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mercoledì 4 luglio 2018

N. 135 SENTENZA 6 - 26 giugno 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Giustizia amministrativa - Giudizio di ottemperanza - Modalita' di pagamento degli indennizzi per irragionevole durata del processo - Obblighi di comunicazione del creditore - Termine per l'esecuzione del versamento - Preclusioni per il creditore di agire in via esecutiva o di proporre ricorso per l'ottemperanza del provvedimento in pendenza del termine. - Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'art. 375 del codice di procedura civile), art. 5-sexies, commi 1, 4, 5, 7 e 11, introdotto dall'art. 1, comma 777, lettera l), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)». - (GU n.27 del 4-7-2018 )

N. 135 SENTENZA 6 - 26 giugno 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giustizia amministrativa - Giudizio di ottemperanza  -  Modalita'  di
  pagamento degli indennizzi per irragionevole durata del processo  -
  Obblighi di comunicazione del creditore - Termine per  l'esecuzione
  del versamento - Preclusioni per  il  creditore  di  agire  in  via
  esecutiva  o   di   proporre   ricorso   per   l'ottemperanza   del
  provvedimento in pendenza del termine.
- Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in  caso
  di violazione del  termine  ragionevole  del  processo  e  modifica
  dell'art. 375 del codice di procedura civile), art. 5-sexies, commi
  1, 4, 5, 7 e 11, introdotto dall'art. 1,  comma  777,  lettera  l),
  della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per  la
  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
  stabilita' 2016)».

(GU n.27 del 4-7-2018 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  5-sexies,
commi 1, 4, 5, 7 e 11, della legge 24 marzo 2001, n.  89  (Previsione
di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del
processo e modifica dell'art. 375 del codice  di  procedura  civile),
introdotto dall'art.  1,  comma  777,  lettera  l),  della  legge  28
dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2016)»,  promossi  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Liguria con quindici ordinanze del 17 ottobre ed una del 15  novembre
2016, iscritte rispettivamente ai numeri da 5 a 15 e da 34 a  38  del
registro ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 7 e n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2017.
    Visto l'atto di costituzione della SILVA sas di Sbragia  Riccardo
& C., nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    udito nell'udienza pubblica  del  5  giugno  e  nella  camera  di
consiglio del  6  giugno  2018  il  Giudice  relatore  Mario  Rosario
Morelli;
    udito  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Nel  corso  di  sedici  (distinti)  giudizi  di  ottemperanza
promossi contro il Ministero  della  giustizia  per  l'attuazione  di
altrettanti provvedimenti giudiziari  definitivi,  con  i  quali  era
stato riconosciuto, ai rispettivi  ricorrenti,  il  diritto  all'equo
indennizzo di cui alla legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa
riparazione  in  caso  di  violazione  del  termine  ragionevole  del
processo  e  modifica  dell'articolo  375  del  codice  di  procedura
civile), l'adito Tribunale amministrativo regionale per la Liguria  -
al   fine   del   decidere   sulla   questione    pregiudiziale    di
improcedibilita'  (di  ciascun  ricorso),  proposta   dal   Ministero
resistente in ragione della denunciata omissione degli adempimenti  e
del mancato rispetto del termine  dilatorio  di  cui  al  nuovo  art.
5-sexies della legge stessa - ha ritenuto per cio' rilevante  ed  ha,
quindi, sollevato, con le sedici ordinanze  (di  pressoche'  identico
contenuto)   indicate   in   epigrafe,   questioni   incidentali   di
legittimita' costituzionale dei commi 1, 4, 5, 7 e  11  del  predetto
art. 5-sexies, introdotto nella legge n. 89 del  2001,  dall'art.  1,
comma 777, lettera l), della legge 28 dicembre 2015, n. 208,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2016)».
    Secondo il  Tribunale  rimettente,  le  ulteriori  «modalita'  di
pagamento» dei crediti da equo indennizzo  previste  dalla  normativa
censurata  -  consistenti,  appunto,  nel  condizionarlo  al   previo
rilascio di  una  documentata  dichiarazione  attestante  la  mancata
riscossione o proposizione di  azione  giudiziaria  per  il  medesimo
titolo e al decorso di un termine dilatorio di  sei  mesi  decorrente
dalla  trasmissione,  solo  se   regolare   e   completa,   di   tale
dichiarazione  e  documentazione  -  si   porrebbero,   infatti,   in
contrasto,  sia  con  l'art.  3,  primo  e   secondo   comma,   della
Costituzione,  in  quanto   irragionevolmente   discriminatorie   nei
confronti dei creditori di somme per  equo  indennizzo  da  eccessiva
durata dei processi rispetto alla generalita' degli  altri  creditori
di somme nei confronti della pubblica amministrazione; sia con l'art.
