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giovedì 2 gennaio 2020

N. 291 SENTENZA 19 novembre - 27 dicembre 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Caccia - Norme della Regione Lombardia - Annotazione sul tesserino venatorio degli abbattimenti di capi di fauna selvatica - Obbligatorieta' "dopo gli abbattimenti e l'avvenuto recupero", anziche' "dopo gli abbattimenti accertati" - Violazione della competenza statale esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - Illegittimita' costituzionale parziale.



N. 291 SENTENZA 19 novembre - 27 dicembre 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Caccia - Norme della Regione Lombardia -  Annotazione  sul  tesserino
  venatorio  degli  abbattimenti  di  capi  di  fauna   selvatica   -
  Obbligatorieta' "dopo  gli  abbattimenti  e  l'avvenuto  recupero",
  anziche' "dopo  gli  abbattimenti  accertati"  -  Violazione  della
  competenza statale esclusiva in materia di tutela  dell'ambiente  e
  dell'ecosistema - Illegittimita' costituzionale parziale.
Caccia - Norme della Regione Lombardia - Recupero, in  attitudine  di
  caccia,  della  selvaggina   ferita   da   appostamento   fisso   -
  Possibilita' nel raggio di duecento metri  dal  capanno,  con  arma
  scarica e riposta in custodia - Ricorso del  Governo  -  Denunciata
  violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva  statale   in
  materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - Non  fondatezza
  della questione.
Caccia - Norme della  Regione  Lombardia  -  Esercizio  venatorio  da
  appostamento fisso e temporaneo - Distanze dagli immobili destinati
  ad  abitazione  o  lavoro  -  Misurazione   seguendo   il   profilo
  morfologico del terreno, anziche' in forma lineare  -  Ricorso  del
  Governo  -  Denunciata  violazione  della  competenza   legislativa
  esclusiva  statale   in   materia   di   tutela   dell'ambiente   e
  dell'ecosistema - Non fondatezza della questione.
- Legge della Regione Lombardia 4 dicembre  2018,  n.  17,  art.  15,
  comma 1, lettere j), m) e q).
- Costituzione art. 117, secondo comma, lettera s).

(GU n.1 del 2-1-2020 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Aldo CAROSI;
Giudici :Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,
  Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio
  BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO,  Francesco  VIGANO',
  Luca ANTONINI,

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  15,  comma
1, lettere j), m), e  q),  della  legge  della  Regione  Lombardia  4
dicembre  2018,  n.  17  (Legge   di   revisione   normativa   e   di
semplificazione 2018), promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 4-8 febbraio 2019,  depositato  in
cancelleria il 12 febbraio 2019,  iscritto  al  n.  22  del  registro
ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
n. 14, prima serie speciale, dell'anno 2019.
    Visto l'atto di costituzione di Regione Lombardia;
    udito nell'udienza pubblica  del  19  novembre  2019  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti;
    uditi l'avvocato dello Stato Francesca Morici per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Piera Pujatti per la  Regione
Lombardia.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso notificato il 4-8 febbraio 2019 e  depositato  il
12 febbraio 2019 (reg. ric.  n.  22  del  2019),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettere  j),  m)  e  q),  della
legge della Regione Lombardia  4  dicembre  2018,  n.  17  (Legge  di
revisione  normativa  e  di  semplificazione  2018),  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera  s),  della  Costituzione  e  in
relazione agli artt. 5, comma 5, 12, commi 5 e 12-bis, e 21, comma 1,
lettere e) ed f), della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio).
    2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri rappresenta che, con
le disposizioni oggetto  di  impugnativa,  la  Regione  Lombardia  ha
apportato modifiche alla legge regionale 16 agosto 1993, n. 26 (Norme
per  la  protezione  della  fauna   selvatica   e   per   la   tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria); in
particolare, l'art.  15,  comma  1,  lettera  j),  della  legge  reg.
Lombardia n. 17 del 2018 ha modificato  l'art.  22,  comma  7,  della
legge reg. Lombardia n. 26 del 1993, prevedendo  che  le  annotazioni
dei capi di selvaggina  migratoria  sul  tesserino  venatorio  devono
essere effettuate, in modo indelebile, sul posto di caccia, dopo  gli
abbattimenti e l'avvenuto recupero dell'animale.
    Secondo  il  ricorrente  la  previsione  regionale   sarebbe   in
contrasto con la disciplina  nazionale  di  cui  all'art.  12,  comma
12-bis, della legge n. 157 del  1992,  che  prescrive  che  l'obbligo
dell'annotazione  sia  adempiuto  subito  dopo  l'abbattimento,   per
finalita'  statistiche  e  per  garantire  il  rispetto  del   limite
giornaliero dei prelievi delle specie.
