Translate

mercoledì 1 agosto 2018

N. 178 SENTENZA 4 - 26 luglio 2018 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Paesaggio - Piano paesaggistico regionale - Individuazione di interventi esclusi dal vincolo di integrale conservazione dei singoli caratteri naturalistici, storico-morfologici e dei rispettivi insiemi - Individuazione di immobili incompatibili con i valori paesaggistici da rilocalizzare in aree non di pregio - Procedimento per la permuta, alienazione e sdemanializzazione di terreni soggetti ad uso civico - Procedimento per il trasferimento dei diritti di uso civico su altri terreni comunali. - Legge della Regione autonoma della Sardegna 3 luglio 2017, n. 11 (Disposizioni urgenti in materia urbanistica ed edilizia. Modifiche alla legge regionale n. 23 del 1985, alla legge regionale n. 45 del 1989, alla legge regionale n. 8 del 2015, alla legge regionale n. 28 del 1998, alla legge regionale n. 9 del 2006, alla legge regionale n. 22 del 1984 e alla legge regionale n. 12 del 1994), artt. 13, comma 1, 29, comma 1, lettera a), 37, 38 e 39. - (GU n.31 del 1-8-2018 )



N. 178 SENTENZA 4 - 26 luglio 2018

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Paesaggio  -  Piano  paesaggistico  regionale  -  Individuazione   di
  interventi esclusi  dal  vincolo  di  integrale  conservazione  dei
  singoli  caratteri   naturalistici,   storico-morfologici   e   dei
  rispettivi insiemi - Individuazione di immobili incompatibili con i
  valori paesaggistici da rilocalizzare  in  aree  non  di  pregio  -
  Procedimento per la permuta, alienazione  e  sdemanializzazione  di
  terreni soggetti ad uso civico - Procedimento per il  trasferimento
  dei diritti di uso civico su altri terreni comunali.
- Legge della Regione autonoma della Sardegna 3 luglio  2017,  n.  11
  (Disposizioni urgenti in materia urbanistica ed edilizia. Modifiche
  alla legge regionale n. 23 del 1985, alla legge regionale n. 45 del
  1989, alla legge regionale n. 8 del 2015, alla legge  regionale  n.
  28 del 1998, alla  legge  regionale  n.  9  del  2006,  alla  legge
  regionale n. 22 del 1984 e alla legge regionale n.  12  del  1994),
  artt. 13, comma 1, 29, comma 1, lettera a), 37, 38 e 39.


(GU n.31 del 1-8-2018 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO',

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13, comma
1, 29, comma 1, lettera a), 37, 38 e 39  della  legge  della  Regione
autonoma della Sardegna 3 luglio 2017, n. 11 (Disposizioni urgenti in
materia urbanistica ed edilizia. Modifiche alla legge regionale n. 23
del 1985, alla legge regionale n. 45 del 1989, alla  legge  regionale
n. 8 del 2015, alla legge  regionale  n.  28  del  1998,  alla  legge
regionale n. 9 del 2006, alla legge regionale n. 22 del 1984  e  alla
legge  regionale  n.  12  del  1994),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 4-7 settembre  2017,
depositato in cancelleria il 13 settembre 2017, iscritto al n. 72 del
registro ricorsi 2017 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2017.
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  Regione  autonoma   della
Sardegna;
    udito nell'udienza pubblica del 3 luglio 2018 il Giudice relatore
Aldo Carosi;
    udito l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Mattia Pani  per  la  Regione
autonoma della Sardegna.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso spedito per la  notifica  il  4  settembre  2017,
ricevuto  il  7  settembre  2017  e  depositato  in  cancelleria   il
successivo 13 settembre (reg. ric. n. 72 del 2017), il Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato,  ha  promosso,  in  riferimento  all'art.  117,
secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione   e   alla   legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna), e successive integrazioni e modificazioni - in particolare
all'art. 3, primo comma, lettera n) - e in relazione agli artt. 135 e
143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10  della  legge  6
luglio 2002, n. 137), questioni di legittimita' costituzionale  degli
artt. 13, comma 1, 29, comma 1, lettera a), 37, 38 e 39  della  legge
della  Regione  autonoma  della  Sardegna  3  luglio  2017,   n.   11
(Disposizioni urgenti in materia urbanistica ed  edilizia.  Modifiche
alla legge regionale n. 23 del 1985, alla legge regionale n.  45  del
1989, alla legge regionale n. 8 del 2015, alla legge regionale n.  28
del 1998, alla legge regionale n. 9 del 2006, alla legge regionale n.
22 del 1984 e alla legge regionale n. 12 del 1994).
    1.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha premesso che la
Regione autonoma della Sardegna gode  di  competenza  legislativa  di
tipo primario in materia di usi civici, ai sensi dell'art.  3,  primo
comma, lettera n), dello statuto speciale, la  quale,  in  base  alla
citata norma statutaria,  dovrebbe  attuarsi  «[i]n  armonia  con  la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e col  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali,   nonche'   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali  della  Repubblica»;  e  che  anche  le  norme   di
attuazione dello statuto speciale  che  attribuiscono  alla  medesima
Regione funzioni relative ai beni culturali e ai  beni  ambientali  e
quelle  relative  alla  redazione  e   all'approvazione   dei   piani
paesistici (art. 6 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  22
maggio 1975, n. 480, recante «Nuove norme di attuazione dello Statuto
speciale della Regione autonoma della  Sardegna»)  dovrebbero  essere
adottate nel rispetto dei sopramenzionati limiti di cui  all'art.  3,
primo comma, dello statuto speciale.
    In  particolare,  tra  le  norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali  della  Repubblica  andrebbero  ricondotte   quelle
introdotte  dal  legislatore  statale  sulla  base  del   titolo   di
competenza   legislativa   nella   materia   «tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., e, specificamente, le norme in  materia  di
beni paesaggistici e di pianificazione  paesaggistica  contenute  nel
d.lgs. n. 42 del 2004, come gia' affermato, in diverse occasioni,  da
questa Corte.
    1.2.- Fatte queste  premesse,  e',  in  particolare,  oggetto  di
impugnativa l'art. 13, comma 1, della legge regionale in esame,  che,
aggiungendo le lettere i-bis) e i-ter) al comma  2  dell'art.  10-bis
della legge della Regione autonoma della Sardegna 22  dicembre  1989,
n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale), esclude
dal  «vincolo  di  integrale  conservazione  dei  singoli   caratteri
naturalistici,  storico-morfologici  e  dei  rispettivi  insiemi»  e,
dunque, dal vincolo di inedificabilita', gli interventi relativi alla
realizzazione di parcheggi che non determinino alterazione permanente
e irreversibile dello stato dei  luoghi  e  le  strutture  di  facile
rimozione  a  servizio  della  balneazione  e   della   ristorazione,
preparazione e somministrazione di bevande e alimenti, e  finalizzate
all'esercizio di attivita' sportive,  ludico-ricreative  direttamente
connesse  all'uso  del  mare  e  delle  acque  interne;  nonche'   le
infrastrutture  puntuali  di  facile  rimozione  a   servizio   delle
strutture di interesse turistico-ricreativo dedicate alla nautica.
