimonio
faunistico-ambientale, precedentemente svolto dai corpi di polizia
provinciale. Questa Corte ha gia' avuto occasione di rilevare,
proprio con riferimento al riordino delle funzioni amministrative
provinciali, che «l'esercizio delle funzioni a suo tempo conferite
[...] deve essere correttamente attuato, indipendentemente dal
soggetto che ne e' temporalmente titolare e comporta, soprattutto in
un momento di transizione caratterizzato da plurime criticita', che
il suo svolgimento non sia negativamente influenzato dalla
complessita' di tale processo di passaggio tra diversi modelli di
gestione» (sentenza n. 10 del 2016). In vista di un tale obiettivo di
«garantire la continuita' dell'esercizio delle funzioni svolte presso
l'amministrazione di appartenenza» (art. 6, comma 12, della legge
reg. Veneto n. 30 del 2016) in tema di protezione del patrimonio
faunistico-venatorio e ittico del territorio, la Regione Veneto,
tramite il Servizio regionale di vigilanza, ha assorbito a livello
regionale le attivita' precedentemente svolte dai corpi e servizi di
polizia provinciale e ha inserito il relativo personale all'interno
del proprio organico, con funzioni di vigilanza ittico-venatoria e
ambientale, nell'ambito del processo di riallocazione delle funzioni
di polizia amministrativa locale, cosi' come disposto dall'art. 5,
comma 3, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni
urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire
la continuita' dei dispositivi di sicurezza e di controllo del
territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario
nazionale nonche' norme in materia di rifiuti e di emissioni
industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto
2015, n. 125, al fine di non disperdere le professionalita' acquisite
negli anni da parte degli agenti di polizia provinciale.
In questo contesto si colloca, dunque, l'impugnato comma 5
dell'art. 6 della legge regionale in esame. Esso, nella parte in cui
prescrive che al personale di polizia provinciale, transitato nella
dotazione organica della Regione, «sono garantite tutte le indennita'
e il trattamento economico gia' maturati ed in godimento
nell'Amministrazione di provenienza e sono conservate le qualifiche
di cui sono titolari», si limita a disporre la mera conservazione
delle qualifiche discendenti dall'inquadramento giuridico del
personale medesimo nell'ente di provenienza. Questa Corte ha
ripetutamente affermato che «ufficiali o agenti di polizia
giudiziaria possono essere solo i soggetti indicati all'art. 57,
commi 1 e 2, del codice di procedura penale, nonche' quelli ai quali
le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall'art.
55 del medesimo codice, aggiungendo che le fonti da ultimo richiamate
non possono che essere statali» (di recente, sentenza n. 8 del 2017).
E' infatti solo il legislatore statale che puo' individuare quali
siano gli specifici compiti di vigilanza che consentono di
qualificare gli operatori ad essi preposti quali agenti di polizia
giudiziaria. Cio' che ha fatto il legislatore con il citato art. 57
cod. proc. pen., che dispone che «Sono agenti di polizia giudiziaria:
[...] b) "nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza, le
guardie delle province e dei comuni quando sono in servizio», nonche'
con l'art. 5, comma 1, della legge n. 65 del 1986, la' dove dispone
che «Il personale che svolge servizio di polizia municipale,
nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei limiti delle
proprie attribuzioni, esercita anche: a) funzioni di polizia
giudiziaria [...] ».
Di tale competenza esclusiva statale e', d'altronde, consapevole
il legislatore regionale, che all'art. 9, comma 7, della legge reg.
Veneto n. 19 del 2015, espressamente richiamato dalla disposizione
impugnata, ha statuito che «Nelle more di un intervento statale, al
fine di garantire il mantenimento della qualifica di ufficiale di
polizia giudiziaria e conseguentemente assicurare un efficiente
controllo sul territorio, il personale addetto allo svolgimento delle
funzioni di polizia amministrativa provinciale di cui all'articolo 2
comma 1, rimane inserito nelle dotazioni organiche delle province e
della Citta' metropolitana di Venezia, con oneri a carico della
Regione».
Alla luce del richiamato percorso interpretativo, pertanto,
devono essere respinti i dubbi di legittimita' costituzionale
proposti nei confronti dell'art. 6, comma 5, della legge reg. Veneto
n. 30 del 2016, con il ricorso indicato in epigrafe.