    Secondo  l'Avvocatura  generale  dello   Stato,   il   fatto   di
subordinare  tale  obbligo  di  annotazione  al  preventivo  recupero
dell'animale abbattuto comporterebbe  il  rischio  di  escludere  dal
conteggio gli animali non rintracciati  e  non  recuperati,  sia  per
l'eventuale difficolta' di ricerca  nella  vegetazione,  dovuta  alla
natura impervia, paludosa o lacustre delle aree, sia per sopraggiunte
condizioni di scarsa luminosita'.
    L'art. 12, comma 12-bis, della legge n. 157 del 1992, ponendo  un
obbligo funzionale al regime vigente di caccia programmata, che fissa
quote massime di esemplari passibili  di  caccia  in  un  determinato
territorio, sarebbe espressione di quel nucleo minimo di salvaguardia
della fauna selvatica da assicurare su tutto il territorio nazionale,
di  competenza   del   legislatore   statale   nell'esercizio   delle
attribuzioni in materia ambientale, non  derogabile  in  peius  dalle
Regioni.
    La  norma  regionale,  introducendo  l'ulteriore  requisito   del
preventivo recupero dell'animale da parte  del  cacciatore,  avrebbe,
dunque, violato la norma interposta, abbassando lo standard di tutela
ambientale, con conseguente violazione dell'art. 117, secondo  comma,
lettera s), Cost.
    3.- In riferimento all'art. 15, comma 1, lettera m), della  legge
regionale impugnata, la difesa  dello  Stato  rappresenta  che  esso,
modificando il comma 9 dell'art. 25 della legge reg. Lombardia n.  26
del 1993, consente ai titolari ed utilizzatori degli appostamenti  di
caccia di vagare «in attitudine di caccia», anche con uso di cane  da
riporto o con l'uso di natante con motore fuoribordo, con obbligo  di
arma scarica e riposta nell'apposita custodia,  entro  un  raggio  di
duecento  metri  dagli  appostamenti  medesimi,   per   abbattere   e
recuperare la fauna precedentemente ferita.
    La norma, non distinguendo tra appostamenti fissi  o  temporanei,
con o senza richiami vivi, violerebbe il  principio  di  esclusivita'
dell'opzione di caccia, fissato dagli artt. 5, comma 5, e  12,  comma
5, della legge n. 157 del 1992, in base al quale il  cacciatore,  con
opzione in via esclusiva per la caccia da appostamento  con  richiami
vivi, non puo' esercitare la caccia in forma vagante per la  stagione
venatoria in corso, incorrendo nella sanzione amministrativa  di  cui
all'art. 31, comma 1, lettera  a),  della  legge  n.  157  del  1992,
nonche' nella sospensione della licenza di porto di fucile per uso di
caccia per un anno, ai sensi del successivo art. 32, comma 4.
    Le norme statali, prosegue l'Avvocatura, sono volte ad assicurare
la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili e, quindi,
possono essere oggetto di integrazione da parte della legge regionale
solo nel senso dell'incremento della tutela,  non  riscontrabile  li'
ove, come  nella  specie,  si  ampli  la  possibilita'  di  cacciare,
consentendo una forma di caccia diversa  da  quella  per  cui  si  e'
optato in via generale.
    4.- Infine, la difesa dello Stato censura  l'art.  15,  comma  1,
lettera q), della legge reg. Lombardia n. 17 del 2018,  che  aggiunge
il comma 19-bis all'art. 25 della legge  reg.  Lombardia  n.  26  del
1993, prevedendo che  le  distanze  attinenti  agli  appostamenti  di
caccia debbano essere misurate seguendo il  profilo  morfologico  del
terreno e non in forma lineare.
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, tale  modalita'
di misurazione comporterebbe una riduzione delle distanze minime e la
conseguente diminuzione della tutela della pubblica  incolumita',  in
funzione della quale queste distanze sono  prescritte  dall'art.  21,
comma 1, lettera e), della legge n. 157 del 1992.
    La difesa dello Stato sottolinea che la modalita' di  misurazione
realizzata  seguendo  l'andamento  morfologico  del  terreno  non  e'
conosciuta    dall'ordinamento     e,     infatti,     in     materia
urbanistico-edilizia la giurisprudenza  si  richiama  al  sistema  di
misurazione lineare  delle  distanze  tra  i  fabbricati,  mentre  la
disciplina venatoria statale, per l'uso delle armi da  fuoco,  prende
in considerazione il concetto di gittata massima (art. 21,  comma  1,
lettera f, della legge  n.  157  del  1992),  incompatibile  con  una
misurazione che includa l'increspatura dei terreni.
