N. 135 SENTENZA 6 - 26 giugno 2018
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Giustizia amministrativa - Giudizio di ottemperanza - Modalita' di
pagamento degli indennizzi per irragionevole durata del processo -
Obblighi di comunicazione del creditore - Termine per l'esecuzione
del versamento - Preclusioni per il creditore di agire in via
esecutiva o di proporre ricorso per l'ottemperanza del
provvedimento in pendenza del termine.
- Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso
di violazione del termine ragionevole del processo e modifica
dell'art. 375 del codice di procedura civile), art. 5-sexies, commi
1, 4, 5, 7 e 11, introdotto dall'art. 1, comma 777, lettera l),
della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilita' 2016)».
-
(GU n.27 del 4-7-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 5-sexies,
commi 1, 4, 5, 7 e 11, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione
di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del
processo e modifica dell'art. 375 del codice di procedura civile),
introdotto dall'art. 1, comma 777, lettera l), della legge 28
dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita'
2016)», promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la
Liguria con quindici ordinanze del 17 ottobre ed una del 15 novembre
2016, iscritte rispettivamente ai numeri da 5 a 15 e da 34 a 38 del
registro ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 7 e n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2017.
Visto l'atto di costituzione della SILVA sas di Sbragia Riccardo
& C., nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell'udienza pubblica del 5 giugno e nella camera di
consiglio del 6 giugno 2018 il Giudice relatore Mario Rosario
Morelli;
udito l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso di sedici (distinti) giudizi di ottemperanza
promossi contro il Ministero della giustizia per l'attuazione di
altrettanti provvedimenti giudiziari definitivi, con i quali era
stato riconosciuto, ai rispettivi ricorrenti, il diritto all'equo
indennizzo di cui alla legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa
riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del
processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura
civile), l'adito Tribunale amministrativo regionale per la Liguria -
al fine del decidere sulla questione pregiudiziale di
improcedibilita' (di ciascun ricorso), proposta dal Ministero
resistente in ragione della denunciata omissione degli adempimenti e
del mancato rispetto del termine dilatorio di cui al nuovo art.
5-sexies della legge stessa - ha ritenuto per cio' rilevante ed ha,
quindi, sollevato, con le sedici ordinanze (di pressoche' identico
contenuto) indicate in epigrafe, questioni incidentali di
legittimita' costituzionale dei commi 1, 4, 5, 7 e 11 del predetto
art. 5-sexies, introdotto nella legge n. 89 del 2001, dall'art. 1,
comma 777, lettera l), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2016)».
Secondo il Tribunale rimettente, le ulteriori «modalita' di
pagamento» dei crediti da equo indennizzo previste dalla normativa
censurata - consistenti, appunto, nel condizionarlo al previo
rilascio di una documentata dichiarazione attestante la mancata
riscossione o proposizione di azione giudiziaria per il medesimo
titolo e al decorso di un termine dilatorio di sei mesi decorrente
dalla trasmissione, solo se regolare e completa, di tale
dichiarazione e documentazione - si porrebbero, infatti, in
contrasto, sia con l'art. 3, primo e secondo comma, della
Costituzione, in quanto irragionevolmente discriminatorie nei
confronti dei creditori di somme per equo indennizzo da eccessiva
durata dei processi rispetto alla generalita' degli altri creditori
di somme nei confronti della pubblica amministrazione; sia con l'art.
24, primo e secondo comma, Cost., poiche' l'introdotto termine
semestrale - ulteriore rispetto a quello di centoventi giorni
prescritto, in via generale, dall'art. 14 del decreto-legge 31
dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria,
finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza
pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, in legge 28
febbraio 1997, n. 30 - si tradurrebbe in una ingiustificabile
compressione del diritto di agire; sia, infine, anche con gli artt.
111, primo e secondo comma, 113, secondo comma, e 117, primo comma,
Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art. 47 della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a
Nizza il 7 dicembre 2000 e, in una versione adattata, il 12 dicembre
2007 a Strasburgo, per violazione del principio del giusto processo,
sotto il profilo della effettivita' della tutela del creditore nei
confronti della pubblica amministrazione.
2.- Nel solo giudizio iscritto al n. 15 del registro ordinanze
2017, si e' costituita - ed ha depositato memoria integrativa - la
societa' ricorrente, la quale ha concluso, in via principale, per una
declaratoria di inammissibilita', per irrilevanza, delle questioni
(in quanto, a suo avviso, sollevate in relazione a normativa
riferibile ai soli giudizi civili di esecuzione forzata e, comunque,
inapplicabile, ratione temporis, nel giudizio di ottemperanza da essa
intrapreso sulla base di titolo esecutivo formatosi prima
dell'entrata in vigore del nuovo art. 5-sexies legge n. 89 del 2001),
e ne ha sostenuto, in subordine, la fondatezza, in adesione alle
censure formulate dal giudice a quo.
