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giovedì 26 aprile 2018

N. 82 SENTENZA 21 febbraio - 20 aprile 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (personale di polizia provinciale trasferito alla Regione e assegnato al Servizio regionale di controllo e vigilanza: conservazione della qualifica di agente di polizia giudiziaria) e di previdenza sociale (dirigenti e dipendenti dell'Agenzia Veneta per l'innovazione nel settore primario: mantenimento dell'iscrizione all'INPS Gestione dipendenti pubblici - ex Gestione INPDAP - ex Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali). - Legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla legge di stabilita' regionale 2017), artt. 6, comma 5, e 20. - (GU n.17 del 26-4-2018 )



N. 82 SENTENZA 21 febbraio - 20 aprile 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (personale  di  polizia
  provinciale  trasferito  alla  Regione  e  assegnato  al   Servizio
  regionale di controllo e vigilanza: conservazione  della  qualifica
  di  agente  di  polizia  giudiziaria)  e  di   previdenza   sociale
  (dirigenti e dipendenti dell'Agenzia Veneta per  l'innovazione  nel
  settore primario: mantenimento  dell'iscrizione  all'INPS  Gestione
  dipendenti pubblici -  ex  Gestione  INPDAP  -  ex  Cassa  Pensioni
  Dipendenti Enti Locali).
- Legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato  alla
  legge di stabilita' regionale 2017), artt. 6, comma 5, e 20.

(GU n.17 del 26-4-2018 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni AMOROSO,
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 6,  comma
5, e 20 della legge della Regione Veneto  30  dicembre  2016,  n.  30
(Collegato alla legge di stabilita'  regionale  2017),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  28
febbraio-2 marzo 2017, depositato in cancelleria il 7 marzo  2017  ed
iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2017.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;
    udito nell'udienza pubblica  del  20  febbraio  2018  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra;
    uditi l'avvocato dello Stato Chiarina Aiello  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Ezio Zanon e  Andrea  Manzi
per la Regione Veneto.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso spedito per la notifica il  28  febbraio  2017  e
depositato il successivo 7 marzo, il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso questione di legittimita' costituzionale di  varie
disposizioni della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30
(Collegato alla legge di stabilita'  regionale  2017)  e,  tra  esse,
degli artt. 6, comma 5, e 20, in riferimento  all'art.  117,  secondo
comma, lettere h) ed o), della Costituzione.
    1.1.- Il ricorrente premette che  l'art.  6  della  citata  legge
regionale istituisce il Servizio regionale di vigilanza (comma  1)  e
assegna alla Giunta regionale il compito di individuarne la struttura
e di determinarne le competenze (comma  2).  Fra  queste  ultime,  la
difesa statale precisa che il citato articolo individua «le attivita'
di  controllo  e  di  vigilanza:  a)  correlate  alle  funzioni   non
fondamentali conferite dalla Regione  alle  province  e  alla  Citta'
metropolitana di Venezia, di cui all'articolo 2, comma 1, della legge
regionale 29 ottobre 2015, n. 19», nonche' quelle «b)  relative  alla
tutela e  salvaguardia  della  fauna  selvatica  e  all'attivita'  di
prelievo venatorio di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157  "Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio" e alla legge della Regione Veneto 9 dicembre 1993,  n.  50
"Norme per la protezione della fauna  selvatica  e  per  il  prelievo
venatorio" nonche' della fauna  ittica  e  della  pesca  nelle  acque
interne di cui alla legge regionale 28 aprile 1998, n. 19 "Norme  per
la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per  la
disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime
interne  della  Regione  Veneto"   ricadenti   nelle   funzioni   non
fondamentali conferite dalla Regione  alle  province  e  alla  Citta'
metropolitana di Venezia, di cui all'articolo 2, comma 1 della  legge
regionale 29 ottobre 2015, n. 19 [...]» (comma 3).
    Tali attivita' - prosegue  il  ricorrente  -  sono  assegnate  al
«personale addetto alle  attivita'  di  polizia  provinciale»,  «gia'
inserito, ai sensi dell'articolo 9, comma 7, della legge regionale 29
ottobre 2015, n. 19, nella dotazione organica delle Province e  della
Citta' metropolitana di Venezia», il quale  «viene  trasferito  nella
dotazione organica della Regione e assegnato al Servizio regionale di
vigilanza» (comma 4) e al quale, oltre a essere assicurate «tutte  le
indennita' e il trattamento economico gia' maturati ed  in  godimento
nell'Amministrazione di provenienza», «sono conservate le  qualifiche
di cui sono titolari (recte: e' titolare)» (comma 5).