    Conseguentemente, l'art. 15, comma 1,  lettera  q),  della  legge
regionale impugnata si porrebbe  in  contrasto  con  lo  standard  di
tutela uniforme in  materia  ambientale  prescritto  dal  legislatore
nazionale nell'esercizio della sua competenza esclusiva.
    5.- Nella prospettazione dell'Avvocatura generale,  le  questioni
di costituzionalita'  trovano  fondamento  nel  fatto  che  le  norme
nazionali sono poste a protezione  della  fauna  selvatica,  bene  di
notevole rilievo che rientra nella  materia  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema, di competenza esclusiva del legislatore nazionale ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.; ne deriva  che
solo lo Stato puo' porre la relativa disciplina, integrante un limite
invalicabile per l'attivita' legislativa della Regione.
    Sebbene, dunque, a quest'ultima competa la  potesta'  legislativa
in materia di caccia, il suo esercizio non puo' avvenire in contrasto
con le prescrizioni nazionali in materia di  tutela  della  fauna  e,
segnatamente, con le previsioni di cui alla legge n.  157  del  1992,
che, come sancito da questa Corte con la  sentenza  n.  4  del  2000,
costituisce il punto di  equilibrio  tra  il  primario  obiettivo  di
salvaguardia del patrimonio faunistico  e  l'interesse  all'esercizio
dell'attivita' venatoria.
    La legge regionale impugnata, contrastando con la  legge  n.  157
del  1992,  avrebbe  abbassato  il  livello  di  tutela  della  fauna
selvatica  stabilito  dal  legislatore  nazionale,  con   illegittima
invasione della sfera di competenza statale esclusiva in  materia  di
tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema  e,  pertanto,  ne  andrebbe
dichiarata l'illegittimita' costituzionale per  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost.
    6.- Si e' costituita in giudizio la Regione  Lombardia  chiedendo
che il ricorso sia dichiarato infondato ed eccependo in  primo  luogo
l'inesatta interpretazione, da parte dello  Stato,  della  previsione
introdotta dall'art. 15, comma 1, lettera j), della  legge  regionale
impugnata, che ha previsto che i capi di selvaggina migratoria  vanno
annotati sul tesserino venatorio,  sul  posto  di  caccia,  dopo  gli
abbattimenti e l'avvenuto recupero.
    A parere della difesa  regionale,  la  prescrizione  non  avrebbe
introdotto una condizione ulteriore rispetto a quanto disposto  dalla
legge statale, che  impone  che  l'annotazione  avvenga  subito  dopo
l'abbattimento, ma avrebbe rafforzato l'obbligo, imponendo che  anche
il solo recupero sia oggetto di annotazione, nel caso, possibile,  in
cui la contezza dell'abbattimento, anche ad opera di  terzi,  avvenga
solo al momento del recupero.
    A conferma di cio' permarrebbe la  sanzione,  prevista  dall'art.
31, comma 1, lettera i), della legge n.  157  del  1992  in  caso  di
mancata annotazione, e il fatto che quest'ultima debba  avvenire  sul
posto di caccia, quindi, nell'immediatezza dell'abbattimento.
    La Regione da' conto del fatto che la norma statale interposta e'
stata modificata su richiesta della Commissione  europea,  che  aveva
rilevato che in Italia vi era una legislazione regionale che generava
incertezza,   poiche'    prevedeva    l'annotazione    subito    dopo
l'abbattimento solo per  le  specie  stanziali,  mentre,  per  quelle
migratorie, l'adempimento era rinviato alla fine  della  giornata  di
caccia.
    Secondo la  prospettazione  della  Regione,  la  legge  regionale
impugnata garantirebbe l'esigenza di certezza sulla  consistenza  del
prelievo venatorio,  poiche'  il  recupero  dell'animale,  lungi  dal
costituire una condizione aggiuntiva per l'annotazione, consentirebbe
di dirimere ogni dubbio in ordine all'effettivita' dell'abbattimento,
che dovrebbe essere annotato anche se effettuato da terzi.
    Pertanto, la previsione censurata  non  si  porrebbe  affatto  in
contrasto con la norma statale interposta, ma anzi ne chiarirebbe  la
portata applicativa, senza alcun abbassamento del livello  di  tutela
ambientale.