3. - In tutti i sedici giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri.
In sua rappresentanza e difesa, l'Avvocatura generale dello Stato
ha preliminarmente, a sua volta, eccepito l'inammissibilita' delle
questioni, per averle il rimettente sollevate prima ancora che con
riguardo alle disposizioni denunciate si fosse formato un
orientamento giurisprudenziale univoco, sia sulle ricadute
processuali derivanti dall'omissione delle formalita' prescritte dal
medesimo art. 5-sexies legge n. 89 del 2001, sia sull'ambito
applicativo della norma stessa, «in particolare in relazione al
preesistente art. 14 d.l. n. 669 del 1996 (con il cui previsto
termine non dovrebbe cumularsi quello contemplato dal medesimo art.
5-sexies), e all'eventuale rapporto di genere a specie astrattamente
sussistente tra le due fattispecie solutorie concepite ad hoc per i
debiti della pubblica Amministrazione»; e senza, comunque,
verificarne la possibilita' di una interpretazione costituzionalmente
adeguata.
In subordine, ha chiesto dichiararsi le questioni manifestamente
infondate, in linea con quanto gia' stabilito da questa Corte con la
sentenza n. 142 del 1998 in relazione alla ravvisata legittimita'
costituzionale dell'art. 14 del d.l. n. 669 del 1996, poiche', al
pari della disciplina recata da tale norma, anche quella ora in esame
non violerebbe il diritto di credito dei privati, ma solo
eventualmente lo posticiperebbe al momento del pagamento. E cio' al
fine di tutelare l'interesse generale, «facilitando l'esecuzione dei
pagamenti a coloro che dimostrino di averne pieno diritto», evitando
il ripetersi dei non pochi casi in cui «sono stati emessi titoli
esecutivi costituenti duplicazione di pagamento», con conseguenti
difficolta' per il correlativo recupero.
Considerato in diritto
1.- L'art. 1, comma 777, lettera l), della legge 28 dicembre
2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», ha
aggiunto nel testo della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di
equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del
processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura
civile), il nuovo art. 5-sexies, contenente la disciplina sulle
«[m]odalita' di pagamento» degli indennizzi per irragionevole durata
del processo.
Con le sedici ordinanze in epigrafe - che, per la identita' del
rispettivo contenuto, possono riunirsi per essere congiuntamente
esaminate e decise - il Tribunale amministrativo regionale per la
Liguria prospetta l'illegittimita' costituzionale, sotto piu'
profili, del predetto art. 5-sexies, con specifico riferimento al
comma 1, laddove prevede che «[a]l fine di ricevere il pagamento
delle somme liquidate a norma della presente legge, il creditore
rilascia all'amministrazione debitrice una dichiarazione, ai sensi
degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la
mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l'esercizio di
azioni giudiziarie per lo stesso credito, l'ammontare degli importi
che l'amministrazione e' ancora tenuta a corrispondere, la modalita'
di riscossione prescelta ai sensi del comma 9 del presente articolo,
nonche' a trasmettere la documentazione necessaria a norma dei
decreti di cui al comma 3»; al comma 4, il quale stabilisce che
«[n]el caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della
dichiarazione o della documentazione di cui ai commi precedenti,
l'ordine di pagamento non puo' essere emesso»; al comma 5, ove
risulta sancito che «[l'] amministrazione effettua il pagamento entro
sei mesi dalla data in cui sono integralmente assolti gli obblighi
previsti ai commi precedenti. Il termine di cui al periodo precedente
non inizia a decorrere in caso di mancata, incompleta o irregolare
trasmissione della dichiarazione ovvero della documentazione di cui
ai commi precedenti»; al comma 7, in cui e' disposto che «[p]rima che
sia decorso il termine di cui al comma 5, i creditori non possono
procedere all'esecuzione forzata, alla notifica dell'atto di
precetto, ne' proporre ricorso per l'ottemperanza del provvedimento»,
e al comma 11, laddove e' previsto che «[n]el processo di esecuzione
forzata, anche in corso, non puo' essere disposto il pagamento di
somme o l'assegnazione di crediti in favore dei creditori di somme
liquidate a norma della presente legge in caso di mancato, incompleto
o irregolare adempimento degli obblighi di comunicazione. La
disposizione di cui al presente comma si applica anche al pagamento
compiuto dal commissario ad acta».