24, primo  e  secondo  comma,  Cost.,  poiche'  l'introdotto  termine
semestrale  -  ulteriore  rispetto  a  quello  di  centoventi  giorni
prescritto, in  via  generale,  dall'art.  14  del  decreto-legge  31
dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti  in  materia  tributaria,
finanziaria e contabile a  completamento  della  manovra  di  finanza
pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, in legge 28
febbraio 1997,  n.  30  -  si  tradurrebbe  in  una  ingiustificabile
compressione del diritto di agire; sia, infine, anche con  gli  artt.
111, primo e secondo comma, 113, secondo comma, e 117,  primo  comma,
Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art.  47  della
Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione  europea,  proclamata  a
Nizza il 7 dicembre 2000 e, in una versione adattata, il 12  dicembre
2007 a Strasburgo, per violazione del principio del giusto  processo,
sotto il profilo della effettivita' della tutela  del  creditore  nei
confronti della pubblica amministrazione.
    2.- Nel solo giudizio iscritto al n. 15  del  registro  ordinanze
2017, si e' costituita - ed ha depositato memoria  integrativa  -  la
societa' ricorrente, la quale ha concluso, in via principale, per una
declaratoria di inammissibilita', per  irrilevanza,  delle  questioni
(in  quanto,  a  suo  avviso,  sollevate  in  relazione  a  normativa
riferibile ai soli giudizi civili di esecuzione forzata e,  comunque,
inapplicabile, ratione temporis, nel giudizio di ottemperanza da essa
intrapreso  sulla  base   di   titolo   esecutivo   formatosi   prima
dell'entrata in vigore del nuovo art. 5-sexies legge n. 89 del 2001),
e ne ha sostenuto, in subordine,  la  fondatezza,  in  adesione  alle
censure formulate dal giudice a quo.
    3. - In tutti i sedici giudizi e' intervenuto il  Presidente  del
Consiglio dei ministri.
    In sua rappresentanza e difesa, l'Avvocatura generale dello Stato
ha preliminarmente, a sua volta,  eccepito  l'inammissibilita'  delle
questioni, per averle il rimettente sollevate prima  ancora  che  con
riguardo  alle  disposizioni   denunciate   si   fosse   formato   un
orientamento   giurisprudenziale   univoco,   sia   sulle    ricadute
processuali derivanti dall'omissione delle formalita' prescritte  dal
medesimo  art.  5-sexies  legge  n.  89  del  2001,  sia  sull'ambito
applicativo della norma  stessa,  «in  particolare  in  relazione  al
preesistente art. 14 d.l. n.  669  del  1996  (con  il  cui  previsto
termine non dovrebbe cumularsi quello contemplato dal  medesimo  art.
5-sexies), e all'eventuale rapporto di genere a specie  astrattamente
sussistente tra le due fattispecie solutorie concepite ad hoc  per  i
debiti  della   pubblica   Amministrazione»;   e   senza,   comunque,
verificarne la possibilita' di una interpretazione costituzionalmente
adeguata.
    In subordine, ha chiesto dichiararsi le questioni  manifestamente
infondate, in linea con quanto gia' stabilito da questa Corte con  la
sentenza n. 142 del 1998 in  relazione  alla  ravvisata  legittimita'
costituzionale dell'art. 14 del d.l. n. 669  del  1996,  poiche',  al
pari della disciplina recata da tale norma, anche quella ora in esame
non  violerebbe  il  diritto  di  credito  dei   privati,   ma   solo
eventualmente lo posticiperebbe al momento del pagamento. E  cio'  al
fine di tutelare l'interesse generale, «facilitando l'esecuzione  dei
pagamenti a coloro che dimostrino di averne pieno diritto»,  evitando
il ripetersi dei non pochi casi in  cui  «sono  stati  emessi  titoli
esecutivi costituenti duplicazione  di  pagamento»,  con  conseguenti
difficolta' per il correlativo recupero.