    7.-  Quanto  all'art.  15,  comma  1,  lettera  m),  della  legge
regionale censurata, la difesa della Regione osserva che la norma  si
e' limitata ad ampliare la zona per il recupero dell'animale  colpito
dall'appostamento di caccia,  prevedendo  che  il  suddetto  recupero
possa avvenire non nell'ambito di cento metri,  gia'  previsto  dalla
legge reg. Lombardia n. 26  del  1993,  ma  nell'ambito  di  duecento
metri, cosi' da consentire l'apprensione del capo ferito anche quando
elementi  naturali,  come  il  vento  o  la  corrente   d'acqua,   lo
trasportino oltre il raggio di cento metri dal capanno.
    La norma non influirebbe in negativo sulla tutela dell'ambiente e
della fauna e non violerebbe le norme interposte  richiamate,  ovvero
l'art. 5, comma 5, e l'art. 12, comma 5, della legge n. 157 del 1992,
che si occupano, rispettivamente, di definire quando un  appostamento
e' da considerarsi fisso e quali siano le modalita'  per  l'esercizio
venatorio, precisando che si puo' scegliere solo una  delle  seguenti
forme: vagante in zona  Alpi;  da  appostamento  fisso;  altre  forme
consentite dalla legge e praticate nel rimanente territorio destinato
all'attivita' venatoria programmata.
    Al contrario, secondo la difesa della Regione, il contenuto delle
norme interposte sarebbe stato ribadito dalla norma impugnata poiche'
essa,  ampliando  la  zona  di  recupero  dell'animale   ferito,   ha
espressamente previsto che rimane fermo il principio di  esclusivita'
della caccia e, conseguentemente, il radicamento del  cacciatore  sul
territorio e il rispetto dell'equilibrio faunistico,  senza  che  sia
consentito effettuare la caccia in forma diversa da quella prescelta.
    Viceversa, a ritenere illegittima  la  previsione  normativa,  si
svuoterebbe del tutto la competenza regionale in materia  di  caccia,
inibendo anche la possibilita' di modificare un aspetto tecnico della
legislazione venatoria.
    Da ultimo, la Regione rappresenta che, in ogni caso, resta  ferma
la previsione dell'art. 5 della legge n. 157 del 1992 in  materia  di
distinzione tra caccia da appostamento fisso e in forma vagante,  con
o senza richiami vivi, e che la normativa comunitaria nulla prescrive
sulle distanze per il recupero del capo ferito, cosi'  che  la  norma
regionale non puo' ritenersi con essa in contrasto.
    8.- Con riguardo, infine, all'art. 15, comma 1, lettera q), della
legge regionale  impugnata,  la  Regione  rappresenta  che  la  norma
intende introdurre un criterio  di  misurazione  delle  distanze  tra
appostamento  fisso  e  immobili  o  fabbricati  adibiti   a   civile
abitazione o a posto di lavoro, senza incidere sulla disciplina della
caccia, e che comunque la  norma  interposta  invocata  dalla  difesa
statale sarebbe inconferente, poiche'  prevede  solo  il  divieto  di
sparare a distanza di  meno  di  centocinquanta  metri  dai  suddetti
immobili.
    9.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  replicato  alla
difesa regionale con memoria del 19 novembre 2019 ribadendo  che,  in
base al tenore letterale della norma, l'art. 15, comma 1, lettera j),
della legge regionale impugnata  aggiunge  un  ulteriore  adempimento
rispetto  alla  previsione  statale,  prevedendo  che   l'annotazione
avvenga  dopo  l'abbattimento  «e»  il  recupero  del  capo   ferito;
l'utilizzo della congiunzione «e» confermerebbe la  duplicita'  delle
condizioni richieste, ne' sarebbe possibile riferire il recupero alla
sola annotazione di capi abbattuti da terzi, mancando nel testo  ogni
prescrizione in tal senso.
    Quanto   agli   argomenti   spesi   dalla   Regione   circa    la
sanzionabilita'  dell'omessa  annotazione,  la  difesa  dello   Stato
osserva   la   loro   irrilevanza   ai   fini   del    giudizio    di
costituzionalita', poiche' l'art. 31 della  legge  n.  157  del  1992
collega l'irrogazione della sanzione  alla  violazione  delle  norme,
statali e regionali, senza riferimento al contenuto  di  esse,  cosi'
che, nella fattispecie concreta,  la  condotta  sanzionabile  sarebbe
quella prevista dalla legge  regionale  ovvero  l'omessa  annotazione
successiva al recupero del capo ferito.
