Translate
mercoledì 1 agosto 2018
N. 181 ORDINANZA 4 - 27 luglio 2018 Giudizio sull'ammissibilita' di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Legge elettorale - Procedimento legislativo - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso da vari soggetti, nella loro "duplice qualita'" sia di elettori che di parlamentari in carica, "nei confronti delle due Camere che compongono il Parlamento nazionale e, ove occorra, del Governo". - Legge 6 maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati), e relativo iter di approvazione; legge 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali), e relativo iter di approvazione. - (GU n.31 del 1-8-2018 )
N. 181 ORDINANZA 4 - 27 luglio 2018
Giudizio sull'ammissibilita' di ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato.
Legge elettorale - Procedimento legislativo - Ricorso per conflitto
di attribuzione tra poteri dello Stato promosso da vari soggetti,
nella loro "duplice qualita'" sia di elettori che di parlamentari
in carica, "nei confronti delle due Camere che compongono il
Parlamento nazionale e, ove occorra, del Governo".
- Legge 6 maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in materia di elezione
della Camera dei deputati), e relativo iter di approvazione; legge
3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al sistema di elezione della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al
Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e
plurinominali), e relativo iter di approvazione.
-
(GU n.31 del 1-8-2018 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della legge 6 maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in
materia di elezione della Camera dei deputati), e relativo iter di
approvazione, e della legge 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al
sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi
elettorali uninominali e plurinominali), e relativo iter di
approvazione, promosso da Felice Carlo Besostri e altri soggetti, sia
cittadini elettori che parlamentari in carica nella XVII legislatura,
con ricorso depositato in cancelleria il 14 dicembre 2017 e iscritto
al n. 8 del registro conflitti tra poteri 2017 (fase di
ammissibilita').
Visti gli atti di intervento di Federica Giulia Besostri e altri,
di Michele Durante e altri, di Maria Paola Patuelli e altri, di
Rosario Musmeci e altri, di Adriana Eden Susanna Galgano e altri, di
Emanuele Petracca e altra, di Paolo Perrini e altri, di Paolo Grgic e
altri e di Luigi De Magistris e altri;
udito nella camera di consiglio del 4 luglio 2018 il Giudice
relatore Marta Cartabia.
Ritenuto che, con ricorso depositato in data 14 dicembre 2017,
dodici cittadini elettori e dieci membri del Parlamento della XVII
legislatura (di cui sette deputati e tre senatori), «nella duplice
qualita' di elettori e rappresentanti della Nazione» e «con la
plurima variante della loro legittimazione come elettore, soggetto
politico e parlamentare», hanno sollevato conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato «nei confronti delle due Camere che compongono
il Parlamento nazionale e, ove occorra, del Governo»;
che i ricorrenti chiedono che la Corte costituzionale dichiari
l'avvenuta «menomazione delle loro attribuzioni in quanto componenti
del Corpo elettorale, organo del popolo sovrano», la cui espressione
ex art. l, secondo comma, della Costituzione sarebbe stata ostacolata
indebitamente e, nel caso dei parlamentari, «altresi' come
rappresentanti della Nazione senza vincoli di mandato ex art. 67
Cost. (e come tali titolari pro quota del potere di determinare la
politica nazionale, nel rispetto del Regolamento di cui all'articolo
64 Cost., e nella funzione legislativa ex articolo 70 Cost.)»;
che tale menomazione discenderebbe da tre ordini di circostanze;
che, in primo luogo, le attribuzioni dei ricorrenti sarebbero
state menomate dall'approvazione con procedura incostituzionale delle