                       Considerato in diritto

    1.- L'art. 1, comma 777, lettera  l),  della  legge  28  dicembre
2015, n. 208, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge  di  stabilita'  2016)»,  ha
aggiunto nel testo della legge 24 marzo 2001, n.  89  (Previsione  di
equa riparazione in caso di violazione del  termine  ragionevole  del
processo  e  modifica  dell'articolo  375  del  codice  di  procedura
civile), il nuovo  art.  5-sexies,  contenente  la  disciplina  sulle
«[m]odalita' di pagamento» degli indennizzi per irragionevole  durata
del processo.
    Con le sedici ordinanze in epigrafe - che, per la  identita'  del
rispettivo contenuto,  possono  riunirsi  per  essere  congiuntamente
esaminate e decise - il Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Liguria  prospetta  l'illegittimita'   costituzionale,   sotto   piu'
profili, del predetto art. 5-sexies,  con  specifico  riferimento  al
comma 1, laddove prevede che «[a]l  fine  di  ricevere  il  pagamento
delle somme liquidate a norma  della  presente  legge,  il  creditore
rilascia all'amministrazione debitrice una  dichiarazione,  ai  sensi
degli articoli 46 e  47  del  testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,  attestante  la
mancata riscossione di somme per il medesimo titolo,  l'esercizio  di
azioni giudiziarie per lo stesso credito, l'ammontare  degli  importi
che l'amministrazione e' ancora tenuta a corrispondere, la  modalita'
di riscossione prescelta ai sensi del comma 9 del presente  articolo,
nonche' a  trasmettere  la  documentazione  necessaria  a  norma  dei
decreti di cui al comma 3»; al  comma  4,  il  quale  stabilisce  che
«[n]el caso di mancata, incompleta o  irregolare  trasmissione  della
dichiarazione o della documentazione  di  cui  ai  commi  precedenti,
l'ordine di pagamento non  puo'  essere  emesso»;  al  comma  5,  ove
risulta sancito che «[l'] amministrazione effettua il pagamento entro
sei mesi dalla data in cui sono integralmente  assolti  gli  obblighi
previsti ai commi precedenti. Il termine di cui al periodo precedente
non inizia a decorrere in caso di mancata,  incompleta  o  irregolare
trasmissione della dichiarazione ovvero della documentazione  di  cui
ai commi precedenti»; al comma 7, in cui e' disposto che «[p]rima che
sia decorso il termine di cui al comma 5,  i  creditori  non  possono
procedere  all'esecuzione  forzata,  alla   notifica   dell'atto   di
precetto, ne' proporre ricorso per l'ottemperanza del provvedimento»,
e al comma 11, laddove e' previsto che «[n]el processo di  esecuzione
forzata, anche in corso, non puo' essere  disposto  il  pagamento  di
somme o l'assegnazione di crediti in favore dei  creditori  di  somme
liquidate a norma della presente legge in caso di mancato, incompleto
o  irregolare  adempimento  degli  obblighi  di   comunicazione.   La
disposizione di cui al presente comma si applica anche  al  pagamento
compiuto dal commissario ad acta».
    2.-  Il  TAR  rimettente  dubita,  infatti,  che  il   denunciato
articolato normativo violi, in primo luogo, l'art. 3, primo e secondo
comma, della Costituzione, comportando  un  aggravio  procedimentale,
«ingiustificatamente  favorevole  all'Amministrazione  debitrice   di
somme ex L. n. 89/2001», la cui irragionevolezza discenderebbe  dalla
«insussistenza di qualsivoglia  presupposto  legittimante  un  regime
procedimentale deteriore per il  pagamento  e  l'esecuzione  di  tali
crediti, i quali - oltretutto - trovano titolo proprio nel  protrarsi
nel tempo di un processo oltre il limite  ragionevole,  cioe'  in  un
colpevole ritardo dell'amministrazione  della  Giustizia  [...]  gia'
"certificato" dalla Corte di appello».
    Evidenzia, inoltre, un possibile  vulnus  all'art.  24,  primo  e
secondo comma, Cost., sul presupposto che la previsione di un termine
semestrale - ulteriore rispetto a quello di  120  giorni  contemplato
dall'art. 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni
urgenti  in   materia   tributaria,   finanziaria   e   contabile   a
completamento della manovra di finanza  pubblica  per  l'anno  1997),
convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1997,  n.  30,  e
che  decorre  solo  dalla  data   di   adempimento   degli   obblighi
comunicativi di cui al primo comma del medesimo art.  5-sexies  -  si
traduca  nell'impossibilita'  per  il  cittadino  di  agire  in   via
immediata e diretta per il soddisfacimento del proprio  credito,  pur
essendo egli in possesso di un titolo esecutivo perfetto.