    A maggior sostengo  delle  proprie  argomentazioni,  l'Avvocatura
ricorda come l'esigenza dell'annotazione immediata  dell'abbattimento
trovi la sua ratio nelle richieste della  Commissione  europea,  che,
nel 2014, aveva avviato una procedura (caso  EU  Pilot  6955/14/ENVI)
con una richiesta di informazioni sull'attivita' di monitoraggio  del
prelievo  venatorio  in  Italia,  poiche'  aveva  rilevato   che   la
legislazione  regionale  differenziava  il  momento   di   insorgenza
dell'obbligo di annotazione sul  tesserino  venatorio  in  base  alla
natura, stanziale o migratoria, delle specie  monitorate,  prevedendo
solo per  le  prime  l'annotazione  immediata  degli  abbattimenti  e
differendo, alla fine della giornata di caccia,  l'annotazione  degli
abbattimenti  delle  specie  migratorie,   con   negativa   incidenza
sull'attendibilita' dei dati raccolti.
    Per chiudere la procedura di infrazione, il legislatore nazionale
ha introdotto il comma 12-bis nel testo dell'art. 12 della  legge  n.
157 del 1992, imponendo l'annotazione immediata  dell'abbattimento  a
garanzia della correttezza del monitoraggio delle specie,  cosi'  che
la richiesta di provvedere al preventivo recupero del capo abbattuto,
imposta dalla norma regionale impugnata, frusterebbe le  esigenze  di
certezza e tempestivita' sollecitate dalla Commissione europea.
    10.- Quanto  all'art.  15,  comma  1,  lettera  m),  della  legge
regionale impugnata che, a parere della Regione,  si  limiterebbe  ad
ampliare la zona di recupero del capo ferito, la difesa  dello  Stato
ribadisce che la norma, nel consentire la  mobilita'  in  assetto  di
caccia anche a coloro che  hanno  scelto  di  esercitare  l'attivita'
venatoria  da  appostamento  fisso,  violerebbe   il   principio   di
esclusivita' della caccia.
    11.- Con riferimento, infine, alla previsione dell'art. 15, comma
1, lettera q), la difesa dello Stato osserva  di  aver  correttamente
richiamato, quali norme interposte, l'art. 21, comma 1, lettere e) ed
f), della legge n. 157 del 1992, che limita l'attivita' venatoria  in
ragione delle distanze misurate in termini  lineari  e  non  seguendo
l'andamento morfologico del terreno, poiche'  quest'ultima  modalita'
di  misurazione  comporterebbe  una  riduzione  dello  spazio  e  una
corrispondente diminuzione del livello di tutela.

                       Considerato in diritto

    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  15,  comma  1,
lettere j), m) e q), della legge della Regione Lombardia  4  dicembre
2018, n. 17 (Legge di revisione normativa e di semplificazione 2018),
in riferimento all'articolo 117, secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, per invasione della sfera di competenza  attribuita  al
legislatore  nazionale  in  materia   di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema,  in  relazione  a  numerose  norme  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio).
    In particolare, e' stato censurato l'art. 15,  comma  1,  lettera
j), della legge reg. Lombardia n. 17 del 2018,  che  prevede  che  le
annotazioni dei capi di selvaggina migratoria sul tesserino venatorio
devono essere effettuate, in modo indelebile, sul  posto  di  caccia,
dopo gli abbattimenti e l'avvenuto recupero dell'animale, deducendone
il contrasto con l'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.,  in
relazione all'art. 12, comma 12-bis, della legge n. 157 del 1992, che
prevede  che  l'annotazione  sul  tesserino  venatorio  deve   essere
effettuata subito dopo l'abbattimento.
    Si e' impugnato l'art. 15, comma 1, lettera m), della legge  reg.
Lombardia  n.  17  del  2018,  in  base  al  quale,  ferma   restando
l'esclusivita' della forma di  caccia  prescelta,  e'  consentito  il
recupero del capo ferito, in attitudine  di  caccia,  nel  raggio  di
duecento metri dal capanno, anche con l'uso del cane da riporto o con
l'uso di natante con motore fuoribordo, con obbligo di arma scarica e
riposta nell'apposita custodia, deducendone il contrasto  con  l'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., in  relazione  agli  artt.  5,
comma 5, e 12, comma 5, della legge n. 157 del 1992, che  fissano  il
principio  di  esclusivita'  dell'opzione  di  caccia,  per  cui   il
cacciatore,  con  opzione  in  via  esclusiva  per   la   caccia   da
appostamento con richiami vivi, non  puo'  esercitare  la  caccia  in
forma vagante per la stagione venatoria in corso.
    Infine, si e' impugnato l'art. 15, comma  1,  lettera  q),  della
legge reg. Lombardia n. 17 del 2018,  che  prevede  che  le  distanze
attinenti agli appostamenti di caccia devono essere misurate seguendo
il profilo morfologico del  terreno,  deducendone  il  contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in  relazione  all'art.