due ultime leggi elettorali - la legge 6 maggio 2015, n. 52
(Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati), e la
legge 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al sistema di elezione della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo
per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e
plurinominali) - «in particolare per aver richiesto il Governo, e la
Presidenza delle Camere indebitamente ammesso», la questione di
fiducia su disegni di legge in materia elettorale (tre volte alla
Camera dei deputati per quanto riguarda la legge n. 52 del 2015 e tre
volte ancora alla Camera dei deputati e cinque volte al Senato della
Repubblica per quanto riguarda la legge n. 165 del 2017), in
violazione dell'art. 72, quarto comma, Cost., con conseguente
indebito ostacolo dell'espressione della sovranita' del popolo di cui
all'art. 1, secondo comma, Cost.;
che, in secondo luogo, le attribuzioni dei ricorrenti sarebbero
state menomate a causa della compromissione del «loro diritto di
votare secondo Costituzione», perche' la legge n. 165 del 2017
sarebbe «stata adottata, promulgata ed entrata in vigore a meno di un
anno dal termine naturale della legislatura iniziata il 15 marzo
2013», con conseguente violazione del punto II del «Codice di buona
condotta in materia elettorale», adottato dalla Commissione europea
della democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia) del
Consiglio d'Europa con il parere n. 190/2002;
che, in terzo luogo, le attribuzioni dei ricorrenti sarebbero
state menomate per il fatto che entrambe le leggi elettorali
conterrebbero «norme che violano/limitano/comprimono compromettono il
diritto di esprimere un voto eguale, libero e personale (art. 48
Cost.), di candidarsi in condizioni di eguaglianza (art. 51 Cost.),
per eleggere direttamente la Camera dei Deputati (art. 56 Cost.) e il
Senato della Repubblica (art. 58 Cost.) e di partecipare alle
elezioni grazie al "diritto di associarsi liberamente in partiti per
concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale" (art. 49 Cost.)»;
che, di conseguenza, i ricorrenti chiedono alla Corte
costituzionale di annullare gli «atti lesivi» e «ogni altro atto
presupposto, connesso o collegato», «riportando la situazione
parlamentare a prima del 28 aprile 2015» e quindi determinando la
reviviscenza della legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle
norme per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica), cosi' come risultante dalla sentenza di questa Corte n.
1 del 2014, in quanto, con la posizione della questione di fiducia,
sarebbero decaduti tutti gli emendamenti proposti che, se esaminati e
approvati, avrebbero ricondotto le leggi nei parametri di
costituzionalita', in conformita' al «diritto dei cittadini elettori»
gia' accertato dalla sentenza della Corte di cassazione, sezione
prima civile, 16 aprile 2014, n. 8878 e dalle sentenze di questa
Corte n. 1 del 2014 e n. 35 del 2017;
che, quanto all'ammissibilita' del conflitto, i ricorrenti
premettono di essersi determinati alla scelta dello strumento del
conflitto tra poteri dello Stato avverso atto legislativo perche' nel
caso delle leggi elettorali «l'attivazione del meccanismo
incidentale», benche' possibile, puo' rivelarsi «difficoltosa o
tardiva in concreto», come avrebbe dimostrato la vicenda della legge
elettorale n. 270 del 2005, pervenuta al giudizio della Corte
costituzionale «dopo tre applicazioni e otto anni di vigenza»;
che, quanto al requisito soggettivo del conflitto, i
sottoscrittori del ricorso promuovono conflitto di attribuzione
«nella loro qualita' di cittadini componenti dell'organo Corpo
elettorale, e di difensori nominati dai primi che hanno dato loro il
relativo mandato», per affermare le ragioni della sovranita'
popolare, che sarebbero state conculcate dal Parlamento mediante le
illegittime procedure di approvazione delle due leggi elettorali e,