    Ravvisa, infine,  profili  di  contrasto,  dei  denunciati  commi
dell'art. 5-sexies legge n. 89 del 2001, con gli artt. 111,  primo  e
secondo comma, 113, secondo  comma,  e  117,  primo  comma,  Cost.  -
quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art.  47  della
Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione  europea,  proclamata  a
Nizza il 7 dicembre 2000 e, in una versione adattata, il 12  dicembre
2007 a Strasburgo  -  in  ragione  dell'ostacolo  che  le  introdotte
«modalita' di pagamento» porrebbero ad una tutela piena ed  effettiva
dei crediti in questione  e,  quindi,  ad  un  «giusto  processo»  in
relazione agli stessi.
    Dal che, conclusivamente, il sospetto che tali  nuove  condizioni
di proponibilita' del ricorso per ottemperanza vengano a  configurare
un  ingiustificato  privilegio  per   la   pubblica   amministrazione
inadempiente, risolventesi, sul piano della  tutela  giurisdizionale,
in  una   rilevante   discriminazione   tra   situazioni   soggettive
sostanzialmente analoghe ed in un apprezzabile  ostacolo  processuale
per il soddisfacimento del credito del cittadino.
    3.- E' preliminare  l'esame  dell'eccezione  di  inammissibilita'
delle questioni, per omesso esperimento di  un  previo  tentativo  di
interpretazione adeguatrice delle disposizioni  censurate,  formulata
dall'Avvocatura generale dello Stato in tutti i giudizi a quibus.
    3.3.- L'eccezione non e' condivisibile.
    Il TAR rimettente ha, infatti, non gia'  omesso,  bensi'  risolto
con esito negativo la  verifica  di  praticabilita'  di  una  esegesi
costituzionalmente  orientata   dalla   normativa   denunciata,   per
l'ostacolo che ha, non immotivatamente, ravvisato nella lettera della
stessa. E cio' consente di superare il vaglio di ammissibilita' delle
questioni conseguentemente sollevate, la correttezza, o meno, del cui
presupposto interpretativo, attiene, invece, al merito e  cioe'  alla
successiva verifica  di  fondatezza  o  non  delle  questioni  stesse
(sentenze n. 255 e n. 254 del 2017 e n. 235 del 2014).
    4.- Ancora in limine, ma con riguardo al solo  giudizio  iscritto
al n. 15 del  registro  ordinanze  del  2017,  vengono  all'esame  le
eccezioni di inammissibilita', sotto altri profili,  formulate  dalla
societa' ivi ricorrente.
    Secondo la difesa di detta parte, la disciplina di  cui  all'art.
5-sexies legge n. 89 del 2001 non sarebbe applicabile ai procedimenti
esecutivi riguardanti  il  pagamento  di  somme  gia'  liquidate  con
provvedimenti   ormai   divenuti    definitivi    ed    inoppugnabili
anteriormente al 1° gennaio 2016; in ogni caso, la  nuova  condizione
di proponibilita' investirebbe esplicitamente  soltanto  l'esecuzione
forzata e non anche il giudizio di  ottemperanza,  per  il  quale  il
rispetto  dell'art.  6  CEDU  avrebbe  dovuto  far   propendere   per
l'immediato riconoscimento della pretesa di essa societa' in tal sede
azionata.
    4.1.- Nessuna di tali eccezioni e' fondata.
    Quanto alla prima, e' agevole rilevare che il nuovo art. 5-sexies
legge n. 89 del 2001, introdotto  dalla  legge  n.  208  del  2015  -
disciplinando  le  modalita'  di  pagamento  dei   titoli   esecutivi
formatisi all'esito dei procedimenti previsti dalla legge stessa  con
riferimento al riconoscimento, in via  definitiva,  degli  indennizzi
riconducibili  all'accertata  irragionevole   durata   dei   processi
presupposti - inequivocabilmente si applica a tutte le  procedure  di
esecuzione  che  siano   state,   come   nella   specie,   instaurate
successivamente al 1° gennaio 2016 (data di entrata in  vigore  della
predetta legge n. 208 del 2015), indipendentemente  dalla  formazione
del titolo esecutivo "a monte".
