TAR 2018: “per la
declaratoria di illegittimità..del silenzio serbato sulla domanda,
per il transito in altra amministrazione statale (mobilità) ai sensi
dell'art. 12, comma 4, d.lgs. n. 177/2016;”
Pubblicato il
25/05/2018
N. 05924/2018
REG.PROV.COLL.
N. 01599/2018
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 1599 del 2018, proposto da
XXX XXX,
rappresentato e difeso dagli avvocati Eugenio Barrile e Francesco
Nardocci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia
e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Eugenio Barrile in
Roma, via E. Gianturco, 6;
contro
Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, in
persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello
Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la declaratoria
di illegittimità
- del silenzio
serbato sulla domanda, trasmessa a mezzo raccomandata r/a e tramite
PEC tra il 18 ed il 20 gennaio 2017 e reiterata in data 28 luglio
2017, per il transito in altra amministrazione statale (mobilità) ai
sensi dell'art. 12, comma 4, d.lgs. n. 177/2016;
Visti il ricorso e i
relativi allegati;
Visti gli atti di
costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri
e del Dipartimento della Funzione Pubblica;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore nella
camera di consiglio del giorno 18 aprile 2018 la dott.ssa Paola
Patatini e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’odierno
ricorrente, ex forestale, ha adito questo Tar per ottenere la
declaratoria di illegittimità del silenzio asseritamente serbato
dall’Amministrazione sull’istanza di mobilità, dallo stesso
presentata nel gennaio 2017 e reiterata nel successivo mese di
luglio.
Premette in fatto di
essere stato originariamente assegnato, nell’ambito del
procedimento per la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato
(intrapreso con la legge delega n. 124/2015 e attuato con il d.lgs.
n. 117/2016), all’Arma dei Carabinieri.
Non volendo tuttavia
venire militarizzato, chiedeva, con l’avvio della mobilità
facoltativa, di transitare presso altra amministrazione, optando tra
le sedi indicate dal d.P.C.M. 21 novembre 2016, per la Sovrintendenza
dei beni archeologici ed artistici di Foggia.
In data 24 dicembre
2016, il ricorrente proponeva però un’istanza di autotutela con
cui, oltre a chiedere una ridefinizione dei meccanismi di scelta per
l’area II F4, la pubblicazione in G.U. del d.P.C.M. e la rimessione
nel termine di 20 gg per esprimere le preferenze, revocava altresì
la preferenza espressa per la sede di Foggia, specificando
contestualmente di non voler rinunciare alla procedura di mobilità.
Purtuttavia, l’Amministrazione lo riteneva tra i rinunciatari alla
mobilità.
A seguito della
pubblicazione del d.P.C.M. in G.U., avvenuta in data 3 gennaio 2017,
il sig. XXX presentava allora una nuova domanda di mobilità,
inoltrandola con raccomandata a/r (in data 18 gennaio 2017) e via PEC
(in data 20 gennaio 2017), non riuscendo altrimenti ad accedere al
portale all’uopo predisposto.
Non avendo però
ottenuto alcun successivo riscontro, riteneva allora che l’istanza
fosse stata rigettata.
Nel mese di luglio
dello stesso anno, il ricorrente apprendeva che alcuni colleghi
avevano anch’essi proposto analoghe istanze, cui l’Amministrazione
aveva però dato un riscontro, seppur negativo, e si decideva
pertanto a rinnovare la propria domanda, evidenziando che analoghe
istanze erano state istruite e valutate, sia pure negativamente, e
che il TAR Lazio, con alcune ordinanze, aveva sospeso gli effetti di
tali provvedimenti.
Sennonché, anche
tale rinnovata istanza non otteneva riscontro, determinando il sig.
XXX a proporre il presente ricorso ai sensi dell’art. 117 c.p.a.,
censurando il silenzio serbato dalla Presidenza del Consiglio dei
ministri – Dipartimento della Funzione pubblica per violazione e
falsa applicazione dell’art. 97 Cost., violazione dei principi di
buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa,
violazione e falsa applicazione dell’art. 2, l. n. 241/1990, nonché
dell’art. 12, comma 4, d.lgs. n. 177/2016.
Per resistere al
gravame, si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio
dei ministri e il Dipartimento della Funzione pubblica, per il
tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, depositando documenti
e apposita memoria difensiva, nella quale hanno insisto per
l’inammissibilità e infondatezza del gravame.
Alla camera di
consiglio del 18 aprile 2018, dato avviso alle parti della rilevata
inammissibilità ex art. 73, co. 3, c.p.a., la causa è infine
passata in decisione.