2.- Il TAR rimettente dubita, infatti, che il denunciato
articolato normativo violi, in primo luogo, l'art. 3, primo e secondo
comma, della Costituzione, comportando un aggravio procedimentale,
«ingiustificatamente favorevole all'Amministrazione debitrice di
somme ex L. n. 89/2001», la cui irragionevolezza discenderebbe dalla
«insussistenza di qualsivoglia presupposto legittimante un regime
procedimentale deteriore per il pagamento e l'esecuzione di tali
crediti, i quali - oltretutto - trovano titolo proprio nel protrarsi
nel tempo di un processo oltre il limite ragionevole, cioe' in un
colpevole ritardo dell'amministrazione della Giustizia [...] gia'
"certificato" dalla Corte di appello».
Evidenzia, inoltre, un possibile vulnus all'art. 24, primo e
secondo comma, Cost., sul presupposto che la previsione di un termine
semestrale - ulteriore rispetto a quello di 120 giorni contemplato
dall'art. 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni
urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a
completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997),
convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1997, n. 30, e
che decorre solo dalla data di adempimento degli obblighi
comunicativi di cui al primo comma del medesimo art. 5-sexies - si
traduca nell'impossibilita' per il cittadino di agire in via
immediata e diretta per il soddisfacimento del proprio credito, pur
essendo egli in possesso di un titolo esecutivo perfetto.
Ravvisa, infine, profili di contrasto, dei denunciati commi
dell'art. 5-sexies legge n. 89 del 2001, con gli artt. 111, primo e
secondo comma, 113, secondo comma, e 117, primo comma, Cost. -
quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art. 47 della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a
Nizza il 7 dicembre 2000 e, in una versione adattata, il 12 dicembre
2007 a Strasburgo - in ragione dell'ostacolo che le introdotte
«modalita' di pagamento» porrebbero ad una tutela piena ed effettiva
dei crediti in questione e, quindi, ad un «giusto processo» in
relazione agli stessi.
Dal che, conclusivamente, il sospetto che tali nuove condizioni
di proponibilita' del ricorso per ottemperanza vengano a configurare
un ingiustificato privilegio per la pubblica amministrazione
inadempiente, risolventesi, sul piano della tutela giurisdizionale,
in una rilevante discriminazione tra situazioni soggettive
sostanzialmente analoghe ed in un apprezzabile ostacolo processuale
per il soddisfacimento del credito del cittadino.
3.- E' preliminare l'esame dell'eccezione di inammissibilita'
delle questioni, per omesso esperimento di un previo tentativo di
interpretazione adeguatrice delle disposizioni censurate, formulata
dall'Avvocatura generale dello Stato in tutti i giudizi a quibus.
3.3.- L'eccezione non e' condivisibile.
Il TAR rimettente ha, infatti, non gia' omesso, bensi' risolto
con esito negativo la verifica di praticabilita' di una esegesi
costituzionalmente orientata dalla normativa denunciata, per
l'ostacolo che ha, non immotivatamente, ravvisato nella lettera della
stessa. E cio' consente di superare il vaglio di ammissibilita' delle
questioni conseguentemente sollevate, la correttezza, o meno, del cui
presupposto interpretativo, attiene, invece, al merito e cioe' alla
successiva verifica di fondatezza o non delle questioni stesse
(sentenze n. 255 e n. 254 del 2017 e n. 235 del 2014).
4.- Ancora in limine, ma con riguardo al solo giudizio iscritto
al n. 15 del registro ordinanze del 2017, vengono all'esame le
eccezioni di inammissibilita', sotto altri profili, formulate dalla
societa' ivi ricorrente.
Secondo la difesa di detta parte, la disciplina di cui all'art.
5-sexies legge n. 89 del 2001 non sarebbe applicabile ai procedimenti
esecutivi riguardanti il pagamento di somme gia' liquidate con
provvedimenti ormai divenuti definitivi ed inoppugnabili
anteriormente al 1° gennaio 2016; in ogni caso, la nuova condizione
di proponibilita' investirebbe esplicitamente soltanto l'esecuzione
forzata e non anche il giudizio di ottemperanza, per il quale il
rispetto dell'art. 6 CEDU avrebbe dovuto far propendere per
l'immediato riconoscimento della pretesa di essa societa' in tal sede
azionata.
4.1.- Nessuna di tali eccezioni e' fondata.