    L'assunto di  cui  alla  seconda  eccezione  e'  poi  decisamente
smentito dalla stessa norma censurata la' dove questa, sub  comma  7,
testualmente  dispone  che,  prima  della  decorrenza   del   termine
semestrale, i creditori non possono  neppure  proporre  «ricorso  per
l'ottemperanza  del  provvedimento»  e,  al  successivo   comma   11,
ulteriormente precisa che la non disponibilita' del pagamento in caso
di  incompleto   o   irregolare   adempimento   degli   obblighi   di
comunicazione «si applica anche al pagamento compiuto dal commissario
ad acta» e, cioe', appunto,  anche  nel  giudizio  amministrativo  di
ottemperanza.
    5.- Nel merito, le questioni, che vengono ora in  esame,  muovono
dalla premessa che il termine di sei mesi, di cui al  comma  5  della
disposizione denunciata, vada ad  «aggiungersi»  al  termine  di  120
giorni gia' previsto in via generale, per tutti i crediti vantati nei
confronti di un'amministrazione dello Stato, dall'art. 14 d.l. n. 669
del 1996.
    La «cumulabilita' e non alternativita'» di  tali  due  termini  -
implicante che «il creditore  non  [possa]  procedere  all'esecuzione
forzata, ne' proporre ricorso per l'ottemperanza  del  provvedimento,
prima che sia decorso un termine di dieci  mesi»  -  si  evincerebbe,
secondo il rimettente, «dalla lettera dell'art. 5-sexies comma 11, il
quale prevede  che  in  caso  di  mancato,  incompleto  o  irregolare
adempimento degli obblighi di comunicazione di cui al primo comma, il
pagamento  non  possa  essere  disposto   neppure   nell'ambito   dei
procedimenti esecutivi gia' in corso, cioe' quelli  per  i  quali  il
termine contemplato dal predetto art. 14 D.L. n. 669/1996 (120 giorni
dalla notifica del titolo esecutivo) costituiva gia'  condizione  per
procedere ad esecuzione forzata».
    Una tale (prima) esegesi del nuovo art. 5-sexies della cosiddetta
"legge Pinto" (in ordine al quale effettivamente  non  si  e'  ancora
formato un  diritto  vivente)  non  puo'  condividersi:  sia  perche'
pretende di desumere, per implicito, da una disposizione  transitoria
- non censurata come tale - cio' che la disciplina a regime non  dice
e (in coerenza a quanto  emerge  dalla  relazione  illustrativa  alla
legge di stabilita' 2016) esplicitamente anzi smentisce (dacche'  per
testuale dettato del comma 7 i creditori  non  possono  procedere  ad
esecuzione «prima che sia decorso il termine di cui  al  comma  5»  e
cioe' appunto, e solo, il termine dilatorio di «sei mesi  dalla  data
in cui sono assolti gli obblighi previsti dai commi precedenti»); sia
perche' non tiene conto  del  chiaro  carattere  di  specialita'  del
regime di riscossione dei crediti ex lege n.  89  del  2001,  di  cui
all'art. 5-sexies  della  legge  stessa.  Un  regime  dichiaratamente
riferito, ed innegabilmente conformato, alle peculiarita', e  attuali
dimensioni, del corrispondente debito  dell'amministrazione  e  delle
procedure attivate per  la  sua  esecuzione,  che  hanno  finito  con
l'ingenerare una sorta di contenzioso parallelo a quello  delle  liti
presupposte.
    6.-  Correttamente  interpretata,  la  normativa  denunciata   si
sottrae alle censure formulate dal rimettente.
    6.1.- Non sussiste, in primo luogo,  la  violazione  dell'art.  3
Cost.
    La non cumulabilita' del termine  (di  sei  mesi),  di  cui  alla
disposizione  impugnata,  con  quello  (di  quattro  mesi)   previsto
dall'art. 14 d.l. n. 669 del 1996, gia' di per se' esclude,  infatti,
il  principale  profilo  di  disparita'  di  trattamento   articolato
nell'ordinanza di rimessione.
    La non coincidenza di tali due termini  si  giustifica,  poi,  in
ragione della sottolineata specificita' della procedura  liquidatoria
degli indennizzi per equa riparazione della  non  ragionevole  durata
del processo rispetto alle procedure di pagamento degli altri  debiti
della pubblica amministrazione.
    Ne' l'onere di produrre la dichiarazione ed i documenti di cui al
comma 1 dell'art. 5-sexies in esame (relativamente a  dati  che  sono
comunque in possesso del creditore) e' tale da rendere  la  posizione
del titolare di credito ex lege n. 89 del 2001 deteriore  rispetto  a
quella del creditore "ordinario", che deve pur sempre porre in essere
gli adempimenti previsti dalle norme di contabilita' di Stato.