insieme, il diritto «dei singoli parlamentari [...] di poter svolgere
il proprio mandato entro una cornice costituzionale rispettosa dei
principi, dei valori delle regole (anche di procedura) fissate dalla
Costituzione, nonche' da singole norme che violano, limitano o
comprimono il diritto degli/delle elet/tori/trici di votare in
conformita' alla Costituzione»;
che, quanto alla legittimazione dei ricorrenti «come cittadini
elettori», il ricorso insiste sulla qualificazione del Corpo
elettorale quale potere dello Stato-comunita' ben distinto dal
Parlamento, le cui attribuzioni si concentrerebbero «nel
diritto-dovere di "eleggere" la "rappresentanza politica" attraverso
una "espressione di voto", che sia "personale ed eguale, libero e
segreto" (art. 48 Cost.), "a suffragio universale e diretto" (art. 56
e 58 Cost.) e idoneo, peraltro, a "concorrere con metodo democratico
a determinare la politica nazionale" (art. 49 Cost.)» e che dunque,
avrebbe «la "funzione pubblica" di "eleggere i rappresentanti del
Popolo"»;
che si sarebbe in presenza della tipica actio popularis dei
Romani, e si tratterebbe «di una azione, per cosi' dire, a double
face: l'elettore, da un lato agisce come titolare di un diritto
fondamentale individuale e d'altro lato, come "parte" della intera
Comunita' degli elettori, cioe' come membro del "Corpo elettorale"»;
che, secondo i ricorrenti, la situazione che discende dalla
violazione delle regole costituzionali poste a garanzia di una buona
legge elettorale sarebbe particolarissima, perche' verrebbero «a
"coincidere", nello stesso tempo, "il vizio di costituzionalita'"
della legge elettorale e la "violazione" delle "attribuzioni proprie"
del Corpo elettorale» in quanto, dal momento della entrata in vigore
della legge elettorale, «il Corpo elettorale si e' visto privato
della possibilita' di "incidere" in modo libero e diretto sulla
"nomina" dei propri "rappresentanti", dando luogo a un Parlamento che
sia effettivamente "rappresentativo"»;
che, quanto alla legittimazione di alcuni dei ricorrenti «come
parlamentari», la giurisprudenza costituzionale avrebbe lasciato
finora impregiudicata la questione se siano configurabili
attribuzioni individuali di potere costituzionale per la cui tutela
il singolo parlamentare sia legittimato a ricorrere alla Corte
costituzionale per conflitto tra poteri dello Stato, e il potere
legislativo sarebbe un potere diffuso tra i singoli membri del
Parlamento, allo stesso modo del potere giudiziario;
che «la rilevanza della funzione costituzionale del singolo
parlamentare (e di un certo numero di essi)» sarebbe assicurata da
alcune previsioni della Costituzione (artt. 67, 68, 69, 71, primo
comma, e 72, primo e terzo comma, Cost.) e da numerose norme dei
regolamenti parlamentari attributive di diritti e competenze (artt.
29, comma 8, 30, commi 1, 2 e 3, 36, comma 2, 41, comma 1, 55, comma
7, 56, commi 3 e 4, 62, comma 2, 67, 68, 69, 71, comma 1, 72, commi 1
e 3, 77, comma 1, 81, comma 1, 99, commi 2 e 3, 100, comma 4,
102-bis, comma 1, 107, comma 2, 113, comma 2, del Regolamento del
Senato della Repubblica 17 febbraio 1971 e successive modificazioni,
e artt. 30, comma 3, 44, comma 1, 46, commi 1 e 4, 51, comma 2, 83,
comma 2, 86, comma 5, del Regolamento della Camera dei deputati 18
febbraio 1971 e successive modificazioni);
che, quanto al requisito oggettivo del conflitto, ricorrerebbero
i profili della attualita' e concretezza della lesione della
sovranita' popolare «nelle manifestazioni di volonta' del Parlamento
(che produssero l'Italicum) coartate dal Governo. L'effetto di totale
costrizione fu ottenuto, in sede di esame dell'Italicum, respingendo
le molteplici proposte emendative di una legge elettorale unitaria
per le due Camere», e tale «reiezione» sarebbe stata «conseguita
adoperando congiuntamente il ricatto politico delle elezioni
anticipate (usurpando con cio' le prerogative del Presidente della
Repubblica, e calpestando il senso costituzionale della forma di
governo parlamentare), la questione di fiducia, nonche' altre varie
forzature regolamentari, in ispregio delle procedure fissate in
Costituzione per l'approvazione delle leggi»;
che proprio a causa della coartazione della volonta' parlamentare
il ricorso per conflitto di attribuzione non sarebbe stato sollevato
dai Presidenti della Camera e del Senato, i quali anzi sarebbero
proprio i «legittimati passivi» del presente conflitto, oltre al
Governo e alle due Camere;
che, quanto alla possibilita' di sollevare conflitto avverso un
atto legislativo, essa sarebbe ammessa da una giurisprudenza
costituzionale ventennale;
che, quanto al merito del conflitto, i ricorrenti svolgono
innanzitutto due ampi motivi di doglianza riguardanti,
rispettivamente, la «violazione della forma di governo, che sottrae
all'indirizzo politico di maggioranza l'endiadi "leggi in materia
costituzionale ed elettorale"», e la «violazione del giudicato
costituzionale reso con la sentenza n. 1 del 2014», e poi si
concentrano sull'illegittimita' costituzionale di singole
disposizioni delle due leggi elettorali;
che, in proposito, i ricorrenti ribadiscono che «vogliono evitare
che il conflitto di attribuzione diventi uno strumento generale
d'impugnazione diretta di norme di legge di sospetta
costituzionalita'», e affermano che il «ricorso diretto» alla Corte
costituzionale da parte del «popolo sovrano» deve essere ammesso
soltanto «quando di leggi elettorali si tratti, non di qualsiasi
legge che violi la Costituzione»;
che l'obiettivo perseguito dai ricorrenti sarebbe quello di far
si' che le leggi elettorali tramite le quali il popolo esercita
«collettivamente» la sua sovranita' siano conformi a Costituzione;
che, a tale scopo, i ricorrenti elencano numerosi vizi di
costituzionalita' delle due leggi elettorali ricordando che la Corte
costituzionale dispone anche dello strumento dell'autorimessione dei
singoli dubbi di costituzionalita' relativi a entrambe le leggi
elettorali investite dal presente conflitto tra poteri;
che, dunque, «ogni qualvolta nel testo del ricorso si richiede
l'auto-rimessione essa va considerata quale richiesta subordinata,
destinata ad essere attivata soltanto laddove non si ritenga idoneo,
all'esame di merito dei singoli vizi contenutistici della legge, il
riconoscimento del popolo sovrano, che si esprime come corpo
elettorale, quale potere dello Stato, comunita' politica»;
che, qualora fossero dichiarate incostituzionali per vizi del
procedimento di formazione sia la legge n. 165 del 2017 che la legge
n. 52 del 2015, rivivrebbe la precedente legge elettorale n. 270 del
2005, della quale i ricorrenti espongono un ulteriore motivo di
incostituzionalita';
che, nel periodo intercorrente tra il deposito del ricorso per
conflitto di attribuzione tra poteri e la camera di consiglio, sono
pervenuti alla Corte costituzionale nove atti di intervento, con i
quali hanno chiesto di intervenire nel giudizio davanti a questa
Corte un totale di centotrentacinque «elettori/elettrici», che negli
stessi atti si denominano «intervenienti/ricorrenti»;
che gli interventi, di identico tenore, sono spiegati «per
aderire in toto alle domande dei ricorrenti che hanno promosso
conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica e, ove occorra, del Governo, per la
declaratoria dell'illegittimita' della menomazione del loro
potere/diritto di votare in conformita' alla Costituzione»;
che nell'imminenza della camera di consiglio i ricorrenti hanno
depositato un «atto integrativo del ricorso» nel quale hanno svolto
ulteriori argomenti in relazione sia alla ammissibilita' che al
merito del conflitto, ritenendo che sia giunto «il tempo del maggior
attivismo della Corte costituzionale» sulle leggi elettorali, «magari
stimolato anche dall'entita' delle forzature sul piano delle norme
parlamentari e dall'essenzialita' delle norme adottate per la tenuta
del sistema democratico».