Quanto alla prima, e' agevole rilevare che il nuovo art. 5-sexies
legge n. 89 del 2001, introdotto dalla legge n. 208 del 2015 -
disciplinando le modalita' di pagamento dei titoli esecutivi
formatisi all'esito dei procedimenti previsti dalla legge stessa con
riferimento al riconoscimento, in via definitiva, degli indennizzi
riconducibili all'accertata irragionevole durata dei processi
presupposti - inequivocabilmente si applica a tutte le procedure di
esecuzione che siano state, come nella specie, instaurate
successivamente al 1° gennaio 2016 (data di entrata in vigore della
predetta legge n. 208 del 2015), indipendentemente dalla formazione
del titolo esecutivo "a monte".
L'assunto di cui alla seconda eccezione e' poi decisamente
smentito dalla stessa norma censurata la' dove questa, sub comma 7,
testualmente dispone che, prima della decorrenza del termine
semestrale, i creditori non possono neppure proporre «ricorso per
l'ottemperanza del provvedimento» e, al successivo comma 11,
ulteriormente precisa che la non disponibilita' del pagamento in caso
di incompleto o irregolare adempimento degli obblighi di
comunicazione «si applica anche al pagamento compiuto dal commissario
ad acta» e, cioe', appunto, anche nel giudizio amministrativo di
ottemperanza.
5.- Nel merito, le questioni, che vengono ora in esame, muovono
dalla premessa che il termine di sei mesi, di cui al comma 5 della
disposizione denunciata, vada ad «aggiungersi» al termine di 120
giorni gia' previsto in via generale, per tutti i crediti vantati nei
confronti di un'amministrazione dello Stato, dall'art. 14 d.l. n. 669
del 1996.
La «cumulabilita' e non alternativita'» di tali due termini -
implicante che «il creditore non [possa] procedere all'esecuzione
forzata, ne' proporre ricorso per l'ottemperanza del provvedimento,
prima che sia decorso un termine di dieci mesi» - si evincerebbe,
secondo il rimettente, «dalla lettera dell'art. 5-sexies comma 11, il
quale prevede che in caso di mancato, incompleto o irregolare
adempimento degli obblighi di comunicazione di cui al primo comma, il
pagamento non possa essere disposto neppure nell'ambito dei
procedimenti esecutivi gia' in corso, cioe' quelli per i quali il
termine contemplato dal predetto art. 14 D.L. n. 669/1996 (120 giorni
dalla notifica del titolo esecutivo) costituiva gia' condizione per
procedere ad esecuzione forzata».
Una tale (prima) esegesi del nuovo art. 5-sexies della cosiddetta
"legge Pinto" (in ordine al quale effettivamente non si e' ancora
formato un diritto vivente) non puo' condividersi: sia perche'
pretende di desumere, per implicito, da una disposizione transitoria
- non censurata come tale - cio' che la disciplina a regime non dice
e (in coerenza a quanto emerge dalla relazione illustrativa alla
legge di stabilita' 2016) esplicitamente anzi smentisce (dacche' per
testuale dettato del comma 7 i creditori non possono procedere ad
esecuzione «prima che sia decorso il termine di cui al comma 5» e
cioe' appunto, e solo, il termine dilatorio di «sei mesi dalla data
in cui sono assolti gli obblighi previsti dai commi precedenti»); sia
perche' non tiene conto del chiaro carattere di specialita' del
regime di riscossione dei crediti ex lege n. 89 del 2001, di cui
all'art. 5-sexies della legge stessa. Un regime dichiaratamente
riferito, ed innegabilmente conformato, alle peculiarita', e attuali
dimensioni, del corrispondente debito dell'amministrazione e delle
procedure attivate per la sua esecuzione, che hanno finito con
l'ingenerare una sorta di contenzioso parallelo a quello delle liti
presupposte.
6.- Correttamente interpretata, la normativa denunciata si
sottrae alle censure formulate dal rimettente.
6.1.- Non sussiste, in primo luogo, la violazione dell'art. 3
Cost.
La non cumulabilita' del termine (di sei mesi), di cui alla
disposizione impugnata, con quello (di quattro mesi) previsto
dall'art. 14 d.l. n. 669 del 1996, gia' di per se' esclude, infatti,
il principale profilo di disparita' di trattamento articolato
nell'ordinanza di rimessione.
La non coincidenza di tali due termini si giustifica, poi, in
ragione della sottolineata specificita' della procedura liquidatoria
degli indennizzi per equa riparazione della non ragionevole durata
del processo rispetto alle procedure di pagamento degli altri debiti
della pubblica amministrazione.
Ne' l'onere di produrre la dichiarazione ed i documenti di cui al
comma 1 dell'art. 5-sexies in esame (relativamente a dati che sono
comunque in possesso del creditore) e' tale da rendere la posizione
del titolare di credito ex lege n. 89 del 2001 deteriore rispetto a
quella del creditore "ordinario", che deve pur sempre porre in essere
gli adempimenti previsti dalle norme di contabilita' di Stato.
La nuova procedura di pagamento, complessivamente disegnata dal
legislatore del 2015 per i crediti per equa riparazione, attua,
dunque, un ragionevole bilanciamento dell'interesse del creditore a
realizzare il suo diritto (cio' che non e', appunto, in alcun modo
impedito ne' reso eccessivamente gravoso) con l'interesse
dell'amministrazione ad approntare un sistema di risposta, organico
ed ordinato, con cui far fronte al flusso abnorme delle procedure
relative ai crediti fondati su decreti ottenuti ai sensi della legge
n. 89 del 2001. Obiettivo, questo, in vista del quale rileva anche
l'effetto deflattivo riconducibile agli adempimenti preventivi sub
comma 1, che possono consentire all'amministrazione di pagare quanto
dovuto ex iudicato «entro» (ed eventualmente anche prima dello
scadere del termine de)i sei mesi di cui al comma 5 dell'art.
5-sexies, cosi' evitando successive procedure esecutive.
6.2.- Resta, di conseguenza, escluso anche l'asserito contrasto
del nuovo art. 5-sexies legge n. 89 del 2001 con l'art. 24 Cost.
E' risalente - ed e' stata piu' volte, infatti, ribadita - nella
giurisprudenza di questa Corte, l'affermazione per cui deve
«esclude[rsi] che la garanzia costituzionale della tutela
giurisdizionale implichi necessariamente una relazione di
immediatezza tra il sorgere del diritto (o dell'interesse legittimo)
e tale tutela [...], essendo consentito al legislatore di imporre
l'adempimento di oneri [...] che, condizionando la proponibilita'
dell'azione, ne comportino il differimento, purche' gli stessi siano
giustificati da esigenze di ordine generale o da superiori finalita'
di giustizia» (sentenza n. 98 del 2014; nello stesso senso, ex
plurimis, sentenze n. 162 del 2016, n. 403 del 2007, n. 251 del 2003,
n. 276 del 2000, n. 132 e n. 62 del 1998, n. 113 del 1997, n. 82 del
1992 e n. 130 del 1970).
Nella specie, cio' che la normativa denunciata ha introdotto e'
solo l'onere, per i creditori di indennizzi ex lege n. 89 del 2001,
di collaborare con l'amministrazione, attraverso una dichiarazione
(che puo' essere presentata congiuntamente o pedissequamente alla
notifica del decreto che costituisce il titolo) completa delle
informazioni relative alla situazione creditoria, al fine di
ottenerne il pagamento entro i sei mesi successivi, trascorso
inutilmente i quali essi potranno agire in sede esecutiva.
Si tratta, dunque, di un meccanismo procedimentale, non
irragionevole, che non impedisce la tutela giurisdizionale, ma solo,
appunto, la differisce (per un tempo non eccessivo) e la rende anzi
eventuale, in coerenza con gli obiettivi generali di
razionalizzazione e semplificazione dell'attivita' amministrativa.
6.3.- Nessun vulnus e', dunque, arrecato alla "pienezza ed
effettivita'" dei crediti in questione. E cio' supera anche il
residuo dubbio di violazione dei parametri costituzionali ed europei
per tal profilo evocati in tema di «giusto processo».
6.4.- Le questioni sollevate sono, pertanto, non fondate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 5-sexies, commi 1,
4, 5, 7 e 11, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa
riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del
processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura
civile), introdotto dall'art. 1, comma 777, lettera l), della legge
28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita'
2016)», sollevate dal Tribunale regionale amministrativo per la
Liguria - in riferimento agli artt. 3, 24, 111, primo e secondo
comma, 113, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione,
quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
(CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art. 47 della Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7
dicembre 2000 e, in una versione adattata, il 12 dicembre 2007 a
Strasburgo - con le ordinanze indicate in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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mercoledì 4 luglio 2018
N. 135 SENTENZA 6 - 26 giugno 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Giustizia amministrativa - Giudizio di ottemperanza - Modalita' di pagamento degli indennizzi per irragionevole durata del processo - Obblighi di comunicazione del creditore - Termine per l'esecuzione del versamento - Preclusioni per il creditore di agire in via esecutiva o di proporre ricorso per l'ottemperanza del provvedimento in pendenza del termine. - Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'art. 375 del codice di procedura civile), art. 5-sexies, commi 1, 4, 5, 7 e 11, introdotto dall'art. 1, comma 777, lettera l), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)». - (GU n.27 del 4-7-2018 )
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