    La nuova procedura di pagamento, complessivamente  disegnata  dal
legislatore del 2015 per  i  crediti  per  equa  riparazione,  attua,
dunque, un ragionevole bilanciamento dell'interesse del  creditore  a
realizzare il suo diritto (cio' che non e', appunto,  in  alcun  modo
impedito   ne'   reso   eccessivamente   gravoso)   con   l'interesse
dell'amministrazione ad approntare un sistema di  risposta,  organico
ed ordinato, con cui far fronte al  flusso  abnorme  delle  procedure
relative ai crediti fondati su decreti ottenuti ai sensi della  legge
n. 89 del 2001. Obiettivo, questo, in vista del  quale  rileva  anche
l'effetto deflattivo riconducibile agli  adempimenti  preventivi  sub
comma 1, che possono consentire all'amministrazione di pagare  quanto
dovuto ex  iudicato  «entro»  (ed  eventualmente  anche  prima  dello
scadere del termine de)i  sei  mesi  di  cui  al  comma  5  dell'art.
5-sexies, cosi' evitando successive procedure esecutive.
    6.2.- Resta, di conseguenza, escluso anche  l'asserito  contrasto
del nuovo art. 5-sexies legge n. 89 del 2001 con l'art. 24 Cost.
    E' risalente - ed e' stata piu' volte, infatti, ribadita -  nella
giurisprudenza  di  questa  Corte,  l'affermazione   per   cui   deve
«esclude[rsi]   che   la   garanzia   costituzionale   della   tutela
giurisdizionale   implichi   necessariamente   una    relazione    di
immediatezza tra il sorgere del diritto (o dell'interesse  legittimo)
e tale tutela [...], essendo consentito  al  legislatore  di  imporre
l'adempimento di oneri [...]  che,  condizionando  la  proponibilita'
dell'azione, ne comportino il differimento, purche' gli stessi  siano
giustificati da esigenze di ordine generale o da superiori  finalita'
di giustizia» (sentenza n.  98  del  2014;  nello  stesso  senso,  ex
plurimis, sentenze n. 162 del 2016, n. 403 del 2007, n. 251 del 2003,
n. 276 del 2000, n. 132 e n. 62 del 1998, n. 113 del 1997, n. 82  del
1992 e n. 130 del 1970).
    Nella specie, cio' che la normativa denunciata ha  introdotto  e'
solo l'onere, per i creditori di indennizzi ex lege n. 89  del  2001,
di collaborare con l'amministrazione,  attraverso  una  dichiarazione
(che puo' essere presentata  congiuntamente  o  pedissequamente  alla
notifica del  decreto  che  costituisce  il  titolo)  completa  delle
informazioni  relative  alla  situazione  creditoria,  al   fine   di
ottenerne  il  pagamento  entro  i  sei  mesi  successivi,  trascorso
inutilmente i quali essi potranno agire in sede esecutiva.
    Si  tratta,  dunque,  di  un   meccanismo   procedimentale,   non
irragionevole, che non impedisce la tutela giurisdizionale, ma  solo,
appunto, la differisce (per un tempo non eccessivo) e la  rende  anzi
eventuale,   in   coerenza   con   gli    obiettivi    generali    di
razionalizzazione e semplificazione dell'attivita' amministrativa.
    6.3.- Nessun  vulnus  e',  dunque,  arrecato  alla  "pienezza  ed
effettivita'" dei crediti  in  questione.  E  cio'  supera  anche  il
residuo dubbio di violazione dei parametri costituzionali ed  europei
per tal profilo evocati in tema di «giusto processo».
    6.4.- Le questioni sollevate sono, pertanto, non fondate.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    riuniti i giudizi,
    dichiara non  fondate,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 5-sexies, commi 1,
4, 5, 7 e 11, della legge 24 marzo 2001, n. 89  (Previsione  di  equa
riparazione  in  caso  di  violazione  del  termine  ragionevole  del
processo  e  modifica  dell'articolo  375  del  codice  di  procedura
civile), introdotto dall'art. 1, comma 777, lettera l),  della  legge
28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2016)», sollevate  dal  Tribunale  regionale  amministrativo  per  la
Liguria - in riferimento agli artt.  3,  24,  111,  primo  e  secondo
comma, 113, secondo comma, e 117, primo  comma,  della  Costituzione,
quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art. 47 della  Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7
dicembre 2000 e, in una versione adattata,  il  12  dicembre  2007  a
Strasburgo - con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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