3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, altresi',
l'art. 20 della citata legge regionale n. 30 del 2016, il quale,
introducendo il comma 3-bis nell'art. 12 della legge della Regione
Veneto 28 novembre 2014, n. 37 (Istituzione dell'Agenzia veneta per
l'innovazione nel settore primario), stabilisce che i dirigenti e i
dipendenti della neoistituita Agenzia veneta per l'innovazione nel
settore primario, ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza,
«mantengono l'iscrizione all'INPS Gestione Dipendenti Pubblici - ex
Gestione INPDAP - ex Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali». Il
ricorrente sostiene che la disposizione impugnata, in quanto prevede
che il personale dell'Agenzia, inquadrato nella contrattazione
collettiva delle aziende municipalizzate di igiene ambientale
mantenga invece l'iscrizione alla speciale gestione dell'Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS) per i dipendenti pubblici,
gia' iscritti all'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti
dell'amministrazione pubblica (INPDAP) e alla Cassa pensioni
dipendenti enti locali, incida in modo diretto sulle modalita' di
iscrizione previdenziale e sugli oneri che il trattamento
previdenziale dei dipendenti dell'Agenzia comporta sul bilancio
dell'INPS, invadendo la competenza statale esclusiva in materia di
previdenza sociale, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera o),
Cost.
3.1.- La questione e' fondata.
La disposizione inserisce, come si e' gia' ricordato, il comma
3-bis nell'art. 12 della legge reg. Veneto n. 37 del 2014.
Quest'ultima ha istituito l'Agenzia veneta per l'innovazione nel
settore primario, chiamata a svolgere attivita' di «supporto alla
Giunta regionale nell'ambito delle politiche che riguardano i settori
agricolo, agroalimentare, forestale e della pesca» (art. 2),
configurata dall'art. 1 della medesima legge regionale come «ente
pubblico economico strumentale della Regione del Veneto, dotata di
personalita' giuridica di diritto pubblico e di autonomia
amministrativa, organizzativa, contabile e patrimoniale». L'Agenzia
e', peraltro, subentrata nei rapporti giuridici attivi e passivi
dell'Azienda regionale Veneto Agricoltura di cui si e' disposta (al
comma 2 del medesimo art. 1) la soppressione e la messa in
liquidazione.
Il comma 3 del medesimo art. 12 prescrive che «Ai dirigenti e
dipendenti dell'Agenzia si applica il contratto collettivo nazionale
di lavoro delle aziende municipalizzate di igiene ambientale [...]»,
che configura il rapporto di lavoro in termini privatistici.
Con l'impugnato art. 20 della legge reg. Veneto n. 30 del 2016 il
legislatore regionale - come si legge nei lavori preparatori - al
fine di «evitare l'attrazione dell'Agenzia ad [sic!] un inquadramento
in regime previdenziale e di quiescenza di tipo privatistico da parte
dell'INPS, con correlato aumento del carico contributivo» (Relazione
unificata sui progetti di legge n. 194, n. 195 e n. 196, d'iniziativa
della Giunta regionale, Consiglio regionale del Veneto, Prima
Commissione consiliare permanente, seduta 1° dicembre 2016, n. 63),
e' espressamente intervenuto a definire il trattamento di previdenza
e di quiescenza dei suddetti dirigenti e dipendenti, stabilendo che
essi «mantengono l'iscrizione all'INPS Gestione Dipendenti Pubblici -
ex Gestione INPDAP - ex Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali». Si
tratta di una disciplina che incide palesemente ed esclusivamente
sulla materia della «previdenza sociale» di cui alla lettera o) del
secondo comma dell'art. 117 Cost., materia che e' preclusa al
legislatore regionale. L'argomento della difesa della Regione,
secondo cui la norma regionale impugnata si limiterebbe ad
esplicitare la disciplina previdenziale corrente, senza produrre
effetti innovativi sull'ordinamento, quand'anche fondato, alla luce
del regime previdenziale introdotto dall'art. 21, comma 1, del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la
crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici),
convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214,
non varrebbe comunque a consentire l'esercizio da parte della Regione
della funzione legislativa in materia, assegnata a titolo esclusivo
al legislatore statale (da ultimo, sentenza n. 38 del 2018).
Va, pertanto, dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 20 della legge reg. Veneto n. 30 del 2016.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori
questioni di legittimita' costituzionale promosse dalla Regione
Veneto con il ricorso indicato in epigrafe;
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20 della
legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla
legge di stabilita' regionale 2017);
2) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 5, della legge reg. Veneto n. 30
del 2016, promossa, in riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettera h), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei
ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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