21, comma 1, lettere e) ed f), della legge n. 157 del 1992, che,  nel
porre  prescrizioni  in  materia  di  distanze  da   rispettare   per
l'esercizio  dell'attivita'  venatoria,  a  tutela   della   pubblica
incolumita', impongono che la misurazione avvenga in forma lineare.
    2.- La prima norma impugnata dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e'  l'art.  15,  comma  1,  lettera  j),  della  legge  reg.
Lombardia n. 17 del 2018 che,  modificando  le  prescrizioni  di  cui
all'art. 22, comma 7, della legge della Regione Lombardia  16  agosto
1993, n. 26 (Norme per la protezione della fauna selvatica e  per  la
tutela  dell'equilibrio  ambientale   e   disciplina   dell'attivita'
venatoria), prevede che le annotazioni sul  tesserino  venatorio  dei
capi abbattuti devono  essere  effettuate  dopo  gli  abbattimenti  e
l'avvenuto recupero; tale previsione sarebbe in contrasto con  l'art.
12,  comma  12-bis,  della  legge  n.  157  del  1992,   che   impone
l'annotazione subito dopo l'abbattimento, poiche'  la  necessita'  di
provvedere  al  preventivo  recupero  dell'animale  consentirebbe  di
escludere  dal  conteggio  i  capi  non  recuperabili   per   ragioni
logistiche quali la sopraggiunta scarsa luminosita' o  la  caduta  di
essi in un luogo impervio.
    La Regione si e' difesa suggerendo  una  diversa  interpretazione
della  norma  censurata  secondo  cui  essa,  lungi  dal   porre   un
adempimento aggiuntivo per procedere all'annotazione, avrebbe imposto
al cacciatore di registrare sul tesserino  venatorio  anche  il  mero
rinvenimento di un animale abbattuto da terzi.
    3.- La questione e' fondata.
    Il possesso del tesserino venatorio per  il  legittimo  esercizio
della caccia e' imposto dall'art. 12, comma 12, della  legge  n.  157
del 1992; il documento viene rilasciato dalla regione di residenza  e
indica le specifiche norme inerenti  al  calendario  regionale,  alla
forma di caccia prescelta e agli ambiti territoriali in cui  essa  e'
consentita.
    Questa Corte ha  riconosciuto  al  tesserino  venatorio  funzione
abilitativa e di controllo per la verifica della selvaggina  cacciata
e il rispetto del regime della caccia controllata (sentenza n. 90 del
2013); infatti, attraverso le  annotazioni  presenti  sul  tesserino,
sono acquisiti gli elementi di conoscenza della consistenza  numerica
della  fauna  selvatica,  necessari  a  predisporre  le   misure   di
salvaguardia, in special  modo  quelle  riguardanti  le  specie  piu'
vulnerabili.
    4.- L'attendibilita' dei dati raccolti e' maggiormente  garantita
quando l'adempimento viene effettuato in maniera  tempestiva  e,  per
tale ragione, il legislatore nazionale, con la legge 7  luglio  2016,
n. 122  (Disposizioni  per  l'adempimento  degli  obblighi  derivanti
dall'appartenenza dell'Italia  all'Unione  europea  -  Legge  europea
2015-2016), ha aggiunto il comma 12-bis all'art. 12  della  legge  n.
157 del 1992, prevedendo che l'annotazione  sul  tesserino  venatorio
debba essere effettuata subito dopo l'abbattimento, sia per la  fauna
selvatica stanziale che per quella migratoria.
    L'intervento  normativo  deriva  da  una   sollecitazione   della
Commissione europea, poiche' l'art. 12 della legge n.  157  del  1992
non  prevedeva  un  tempo  specifico  per  adempiere  all'obbligo  di
annotazione, e la Commissione europea,  nell'ambito  della  procedura
avviata nei confronti dell'Italia (caso EU  Pilot  6955/14/ENVI)  con
richiesta di informazioni sull'attivita' di monitoraggio del prelievo
venatorio,   aveva   riscontrato   l'esistenza   di   una   variegata
legislazione regionale, che consentiva di differire, con  riferimento
alle sole specie  migratorie,  l'annotazione  degli  abbattimenti  al
termine della giornata di caccia.
    Secondo la Commissione europea, l'assenza di una regolamentazione
omogenea generava  difficolta'  nell'espletamento  dei  controlli  da
parte  delle  autorita'  competenti  e   il   tempo   trascorso   tra
l'abbattimento e l'annotazione rendeva inattendibili i dati raccolti.
    Pertanto, l'aggiunta del comma 12-bis all'art. 12 della legge  n.
157 del 1992 si e' resa necessaria per la  chiusura  della  ricordata
procedura  e  per  garantire  una  raccolta   piu'   puntuale   delle
informazioni, derivante  dalla  contestualita'  dell'annotazione,  in
funzione dell'efficace programmazione del prelievo faunistico.