    Quest'ultima previsione,  contenuta  nel  richiamato  comma  5  -
secondo l'Avvocatura generale dello Stato - si porrebbe in  contrasto
con l'art. 117, secondo  comma,  lettera  h),  Cost.  Essa,  infatti,
disponendo  la  conservazione  delle  qualifiche  previste   per   il
personale della polizia provinciale trasferito al Servizio  regionale
di vigilanza, comporterebbe anche la conservazione della qualifica di
agente  di  polizia  giudiziaria,  con  conseguente  invasione  della
competenza  statale  esclusiva  in  materia  di  «ordine  pubblico  e
sicurezza». La difesa statale ricorda, infatti, che  l'art.  5  della
legge 7  marzo  1986,  n.  65  (Legge-quadro  sull'ordinamento  della
polizia  municipale)  stabilisce  che  «[i]l  personale  che   svolge
servizio di polizia municipale, nell'ambito territoriale dell'ente di
appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni, esercita  anche
[...] funzioni di polizia giudiziaria», e che  l'art.  57,  comma  2,
lettera b), del codice di procedura penale non contempla  una  simile
possibilita' per il personale regionale.
    La legge regionale, pertanto,  nel  riorganizzare  i  servizi  di
vigilanza regionali anche mediante  il  trasferimento  di  parte  del
personale della polizia provinciale o municipale, non avrebbe  titolo
a  attribuire  a  tale  personale,  divenuto  a  tutti  gli   effetti
regionale, la suddetta qualifica di agente  di  polizia  giudiziaria.
L'attribuzione di tali qualifiche sarebbe, infatti, essenziale per lo
svolgimento delle funzioni di tutela dell'ordine  e  della  sicurezza
pubblica,  costituendo  percio'  parte  integrante   della   relativa
disciplina di fonte statale.
    1.2.- Il ricorrente impugna altresi' l'art. 20 della  legge  reg.
Veneto n. 30 del 2016, che inserisce  il  comma  3-bis  nell'art.  12
della legge della Regione Veneto 28 novembre 2014, n. 37 (Istituzione
dell'Agenzia veneta per l'innovazione nel settore primario), con  cui
e' stata istituita l'Agenzia veneta  per  l'innovazione  nel  settore
primario, dotata  di  compiti  di  «supporto  alla  Giunta  regionale
nell'ambito  delle  politiche  che  riguardano  i  settori  agricolo,
agroalimentare, forestale e della pesca» (art.  1  della  legge  reg.
Veneto n. 37 del 2014).
    Il citato comma 3-bis e' impugnato la'  dove  stabilisce  che  il
personale  della   predetta   Agenzia,   benche'   inquadrato   nella
contrattazione collettiva delle  aziende  municipalizzate  di  igiene
ambientale, come  personale  soggetto  all'iscrizione  alla  gestione
ordinaria dell'Istituto nazionale della  previdenza  sociale  (INPS),
mantenga l'iscrizione alla speciale gestione INPS  per  i  dipendenti
pubblici,  gia'  iscritti  all'Istituto  nazionale  di  previdenza  e
assistenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP)  e
alla Cassa pensioni dipendenti enti locali.  Cosi'  disponendo,  esso
inciderebbe  in  modo   diretto   sulle   modalita'   di   iscrizione
previdenziale e sugli oneri  che  il  trattamento  previdenziale  dei
dipendenti dell'Agenzia comporta sul bilancio dell'INPS e invaderebbe
la competenza statale esclusiva in materia di previdenza sociale,  di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera o), Cost.
    2.- Nel giudizio si e' costituita la  Regione  Veneto,  chiedendo
che le  richiamate  questioni  siano  dichiarate  infondate  ove  non
inammissibili.
    2.1.- Quanto alle censure promosse  nei  confronti  dell'art.  6,
comma 5, della  legge  reg.  Veneto  n.  30  del  2016,  la  Regione,
anzitutto, rileva che l'attribuzione della  qualifica  di  agente  di
polizia   giudiziaria,    secondo    la    costante    giurisprudenza
costituzionale, non afferisce alla materia dell'ordine  pubblico,  ma
alla  diversa  materia  della  «giurisdizione  e  norme  processuali;
ordinamento civile e penale». Pertanto, il  parametro  costituzionale
evocato dal ricorrente non sarebbe conferente.
    Nel merito, la questione sarebbe priva di fondamento.
    La norma regionale  impugnata  si  limiterebbe  a  prevedere  «un
fenomeno successorio di  funzioni  cui  accede  una  "migrazione"  di
personale dai ruoli provinciali a quelli regionali, con l'intento  di
"garantire la continuita' dell'esercizio delle funzioni svolte presso
l'amministrazione  di  appartenenza"».  La  qualifica  di  agente  di
polizia giudiziaria in capo al personale divenuto  regionale  sarebbe
automaticamente acquisita dallo  stesso  in  ragione  delle  funzioni
esercitate a seguito del trasferimento dalle Province alle Regioni.
    2.2.- Anche la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
20 sarebbe, ad avviso della Regione, priva di fondamento.
    La norma regionale impugnata trarrebbe origine dalla legge  della
Regione Veneto 5 settembre  1992,  n.  35  (Istituzione  dell'azienda
regionale per i settori agricolo, forestale e agro-alimentare "Veneto
Agricoltura"),  che,  all'art.  14,  comma  5,  disponeva  che  «[i]l
personale e'  iscritto  ai  fini  del  trattamento  di  quiescenza  e
previdenza all'I.N.P.D.A.P.». Nell'ambito  del  fenomeno  successorio
tra Azienda regionale  «Veneto  Agricoltura»  e  Agenzia  veneta  per
l'innovazione nel settore primario, il legislatore regionale  avrebbe
voluto semplicemente dichiarare il permanere del regime previdenziale
in atto, a superamento  di  eventuali  perplessita'  applicative.  La
norma regionale impugnata si limiterebbe, pertanto, ad esplicitare la
disciplina previdenziale vigente, senza produrre  effetti  innovativi
sull'ordinamento.
    3.-  All'udienza  pubblica   le   parti   hanno   insistito   per
l'accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  impugnato,  tra
gli altri, gli artt. 6, comma 5,  e  20  della  legge  della  Regione
Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla  legge  di  stabilita'
regionale 2017), in riferimento all'art. 117, secondo comma,  lettere
h) ed o), della Costituzione.
    1.1.-   Riservata    a    separate    pronunce    la    decisione
dell'impugnazione delle altre disposizioni della legge reg. Veneto n.
30 del 2016, vengono in esame, in  questa  sede,  le  sole  questioni
relative agli artt. 6, comma 5, e 20 della medesima legge.
    2.- Il ricorrente sostiene che l'art. 6, comma  5,  della  citata
legge regionale si ponga in contrasto con l'art. 117, secondo  comma,
lettera h), Cost., la' dove stabilisce che il personale addetto  alle
attivita' di  polizia  provinciale,  gia'  inserito  nella  dotazione
organica delle Province e della Citta' metropolitana di Venezia,  poi
trasferito nella dotazione organica  della  Regione  e  assegnato  al
Servizio regionale di vigilanza, conservi le qualifiche  di  cui  era
titolare.
    Tale norma, infatti, nella parte in cui dispone la  conservazione
delle qualifiche previste per il personale della polizia  provinciale
trasferito al Servizio regionale di vigilanza, comporterebbe anche il
mantenimento della qualifica di agente  di  polizia  giudiziaria,  in
contrasto con la normativa statale, in  specie  con  l'art.  5  della
legge 7  marzo  1986,  n.  65  (Legge-quadro  sull'ordinamento  della
polizia municipale) e con l'art. 57, comma 2, lettera b), del  codice
di procedura penale, e con  conseguente  invasione  della  competenza
statale esclusiva in materia di «ordine pubblico e sicurezza».
    2.1.- La questione non e' fondata.
    Il ricorrente impugna la norma regionale in quanto, disponendo la
conservazione della qualifica di agenti  di  polizia  giudiziaria  al
personale della polizia provinciale trasferito al Servizio regionale,
invaderebbe la sfera di competenza  statale.  Questa  Corte  ha  gia'
avuto occasione di affermare  che  la  competenza  a  riconoscere  la
suddetta qualifica e' «"riservata a leggi e regolamenti  che  debbono
essere, in quanto attinenti alla sicurezza  pubblica,  esclusivamente
di fonte statale" (sentenza n. 185 del 1999)» (sentenza  n.  167  del
2010). Tenuto conto della stretta connessione fra  la  materia  della
«giurisdizione penale», di cui alla  lettera  l)  del  secondo  comma
dell'art. 117 Cost. e quella dell'«ordine pubblico e  sicurezza»,  di
cui alla lettera h) del secondo comma dell'art.  117  Cost.,  risulta
agevole rilevare che  il  ricorrente  contesta  la  circostanza  che,
attraverso  disposizioni  volte  ad  affidare  funzioni  di   polizia
giudiziaria al personale di polizia locale trasferito nei ruoli della
Regione, il legislatore regionale finisca con l'incidere  su  «scelte
in tema di sicurezza, per le quali le Regioni non  hanno  competenza»
(sentenza n. 172 del 2017).