    Secondo il ricorrente, la  disposizione  in  esame  anticiperebbe
scelte di merito di compatibilita' paesaggistica di talune  tipologie
di interventi, i quali costituirebbero alcuni  dei  contenuti  minimi
del piano paesaggistico in base all'art. 143, comma  1,  lettera  c),
del  d.lgs.  n.  42  del  2004  sottoposti,  per  i  beni  vincolati,
all'obbligo di condivisione preventiva con il Ministero competente in
virtu' dell'art. 135 del d.lgs. citato; la  disposizione  violerebbe,
dunque, l'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.  e  le  norme
interposte sulla pianificazione congiunta (artt. 135 e 143 del d.lgs.
n. 42 del 2004), in quanto  interverrebbe  unilateralmente,  anziche'
con  la  pianificazione  condivisa  con  gli   organi   statali.   La
copianificazione  obbligatoria  per  le  aree  vincolate  gravate  da
vincoli paesaggistici  sarebbe,  difatti,  norma  di  grande  riforma
economico-sociale, che si impone  anche  alle  Regioni  ad  autonomia
speciale, in quanto  risponde  alle  esigenze  di  uniformita'  nella
tutela dei beni paesaggistici (sono citate le sentenze n. 64 del 2015
e n. 180 del 2008).
    1.3.- Anche l'art. 29, comma 1,  lettera  a),  della  legge  reg.
Sardegna n. 11 del 2017 - che modifica l'art. 38 della legge  Regione
autonoma  della  Sardegna  23  aprile  2015,  n.  8  (Norme  per   la
semplificazione e il riordino di disposizioni in materia  urbanistica
ed edilizia  e  per  il  miglioramento  del  patrimonio  edilizio)  -
prevedendo  il  trasferimento  del  patrimonio   edilizio   esistente
mediante interventi di demolizione  e  ricostruzione  con  differente
localizzazione  degli  edifici  ricadenti  «all'interno  delle   zone
urbanistiche omogenee E  ed  H  ed  interne  al  perimetro  dei  beni
paesaggistici di cui all'articolo 142, comma 1, lettere a),  b),  c),
ed i) del decreto legislativo n. 42 del 2004»,  risulterebbe  non  in
linea  con  il  quadro  giuridico  nazionale  di  riferimento  e,  in
particolare, con gli artt. 135 e 143 del d.lgs. n. 24 del 2004, per i
medesimi motivi in precedenza illustrati.
    1.4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  impugna  altresi'
gli artt. 37 e 38 della legge reg.  Sardegna  n.  11  del  2017,  che
modificano, rispettivamente,  gli  artt.  18  e  18-ter  della  legge
Regione autonoma della Sardegna  14  marzo  1994,  n.  12  (Norme  in
materia di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio 1977,
n.  1,  concernente  l'organizzazione  amministrativa  della  Regione
sarda).
    Il procedimento delineato dalle menzionate  disposizioni  per  la
permuta, alienazione  e  trasferimento  dei  terreni  ovvero  per  il
trasferimento dei diritti di uso  civico  vincolerebbe,  difatti,  il
potere dell'amministrazione  statale  di  valutazione  degli  aspetti
paesaggistici delle aree coperte  da  usi  civici,  per  le  quali  i
Consigli comunali richiedono la sclassificazione, solo  in  relazione
al riconoscimento «dell'assenza di valori  paesaggistici  determinati
dall'uso civico», con implicita esclusione di una diversa valutazione
complessiva  tecnico-discrezionale  della  sussistenza   attuale   di
ulteriori valori paesaggistici.
    Le    previsioni    censurate,    pertanto,    imporrebbero    la
sclassificazione e la cessazione del  vincolo  paesaggistico  per  il
solo fatto che gli usi civici non sono piu' attualmente  praticati  o
praticabili a causa del mutamento dello stato dei luoghi, precludendo
diverse   valutazioni,   volte,   ad   esempio,   a    processi    di
riqualificazione e recupero di  contesti  paesaggistici  parzialmente
compromessi o degradati, oltre al ripristino dello stato dei  luoghi,
ove possibile.
    Le richiamate disposizioni sarebbero  inoltre  censurabili  anche
per il richiamo non appropriato all'art. 156, comma 1, del d.lgs.  n.
42 del 2004, che introdurrebbe una nuova figura di potere sostitutivo
ministeriale, da esercitarsi nel caso in cui non sia stato  stipulato
l'accordo di copianificazione previsto dalle menzionate  disposizioni
entro novanta giorni dalla delibera del Consiglio comunale.
    Alla luce delle precedenti considerazioni,  gli  artt.  37  e  38
della  legge  regionale  in  esame  eccederebbero  dalle   competenze
statutarie della Regione autonoma della Sardegna, in  particolare  da
quelle di cui all'art. 3, primo  comma,  lettera  n),  dello  statuto
speciale, e contrasterebbero con le disposizioni statali  citate,  in
violazione della competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei  beni  culturali  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
    1.5.- Le medesime ragioni condurrebbero, secondo  il  ricorrente,
alla declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 39 della
medesima legge reg. Sardegna n. 11 del  2017  che,  inserendo  l'art.
18-quater della legge reg. Sardegna  n.  12  del  1994,  prevede  che
possono essere oggetto di sdemanializzazione i terreni soggetti a uso
civico  appartenenti  ai  demani  civici  a  condizione  che  abbiano
irreversibilmente perso la conformazione  fisica  o  la  destinazione
funzionale di terreni  agrari,  ovvero  boschivi  o  pascolativi  per
oggettiva   trasformazione.   Anch'esso   finirebbe,   difatti,   per
pregiudicare la valutazione della possibile  sussistenza  attuale  di
altri valori paesaggistici e per escludere, di conseguenza, la stessa
possibilita' di «proporre soluzioni di riduzione  in  pristino  dello
stato dei luoghi degradati o compromessi o di  prospettare  soluzioni
di rigenerazione e  di  recupero  paesaggistico,  fermo  restando  il
connesso regime vincolistico», come previsto dall'art. 143 del d.lgs.
n. 42 del 2004.
    2.- Si  e'  costituta  in  giudizio  la  Regione  autonoma  della
Sardegna, che ha concluso per l'inammissibilita' o l'infondatezza del
ricorso.