Ai fini della
definizione del presente giudizio, è opportuna una breve
ricostruzione del quadro giuridico di riferimento.
Come è noto, in
base ai princìpi e ai criteri direttivi di cui all’articolo 8
della legge 7 agosto
2015, n. 124,
(Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche), è stato emanato il decreto legislativo
n. 177/2016, recante “Disposizioni in materia di razionalizzazione
delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello
Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7
agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche”, che ha disposto, per quanto qui
d’interesse, l’assorbimento della gran parte del personale del
Corpo forestale nell’Arma dei Carabinieri, nella Polizia di Stato,
nei Vigili del Fuoco e nella Guardia di Finanza.
Contestualmente, il
comma 3, dell’art. 12, d.lgs. n. 177/2016, ha demandato ad un
successivo decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, la
determinazione del contingente di personale del Corpo forestale che
avrebbe potuto avvalersi della facoltà di transito ad altra
amministrazione statale, nonché la definizione delle tabelle di
equiparazione e dei criteri da applicare alle procedure di mobilità.
In attuazione di
detta previsione, è stato pertanto adottato il d.P.C.M. del 21
novembre 2016 che, all’art. 6, comma 2, espressamente prevedeva “Le
preferenze di assegnazione devono essere espresse entro il termine
perentorio di 20 giorni dalla data di pubblicazione dell'Offerta. Le
preferenze espresse oltre il predetto termine sono irricevibili”.
L'Offerta di
mobilità veniva pubblicata in data 23 novembre 2016 sul portale
accessibile al pubblico «Mobilità.gov» a norma dell’articolo 4,
comma 2, del medesimo decreto, con la conseguenza che dopo il termine
del 13 dicembre 2016 non era più possibile la presentazione della
domanda di mobilità.
Il ricorrente ha
prima presentato la propria richiesta di trasferimento entro il
termine sopra indicato, riconoscendo espressamente nel testo del
ricorso che tale data fosse anche il termine ultimo per la
presentazione delle istanze e, prima che la procedura di mobilità si
concludesse, lo stesso ha poi espressamente revocato le preferenze
date in precedenza, “con conseguente totale revoca e inefficacia
della procedura di mobilità operata da parte del richiedente e
cancellazione dalle liste di mobilità” (v. email del 24 dicembre
2016, all. 4 produzione erariale).
Alla luce del quadro
fattuale e giuridico di riferimento sopra riportato, non appare
quindi corretto parlare di “inerzia” dell’Amministrazione,
atteso che il procedimento di mobilità avviato dalla domanda
originariamente presentata dal ricorrente si è definitivamente
chiuso con l’accoglimento, da ultimo, della sua esplicita richiesta
di revoca, tempestivamente avanzata entro il 31 dicembre 2016
(termine ultimo previsto dal legislatore per completare la procedura
di assegnazione).
Le istanze
successivamente avanzate dalla parte - a prescindere dalla loro
irricevibilità, secondo quanto espressamente previsto dal d.P.C.M. -
sono chiaramente intese a sollecitare un intervento in autotutela
dell’Amministrazione, affinché questa rideterminasse il termine
iniziale per la proposizione delle domanda di mobilità,
individuandolo nella pubblicazione in G.U. (e non già nel portale
“Mobilità.gov”) del d.P.C.M e di conseguenza ammettesse, nella
specie, la proposizione di una nuova domanda di mobilità – istanze
nei confronti delle quali non è però configurabile alcun obbligo
della P.A. di attivarsi.
La giurisprudenza è
infatti consolidata nell’escludere l’esistenza di un obbligo di
provvedere a fronte di provvedimenti inoppugnabili o per i quali si
solleciti l’esercizio in autotutela, ritenendo invero che, in dette
ipotesi, l’inerzia non possa qualificarsi in termini di
silenzio-inadempimento e, simmetricamente, l’azione intrapresa ai
sensi dell’art. 117 c.p.a. sia inammissibile per carenza di
legittimazione ad agire (cfr. ex multis, Cons. Stato, V, n.
273/2015).
Ne discende pertanto
che il ricorso così proposto debba essere dichiarato inammissibile.
Le spese di lite
seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in
dispositivo tenuto conto del contenzioso allo stato pendente sulla
vicenda in esame.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo dichiara inammissibile.
Condanna il
ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore
dell’Amministrazione, che liquida in complessivi 350,00 euro
(trecentocinquanta/00), oltre accessori per legge.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma
nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2018 con l'intervento
dei magistrati:
Concetta Anastasi,
Presidente
Roberto Vitanza,
Primo Referendario
Paola Patatini,
Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Paola Patatini
Concetta Anastasi
IL SEGRETARIO
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