    La disposizione regionale impugnata si inserisce nel  quadro  del
riordino complessivo delle funzioni amministrative  non  fondamentali
conferite  dalla  Regione  Veneto  alle  Province   e   alla   Citta'
metropolitana di Venezia, delineato dalla legge della Regione  Veneto
29 ottobre 2015, n. 19 (Disposizioni per il riordino  delle  funzioni
amministrative  provinciali),  in  attuazione  di  quanto  prescritto
dall'art. 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni
sulle citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di
comuni),  nell'ambito  della  «riforma  di  sistema  della  geografia
istituzionale  della  Repubblica»,  voluta  dal  legislatore  statale
(sentenza n. 32 del 2017).
    In questa prospettiva, l'art. 6 della legge reg. Veneto n. 30 del
2016 ha istituito  il  Servizio  regionale  di  vigilanza,  cui  sono
assegnate  attivita'  di  controllo  «correlate  alle  funzioni   non
fondamentali conferite dalla Regione  alle  province  e  alla  Citta'
metropolitana di Venezia, di cui all'articolo 2, comma 1, nella legge
regionale 29 ottobre 2015, n. 19» (art. 6, comma 3, lettera a,  della
citata legge regionale), nonche' alla «tutela  e  salvaguardia  della
fauna selvatica e all'attivita' di prelievo venatorio» e «della fauna
ittica e della pesca nelle acque interne», puntualmente  disciplinate
da leggi regionali gia' in  vigore  (legge  della  Regione  Veneto  9
dicembre 1993, n. 50, recante «Norme per la  protezione  della  fauna
selvatica e per il prelievo venatorio»; legge della Regione Veneto 28
aprile 1998, n. 19,  recante  «Norme  per  la  tutela  delle  risorse
idrobiologiche  e  della   fauna   ittica   e   per   la   disciplina
dell'esercizio della pesca nelle acque interne  e  marittime  interne
della Regione Veneto»), nel  rispetto  della  normativa  nazionale  e
europea,  e  comunque  «ricadenti  nelle  funzioni  non  fondamentali
conferite dalla Regione alle province e alla Citta' metropolitana  di
Venezia, di cui all'articolo 2, comma  1  della  legge  regionale  29
ottobre 2015, n. 19» (art. 6, comma  3,  lettera  b,  della  medesima
legge reg. Veneto n. 30 del 2016).
    Come si evince dai lavori preparatori, scopo dell'istituzione del
Servizio regionale di vigilanza e' quello  di  assicurare,  specie  a
seguito del trasferimento alla Regione delle funzioni  amministrative
in materia  di  caccia,  pesca  e  agricoltura,  la  continuita'  del
servizio    di    controllo    e    salvaguardia    del    patrimonio
faunistico-ambientale, precedentemente svolto dai  corpi  di  polizia
provinciale. Questa  Corte  ha  gia'  avuto  occasione  di  rilevare,
proprio con riferimento al  riordino  delle  funzioni  amministrative
provinciali, che «l'esercizio delle funzioni a  suo  tempo  conferite
[...]  deve  essere  correttamente  attuato,  indipendentemente   dal
soggetto che ne e' temporalmente titolare e comporta, soprattutto  in
un momento di transizione caratterizzato da plurime  criticita',  che
il  suo  svolgimento  non   sia   negativamente   influenzato   dalla
complessita' di tale processo di passaggio  tra  diversi  modelli  di
gestione» (sentenza n. 10 del 2016). In vista di un tale obiettivo di
«garantire la continuita' dell'esercizio delle funzioni svolte presso
l'amministrazione di appartenenza» (art. 6,  comma  12,  della  legge
reg. Veneto n. 30 del 2016) in  tema  di  protezione  del  patrimonio
faunistico-venatorio e ittico  del  territorio,  la  Regione  Veneto,
tramite il Servizio regionale di vigilanza, ha  assorbito  a  livello
regionale le attivita' precedentemente svolte dai corpi e servizi  di
polizia provinciale e ha inserito il relativo  personale  all'interno
del proprio organico, con funzioni di  vigilanza  ittico-venatoria  e
ambientale, nell'ambito del processo di riallocazione delle  funzioni
di polizia amministrativa locale, cosi' come  disposto  dall'art.  5,
comma 3, del  decreto-legge  19  giugno  2015,  n.  78  (Disposizioni
urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni  per  garantire
la continuita' dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di  controllo  del
territorio. Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario
nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
industriali), convertito, con modificazioni,  nella  legge  6  agosto
2015, n. 125, al fine di non disperdere le professionalita' acquisite
negli anni da parte degli agenti di polizia provinciale.