    La resistente ha premesso che la competenza legislativa  primaria
in materia di edilizia e urbanistica (art. 3, primo comma, lettera f,
dello statuto speciale) ricomprende, nell'interpretazione fornita  da
questa Corte con la sentenza n. 51 del  2006,  anche  la  tutela  del
paesaggio e dell'ambiente, che  deve  comunque  rispettare  le  norme
fondamentali  di  riforma  economico-sociale.  In   particolare,   la
sentenza n. 308 del 2013  avrebbe  individuato  nel  principio  della
pianificazione congiunta dei beni paesaggistici, espresso dagli artt.
135 e 143 del d.lgs. n.  42  del  2004,  una  norma  fondamentale  di
riforma economico-sociale che costituisce un limite  alla  competenza
legislativa primaria delle Regioni a  statuto  speciale.  La  Regione
autonoma, pertanto, fuori dai  limiti  individuati  e  nell'esercizio
della propria  competenza  legislativa  primaria,  puo'  «intervenire
sulla  regolamentazione  paesaggistica  dei  suddetti   beni,   anche
attraverso  una  norma  di  interpretazione  autentica,  non  essendo
vincolata  a  coinvolgere,  ne'  in  via  preventiva,  ne'   in   via
successiva,  i  competenti  organi  statali»  e,  in  sostanza,  puo'
incidere  sulla   disciplina   pianificatoria   in   tema   di   beni
paesaggistici (e'  citata  la  sentenza  del  TAR  Sardegna,  seconda
sezione, 11 maggio 2017, n. 334), anche in  virtu'  dell'art.  8  del
d.lgs. n. 42 del 2004.
    2.1.- Preliminarmente, la  Regione  autonoma  della  Sardegna  ha
eccepito l'inammissibilita' del ricorso che non avrebbe articolato le
censure tenendo conto delle  norme  statutarie  che  le  conferiscono
competenza legislativa primaria in materia e, comunque,  non  avrebbe
illustrato le ragioni per le quali non trovano applicazione le  norme
speciali statutarie. Ha inoltre  eccepito  la  carenza  di  interesse
all'impugnativa   e,    in    particolare,    l'omessa    indicazione
dell'ipotetico pregiudizio per l'interesse pubblico conseguente  alla
esecuzione delle norme in esame. Risulterebbero infine  genericamente
evocati i parametri violati,  in  assenza  di  un  adeguato  supporto
argomentativo.
    2.2.- Nel merito, secondo la Regione resistente, l'art. 13, comma
1, della legge reg. Sardegna n. 11 del  2017,  non  avrebbe  leso  il
principio di copianificazione dei beni paesaggistici, annoverato  tra
le norme fondamentali di riforma economico-sociale che  si  impongono
anche alle Regioni a statuto speciale.
    L'art. 10-bis della legge reg. Sardegna n. 45 del 1989  e'  stato
difatti inserito dalla legge della Regione autonoma della Sardegna  7
maggio 1993, n. 23 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 22
dicembre 1989, n. 45, recante  «Norme  per  l'uso  e  la  tutela  del
territorio  regionale»),  la  quale  ha  introdotto  una   disciplina
particolarmente rigorosa, rendendo  del  tutto  inedificabili  alcuni
ambiti territoriali, e, al contempo, ha  individuato  le  fattispecie
escluse da detto vincolo. Tra queste sono stati  inseriti  anche  gli
interventi previsti dalla disposizione in esame,  che  sarebbe  volta
soltanto a chiarire che essi  non  sono  ricompresi  nel  vincolo  di
intrasformabilita', ma non sarebbero ammessi nelle aree sottoposte  a
vincolo paesaggistico ne' si sottrarrebbero alla copianificazione.
    In  definitiva,  la  disposizione  in  esame  sarebbe   volta   a
consentire che tali interventi non trovino ostacolo nelle  previsioni
legislative di cui all'articolo 10-bis, primo comma, della legge reg.
Sardegna n. 45 del 1989.
    2.3.- Peraltro, gli ambiti oggetto di  tutela  in  base  all'art.
10-bis  della  legge  reg.  Sardegna  n.  45  del  1989  e   i   beni
paesaggistici ai sensi dell'art.  142  del  d.lgs.  n.  42  del  2004
avrebbero caratteri differenti.
    La norma regionale, difatti, imporrebbe un vincolo  assoluto  che
precluderebbe  la  trasformabilita'  e  l'edificabilita'  delle  aree
interessate dal vincolo, impedendo ogni trasformazione  degli  ambiti
oggetto di tutela. Diversamente, il codice dei beni culturali  e  del
paesaggio valuterebbe la compatibilita' delle trasformazioni  con  il
contesto paesaggistico e con i  valori  che  sottendono  al  vincolo,
subordinandole al rilascio dell'autorizzazione di  cui  all'art.  146
del medesimo codice. La disciplina  conseguente  all'apposizione  del
vincolo e  il  connesso  regime  autorizzatorio  non  verrebbero,  in
definitiva, modificati dalla norma in esame.
    2.4.- Analogamente, anche l'obbligo di  pianificazione  congiunta
previsto dagli artt. 135 e 143 del cod. beni culturali  non  verrebbe
meno in virtu'  della  normativa  in  esame,  che  si  limiterebbe  a
elencare gli interventi esclusi dal vincolo di inedificabilita' e non
quelli sottratti alla disciplina dei beni paesaggistici.  D'altronde,
norme analoghe (art. 5, comma 7, della legge della  Regione  autonoma
della Sardegna 7 agosto 2009, n. 3, recante «Disposizioni urgenti nei
settori economico e sociale», e art. 17, comma 1,  lettera  b,  della
legge della reg. Sardegna n. 8 del 2015), che hanno modificato l'art.
10-bis della legge reg. Sardegna n. 45 del 1989, non sarebbero  state
impugnate dal Presidente del Consiglio dei ministri  sulla  base  del
presupposto per cui non avrebbero potuto essere  lesive  dell'obbligo
di copianificazione dei beni paesaggistici.
    2.5.- Infine, l'art. 13, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 11
del 2017  sarebbe  in  realta'  conforme  ai  parametri  evocati  dal
ricorrente,   in    quanto    gli    interventi    ivi    contemplati
corrisponderebbero a quelli indicati negli allegati A e B del  d.P.R.
13 febbraio 2017, n. 31  (Regolamento  recante  individuazione  degli
interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o  sottoposti  a
procedura autorizzatoria semplificata), volti a rendere  maggiormente
fruibile il bene paesaggistico, o inidonei ad arrecarvi un vulnus, in
quanto caratterizzati o dal presupposto della mancanza di alterazione
permanente e irreversibile dello stato dei luoghi  ovvero  da  quello
della  facile  rimozione  delle  strutture.  D'altronde,   anche   la
relazione illustrativa del menzionato d.P.R. n. 31 del  2017  delinea
il rapporto tra  gli  artt.  149  e  146  del  cod.  beni  culturali,
chiarendo che un intervento puo' essere ritenuto rilevante in  questo
ambito solo quando puo' arrecare pregiudizio al  bene  paesaggistico,
con  la  conseguenza   che   il   sacrificio   della   proprieta'   e
dell'iniziativa economica deve trovare un limite logico,  ragionevole
e proporzionato.