    La finalita' di tutela delle specie sottesa  all'art.  12,  comma
12-bis, della legge n. 157 del 1992 motiva l'inclusione  della  norma
nell'ambito delle prescrizioni statali costituenti soglie  minime  di
protezione ambientale (sentenza n.  249  del  2019),  non  derogabili
neppure nell'esercizio  della  competenza  regionale  in  materia  di
caccia, salva  la  possibilita'  di  prescrivere  livelli  di  tutela
ambientale piu' elevati di quelli previsti dallo Stato  (sentenze  n.
174 e n. 74 del 2017, n. 278 del 2012, n. 104 del 2008 e n.  378  del
2007).
    Nella prospettiva  di  tutela  della  sopravvivenza  della  fauna
selvatica,  l'obbligo  di  annotazione   non   puo'   che   investire
l'abbattimento  dell'esemplare,  inteso  come  evento  effettivamente
realizzatosi, a nulla rilevando la materiale apprensione del capo.
    Dunque, la norma censurata,  che  subordina  le  annotazioni  sul
tesserino venatorio al preventivo recupero dell'animale,  frustra  la
ratio sottesa alla disciplina normativa statale e abbassa  la  soglia
di protezione da essa stabilita.
    La criticita' non e' superabile accedendo alla tesi della  difesa
regionale, che ritiene  di  aver  esteso  l'adempimento  ai  casi  di
recupero   di   abbattimenti    effettuati    da    terzi,    poiche'
l'interpretazione offerta trova ostacolo  nel  dato  letterale  della
norma, che utilizza la congiunzione «e» e non  la  disgiunzione  «o»,
per precisare che l'annotazione va effettuata dopo  l'abbattimento  e
l'avvenuto recupero.
    5.-  Pertanto,  va  dichiarata  l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 15, comma 1, lettera j), della legge reg. Lombardia  n.  17
del 2018 nella parte  in  cui  ha  sostituito  le  parole  «dopo  gli
abbattimenti accertati»  con  le  parole  «dopo  gli  abbattimenti  e
l'avvenuto  recupero».   Cio'   in   quanto   l'ulteriore   requisito
dell'avvenuto recupero, per procedere all'annotazione  sul  tesserino
venatorio dei capi abbattuti, determina un abbassamento  del  livello
statale di tutela ambientale.
    6.- La seconda questione prospettata ha  ad  oggetto  l'art.  15,
comma 1, lettera m), dell'impugnata legge regionale, secondo  cui  la
selvaggina ferita puo' essere recuperata fino a  duecento  metri  dal
capanno, in attitudine di caccia e con l'uso del cane o del  natante,
ma con arma scarica e riposta in custodia.
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ha dedotto la violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  in  relazione  al
principio di esclusivita' della caccia, per il  quale  il  cacciatore
puo'  esercitarla  solo  nella  singola  modalita'  prescelta,   come
stabilito dall'art. 12, comma 5, della legge n. 157 del  1992,  cosi'
evitando  di  esporre  tutto   il   territorio   agro-silvo-pastorale
all'esercizio venatorio indiscriminato.
    Secondo la prospettazione del  ricorrente,  la  norma  censurata,
consentendo di  vagare  fuori  dal  capanno  in  assetto  di  caccia,
autorizzerebbe colui che ha optato  per  la  caccia  da  appostamento
fisso a esercitarla in una modalita' aggiuntiva.
    7.- La questione non e' fondata.
    La  prescrizione  e'  stata  posta  dalla   Regione   nell'ambito
dell'esercizio della potesta' legislativa  residuale  in  materia  di
caccia, che subisce limiti per effetto della normativa statale quando
la materia regionale si sovrappone,  per  naturale  coincidenza,  con
ambiti afferenti ad interessi  diversi  che  insistono  su  specifici
aspetti del bene ambiente,  cosi'  che  le  attribuzioni  legislative
delle Regioni non possono essere esercitate abbassando lo standard di
tutela ambientale previsto dal legislatore nazionale (sentenze n.  74
del 2017 e n. 278 del 2012).
    8.- Il recupero del  capo  ferito  da  appostamento  fisso,  come
previsto dalla legge regionale censurata, integra un'attivita' neutra
ai fini della tutela  ambientale,  poiche'  deve  avvenire  con  arma
scarica e riposta nell'apposita custodia; pertanto,  essendo  esclusa
la possibilita' di uccisione di capi  aggiuntivi  rispetto  a  quelli
gia' feriti, il recupero  non  puo'  essere  ricondotto  alla  caccia
vagante,  che  si  aggiungerebbe  a  quella  da  appostamento   fisso
prescelta dal cacciatore che spara dal capanno.
    La  norma  censurata,  che  ha  allargato  il  raggio  di  azione
nell'ambito del quale si puo' procedere al recupero dell'animale,  va
ricondotta al legittimo esercizio della  competenza  residuale  delle
Regioni in materia di caccia, quale  disciplina  delle  modalita'  di
esercizio delle attivita' afferenti ad essa.
    9.-   Venendo,   infine,   alla   questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera q),  della  legge  reg.
Lombardia n. 17 del 2018, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
lamenta che la norma, imponendo di verificare le distanze dei capanni
di caccia dagli immobili destinati ad abitazione o al lavoro e quelle
per l'uso delle armi da sparo seguendo  l'andamento  morfologico  del
terreno, sarebbe in contrasto con l'art. 117, secondo comma,  lettera
s), Cost., in relazione alle  prescrizioni  dell'art.  21,  comma  1,
lettere e) ed f), della legge n. 157 del 1992, relative  al  rispetto
delle distanze minime dai  fabbricati  adibiti  ad  abitazione  o  al
lavoro e dalle vie di comunicazione e  dalle  strade  e  al  rispetto
delle distanze per l'esercizio venatorio e per l'uso  dei  fucili  da
caccia.
    10.- La questione non e' fondata.
    Le prescrizioni dell'art. 21 della legge n.  157  del  1992,  che
sono state indicate quali norme interposte rispetto  alla  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., sono  estranee  alla
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
    11.- Questa Corte ha piu' volte affermato che per individuare  la
materia in cui si colloca la norma, interposta nella specie,  occorre
aver  riguardo  all'oggetto,  alla  ratio  e  alla  finalita'   della
disciplina, verificando il nucleo centrale delle  prescrizioni  e  le
finalita' dell'intervento legislativo, a  prescindere  dagli  effetti
riflessi (sentenze n. 116 del 2019, n. 108 e n. 81 del 2017 e  n.  21
del 2016).
    Gli specifici divieti previsti dall'art. 21 della  legge  n.  157
del 1992 mirano a garantire la tutela di coloro che,  trovandosi  nei
pressi del cacciatore, possono essere coinvolti dalla sua  attivita';
le norme hanno valenza preventiva e sono volte a stabilire condizioni
di sicurezza minime, a garanzia della pubblica incolumita'.
    Diversamente, la prescrizione dell'art. 15, comma 1, lettera  q),
della legge reg. Lombardia n.  17  del  2018,  adottata  in  tema  di
modalita'  di  misurazione  delle  distanze,  in  quanto  volta  alla
disciplina  dell'attivita'  venatoria,   ricade   nell'ambito   della
competenza legislativa regionale residuale in materia di caccia,  che
e' legittimamente esercitata anche quando  le  prescrizioni  tecniche
per il suo esercizio sono dettate in vista della tutela di  interessi
diversi, che si intrecciano o contrappongono a quello del  cacciatore
e che, nella specie, afferiscono alla pubblica incolumita'.
    La materia su cui ha inciso la legge regionale impugnata  e'  del
tutto estranea a  quella  ambientale,  poiche'  non  coinvolge  alcun
aspetto relativo alla conservazione della  fauna  e  dell'ecosistema,
cosi' che la questione - che, in relazione alle norme indicate  quali
parametri  interposti,  avrebbe   dovuto   essere   prospettata   per
tutt'altro parametro costituzionale  e  cioe'  per  violazione  delle
attribuzioni statali in materia di ordine pubblico - va rigettata.

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  15,  comma
1, lettera j), della legge della Regione Lombardia 4  dicembre  2018,
n. 17 (Legge di revisione normativa e di semplificazione 2018), nella
parte  in  cui  ha  sostituito  le  parole  «dopo  gli   abbattimenti
accertati»  con  le  parole  «dopo  gli  abbattimenti  e   l'avvenuto
recupero»;
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera m),  della  legge  reg.
Lombardia n. 17 del 2018, promossa dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione e in relazione agli artt. 5, comma 5, e 12,  comma
5, della legge 11 febbraio 1992, n.  157  (Norme  per  la  protezione
della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), con  il
ricorso indicato in epigrafe;
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera q),  della  legge  reg.
Lombardia n. 17 del 2018, promossa dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. e in relazione all'art. 21, comma 1, lettere e)  ed  f),  della
legge n. 157 del 1992, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2019.

                                F.to:
                       Aldo CAROSI, Presidente
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore
                    Filomena PERRONE, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 27 dicembre 2019.

                           Il Cancelliere
                       F.to: Filomena PERRONE


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