Considerato che in questa fase del giudizio la Corte
costituzionale e' chiamata a verificare, ai sensi dell'art. 37, terzo
e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in
camera di consiglio e senza contraddittorio, se sussistono i
requisiti soggettivo e oggettivo di un conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato, e a valutare l'esistenza della «materia di un
conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza»;
che i molteplici vizi dell'atto introduttivo, di seguito
indicati, non mettono la Corte costituzionale in condizione di
deliberare sul merito del conflitto (per un caso analogo, ordinanza
n. 280 del 2017);
che, sotto il profilo soggettivo, la legittimazione ad adire la
Corte con lo strumento del conflitto si fonda sull'esistenza di una
sfera di attribuzioni protetta dalla Costituzione, delle quali si
lamenta la lesione;
che, di conseguenza, ai fini della ammissibilita' del ricorso per
conflitto tra poteri dello Stato non e' sufficiente censurare
l'illegittimita' costituzionale dell'atto impugnato, ma occorre che
il ricorrente individui con chiarezza la sfera di potere
asseritamente lesa, avendo cura di motivare la ridondanza delle
asserite violazioni dei principi costituzionali invocati sulla
propria sfera di attribuzioni costituzionali, a difesa della quale
questa Corte e' chiamata a pronunciarsi (da ultima, ordinanza n. 280
del 2017);
che i ricorrenti hanno sollevato il presente conflitto di
attribuzioni alcuni come cittadini elettori e altri «nella duplice
qualita' di elettori e rappresentanti della Nazione», «con la plurima
variante della loro legittimazione come elettore, soggetto politico e
parlamentare»;
che nel lungo testo del ricorso e dell'«atto integrativo del
ricorso» stesso, depositato nell'imminenza della camera di consiglio,
sono esposte numerose censure di legittimita' costituzionale delle
leggi elettorali 6 maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in materia di
elezione della Camera dei deputati) e 3 novembre 2017, n. 165
(Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei
collegi elettorali uninominali e plurinominali) aventi a oggetto sia
asseriti vizi del procedimento di formazione della legge, sia aspetti
di contenuto del sistema elettorale;
che tali numerose censure sono riferite indistintamente a tutti i
ricorrenti, una parte dei quali, tuttavia, si presenta nella veste di
semplice cittadino elettore, mentre altri ricorrono nella loro
qualita' di cittadini elettori e, insieme, di parlamentari, alcuni
dei quali deputati e altri senatori;
che anche sotto il profilo della legittimazione passiva, il
conflitto di attribuzione si rivolge cumulativamente avverso una
pluralita' di soggetti, essendo stato sollevato nei confronti delle
Camere che hanno approvato le leggi elettorali «e, ove occorra», del
Governo che ha posto piu' volte la questione di fiducia e, in qualche
passaggio, anche contro i Presidenti delle due Camere che l'hanno
ammessa, senza operare distinzioni a seconda dei ricorrenti e delle
censure;
che, di conseguenza, «la prospettazione dei ricorrenti e' resa
incerta dal carattere cumulativo e congiunto del ricorso e dalla
circostanza che le censure in esso contenute sono presentate senza
considerazione della diversita' delle rispettive qualificazioni»
(ordinanza n. 277 del 2017);
che, in ogni caso, l'inammissibilita' del ricorso emerge anche
considerando partitamente la distinta posizione dei ricorrenti;
che, infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,
il singolo cittadino elettore non e' legittimato a sollevare
conflitto di attribuzione, «non essendogli conferita, in quanto
singolo, alcuna attribuzione costituzionalmente rilevante» (ordinanza
n. 277 del 2017);
che, inoltre, il singolo parlamentare non e' titolare di
attribuzioni individuali costituzionalmente protette nei confronti
dell'esecutivo, pur restando «impregiudicata la questione se in altre
situazioni siano configurabili attribuzioni individuali di potere
costituzionale, per la cui tutela il singolo parlamentare sia
legittimato a ricorrere allo strumento del conflitto tra poteri dello
Stato» (ordinanze n. 163 del 2018 e n. 177 del 1998);
che, sempre in riferimento al singolo parlamentare, deve
escludersi che un membro di uno dei due rami del Parlamento possa
lamentare la violazione del procedimento parlamentare svoltosi presso
l'altro ramo (sempre ordinanza n. 277 del 2017), circostanza che si
verifica in ordine alle censure rivolte dai senatori nei confronti
del procedimento legislativo relativo alla legge n. 52 del 2015, nel
quale il voto della questione di fiducia si e' avuto nella sola
Camera dei deputati, e per tutti i parlamentari ricorrenti in ordine
alle censure rivolte nei confronti del procedimento legislativo
relativo alla legge n. 165 del 2017 svoltosi nella Camera diversa da
quella di appartenenza;
che, in ogni caso, le lacune generali del ricorso, gia' portate
all'evidenza, non consentono a questa Corte di esaminare ulteriori
profili attinenti alla legittimazione del singolo parlamentare,
sicche', per le complessive ragioni illustrate, il ricorso e'
inammissibile, restando assorbito l'esame di ogni altro profilo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2018.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento