Consiglio di Stato
2018: “mancato riconoscimento della dipendenza di patologia da
causa di servizio e conseguente diniego di concessione di equo
indennizzo”
N.
02811/2018REG.PROV.COLL.
N. 02256/2016
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di
Stato
in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 2256 del 2016, proposto da Ministero della
difesa e Ministero dell’economia e delle finanze, in persona dei
rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma,
via dei Portoghesi, 12;
contro
-OMISSIS-,
rappresentato e difeso dagli avvocati Marina Giani e Maurizio
Zoppolato, con domicilio eletto presso lo studio Maurizio Zoppolato
in Roma, via del Mascherino, 72;
per la riforma
della sentenza del
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima)
n. 2664 del 16 dicembre 2015, resa tra le parti, concernente mancato
riconoscimento della dipendenza di patologia da causa di servizio e
conseguente diniego di concessione di equo indennizzo
Visti il ricorso in
appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2018 il Cons. Luca
Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Maurizio Zoppolato e
l'avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. In data 15 marzo
2000 il sig. -OMISSIS-, all’epoca Maresciallo aiutante dell’Arma
dei carabinieri, ha avanzato domanda di riconoscimento di dipendenza
da causa di servizio delle patologie “coxalgia sx con quadro di
sofferenza femorale rmn evidenziata” e “lieve ipertensione
arteriosa”.
2. Il decreto prot.
n. 5627/N del 12 ottobre 2011, con cui l’Amministrazione ha
inizialmente rigettato l’istanza sulla scorta del parere del
Comitato di verifica per le cause di servizio prot. n. 31542 reso
nell’adunanza del 21 luglio 2010, è stato annullato dal T.a.r. con
sentenza n. 1636 del 13 giugno 2012 (non impugnata ex adverso e,
dunque, divenuta definitiva) per mancanza della comunicazione
prevista dall’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990; in tale arresto
il Tribunale, in particolare, ha statuito il dovere
dell’Amministrazione “di riaprire il procedimento sollecitando il
contraddittorio con il ricorrente” e dichiarato “l’obbligo di
motivare in modo puntuale e dettagliato il provvedimento, prendendo
specifica posizione su tutte le deduzioni formulate dal ricorrente ed
evidenziando su quali leggi scientifiche anche di tipo statistico si
basano i giudizi che essa dovrà esprimere”.
3. L’Amministrazione
della difesa ha, quindi, emanato il provvedimento prot. n. 735/N del
21 marzo 2014, notificato in data 19 aprile 2014, con cui, sulla
scorta dell’ulteriore parere del Comitato di verifica prot. n.
33443 reso nell’adunanza del 20 dicembre 2013, ha nuovamente
rigettato l’istanza del ricorrente, ribadendone peraltro – come
già nel precedente decreto prot. n. 5627/N – la tardività con
riferimento alla patologia “lieve ipertensione arteriosa”.
4. Con successivo
provvedimento del 10 luglio 2014 l’Amministrazione, alla luce della
rinuncia da parte del sig. -OMISSIS- al transito nelle aree
funzionali del personale civile del Ministero della difesa, ne ha
disposto la cessazione dal servizio permanente ed il collocamento in
congedo a decorrere dal 19 aprile 2014.
5. Il ricorrente ha
impugnato entrambi gli atti (il primo con ricorso introduttivo e
l’altro con motivi aggiunti), avanzando le seguenti doglianze:
- non vi sarebbe
alcuna tardività nella presentazione dell’istanza relativa alla
patologia “lieve ipertensione arteriosa”, come peraltro già
statuito dalla citata sentenza n. 1636;
- il provvedimento
sarebbe viziato da un difetto tanto di istruttoria quanto di
motivazione e, oltretutto, contrasterebbe con le precise prescrizioni
recate dalla menzionata sentenza n. 1636;
- il successivo
provvedimento di collocamento in congedo sarebbe attinto da
illegittimità derivata.
6. Costituitesi le
Amministrazioni della difesa e dell’economia e finanze, il T.a.r.
ha parzialmente accolto il ricorso.
6.1. Il Tribunale,
prescindendo dalla questione della tempestività dell’istanza
relativa alla “lieve ipertensione arteriosa”, ha sostenuto che
“la statuizione dell’amministrazione in merito alla mancanza di
nesso causale tra le mansioni svolte dal ricorrente e l’ipertensione
è legittima”: in parte qua, pertanto, il ricorso è stato
rigettato.