    In questo  contesto  si  colloca,  dunque,  l'impugnato  comma  5
dell'art. 6 della legge regionale in esame. Esso, nella parte in  cui
prescrive che al personale di polizia provinciale,  transitato  nella
dotazione organica della Regione, «sono garantite tutte le indennita'
e  il  trattamento  economico   gia'   maturati   ed   in   godimento
nell'Amministrazione di provenienza e sono conservate  le  qualifiche
di cui sono titolari», si limita a  disporre  la  mera  conservazione
delle  qualifiche  discendenti   dall'inquadramento   giuridico   del
personale  medesimo  nell'ente  di  provenienza.  Questa   Corte   ha
ripetutamente  affermato  che  «ufficiali   o   agenti   di   polizia
giudiziaria possono essere solo  i  soggetti  indicati  all'art.  57,
commi 1 e 2, del codice di procedura penale, nonche' quelli ai  quali
le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall'art.
55 del medesimo codice, aggiungendo che le fonti da ultimo richiamate
non possono che essere statali» (di recente, sentenza n. 8 del 2017).
E' infatti solo il legislatore statale  che  puo'  individuare  quali
siano  gli  specifici  compiti  di  vigilanza   che   consentono   di
qualificare gli operatori ad essi preposti quali  agenti  di  polizia
giudiziaria. Cio' che ha fatto il legislatore con il citato  art.  57
cod. proc. pen., che dispone che «Sono agenti di polizia giudiziaria:
[...] b) "nell'ambito  territoriale  dell'ente  di  appartenenza,  le
guardie delle province e dei comuni quando sono in servizio», nonche'
con l'art. 5, comma 1, della legge n. 65 del 1986, la'  dove  dispone
che  «Il  personale  che  svolge  servizio  di  polizia   municipale,
nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza e nei limiti delle
proprie  attribuzioni,  esercita  anche:  a)  funzioni   di   polizia
giudiziaria [...] ».
    Di tale competenza esclusiva statale e', d'altronde,  consapevole
il legislatore regionale, che all'art. 9, comma 7, della  legge  reg.
Veneto n. 19 del 2015, espressamente  richiamato  dalla  disposizione
impugnata, ha statuito che «Nelle more di un intervento  statale,  al
fine di garantire il mantenimento della  qualifica  di  ufficiale  di
polizia  giudiziaria  e  conseguentemente  assicurare  un  efficiente
controllo sul territorio, il personale addetto allo svolgimento delle
funzioni di polizia amministrativa provinciale di cui all'articolo  2
comma 1, rimane inserito nelle dotazioni organiche delle  province  e
della Citta' metropolitana di  Venezia,  con  oneri  a  carico  della
Regione».
    Alla  luce  del  richiamato  percorso  interpretativo,  pertanto,
devono  essere  respinti  i  dubbi  di  legittimita'   costituzionale
proposti nei confronti dell'art. 6, comma 5, della legge reg.  Veneto
n. 30 del 2016, con il ricorso indicato in epigrafe.
    3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  impugna,  altresi',
l'art. 20 della citata legge regionale n.  30  del  2016,  il  quale,
introducendo il comma 3-bis nell'art. 12 della  legge  della  Regione
Veneto 28 novembre 2014, n. 37 (Istituzione dell'Agenzia  veneta  per
l'innovazione nel settore primario), stabilisce che i dirigenti  e  i
dipendenti della neoistituita Agenzia veneta  per  l'innovazione  nel
settore primario, ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza,
«mantengono l'iscrizione all'INPS Gestione Dipendenti Pubblici  -  ex
Gestione INPDAP - ex  Cassa  Pensioni  Dipendenti  Enti  Locali».  Il
ricorrente sostiene che la disposizione impugnata, in quanto  prevede
che  il  personale  dell'Agenzia,  inquadrato  nella   contrattazione
collettiva  delle  aziende  municipalizzate  di   igiene   ambientale
mantenga invece l'iscrizione  alla  speciale  gestione  dell'Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS) per i dipendenti  pubblici,
gia' iscritti all'Istituto nazionale di previdenza per  i  dipendenti
dell'amministrazione  pubblica  (INPDAP)  e   alla   Cassa   pensioni
dipendenti enti locali, incida in modo  diretto  sulle  modalita'  di
iscrizione  previdenziale  e   sugli   oneri   che   il   trattamento
previdenziale  dei  dipendenti  dell'Agenzia  comporta  sul  bilancio
dell'INPS, invadendo la competenza statale esclusiva  in  materia  di
previdenza sociale, di cui all'art. 117, secondo comma,  lettera  o),
Cost.
    3.1.- La questione e' fondata.
    La disposizione inserisce, come si e' gia'  ricordato,  il  comma
3-bis  nell'art.  12  della  legge  reg.  Veneto  n.  37  del   2014.
Quest'ultima ha istituito  l'Agenzia  veneta  per  l'innovazione  nel
settore primario, chiamata a svolgere  attivita'  di  «supporto  alla
Giunta regionale nell'ambito delle politiche che riguardano i settori
agricolo,  agroalimentare,  forestale  e  della  pesca»   (art.   2),
configurata dall'art. 1 della medesima  legge  regionale  come  «ente
pubblico economico strumentale della Regione del  Veneto,  dotata  di
personalita'  giuridica  di   diritto   pubblico   e   di   autonomia
amministrativa, organizzativa, contabile e  patrimoniale».  L'Agenzia
e', peraltro, subentrata nei  rapporti  giuridici  attivi  e  passivi
dell'Azienda regionale Veneto Agricoltura di cui si e'  disposta  (al
comma  2  del  medesimo  art.  1)  la  soppressione  e  la  messa  in
liquidazione.
    Il comma 3 del medesimo art. 12 prescrive  che  «Ai  dirigenti  e
dipendenti dell'Agenzia si applica il contratto collettivo  nazionale
di lavoro delle aziende municipalizzate di igiene ambientale  [...]»,
che configura il rapporto di lavoro in termini privatistici.
    Con l'impugnato art. 20 della legge reg. Veneto n. 30 del 2016 il
legislatore regionale - come si legge nei  lavori  preparatori  -  al
fine di «evitare l'attrazione dell'Agenzia ad [sic!] un inquadramento
in regime previdenziale e di quiescenza di tipo privatistico da parte
dell'INPS, con correlato aumento del carico contributivo»  (Relazione
unificata sui progetti di legge n. 194, n. 195 e n. 196, d'iniziativa
della  Giunta  regionale,  Consiglio  regionale  del  Veneto,   Prima
Commissione consiliare permanente, seduta 1° dicembre 2016,  n.  63),
e' espressamente intervenuto a definire il trattamento di  previdenza
e di quiescenza dei suddetti dirigenti e dipendenti,  stabilendo  che
essi «mantengono l'iscrizione all'INPS Gestione Dipendenti Pubblici -
ex Gestione INPDAP - ex Cassa Pensioni Dipendenti  Enti  Locali».  Si
tratta di una disciplina che  incide  palesemente  ed  esclusivamente
sulla materia della «previdenza sociale» di cui alla lettera  o)  del
secondo comma  dell'art.  117  Cost.,  materia  che  e'  preclusa  al
legislatore  regionale.  L'argomento  della  difesa  della   Regione,
secondo  cui  la  norma  regionale  impugnata   si   limiterebbe   ad
esplicitare la  disciplina  previdenziale  corrente,  senza  produrre
effetti innovativi sull'ordinamento, quand'anche fondato,  alla  luce
del regime  previdenziale  introdotto  dall'art.  21,  comma  1,  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n.  214,
non varrebbe comunque a consentire l'esercizio da parte della Regione
della funzione legislativa in materia, assegnata a  titolo  esclusivo
al legislatore statale (da ultimo, sentenza n. 38 del 2018).
    Va,   pertanto,   dichiarata   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art. 20 della legge reg. Veneto n. 30 del 2016.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni  di  legittimita'  costituzionale  promosse  dalla  Regione
Veneto con il ricorso indicato in epigrafe;
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  20  della
legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n.  30  (Collegato  alla
legge di stabilita' regionale 2017);
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 5, della legge reg.  Veneto  n.  30
del 2016, promossa,  in  riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera h), della Costituzione,  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                     Silvana SCIARRA, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA 

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