    In conclusione,  la  norma  impugnata  non  potrebbe  violare  il
principio di copianificazione, in quanto  individuerebbe  fattispecie
insuscettibili di produrre modificazione dei beni  paesaggistici  che
alterino i caratteri  naturalistici  e  storico-morfologici  tutelati
dalla norma.
    2.6.- Anche le censure attinenti all'art. 29,  comma  1,  lettera
a), della medesima legge regionale sarebbero infondate,  dal  momento
che l'intervento ivi contemplato sarebbe comunque soggetto al  regime
di cui all'art. 146 del cod. beni culturali.
    2.7.- In relazione agli artt. 37 e 38 della legge reg.  in  esame
che disciplinano, rispettivamente, le  procedure  per  la  permuta  e
l'alienazione dei terreni civici e per il trasferimento  dei  diritti
di  uso  civico  su  altri  terreni  comunali,  la  Regione  autonoma
resistente chiarisce  che  l'adozione  del  decreto  assessoriale  di
autorizzazione  a  disporre  di  detti  beni  e'   subordinata   alla
valutazione degli aspetti paesaggistici effettuata  dalla  Regione  e
dal Ministero in  occasione  dell'elaborazione  congiunta  del  piano
paesaggistico regionale o, in  fase  anticipata,  attraverso  singoli
accordi di copianificazione, come richiesto  da  questa  Corte  nella
sentenza n. 210 del 2014.
    Inoltre,  la  procedura  delineata  dalle  suddette   norme   non
limiterebbe l'attivita' congiunta al riconoscimento  dell'assenza  di
valori  paesaggistici  determinati  dall'uso  civico,  bensi'   «alla
valutazione degli aspetti paesaggistici», come enunciato nella  parte
iniziale, che potrebbe portare a dettare  apposite  prescrizioni,  ai
sensi dell'art. 143,  o  a  riproporre  un  vincolo  paesaggistico  e
ambientale, ai sensi degli artt. 136 e ss. del d.lgs. n. 42 del 2004.
    Con riferimento  all'asserito  erroneo  richiamo  dell'art.  156,
comma 1, cod. beni culturali, esso sarebbe in realta' coerente con la
configurazione di un accordo di copianificazione quale  anticipazione
dell'adeguamento  del  piano  paesaggistico  regionale   e   con   la
conseguente riconducibilita' all'intesa di cui all'art. 143, comma 2,
del d.lgs. n. 42 del 2004, ivi richiamata.
    Infine, anche l'art. 39 impugnato  dovrebbe  essere  interpretato
nel senso di  subordinare  l'autorizzazione  alla  sdemanializzazione
alla valutazione  degli  aspetti  paesaggistici  non  necessariamente
connessi all'esistenza dell'uso civico effettuata dalla Regione e dal
Ministero  in  occasione  dell'elaborazione   congiunta   del   piano
paesaggistico regionale o, in  fase  anticipata,  attraverso  singoli
accordi di copianificazione.
    3.- In prossimita'  dell'udienza  pubblica  la  Regione  autonoma
della Sardegna ha depositato il parere del Ministero dei  beni  delle
attivita' culturali e del turismo del  3  maggio  2018  reso,  a  sua
richiesta, in merito alla portata applicativa della legge 20 novembre
2017, n. 168 (Norme in materia di domini collettivi).
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,   nella   memoria
illustrativa,  ha  replicato  alle  eccezioni   di   inammissibilita'
sollevate   e   ribadito   le   argomentazioni   a   sostegno   della
illegittimita'    delle    disposizioni    impugnate,     contestando
l'interpretazione della Regione  autonoma  volta  a  "dequotarne"  la
portata precettiva.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 13, comma  1,  29,  comma  1,
lettera a), 37, 38 e 39 della  legge  della  Regione  autonoma  della
Sardegna 3 luglio  2017,  n.  11  (Disposizioni  urgenti  in  materia
urbanistica ed edilizia. Modifiche alla legge  regionale  n.  23  del
1985, alla legge regionale n. 45 del 1989, alla legge regionale n.  8
del 2015, alla legge regionale n. 28 del 1998, alla  legge  regionale
n. 9 del 2006, alla legge regionale n.  22  del  1984  e  alla  legge
regionale n. 12 del  1994),  in  riferimento  all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), della Costituzione e alla legge costituzionale  26
febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e  successive
integrazioni e modificazioni, in particolare all'art. 3, primo comma,
lettera n),  e  in  relazione  agli  artt.  135  e  143  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6  luglio  2002,  n.
137).
    L'art. 13, comma 1 della legge reg. Sardegna n. 11 del 2017 - che
aggiunge le lettere i-bis e i-ter al comma 2 dell'art.  10-bis  della
legge della Regione autonoma della Sardegna 22 dicembre 1989,  n.  45
(Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale) - esclude  dal
vincolo   di   integrale   conservazione   dei   singoli    caratteri
naturalistici, storico-morfologici  e  dei  rispettivi  insiemi  «gli
interventi  relativi  alla  realizzazione  di   parcheggi   che   non
determinino alterazione permanente e irreversibile  dello  stato  dei
luoghi  e  le  strutture  di  facile  rimozione  a   servizio   della
balneazione e della ristorazione, preparazione e somministrazione  di
bevande  e  alimenti,  e  finalizzate  all'esercizio   di   attivita'
sportive, ludico-ricreative direttamente connesse all'uso del mare  e
delle acque interne»; nonche' «le infrastrutture puntuali  di  facile
rimozione    a    servizio    delle    strutture     di     interesse
turistico-ricreativo dedicate alla nautica».
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,  la  menzionata
disposizione sarebbe lesiva dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., che riserva allo Stato la potesta'  legislativa  esclusiva  in
materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali»,
in quanto interverrebbe unilateralmente e non con  la  pianificazione
condivisa prevista, per i beni vincolati, dagli artt. 135 e  143  del
d.lgs. n. 42 del 2004, che  costituiscono  norme  di  grande  riforma
economica-sociale vincolanti anche le Regioni ad autonomia speciale.
    Anche l'art. 29, comma 1, lettera a), della medesima  legge  reg.
Sardegna n. 11 del 2017 - che modifica l'art. 38 della legge  Regione
autonoma  della  Sardegna  23  aprile  2015,  n.  8  (Norme  per   la
semplificazione e il riordino di disposizioni in materia  urbanistica
ed edilizia e per il miglioramento  del  patrimonio  edilizio)  -  il
quale prevede il  trasferimento  del  patrimonio  edilizio  esistente
mediante interventi di demolizione  e  ricostruzione  con  differente
localizzazione  degli  edifici  ricadenti  «all'interno  delle   zone
urbanistiche omogenee E  ed  H  ed  interne  al  perimetro  dei  beni
paesaggistici di cui all'articolo 142, comma 1, lettere a),  b),  c),
ed i)» del decreto legislativo n. 42 del 2004, sarebbe  lesivo  degli
stessi parametri per analoghe ragioni.