6.2. Il Tribunale,
viceversa, ha ritenuto che la motivazione a sostegno del diniego
dell’istanza di dipendenza da causa di servizio della coxalgia sia,
“a fronte delle particolari circostanze e allegazioni prospettate
dal ricorrente, … assolutamente insufficiente”.
6.3. Il Tribunale,
premesso che “tale infermità, secondo la scienza medica, può
essere originata da diverse cause, tra cui, in via meramente
esemplificativa, patologie di tipo degenerativo, come la coxartrosi,
o eventi traumatici” e che il ricorrente avrebbe rappresentato di
avere subito, nel corso di attività di servizio, due infortuni in
data 5 novembre 1999 e 30 giugno 2004, ha osservato che “il
Comitato si è soffermato su aspetti generali delle possibili cause
di insorgenza dell’infermità di cui è portatore il sig.
-OMISSIS-, senza specificare per quale motivo la coxalgia sinistra,
quanto meno nel suo aggravarsi, non sia da ricondurre agli eventi
traumatici rappresentati, e ciò nonostante la sentenza n. 1636/12
emessa dalla Sezione avesse espressamente intimato
all’amministrazione di riesaminare l’istanza del ricorrente, con
obbligo <<di motivare in modo puntuale e dettagliato il
provvedimento, prendendo specifica posizione su tutte le deduzioni
formulate dal ricorrente ed evidenziando su quali legge scientifiche
anche di tipo statistico si basano i giudizi che essa dovrà
esprimere>>”.
6.4. Il Tribunale,
pertanto, ha non solo annullato in parte qua i provvedimenti gravati,
“con conseguente obbligo dell’organo tecnico di motivare
espressamente quali siano le evidenze scientifiche e mediche per cui,
nel caso di specie, sia da escludere l’insorgenza o l’aggravarsi
della suddetta patologia ad esito degli eventi traumatici
rappresentati dal ricorrente”, ma ha altresì stabilito che, “nel
caso in cui il Comitato di Verifica non sia in grado di effettuare
tale valutazione, od ometta di soffermarsi espressamente e con
motivazione adeguata sullo specifico punto indicato dal Tribunale, il
Ministero procedente dovrà riconoscere senz’altro l’equo
indennizzo richiesto, risultando al riguardo sufficiente la
documentazione prodotta dal sig. -OMISSIS-”.
7. Le
Amministrazioni hanno interposto appello, sostenendo la completezza e
l’esaustività della motivazione esposta dal Comitato di verifica
(e recepita nei provvedimenti impugnati) in ordine alla non
riconducibilità a causa di servizio della coxalgia e lamentato che
il Tribunale avrebbe sconfinato nel merito delle valutazioni
tecnico-discrezionali riservate all’Amministrazione, nonché
violato l’art 34, comma 2, primo periodo, c.p.a..
8. Si è costituito
il sig. -OMISSIS-.
9. Il ricorso è
stato discusso alla pubblica udienza del 12 aprile 2018, in vista
della quale il sig. -OMISSIS- ha depositato documenti e memoria ex
art. 73 c.p.a., in cui ha ribadito le proprie difese e rappresentato
che il Comitato di verifica non si sarebbe ancora pronunciato
nonostante il preciso ordine in tal senso del Tribunale.
10. Il ricorso
merita accoglimento.
11. Il Collegio
evidenzia, preliminarmente, che la materia del contendere di questo
grado di giudizio verte sulla sola riconducibilità a causa di
servizio della coxalgia: il sig. -OMISSIS-, infatti, non ha impugnato
il capo della sentenza del Tribunale che ne ha rigettato il ricorso
avverso la reiezione dell’istanza di riconoscimento di dipendenza
da causa di servizio dell’ipertensione arteriosa.
12. Ciò premesso,
il Collegio rileva che il parere del Comitato di verifica prot. n.
31542 (richiamato per relationem dal decreto prot. n. 5627/N del 12
ottobre 2011) presentava, in relazione alla coxalgia, la seguente
motivazione: “non risultano sussistere nel tipo di prestazioni di
lavoro rese disagi e strapazzi di particolare intensità, né
elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui
fattori individuali, almeno sotto il profilo concausale efficiente e
determinante, tenuto conto della peculiare natura della patologia di
cui trattasi”.
13. La sentenza del
T.a.r. n. 1636 ha poi annullato, sia pure solo per un vizio
procedimentale, il decreto prot. n. 5627/N del 12 ottobre 2011 ed il
propedeutico parere del Comitato, prescrivendo precisi vincoli
conformativi alla riedizione del potere: l’Amministrazione,
infatti, avrebbe dovuto “motivare in modo puntuale e dettagliato il
provvedimento, prendendo specifica posizione su tutte le deduzioni
formulate dal ricorrente ed evidenziando su quali leggi scientifiche
anche di tipo statistico si basano i giudizi che essa dovrà
esprimere”.
14.
L’Amministrazione ha quindi nuovamente interpellato il Comitato e,
a fronte di un iniziale parere piuttosto scarno (si fa riferimento al
parere prot. n. 8343 reso all’adunanza del 24 ottobre 2013), ha
richiesto un più motivato atto, che il Comitato ha alfine reso con
il citato parere prot. n. 33443 reso all’adunanza del 20 dicembre
2013.
15. In tale ultimo
atto il Comitato ha confermato i propri precedenti pareri negativi
“in quanto le deduzioni prodotte dall’interessato non contengono
nuovi elementi di prova rispetto a quelli già esaminati e, pertanto,
non introducono un quid novi od un quid pluris che possa far
ricondurre la patologia in questione al servizio svolto; inoltre,
trattandosi di patologia legata a disturbi circolatori, meccanici o
dismetabolici, secondari il più delle volte a displasia, per errato
sviluppo dell’articolazione coxofemorale (60-80% delle forme) con
difetti singoli o multipli a carico delle componenti articolari
(cotile, testa o collo femorale), elementi questi che comportano uno
spostamento dell’asse di carico e, di conseguenza, una comparsa ed
una evoluzione ingravescente dell’affezione. Gli allegati eventi di
servizio pertanto possono avere svolto tutt’al più il ruolo di
occasione rivelatrice, ma non quello di concausa efficiente e
determinante”.
15.1. Il Comitato,
dunque, premesso un inquadramento generale della patologia
(“trattandosi di patologia legata a disturbi circolatori, meccanici
o dismetabolici”), ha atteso ad un’individuazione delle
prevalenti cause (“secondari il più delle volte a displasia, per
errato sviluppo dell’articolazione coxofemorale (60-80% delle
forme)”), dei caratteri (“con difetti singoli o multipli a carico
delle componenti articolari (cotile, testa o collo femorale)”) e
delle modalità di manifestazione ed evoluzione (“elementi questi
che comportano uno spostamento dell’asse di carico e, di
conseguenza, una comparsa ed una evoluzione ingravescente
dell’affezione”) dell’infermità in questione.
15.2. Il Comitato,
dunque, ha invero specificato “in modo puntuale e dettagliato” le
ragioni a sostegno del proprio parere negativo ed ha preso “specifica
posizione su tutte le deduzioni formulate dal ricorrente”,
evidenziando che, sulla base delle attuali conoscenze mediche, la
patologia deriva, nella maggior parte dei casi (“60-80% delle
forme”) da ragioni endogene (“disturbi circolatori, meccanici o
dismetabolicisecondari il più delle volte a displasia”) e non da
eventi esogeni quali traumi.
16. In proposito,
peraltro, è vero che in due occasioni, nel novembre 1999 e nel
giugno 2004, il sig. -OMISSIS- ha riportato traumi nel corso
dell’espletamento del servizio (trattavasi, in particolare,
dell’esecuzione di arresti).
16.1. Tuttavia, nel
primo caso (caduta dall’alto da circa due metri) il referto
dell’ospedale civile reca “contusione frontale - contusione
ginocchio dx” e indica una prognosi di 7 giorni; inoltre, lo
specialista privato cui, nel mese di febbraio 2000, si rivolse il
sig. -OMISSIS- rilevò, nelle proprie conclusioni, che la “contusione
all’articolazione coxo-femorale” sinistra insisteva su una
“preesistente coxartrosi”.
16.2. Nel secondo
caso (violenta torsione dell’arto inferiore sinistro) il referto
dell’ospedale civile reca “coxalgia sx” e, di nuovo, indica una
prognosi di 7 giorni.
16.3. In proposito
il Collegio evidenzia che questo secondo episodio risale al 30 giugno
2004, ossia ad un momento ben posteriore alla formulazione della
domanda di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio (anche)
della coxalgia, invero avanzata in data 15 marzo 2000, che, dunque, è
del tutto logico che, nel 2004, fosse già conclamata.
16.4. Quanto al
primo episodio, esso non solo risale ad appena quattro mesi prima
della formulazione della cennata domanda, ma è stato oggetto di una
prognosi invero contenuta (sette giorni) e, soprattutto, di una
diagnosi piuttosto generica e, oltretutto, più rivolta al ginocchio
destro.
16.5. Inoltre, lo
specialista privato di fiducia del sig. -OMISSIS- ha comunque
rilevato, nel mese di febbraio 2000, una “preesistente coxartrosi”.
16.6. Queste
evenienze, unite alla circostanza valorizzata dal Comitato secondo
cui la patogenesi della coxalgia è da individuarsi prevalentemente
in cause endogene, lasciano stimare esente da vizi l’operato
dell’Amministrazione, comunque espressione di ampia discrezionalità
tecnica sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo, ossia
per errore di fatto o per violazione dei canoni di logica formale,
cristallizzati nei principi di non contraddizione, di ragionevolezza,
di consequenzialità argomentativa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11
settembre 2017, n. 4266; 4 ottobre 2017, n. 4619, § 9; 9 aprile
2018, n. 2140).
16.7. Come noto,
infatti, il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni del Comitato
è estrinseco, ossia volto a verificare, oltre all’eventuale
ricorrenza di errori di fatto, il rispetto dei canoni di logica
formale, senza tuttavia poter impingere nel merito delle conclusioni
raggiunte dall’Amministrazione, nel doveroso rispetto della sfera
di attribuzioni alla stessa ex lege affidata.
16.8. Del resto, le
valutazioni del Comitato non sono contestabili alla luce di difformi
conclusioni raggiunte da sanitari compulsati autonomamente dalla
parte (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 4 ottobre 2017, n.
4619, § 10 e 6 giugno 2017, n. 2718).
16.9. Di converso,
il positivo riconoscimento della dipendenza di una patologia da causa
di servizio consegue all’accertamento, da parte
dell’Amministrazione, dell’effettiva e comprovata
“riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di
infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto
causale tra i fatti e l'infermità o lesione” (cfr. art. 11, primo
comma, d.p.r. 29 ottobre 2001, n. 461): la legge, quindi, non ritiene
sufficiente, a tale fine, la mera “possibile” valenza
patogenetica del servizio prestato, ma, di contro, impone la puntuale
verifica, connotata da certezza o da alto grado di credibilità
logica e razionale, della valenza del servizio prestato quale fattore
eziologicamente assorbente o, quanto meno, preponderante nella genesi
della patologia.
17. Le esposte
ragioni conducono alla riforma della sentenza impugnata nella parte
in cui stima “assolutamente insufficiente” la motivazione del
Comitato recepita per relationem dal provvedimento impugnato: ad
avviso del Collegio, di contro, il Comitato, nell’esercizio della
propria ampia sfera riservata di attribuzioni, ha espresso un parere
motivato in maniera logica e conseguente e che, sia pure
implicitamente, ha chiarito le ragioni per le quali i rilievi
dell’interessato non sono stati ritenuti idonei a determinare una
diversa conclusione.
18. Ne consegue che
non vi è ragione di scrutinare le altre censure svolte dalle
appellanti Amministrazioni, che, comunque, incidentalmente si
palesano fondate: il Giudice, infatti, non può sostituire il proprio
apprezzamento a quello del competente organo amministrativo e, per
tale via, dichiarare senz’altro la spettanza del bene della vita.
19. La natura della
controversia e dei sottesi interessi suggerisce, comunque, la
compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie
e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza,
rigetta il ricorso di primo grado.
Spese del doppio
grado di giudizio compensate.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che
sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8, d.lgs.
196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di
diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle
generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di
salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma
nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2018 con l'intervento
dei magistrati:
Antonino Anastasi,
Presidente
Luigi Massimiliano
Tarantino, Consigliere
Giuseppe Castiglia,
Consigliere
Luca Lamberti,
Consigliere, Estensore
Alessandro Verrico,
Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Luca Lamberti
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
In caso di
diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi
dei soggetti interessati nei termini indicati.
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