    1.2.- Sono inoltre impugnati gli artt. 37, 38 e  39  della  legge
reg. Sardegna n. 11 del 2017, che  modificano,  rispettivamente,  gli
artt. 18 e 18-ter della legge  Regione  autonoma  della  Sardegna  14
marzo 1994, n. 12 (Norme in materia di  usi  civici.  Modifica  della
legge regionale 7 gennaio 1977, n.  1,  concernente  l'organizzazione
amministrativa  della  Regione  sarda),  e   vi   aggiungono   l'art.
18-quater, poiche' subordinano  il  decreto  di  autorizzazione  alla
alienazione, alla  permuta  o  alla  sdemanializzazione  dei  terreni
civici ad un accordo che riconosca l'assenza di valori  paesaggistici
determinati dall'uso civico.
    Secondo il  ricorrente,  essi  lederebbero  l'art.  117,  secondo
comma,  lettera  s),  Cost.,  che  riserva  allo  Stato  la  potesta'
legislativa  esclusiva   in   materia   di   «tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni  culturali»,  e  l'art.  3,  primo  comma,
lettera n), dello statuto speciale, in  relazione  all'art.  143  del
d.lgs.  n.  42  del  2004,  in  quanto   vincolerebbero   il   potere
dell'amministrazione   statale   di   valutazione    degli    aspetti
paesaggistici delle aree coperte da  usi  civici,  per  le  quali  la
stessa  norma  prevede  che  i  Consigli   comunali   richiedono   la
sclassificazione.
    Le richiamate disposizioni sarebbero  inoltre  censurabili  anche
per il richiamo non appropriato all'art. 156, comma 1, del d.lgs.  n.
42 del 2004, che introdurrebbe una nuova figura di potere sostitutivo
ministeriale, da esercitarsi nel caso in cui non sia stato  stipulato
l'accordo di copianificazione previsto da  dette  disposizioni  entro
novanta giorni dalla delibera del Consiglio comunale.
    2.- La  Regione  autonoma  della  Sardegna  ha  eccepito  in  via
preliminare  l'inammissibilita'  del  ricorso  in  quanto  e'   stato
formulato  non  tenendo  conto  delle   norme   statutarie   che   le
conferiscono  «competenza  legislativa  primaria  ed   esclusiva   in
materia» e, comunque, per non essere state illustrate le ragioni  per
le quali non troverebbero applicazione le norme speciali  statutarie.
Ha inoltre eccepito la carenza di interesse all'impugnativa in  esame
e, in particolare, l'omessa  indicazione  dell'ipotetico  pregiudizio
per l'interesse pubblico conseguente  alla  «esecuzione  delle  norme
impugnate».
    Risulterebbero infine genericamente evocati i parametri  violati,
in assenza di un adeguato supporto argomentativo.
    2.1.- Le eccezioni sollevate dalla  Regione  autonoma  resistente
non sono fondate.
    Questa Corte ha gia' avuto modo di affermare, anche  di  recente,
proprio con riferimento alla Regione autonoma della Sardegna, che «la
conservazione ambientale e paesaggistica spetta, in base all'articolo
117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  alla  cura  esclusiva  dello
Stato [e che ] le disposizioni del Codice dei beni  culturali  e  del
paesaggio si impongono al  rispetto  del  legislatore  della  Regione
autonoma della Sardegna, anche in considerazione della loro natura di
norme di grande riforma economico-sociale e dei  limiti  posti  dallo
stesso statuto sardo alla potesta' legislativa regionale (sentenze n.
210 del 2014 e n. 51 del 2006)» (sentenza n. 103 del 2017).
    Parimenti  infondate  sono  le  ulteriori  eccezioni  preliminari
sollevate dalla Regione resistente, ossia  la  carenza  di  interesse
alla proposizione dell'impugnativa  -  e,  in  particolare,  l'omessa
indicazione  dell'ipotetico  pregiudizio  per  l'interesse   pubblico
derivante dalla norma in esame  -  e  la  carente  argomentazione  in
ordine alle censure.
    Per costante giurisprudenza di questa Corte, difatti, il giudizio
promosso in via principale e' giustificato dalla  mera  pubblicazione
di una legge che si ritenga lesiva della ripartizione di  competenze,
a prescindere dagli effetti  che  essa  abbia  prodotto  (ex  multis,
sentenze n. 195 del 2017, n. 262 del 2016 e n.  118  del  2015).  Nel
caso in esame, l'asserita lesione dei criteri di  ripartizione  delle
competenze legislative statali giustifica l'impugnativa in esame.
    Del pari da respingere e' l'ultima eccezione di  inammissibilita'
circa la carenza di motivazione. Contrariamente  a  quanto  sostenuto
dalla Regione autonoma della Sardegna, il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri ha sufficientemente motivato le ragioni per le quali  le
disposizioni impugnate  sarebbero  contrarie  alle  norme  di  grande
riforma economico-sociale, specificamente individuate, in materia  di
tutela dell'ambiente.
    3.- Venendo al merito, e'  necessario  sinteticamente  premettere
l'evoluzione delle norme  regionali  e  statali,  da  cui  emerge  la
stretta interrelazione logica e cronologica tra le stesse.
    In seguito all'entrata in  vigore  del  decreto-legge  27  giugno
1985, n. 312 (Disposizioni  urgenti  per  la  tutela  delle  zone  di
particolare interesse  ambientale),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 8 agosto 1985, n. 431 - che  ha,  tra  l'altro,  previsto
l'obbligo per le Regioni di sottoporre a specifica normativa d'uso  e
di valorizzazione ambientale i beni e le aree vincolate  mediante  la
redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali  -,
la legge reg. Sardegna n. 45 del 1989 ha previsto  e  disciplinato  i
piani territoriali paesistici.
    Dopo la proposta di piano di cui  all'art.  11  della  menzionata
legge regionale, e' stata adottata la legge  della  Regione  autonoma
della Sardegna 7 maggio 1993, n. 23 (Modifiche ed  integrazioni  alla
legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, recante «Norme per  l'uso  e
la  tutela  del  territorio  regionale»),  che,   tra   l'altro,   ha
individuato, introducendo l'art. 10-bis nella legge reg.  n.  45  del
1989,  una  serie  di  beni  tutelati  con   vincolo   di   integrale
conservazione   delle   caratteristiche   naturali    e,    pertanto,
inedificabili.
    In sostanza, nella menzionata disposizione la Regione autonoma ha
dato attuazione alle norme di salvaguardia previste dagli artt. 1-bis
e 1-ter del d.l. n. 312  del  1985,  convertito,  con  modificazioni,
nella legge  n.  431  del  1985,  sui  beni  assoggettati  a  vincolo
dall'art. 1 dello stesso decreto-legge, trasformandoli in divieti  di
edificazione.
    Il legislatore regionale ha individuato aree e interventi esclusi
dal suddetto vincolo nel successivo comma 2 del medesimo art. 10-bis,
nel quale l'art. 13, comma 1, della legge reg.  Sardegna  n.  11  del
2017, oggi impugnato, ha inserito le lettere i-bis e i-ter.
    Successivamente, il d.lgs. n. 42 del 2004 ha  recepito  nell'art.
142, comma 1, l'elenco dei beni paesaggistici gia' individuati  nella
legge n. 431 del 1985, sottoponendoli a pianificazione  paesaggistica
regionale (art. 143,  comma  1,  lettera  c)  e,  con  le  successive
modifiche normative (decreto  legislativo  24  marzo  2006,  n.  156,
recante  «Disposizioni   correttive   ed   integrative   al   decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali» e
decreto  legislativo  26  marzo  2008,  n.  63,  recante   «Ulteriori
disposizioni integrative e  correttive  del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio»), li ha  assoggettati
alla pianificazione paesaggistica condivisa.  L'art.  135  cod.  beni
culturali,  nel  testo  in  vigore  dal  2008,  stabilisce   difatti,
all'ultimo periodo del comma 1, l'obbligo dell'elaborazione congiunta
dei piani paesaggistici tra Ministero dell'ambiente  e  della  tutela
del  territorio  e  del  mare  e  Regioni,  «limitatamente  ai   beni
paesaggistici di cui all'articolo 143, comma 1, lettere b), c) e  d),
nelle forme previste dal medesimo  articolo  143».  Si  tratta  degli
«immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse  pubblico  ai
sensi dell'art. 136» (lettera b), delle  «aree  di  cui  al  comma  1
dell'articolo 142» (lettera c) - e cioe' delle «[a]ree  tutelate  per
legge», tra le quali i territori costieri, i territori contermini  ai
laghi, i fiumi, i parchi, le zone gravate  da  usi  civici,  le  zone
umide e  quelle  di  interesse  archeologico  -  e  degli  «ulteriori
immobili  od  aree,  di  notevole  interesse   pubblico   a   termini
dell'articolo 134, comma 1, lettera c)» (lettera d).
    Con la legge della Regione autonoma della  Sardegna  25  novembre
2004,  n.  8  (Norme  urgenti  di  provvisoria  salvaguardia  per  la
pianificazione paesaggistica e la tutela del  territorio  regionale),
l'odierna resistente  ha  fatto  propria  questa  disciplina  statale
paesistico-ambientale  ed  ha  introdotto  misure   di   salvaguardia
finalizzate alla redazione  del  nuovo  piano  paesistico  regionale,
qualificando   quest'ultimo   quale   «principale   strumento   della
pianificazione territoriale regionale ai sensi dell'articolo 135  del
decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42  [...]  al  fine  di
assicurare un'adeguata tutela e valorizzazione del  paesaggio»  (art.
1, comma 1), che «assume i contenuti  di  cui  all'articolo  143  del
decreto legislativo n. 42 del 2004» (art. 1, comma 2).
    4.- Tanto premesso, le questioni sollevate  nei  confronti  degli
artt. 13, comma 1, e 29, comma 1, lettera a), della legge reg.  della
Sardegna n. 11 del 2017, in riferimento all'art. 117, secondo  comma,
lettera s), Cost. e in relazione agli artt. 135 e 143 del  d.lgs.  n.
42 del 2004, sono fondate.
    Dal  momento  che,  come  dianzi  illustrato,  i  beni   elencati
nell'art. 142, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004 e  quelli  indicati
nell'art.  10-bis  della  legge  reg.  Sardegna  n.   45   del   1989
sostanzialmente coincidono, la disposizione impugnata -  che  esclude
dal  «vincolo  di  integrale  conservazione  dei  singoli   caratteri
naturalistici,  storico-morfologici  e   dei   rispettivi   insiemi»,
previsto dal medesimo art. 10-bis, determinati interventi - contrasta
con l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in  relazione  agli
artt. 135 e 143, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 42 del 2004.
    Nelle fattispecie in esame la  Regione  autonoma  resistente  ha,
difatti,  proceduto  in  via  unilaterale,  e   non   attraverso   la
pianificazione condivisa conformemente a quanto previsto  dai  citati
artt. 135 e 143 del d.lgs. n. 42  del  2004.  Questa  Corte  ha  gia'
riconosciuto a tali disposizioni il rango di norme di grande  riforma
economico-sociale (sentenze n. 103 del 2017, n. 210 del 2014 e n. 308
del 2013); in ogni caso, in presenza di piu' competenze, quale quella
dello Stato in materia ambientale, e quella  della  Regione  autonoma
della Sardegna in materia edilizia ed urbanistica, cosi'  intrecciate
ed  interdipendenti  in  relazione  alla  fattispecie  in  esame,  la
concertazione  in  sede   legislativa   ed   amministrativa   risulta
indefettibile per prevenire ed evitare aporie del sistema.
    Come  sopra  ricordato,  questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di
affermare,  proprio  con  riferimento  alla  Regione  autonoma  della
Sardegna, che la conservazione ambientale e paesaggistica spetta,  in
base all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  alla  cura
esclusiva dello Stato, aggiungendo  che  tale  titolo  di  competenza
statale «riverbera i suoi effetti anche quando si tratta  di  Regioni
speciali o di Province autonome, con l'ulteriore precisazione, pero',
che qui occorre tener conto  degli  statuti  speciali  di  autonomia»
(sentenza n. 378 del 2007).
    Non e' di per se' rilevante, quindi, che l'art. 3,  primo  comma,
lettera f), dello  statuto  speciale  della  Regione  autonoma  della
Sardegna conferisca a quest'ultima la competenza legislativa primaria
in materia di «edilizia ed urbanistica», ancorche'  -  come  chiarito
dall'art. 6 del d.P.R.  22  maggio  1975,  n.  480  (Nuove  norme  di
attuazione  dello  statuto  speciale  della  regione  autonoma  della
Sardegna) - essa riguardi non solo le funzioni di  tipo  strettamente
urbanistico, ma anche quelle relative ai beni culturali e ambientali.
    Il  legislatore  statale  conserva  il  potere  di  vincolare  la
potesta'  legislativa  primaria  dell'autonomia  speciale  attraverso
l'emanazione di leggi qualificabili come «riforme economico-sociali».
E cio' anche sulla base - per quanto  qui  viene  in  rilievo  -  del
titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art.  117,  secondo
comma,  lettera  s),  Cost.,  comprensiva  tanto  della  tutela   del
paesaggio quanto della tutela dei beni  ambientali  e  culturali.  Da
cio' deriva che il legislatore della Regione autonoma della  Sardegna
non puo' esercitare unilateralmente la propria competenza  statutaria
nella materia edilizia e urbanistica quando siano in gioco  interessi
generali riconducibili alla predetta competenza esclusiva  statale  e
risultino  in   contrasto   con   norme   fondamentali   di   riforma
economico-sociale.
    Neppure e' dirimente l'asserita  coincidenza,  evidenziata  dalla
resistente, delle disposizioni impugnate con quanto  stabilito  negli
allegati  A  (Interventi  ed  opere   in   aree   vincolate   esclusi
dall'autorizzazione paesaggistica) e B (Elenco di interventi di lieve
entita' soggetti  a  procedimento  autorizzatorio  semplificato)  del
d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31  (Regolamento  recante  individuazione
degli  interventi   esclusi   dall'autorizzazione   paesaggistica   o
sottoposti a procedura autorizzatoria  semplificata),  in  quanto  la
semplice novazione della fonte normativa costituisce  comunque  causa
di illegittimita' della disposizione regionale (ex plurimis, sentenze
n. 110 del 2018, n. 234 e n. 40 del 2017 e n. 195 del 2015).
    Inoltre, con riguardo  all'art.  29,  comma  1,  lettera  a),  la
violazione del parametro evocato dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri si manifesta anche in quanto la  norma  censurata  legittima
interventi   di   demolizione   e   ricostruzione,   con   differente
localizzazione degli edifici situati in  aree  ricadenti  all'interno
delle zone urbanistiche omogenee E e H e  interne  al  perimetro  dei
beni paesaggistici di cui all'art. 142, comma 1, lettere a), b),  c),
e i) del d.lgs. n. 42 del 2004. In tal modo, infatti,  attraverso  il
previo mutamento della disciplina inerente a tali  zone  urbanistiche
si viene a svuotare la competenza esclusiva dello Stato finalizzata a
determinare i criteri con cui intervenire negli ambiti  ambientali  e
paesistici.
    5.- Anche le questioni promosse nei confronti degli artt. 37,  38
e 39 della legge  reg.  Sardegna  n.  11  del  2017,  in  riferimento
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  e  in  relazione
all'art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004,  nonche'  all'art.  3,  primo
comma, lettera n), dello statuto speciale, sono fondate.
    Non  puo'  essere,  difatti,  accolta  la  difesa  della  Regione
autonoma  resistente  secondo  cui  le  norme   censurate   farebbero
applicazione dell'art. 143, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, e  in
particolare  del  procedimento  facoltativo   dell'intesa   «per   la
definizione delle  modalita'  di  elaborazione  congiunta  dei  piani
paesaggistici».  L'intesa,  infatti,   deve   precedere   l'eventuale
trasposizione normativa di rango primario e non puo' essere, come  e'
ovvio, predeterminata unilateralmente nei contenuti con  legge  della
Regione autonoma.
    Esaminando fattispecie sostanzialmente analoghe in riferimento al
medesimo parametro, questa Corte ha affermato che  «la  conciliazione
degli  interessi  in  gioco  e  la  coesistenza  dei  due  ambiti  di
competenza legislativa statale e regionale»  avviene  attraverso  «la
previa istruttoria e  il  previo  coinvolgimento  dello  Stato  nella
decisione di sottrarre eventualmente alla  pianificazione  ambientale
beni  che,  almeno  in  astratto,  ne  fanno  "naturalmente"   parte»
(sentenza n. 103 del 2017).
    Peraltro, le disposizioni previste dagli artt. 37, 38 e 39  della
legge  reg.  Sardegna   n.   11   del   2017,   oltre   che   emanate
unilateralmente, riguardano una competenza che non appartiene, e  non
e' mai appartenuta, alla Regione  autonoma  della  Sardegna,  poiche'
«nell'intero arco temporale di vigenza del Titolo V, Parte II,  della
Costituzione  -   sia   nella   versione   antecedente   alla   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione), sia  in  quella  successiva  -  e,
quindi, neppure a seguito dei d.P.R. n. 11 del 1972 e n. 616 del 1977
[...], il regime civilistico dei beni civici non e' mai passato nella
sfera di competenza delle Regioni. Infatti, la materia "agricoltura e
foreste" di cui al previgente art. 117  Cost.,  che  giustificava  il
trasferimento delle funzioni alle Regioni e l'inserimento  degli  usi
civici nei  relativi  statuti,  mai  avrebbe  potuto  comprendere  la
disciplina della titolarita' e dell'esercizio di  diritti  dominicali
sulle terre civiche» (sentenza n. 113 del 2018).
    La competenza regionale  nella  materia  degli  usi  civici  deve
essere intesa come legittimazione a promuovere, ove  ne  ricorrano  i
presupposti, i procedimenti amministrativi finalizzati  alle  ipotesi
tipiche di sclassificazione previste dalla legge 16 giugno  1927,  n.
1766 (Conversione in legge del R. decreto 22  maggio  1924,  n.  751,
riguardante il riordinamento degli  usi  civici  nel  Regno,  del  R.
decreto 28 agosto 1924, n.  1484,  che  modifica  l'art.  26  del  R.
decreto 22 maggio 1924, n. 751, e del R. decreto 16 maggio  1926,  n.
895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del R. decreto-legge
22 maggio 1924, n. 751) e  dal  relativo  regolamento  di  attuazione
(Regio decreto 26 febbraio 1928, n.  332  recante  «Approvazione  del
regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno  1927,  n.  1766,
sul riordinamento  degli  usi  civici  del  Regno»),  nonche'  quelli
inerenti al mutamento di destinazione.
    Al contrario, «[u]n bene gravato da uso civico  non  puo'  essere
[...] oggetto di alienazione al  di  fuori  delle  ipotesi  tassative
previste dalla legge n. 1766 del 1927 e dal r.d. n. 332 del 1928  per
il particolare regime della sua titolarita' e della sua circolazione,
"che lo assimila ad un bene appartenente al demanio, nemmeno  potendo
per esso configurarsi una  cosiddetta  sdemanializzazione  di  fatto.
L'incommerciabilita' derivante da tale regime comporta che  [...]  la
preminenza di quel  pubblico  interesse,  che  ha  impresso  al  bene
immobile il  vincolo  dell'uso  civico  stesso,  ne  vieti  qualunque
circolazione" (Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 28
settembre 2011, n. 19792)» (sentenza n. 113 del 2018).
    Le disposizioni in esame risultano, dunque, in contrasto  con  la
legge n. 1766 del 1927 e con il r.d. n. 332 del 1928 che la attua, in
quanto regolano la  disciplina  di  istituti  di  natura  civilistica
comportanti  il   regime   dei   beni   da   sottrarre   al   vincolo
paesistico-ambientale.
    Dette disposizioni, come gia' rilevato nella sentenza n. 113  del
2018, non sono state abrogate  o  emendate  dalla  recente  legge  20
novembre 2017, n. 168 (Norme in materia di  domini  collettivi),  che
non ha «modificato il procedimento di sclassificazione e mutamento di
destinazione contemplato dalle richiamate disposizioni».
    In ordine a tale novella legislativa, non  ancora  in  vigore  al
momento del ricorso statale, la  resistente  ha  prodotto  un  parere
dell'ufficio legislativo del Ministero dei  beni  e  delle  attivita'
culturali e del turismo del 3 maggio 2018,  senza  accompagnarlo  con
ulteriori deduzioni. Detto parere conferma il principio  secondo  cui
la valutazione ambientale e paesaggistica dei beni civici deve essere
effettuata  attraverso  una  complessiva  copianificazione,  evitando
interventi  settoriali  e  per  di  piu'  antecedenti  alla  medesima
pianificazione concertata.
    E' utile comunque sottolineare che l'art. 3, comma 3, della legge
n. 168 del 2017 stabilisce  che:  «[i]l  regime  giuridico  dei  beni
[collettivi]      resta      quello      della       inalienabilita',
dell'indivisibilita',   dell'inusucapibilita'   e   della    perpetua
destinazione agro-silvo-pastorale»,  mentre  il  successivo  comma  6
ribadisce che il vincolo paesaggistico ex lege sui  beni  civici,  ai
sensi dell'art. 142, comma 1, lettera h), del d.lgs. n. 42 del  2004,
«garantisce   l'interesse   della   collettivita'    generale    alla
conservazione degli usi  civici  per  contribuire  alla  salvaguardia
dell'ambiente e del paesaggio». Enunciato, quest'ultimo, che  collide
diametralmente con le ipotesi contenute nelle disposizioni  impugnate
relative  alla  permuta,  al  trasferimento   e   alla   perdita   di
conformazione fisica e di destinazione funzionale.
    Le  norme  impugnate  contrastano,  dunque,  con  il  presupposto
indefettibile della previa "sclassificazione", che  puo'  concretarsi
solo nelle fattispecie legali tipiche, nel cui ambito  procedimentale
precedentemente richiamato e' oggi ricompreso anche il  concerto  tra
Regione e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare (sentenze n. 113 del 2018, n. 103 del 2017 e n. 210 del 2014).
    Certamente  il  principio  indefettibile   della   pianificazione
condivisa non  consente  al  legislatore  regionale  di  pregiudicare
normativamente  contenuti  e  moduli  procedimentali  della  suddetta
copianificazione e neppure  di  imporre  allo  Stato,  attraverso  il
menzionato art. 39, comma 9, l'esercizio  di  un  potere  sostitutivo
finalizzato ad attuare le unilaterali prescrizioni regionali.
    Nondimeno e' necessario chiarire che la  difesa  formulata  dalla
Regione autonoma della Sardegna - secondo cui l'impossibilita' per la
stessa  di  adottare  atti  di  disposizione  del  patrimonio  civico
renderebbe impossibile governare il territorio  in  modo  dinamico  e
rispondente  ai  bisogni  della  collettivita'  -  risulta  priva  di
fondamento, poiche' l'ordinamento non prevede solo una tutela statica
del demanio civico.
    Fermo restando che «l'art. 66 del d.P.R. n. 616 del 1977, che  ha
trasferito  alle  Regioni  soltanto  le  funzioni  amministrative  in
materia di usi civici, non ha mai consentito alla  Regione  -  e  non
consente oggi, nel mutato contesto del Titolo V della Parte II  della
Costituzione - di invadere, con norma legislativa, la disciplina  dei
diritti [condominiali degli utenti], estinguendoli,  modificandoli  o
alienandoli [e che] un bene gravato da uso  civico  non  puo'  essere
oggetto di alienazione al di fuori delle ipotesi  tassative  previste
dalla legge n. 1766 del 1927 e dal  r.d.  n.  332  del  1928  per  il
particolare regime della sua titolarita' e  della  sua  circolazione,
"che lo assimila ad un bene appartenente al demanio [...]" (Corte  di
cassazione, sezione terza civile,  sentenza  28  settembre  2011,  n.
19792)» (sentenza n. 113 del 2018), quando sono  presenti  preminenti
interessi di carattere generale, l'utilizzazione dei terreni  gravati
da uso civico puo' essere modificata attraverso  l'istituto  all'uopo
previsto dalla predetta  legge  n.  1766  del  1927  e  dal  relativo
regolamento  di  attuazione,  e  cioe'  mediante  il   mutamento   di
destinazione.
    E'  stato  gia'  affermato  da  questa  Corte  che   «[i]n   tale
prospettiva, il mutamento di destinazione non contrasta con il regime
di indisponibilita' del bene civico» quando  avviene  «attraverso  la
valutazione delle autorita' competenti. Queste  ultime  [...]  devono
essere oggi individuate nel Ministero dell'ambiente  e  della  tutela
del territorio e del mare e nella regione (in tal senso, sentenza  n.
210 del 2014)» (sentenza n. 103 del 2017).
    In  conclusione,  e'  proprio  la  pianificazione  ambientale   e
paesaggistica, esercitata da Stato e Regione,  secondo  le  condivise
modalita' specificate da questa Corte (sentenza n. 210 del 2014),  la
sede nella quale eventualmente  puo'  essere  modificata,  attraverso
l'istituto del mutamento di destinazione,  l'utilizzazione  dei  beni
d'uso civico per nuovi obiettivi e -  solo  in  casi  di  particolare
rilevanza -  per  esigenze  di  adeguamento  a  situazioni  di  fatto
meritevoli  di  salvaguardia  sulla  base  di  una  valutazione   non
collidente con  gli  interessi  generali  della  popolazione  locale.
Infatti, il mutamento di destinazione «ha lo scopo di mantenere,  pur
nel cambiamento d'uso, un impiego utile  alla  collettivita'  che  ne
rimane intestataria» (sentenza n. 113 del 2018).  La  ratio  di  tale
regola e' nell'attribuzione alla collettivita' e agli utenti del bene
d'uso civico, uti singuli et cives, del potere di vigilare a  che  la
nuova  utilizzazione  mantenga  nel  tempo  caratteri  conformi  alla
pianificazione paesistico ambientale che l'ha determinata.

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 13, comma 1,
29, comma 1, lettera a), 37,  38  e  39  della  legge  della  Regione
autonoma della Sardegna 3 luglio 2017, n. 11 (Disposizioni urgenti in
materia urbanistica ed edilizia. Modifiche alla legge regionale n. 23
del 1985, alla legge regionale n. 45 del 1989, alla  legge  regionale
n. 8 del 2015, alla legge  regionale  n.  28  del  1998,  alla  legge
regionale n. 9 del 2006, alla legge regionale n. 22 del 1984  e  alla
legge regionale n. 12 del 1994).
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2018.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                       Aldo CAROSI, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2018.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA


Nessun commento: