N. 48 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 maggio 2020
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 13 maggio 2020 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
Sanita' pubblica - Polizia mortuaria - Norme della Regione Siciliana
- Disposizioni in materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di
attivita' funeraria - Definizioni - Inserimento, con riguardo alla
definizione di "resto mortale", di un riferimento alla tumulazione
aerata - Disposizioni sul trasporto di salme da Comune a Comune -
Esclusione del regime di incompatibilita' tra lo svolgimento di
attivita' funeraria e gestione del servizio cimiteriale nei Comuni,
singoli o associati, con popolazione complessiva inferiore a
tremila abitanti.
- Legge della Regione Siciliana 3 marzo 2020, n. 4 (Disposizioni in
materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria.
Modifiche alla legge regionale 17 agosto 2010, n. 18), artt. 1,
comma 3, lettera c); 3, comma 2; 10, commi 9 e 10.
(GU n.23 del 3-6-2020 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (C.F.
80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato (C.F. 80224030587) presso cui e' domiciliato in Roma, via dei
Portoghesi 12 (ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it - fax 06/96514000);
Contro la Regione Siciliana in persona del Presidente pro
tempore;
Per la dichiarazione, giusta delibera del Consiglio dei ministri
del 29 aprile 2020, di illegittimita' costituzionale della legge
regionale della Regione Siciliana del 3 marzo 2020, n. 4, pubblicata
nel Bollettino Ufficiale della Regione Siciliana n. 12 del 6 marzo
2020, relativamente agli articoli 1, comma 3, lettera c); 3, comma 2;
10, commi 9 e 10.
La legge regionale in epigrafe detta «Disposizioni in materia
cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria.».
La legge, come emerge dall'art. 1, comma 1, intende disciplinare
in modo organico «il complesso dei servizi e delle funzioni in ambito
necroscopico, funebre, cimiteriale e di polizia mortuaria, garantendo
il rispetto della dignita' e dei diritti dei cittadini, con la
finalita' di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi funebri e
di informare le attivita' pubbliche a principi di evidenza
scientifica e di efficienza ed efficacia delle prestazioni».
A questo fine, come prevede l'art. 1, comma 2, lettere b) e c),
la legge regionale «b) disciplina, per quanto attiene ai profili
igienico-sanitari, le procedure relative alla polizia mortuaria, in
coerenza con la normativa statale;
c) regolamenta le condizioni ed i requisiti per l'esercizio
dell'attivita' funeraria».
La legge regionale puo' operare in questo ambito di materie in
forza della competenza concorrente che spetta alla Regione ai sensi
dell'art. 17, lettere b) e c) del suo statuto, adottato con il
decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito con la legge
costituzionale n. 2 del 1948, giusta il quale «Entro i limiti dei
principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello
Stato, l'Assemblea regionale puo', al fine di soddisfare alle
condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione,
emanare leggi, anche relative all'organizzazione dei servizi, sopra
le seguenti materie concernenti la Regione: .... b) igiene e sanita'
pubblica; c) assistenza sanitaria; ...».
Altro titolo su cui la Regione ha basato l'intervento legislativo
in esame e' l'art. 117 comma 3 della Costituzione, nella parte in cui
attribuisce alla legislazione regionale concorrente la disciplina in
materia di «tutela della salute». Questa dizione piu' ampia, che
rimanda ad un ambito oggettivo piu' esteso e organico di quello
riconducibile alle dizioni statutarie «igiene e sanita' pubblica» e
«assistenza sanitaria», e' applicabile anche alla Regione Siciliana
in forza dell'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, giusta il quale
«1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni
della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a
statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per
le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a
quelle gia' attribuite».
Le disposizioni della legge regionale indicate in epigrafe,
tuttavia, eccedono la competenza regionale concorrente cosi'
delineata perche' nelle parti che si illustreranno non si conformano
ai principi generali e fondamentali emergenti dalla legislazione
statale vigente nella medesima materia, e in particolare ai principi
emergenti dal decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre
1990, n. 285, portante «Approvazione del regolamento di polizia
mortuaria».
Le disposizioni della legge regionale indicate in epigrafe
violano, altresi', nella sostanza, l'art. 32, comma 1, prima parte,
della Costituzione, che assegna alla Repubblica, e quindi anche alle
regioni, il compito di tutelare la salute come fondamentale diritto
dell'individuo e interesse della collettivita'.
Ai sensi dell'art. 14 dello Statuto regionale, l'art. 32 della
Costituzione vincola anche il legislatore regionale, posto che
l'attivita' legislativa regionale deve svolgersi comunque, secondo
l'art. 14 citato, «nei limiti delle leggi costituzionali dello
Stato».
L'art. 3, comma 2, della legge regionale viola, infine, la
riserva esclusiva allo Stato della legislazione in materia di tutela
della concorrenza, prevista dall'art. 117, comma 2, lettera e) della
Costituzione, valgano i seguenti
Motivi
1. In relazione all'art. 1, comma 3, lettera c), della legge
regionale, violazione degli articoli 17, lettere b) e c) dello
statuto regionale e 117, comma 3, della Costituzione nella parte
relativa alla competenza legislativa regionale concorrente in materia
di «tutela della salute».
Violazione dell'art. 32 della Costituzione e dell'art. 14 statuto
regionale nella parte in cui rinvia al rispetto delle leggi
costituzionali dello Stato.
L'art. 1, comma 3, lettera c), della legge regionale detta alcune
definizioni necessarie alla corretta applicazione della legge. Nella
lettera c) prevede, per quanto interessa il presente motivo, che «Ai
fini della presente legge: ... c) per resto mortale si intende un
cadavere, in qualunque stato di trasformazione, decorsi almeno dieci
anni di inumazione o tumulazione aerata ovvero di tumulazione
stagna.».
In tal modo la norma regionale viola le disposizioni
costituzionali in epigrafe per il tramite della normativa statale
interposta costituita, come avvertito in premessa, dal decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990.
In particolare, la norma regionale, sia pure nel contesto di una
definizione della nozione di «resto mortale», ammette implicitamente
la «tumulazione aerata», a fianco della «tumulazione stagna» e
dell'«inumazione».
Senonche', la tumulazione aerata non e' ammessa dalla normativa
statale ora richiamata. Questa, in tema di conservazione dei
cadaveri, ammette infatti soltanto la tumulazione stagna e
l'inumazione.
Va premesso che tecnicamente per tumulazione aerata si intende
quella operata utilizzando un loculo realizzato, anche sotto terra,
con soluzioni capaci di neutralizzare gli effetti dei gas di
decomposizione e di raccogliere e neutralizzare i liquidi provenienti
dai processi cadaverici convogliandoli all'esterno del feretro
mediante soluzioni tecniche per la raccolta dei liquidi e per la
fuoriuscita dei gas. La tumulazione aerata implica l'adozione di
sistemi di depurazione aventi lo scopo di trattare i gas derivanti
dalla decomposizione cadaverica mediante l'impiego di filtro
assorbente con particolari caratteristiche fisico-chimiche o di un
filtro biologico, in modo che non vi sia percezione olfattiva in
atmosfera di gas provenienti dalla putrefazione. Occorre altresi' che
sia assicurata la neutralizzazione dei liquidi cadaverici,
all'interno del loculo con la canalizzazione del percolato in
apposito luogo confinato attrezzato con materiale assorbente, a base
batterico-enzimatica, biodegradante; o all'esterno, attraverso
soluzioni capaci di canalizzare il percolato in apposito luogo
confinato ed opportunamente dimensionato, garantendo
l'impermeabilizzazione del sistema per evitare la contaminazione
della falda.
Sono evidenti la complessita' tecnica della tumulazione aerata,
nonche' il suo potenziale impatto sulla qualita' dell'aria e
dell'acqua di falda, e attraverso queste sulla salute pubblica.
A fronte di tale complessita', il legislatore statale non ha
ancora scelto di ammetterla tra le forme di tumulazione, nonostante
il vantaggio biologico che essa presenta in termini di accelerata
mineralizzazione del cadavere.
Infatti, come si avvertiva, la tumulazione aerata non e' prevista
dalla normativa statale attualmente vigente (decreto del Presidente
della Repubblica n. 285/1990 recante l'«Approvazione del regolamento
di polizia mortuaria»), e non puo' costituire innovazione di matrice
regionale.
Gli articoli 76 e 77 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 285/1990 dettano con chiaro carattere esaustivo le modalita' da
seguirsi per la tumulazione. Secondo l'art. 76 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990 le pareti dei loculi devono
avere caratteristiche di impermeabilita' ai liquidi e ai gas e la
relativa chiusura deve essere ermetica; la norma regionale in
questione invece deroga a questa prescrizione, permettendo la
trasformazione dei loculi da stagni in aerati. Sempre secondo la
norma statale (art. 77), la cassa mortuaria in caso di tumulazione
deve avere determinate caratteristiche costruttive (doppia struttura
in legno e metallo), chiaramente incompatibili con la tecnica della
tumulazione aerata.
Si vede quindi che la normativa statale ammette soltanto la
tumulazione stagna.
In alternativa a questa, gli articoli 68-75 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990 ammettono l'inumazione, vale
a dire la sepoltura in fossa dei cadaveri chiusi in semplice cassa di
legno (art. 74). L'inumazione deve avvenire in campi ubicati in suolo
idoneo per struttura geologica e mineralogica, per proprieta'
meccaniche e fisiche e per il livello della falda idrica (art. 68), e
provvisti di sistemi fognanti destinati a convogliare le acque
meteoriche lontano dalle fosse di inumazione (art. 72).
Altre forme di conservazione dei cadaveri non sono ammesse (gli
articoli 78 ss. del regolamento disciplinano infatti, come ulteriore
possibilita', soltanto la cremazione, cioe' la distruzione del
cadavere mediante combustione).
Si tratta di norme, quelle statali, che evidentemente trattano la
materia sanitaria, rispetto alla quale non possono essere ammesse
modalita' diverse da quelle stabilite in via di principio dal
legislatore statale con regole che segnano, in tema di tutela della
salute, un limite invalicabile di uniformita' a livello nazionale
alla potesta' legislativa regionale.
Il carattere fondamentale, e dunque non valicabile dei principi
legislativi statali in materia deriva, come gia' osservato, dalle
gravi e immediate implicazioni sulla salute pubblica, in specie per
quanto riguarda la qualita' dell'aria e dell'acqua di falda, che le
diverse tecniche di conservazione dei cadaveri presentano.
Donde l'incompetenza del legislatore regionale ad introdurre
unilateralmente forme di tumulazione diverse, come la tumulazione
aerata.
Sotto altro, subordinato, aspetto la norma regionale qui
impugnata viola l'art. 32, comma 1, prima parte, della Costituzione,
e l'art. 14 statuto regionale nella parte in cui rinvia al rispetto
delle leggi costituzionali dello Stato, in quanto la legge regionale
si limita a menzionare la tumulazione aerata, ma non detta alcuna
specificazione tecnica da seguire nel praticarla.
Attese le descritte implicazioni sulla salute pubblica che tale
tecnica comporta, e' evidente il rischio a cui la norma regionale
espone la salute pubblica stessa, consentendo iniziative di
tumulazione aerata non previamente e debitamente regolate dal punto
di vista tecnico.
2. In relazione all'art. 10, commi 9 e 10 della legge regionale,
violazione degli articoli 17, lettere b) e c) statuto regionale e 117
comma 3 della Costituzione nella parte relativa alla competenza
legislativa regionale concorrente in materia di «tutela della
salute».
Violazione dell'art. 32 della Costituzione.
2.1. L'art. 10 della legge regionale e' relativo al «trasporto di
salme, di cadaveri e di resti mortali». Nel comma 9, ultima parte
prevede che «Il trattamento antiputrefattivo e' effettuato, con
personale appositamente formato, dall'impresa funebre che provvede al
confezionamento del feretro.».
Le disposizioni precedenti del medesimo comma rinviano all'art.
32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, che
prevede il trattamento antiputrefattivo obbligatorio nella maggior
parte dei casi di trasporto di salme da comune a comune o in ambito
internazionale (art. 30, comma 1). Tale trattamento si opera
«mediante l'introduzione nelle cavita' corporee di almeno 500 cc di
formalina F.U. dopo che sia trascorso l'eventuale periodo di
osservazione» (art. 32, comma 1).
L'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990
prevede tassativamente che «Il trattamento antiputrefattivo di cui
all'art. 32 e' eseguito dal coordinatore sanitario o da altro
personale tecnico da lui delegato, dopo che sia trascorso il periodo
di osservazione di cui agli articoli 8, 9 e 10».
Questa norma costituisce un principio fondamentale di
legislazione statale, vincolante la Regione Siciliana nell'esercizio
della sua legislazione concorrente in materia di salute pubblica di
cui ai riferimenti statutari e costituzionali in epigrafe. E' infatti
palese l'importanza, onde evitare dispersioni di liquidi e gas di
putrefazione durante il trasporto della salma, e i conseguenti
pericoli per la salute pubblica, che il trattamento antiputrefattivo
in occasione dei trasporti in questione sia effettuato da personale
in possesso di comprovata competenza tecnica. A tal fine, la norma
statale richiede che il trattamento sia eseguito dal coordinatore
sanitario dell'unita' sanitaria locale che ha nominato i medici
necroscopi o che coordina i medici necroscopi ospedalieri; o da
personale «tecnico», cioe' necessariamente medico o paramedico,
delegato dal coordinatore. Le figure professionali del coordinatore e
dei medici necroscopi sono disciplinate dall'art. 4 del regolamento
n. 285/1990.
E' evidente il contrasto della disposizione regionale di cui
sopra con questi principi. La disposizione regionale, infatti,
consente che il trattamento antiputrefattivo sia eseguito «con
personale appositamente formato, dall'impresa funebre che provvede al
confezionamento del feretro».
L'impresa funebre non e', e non puo' essere, una delegata del
coordinatore sanitario dell'unita' sanitaria locale (oggi ASL), ne'
il personale di questa che in modo del tutto generico viene indicato
come «appositamente formato» puo' qualificarsi come «personale
tecnico». Ne discende che la modalita' prefigurata dalla norma
regionale per il trattamento antiputrefattivo non garantisce che
questo avvenga nelle condizioni di sicurezza tecnica inderogabilmente
fissate dalla norma statale con l'attribuirne il compito a personale
del servizio sanitario pubblico o da questo specificamente delegato e
comunque avente qualifica di personale «tecnico».
Evidente e', quindi, il superamento da parte del legislatore
regionale di un limite di principio non superabile fissato dalla
legislazione statale.
In ogni caso, in subordine, sussiste nella sostanza violazione
dell'art. 32 della Costituzione e dell'art. 14 statuto regionale
nella parte in cui rinvia al rispetto delle leggi costituzionali
dello Stato, in quanto la norma regionale si limita a prevedere, in
modo del tutto generico e non specificato, che il personale
dell'impresa funebre preposto al trattamento sia «appositamente
formato». La mancanza di ogni disciplina della formazione cui si
allude o dei titoli che tale personale dovrebbe possedere, crea il
pericolo che il trattamento venga eseguito da personale tecnicamente
non qualificato, e che da trattamenti tecnicamente inappropriati
derivino durante i trasporti i pericoli per la salute pubblica di cui
sopra si e' detto.
Donde la contrarieta' sostanziale della previsione regionale al
valore fondamentale della salute sia individuale che collettiva
consacrato nell'art. 32 della Costituzione.
2.2. Il comma 10 dell'art. 10 della legge regionale impugnata
prevede invece, sempre in materia di trasporti di salme da comune a
comune, che «10. All'atto della chiusura del feretro l'identita' del
defunto, l'apposizione dei sigilli e l'osservanza delle norme
previste per il trasporto sono verificate direttamente dagli addetti
al trasporto, che ne attestano l'esecuzione.».
L'illegittimita' costituzionale di questa disposizione e'
conseguenziale all'illegittimita' della precedente. Se, come visto,
il trattamento antiputrefattivo che e' condizione necessaria per il
trasporto del feretro contenente la salma, deve essere operato
inderogabilmente dal coordinatore sanitario dell'ASL o dal personale
tecnico da questi delegato, e' conseguenziale che anche
l'identificazione della salma, nel momento in cui il trattamento e'
completato e il feretro viene chiuso per darsi corso al trasporto,
competa ai soggetti muniti di qualifica pubblicistica previsti
dall'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990.
E' infatti ovvio che il trattamento antiputrefattivo, di
competenza esclusiva di tali soggetti, presuppone l'identificazione
della salma da parte dei soggetti preposti al trattamento stesso.
Ed e' ovvio che competa a tali soggetti anche la verifica dei
sigilli con cui il feretro e' confezionato, posto che l'apposizione
di tali sigilli, garantendo l'identita' del cadavere trasportato con
quello assoggettato al trattamento antiputrefattivo, e' condizione
indispensabile per l'esecuzione del trasporto.
Sia l'identificazione della salma che la verifica della
sigillazione del feretro, preliminari al trasporto al pari del
trattamento antiputrefattivo, non possono quindi dal legislatore
regionale essere demandati a soggetti privati non qualificati, come
sono «gli addetti al trasporto» designati dall'impresa funebre.
Le medesime considerazioni valgono, infine, con riguardo alla
ulteriore, generica, previsione della norma regionale in esame,
secondo cui gli addetti in questione verificano «l'osservanza delle
norme previste per il trasporto».
Anche la disposizione del comma 10 supera, quindi, i limiti di
principio desumibili dalla legislazione statale come sopra
illustrata, e in particolare dall'art. 48 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 285/1990.
3. In relazione all'art. 3, comma 2, della legge regionale,
violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e) e dell'art. 32 della
Costituzione.
L'art. 3, comma 2, della legge regionale impugnata prevede che
«2. La gestione dei servizi pubblici cimiteriali o necroscopici e'
incompatibile con l'attivita' funeraria di cui all'art. 13. Le
gestioni in corso in contrasto con le previsioni del presente comma
cessano alla scadenza di dodici mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge. Nei comuni, singoli o associati, con
popolazione complessiva inferiore a tremila abitanti, non si applica
il regime di incompatibilita' tra lo svolgimento di attivita'
funeraria e la gestione del servizio cimiteriale.».
La seconda parte della disposizione, che nei comuni con
popolazione complessiva inferiore a tremila abitanti deroga alla
incompatibilita' tra servizi pubblici cimiteriali ed esercizio
dell'attivita' funeraria (vale a dire di impresa funebre), eccede
dalla competenza legislativa regionale e invade la competenza statale
esclusiva in materia di tutela della concorrenza ex art. 117, comma
2, lettera e) della Costituzione.
La deroga in questione determina una commistione di attivita'
ontologicamente diverse, sia pure limitata ai comuni minori, puo'
creare un'alterazione della libera concorrenza.
La giurisprudenza amministrativa, l'Autorita' garante della
concorrenza e del mercato e l'ANAC hanno da tempo evidenziato
l'importanza di mantenere l'incompatibilita' tra le due attivita',
l'una, la gestione del servizio pubblico cimiteriale, con connotati
pubblicistici posta a tutela delle esigenze di salute pubblica,
l'altra di natura economico-imprenditoriale tesa a produrre profitti
economici (Consiglio di Stato n. 1639/2005; Tribunale amministrativo
regionale Liguria n. 977/2005 e n. 1781/2003).
Nel precedente ora citato, costituente «diritto vivente», il
Consiglio di Stato ha precisato che «non puo' essere accettata in via
di principio, proprio per le ragioni da ultimo esposte, la tesi
affermata con tale motivo che cioe' sia possibile in un unico
contesto aggiudicare i servizi di gestione delle camere mortuarie
agli stessi soggetti che svolgono sul libero mercato l'attivita' di
onoranze funebri.
La distinzione delle due attivita' che vengono qui in
considerazione quella di natura pubblicistica diretta ad adempiere
agli obblighi che discendono dalle disposizioni di polizia mortuaria
ispirate solo da esigenze di carattere igienico sanitario e quella di
natura economica ed imprenditoriale sottoposta alle regole del
mercato di assicurare lo svolgimento degli adempimenti conseguenti al
decesso sono segnate da una differenza qualitativa ed anche da una
differenziazione temporale.
Nel senso che esaurita l'una viene in rilievo la seconda che per
le finalita' commerciali e di profitto che la caratterizzano non si
concilia con il corretto, fisiologico e naturale svolgimento della
prima che non deve essere esposta neanche per motivi legittimi di
concorrenza tra diversi operatori ad alcuna possibile turbativa.».
Nelle sue segnalazioni la citata Autorita' garante della
concorrenza ha precisato che vi e' un elevato rischio di alterazione
della concorrenza nel settore dei servizi funebri «caratterizzato da
elementi di imperfezione che rendono il prezzo ed altre variabili
concorrenziali strumenti di acquisizione della clientela meno
efficaci che in altri mercati» (AS n. 392/2007 e n. 147/1998).
Riguardo alla questione in esame codesta Corte costituzionale ha
riconosciuto, in via generale, la materia ascrivibile alla potesta'
legislativa regionale in materia di tutela della salute e servizi
pubblici locali, considerando marginale e indiretta l'interferenza
con il tema della concorrenza (cfr sentenze n. 274/2012 e n.
407/2007).
Ha pero' affermato la necessita' di accertare caso per caso il
fatto che le deroghe introdotte non costituiscano un privilegio per
gli operatori che agiscono esonerati dalle incompatibilita' oppure
che manchi un mercato di tali attivita' e si rischi quindi di
compromettere il diritto alla tutela della salute e la prestazione di
un servizio sociale indefettibile.
La disposizione regionale correttamente, nella prima parte,
ribadisce allora il principio fondamentale dell'ordinamento, appena
illustrato, che non consente commistioni tra l'attivita' di impresa
funebre e l'attivita' pubblicistica a finalita' essenzialmente
igienico-sanitaria, di gestione dei servizi cimiteriali. Ed infatti
la legge regionale, come si e' visto all'inizio, nell'art. 1, comma
1, correttamente e testualmente distingue l'ambito cimiteriale
dall'ambito funebre.
Tuttavia, nella seconda parte qui impugnata immotivatamente
deroga a tale principio di tutela della concorrenza, sulla sola base
della popolazione dei comuni interessati.
Senonche' tale presupposto non e' di per se' tale da attestare
una cosi' grave e sistematica carenza di concorrenza effettiva nei
servizi pubblici, da giustificare una deroga di quella entita'. Un
piccolo comune puo' infatti trovarsi, per fare un solo esempio,
compreso nell' ambito di una realta' metropolitana molto piu' vasta,
e quindi rientrare, per i servizi in questione, nell'ambito
geografico del mercato riferibile a tale area.
Ai fini della concorrenza il mercato e' definito dallo spazio
territoriale in cui si rilevano condizioni omogenee di domanda e di
offerta dei beni e dei servizi; e non certo dalla mera circoscrizione
amministrativa o dalla popolazione di un comune.
Pertanto la norma regionale in esame, poiche' non descrive le
particolari situazioni locali (come, ad esempio, le caratteristiche
demografiche e territoriali: in uno dei precedenti citati codesta
Corte costituzionale si occupo' di comuni, contemporaneamente,
piccoli e montani) che possono giustificare la deroga e non prevede
verifiche preventive del mercato da parte dell'autorita', determina
la possibilita' che siano favorite alterazioni della concorrenza nel
mercato, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e),
della Costituzione.
Il carattere indiscriminato della deroga, che si basa solo sulla
popolazione dei comuni, comporta quindi una incidenza diretta sulla
disciplina di mercato dei servizi in esame, che integra esercizio
diretto da parte della Regione di una competenza legislativa in
materia di tutela della concorrenza, riservata esclusivamente allo
Stato.
Inoltre, la commistione tra la gestione dei servizi pubblici
cimiteriali o necroscopici e l'attivita' funeraria, puo' dar luogo al
mancato rispetto degli standard sanitari la cui tutela e' in capo ai
servizi cimiteriali, in violazione dei principi fondamentali in
materia di tutela della salute, ai sensi dell'art. 32 della
Costituzione.
Unificare compiti molto diversi, come sono quelli di gestione del
servizio pubblico igienico-sanitario di tenuta dei cimiteri, con la
prestazione dei servizi di impresa funebre, rende infatti piu'
difficile l'osservanza da parte delle imprese, che possono essere,
stando alla norma regionale, anche di dimensioni molto piccole e
prive di adeguata organizzazione, delle rigorose prescrizioni
igienico-sanitarie necessarie all'una e all'altra attivita'.
Donde il grave pericolo per la tutela della salute individuale e
collettiva, garantita dall'art. 32 della Costituzione, che la deroga
in esame comporta, e la sua illegittimita' costituzionale anche sotto
questo profilo sostanziale, in combinato disposto con l'art. 14
statuto regionale nella parte in cui rinvia al rispetto delle leggi
costituzionali dello Stato.
P. Q. M.
Cio' premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri come
sopra rappresentato e difeso ricorre a codesta Ecc.ma Corte
costituzionale affinche' voglia dichiarare l'illegittimita'
costituzionale della legge regionale della Regione Siciliana del 3
marzo 2020, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione
Siciliana n. 12 del 6 marzo 2020, relativamente agli articoli 1,
comma 3 lettera c); 3, comma 2; 10, commi 9 e 10.
Si producono la legge regionale impugnata e, in estratto
conforme, la delibera del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2020.
Roma, 5 maggio 2020
L'Avvocato dello Stato: Gentili
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 13 maggio 2020 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
Sanita' pubblica - Polizia mortuaria - Norme della Regione Siciliana
- Disposizioni in materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di
attivita' funeraria - Definizioni - Inserimento, con riguardo alla
definizione di "resto mortale", di un riferimento alla tumulazione
aerata - Disposizioni sul trasporto di salme da Comune a Comune -
Esclusione del regime di incompatibilita' tra lo svolgimento di
attivita' funeraria e gestione del servizio cimiteriale nei Comuni,
singoli o associati, con popolazione complessiva inferiore a
tremila abitanti.
- Legge della Regione Siciliana 3 marzo 2020, n. 4 (Disposizioni in
materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria.
Modifiche alla legge regionale 17 agosto 2010, n. 18), artt. 1,
comma 3, lettera c); 3, comma 2; 10, commi 9 e 10.
(GU n.23 del 3-6-2020 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (C.F.
80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato (C.F. 80224030587) presso cui e' domiciliato in Roma, via dei
Portoghesi 12 (ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it - fax 06/96514000);
Contro la Regione Siciliana in persona del Presidente pro
tempore;
Per la dichiarazione, giusta delibera del Consiglio dei ministri
del 29 aprile 2020, di illegittimita' costituzionale della legge
regionale della Regione Siciliana del 3 marzo 2020, n. 4, pubblicata
nel Bollettino Ufficiale della Regione Siciliana n. 12 del 6 marzo
2020, relativamente agli articoli 1, comma 3, lettera c); 3, comma 2;
10, commi 9 e 10.
La legge regionale in epigrafe detta «Disposizioni in materia
cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria.».
La legge, come emerge dall'art. 1, comma 1, intende disciplinare
in modo organico «il complesso dei servizi e delle funzioni in ambito
necroscopico, funebre, cimiteriale e di polizia mortuaria, garantendo
il rispetto della dignita' e dei diritti dei cittadini, con la
finalita' di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi funebri e
di informare le attivita' pubbliche a principi di evidenza
scientifica e di efficienza ed efficacia delle prestazioni».
A questo fine, come prevede l'art. 1, comma 2, lettere b) e c),
la legge regionale «b) disciplina, per quanto attiene ai profili
igienico-sanitari, le procedure relative alla polizia mortuaria, in
coerenza con la normativa statale;
c) regolamenta le condizioni ed i requisiti per l'esercizio
dell'attivita' funeraria».
La legge regionale puo' operare in questo ambito di materie in
forza della competenza concorrente che spetta alla Regione ai sensi
dell'art. 17, lettere b) e c) del suo statuto, adottato con il
decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito con la legge
costituzionale n. 2 del 1948, giusta il quale «Entro i limiti dei
principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello
Stato, l'Assemblea regionale puo', al fine di soddisfare alle
condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione,
emanare leggi, anche relative all'organizzazione dei servizi, sopra
le seguenti materie concernenti la Regione: .... b) igiene e sanita'
pubblica; c) assistenza sanitaria; ...».
Altro titolo su cui la Regione ha basato l'intervento legislativo
in esame e' l'art. 117 comma 3 della Costituzione, nella parte in cui
attribuisce alla legislazione regionale concorrente la disciplina in
materia di «tutela della salute». Questa dizione piu' ampia, che
rimanda ad un ambito oggettivo piu' esteso e organico di quello
riconducibile alle dizioni statutarie «igiene e sanita' pubblica» e
«assistenza sanitaria», e' applicabile anche alla Regione Siciliana
in forza dell'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, giusta il quale
«1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni
della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a
statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per
le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a
quelle gia' attribuite».
Le disposizioni della legge regionale indicate in epigrafe,
tuttavia, eccedono la competenza regionale concorrente cosi'
delineata perche' nelle parti che si illustreranno non si conformano
ai principi generali e fondamentali emergenti dalla legislazione
statale vigente nella medesima materia, e in particolare ai principi
emergenti dal decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre
1990, n. 285, portante «Approvazione del regolamento di polizia
mortuaria».
Le disposizioni della legge regionale indicate in epigrafe
violano, altresi', nella sostanza, l'art. 32, comma 1, prima parte,
della Costituzione, che assegna alla Repubblica, e quindi anche alle
regioni, il compito di tutelare la salute come fondamentale diritto
dell'individuo e interesse della collettivita'.
Ai sensi dell'art. 14 dello Statuto regionale, l'art. 32 della
Costituzione vincola anche il legislatore regionale, posto che
l'attivita' legislativa regionale deve svolgersi comunque, secondo
l'art. 14 citato, «nei limiti delle leggi costituzionali dello
Stato».
L'art. 3, comma 2, della legge regionale viola, infine, la
riserva esclusiva allo Stato della legislazione in materia di tutela
della concorrenza, prevista dall'art. 117, comma 2, lettera e) della
Costituzione, valgano i seguenti
Motivi
1. In relazione all'art. 1, comma 3, lettera c), della legge
regionale, violazione degli articoli 17, lettere b) e c) dello
statuto regionale e 117, comma 3, della Costituzione nella parte
relativa alla competenza legislativa regionale concorrente in materia
di «tutela della salute».
Violazione dell'art. 32 della Costituzione e dell'art. 14 statuto
regionale nella parte in cui rinvia al rispetto delle leggi
costituzionali dello Stato.
L'art. 1, comma 3, lettera c), della legge regionale detta alcune
definizioni necessarie alla corretta applicazione della legge. Nella
lettera c) prevede, per quanto interessa il presente motivo, che «Ai
fini della presente legge: ... c) per resto mortale si intende un
cadavere, in qualunque stato di trasformazione, decorsi almeno dieci
anni di inumazione o tumulazione aerata ovvero di tumulazione
stagna.».
In tal modo la norma regionale viola le disposizioni
costituzionali in epigrafe per il tramite della normativa statale
interposta costituita, come avvertito in premessa, dal decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990.
In particolare, la norma regionale, sia pure nel contesto di una
definizione della nozione di «resto mortale», ammette implicitamente
la «tumulazione aerata», a fianco della «tumulazione stagna» e
dell'«inumazione».
Senonche', la tumulazione aerata non e' ammessa dalla normativa
statale ora richiamata. Questa, in tema di conservazione dei
cadaveri, ammette infatti soltanto la tumulazione stagna e
l'inumazione.
Va premesso che tecnicamente per tumulazione aerata si intende
quella operata utilizzando un loculo realizzato, anche sotto terra,
con soluzioni capaci di neutralizzare gli effetti dei gas di
decomposizione e di raccogliere e neutralizzare i liquidi provenienti
dai processi cadaverici convogliandoli all'esterno del feretro
mediante soluzioni tecniche per la raccolta dei liquidi e per la
fuoriuscita dei gas. La tumulazione aerata implica l'adozione di
sistemi di depurazione aventi lo scopo di trattare i gas derivanti
dalla decomposizione cadaverica mediante l'impiego di filtro
assorbente con particolari caratteristiche fisico-chimiche o di un
filtro biologico, in modo che non vi sia percezione olfattiva in
atmosfera di gas provenienti dalla putrefazione. Occorre altresi' che
sia assicurata la neutralizzazione dei liquidi cadaverici,
all'interno del loculo con la canalizzazione del percolato in
apposito luogo confinato attrezzato con materiale assorbente, a base
batterico-enzimatica, biodegradante; o all'esterno, attraverso
soluzioni capaci di canalizzare il percolato in apposito luogo
confinato ed opportunamente dimensionato, garantendo
l'impermeabilizzazione del sistema per evitare la contaminazione
della falda.
Sono evidenti la complessita' tecnica della tumulazione aerata,
nonche' il suo potenziale impatto sulla qualita' dell'aria e
dell'acqua di falda, e attraverso queste sulla salute pubblica.
A fronte di tale complessita', il legislatore statale non ha
ancora scelto di ammetterla tra le forme di tumulazione, nonostante
il vantaggio biologico che essa presenta in termini di accelerata
mineralizzazione del cadavere.
Infatti, come si avvertiva, la tumulazione aerata non e' prevista
dalla normativa statale attualmente vigente (decreto del Presidente
della Repubblica n. 285/1990 recante l'«Approvazione del regolamento
di polizia mortuaria»), e non puo' costituire innovazione di matrice
regionale.
Gli articoli 76 e 77 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 285/1990 dettano con chiaro carattere esaustivo le modalita' da
seguirsi per la tumulazione. Secondo l'art. 76 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990 le pareti dei loculi devono
avere caratteristiche di impermeabilita' ai liquidi e ai gas e la
relativa chiusura deve essere ermetica; la norma regionale in
questione invece deroga a questa prescrizione, permettendo la
trasformazione dei loculi da stagni in aerati. Sempre secondo la
norma statale (art. 77), la cassa mortuaria in caso di tumulazione
deve avere determinate caratteristiche costruttive (doppia struttura
in legno e metallo), chiaramente incompatibili con la tecnica della
tumulazione aerata.
Si vede quindi che la normativa statale ammette soltanto la
tumulazione stagna.
In alternativa a questa, gli articoli 68-75 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990 ammettono l'inumazione, vale
a dire la sepoltura in fossa dei cadaveri chiusi in semplice cassa di
legno (art. 74). L'inumazione deve avvenire in campi ubicati in suolo
idoneo per struttura geologica e mineralogica, per proprieta'
meccaniche e fisiche e per il livello della falda idrica (art. 68), e
provvisti di sistemi fognanti destinati a convogliare le acque
meteoriche lontano dalle fosse di inumazione (art. 72).
Altre forme di conservazione dei cadaveri non sono ammesse (gli
articoli 78 ss. del regolamento disciplinano infatti, come ulteriore
possibilita', soltanto la cremazione, cioe' la distruzione del
cadavere mediante combustione).
Si tratta di norme, quelle statali, che evidentemente trattano la
materia sanitaria, rispetto alla quale non possono essere ammesse
modalita' diverse da quelle stabilite in via di principio dal
legislatore statale con regole che segnano, in tema di tutela della
salute, un limite invalicabile di uniformita' a livello nazionale
alla potesta' legislativa regionale.
Il carattere fondamentale, e dunque non valicabile dei principi
legislativi statali in materia deriva, come gia' osservato, dalle
gravi e immediate implicazioni sulla salute pubblica, in specie per
quanto riguarda la qualita' dell'aria e dell'acqua di falda, che le
diverse tecniche di conservazione dei cadaveri presentano.
Donde l'incompetenza del legislatore regionale ad introdurre
unilateralmente forme di tumulazione diverse, come la tumulazione
aerata.
Sotto altro, subordinato, aspetto la norma regionale qui
impugnata viola l'art. 32, comma 1, prima parte, della Costituzione,
e l'art. 14 statuto regionale nella parte in cui rinvia al rispetto
delle leggi costituzionali dello Stato, in quanto la legge regionale
si limita a menzionare la tumulazione aerata, ma non detta alcuna
specificazione tecnica da seguire nel praticarla.
Attese le descritte implicazioni sulla salute pubblica che tale
tecnica comporta, e' evidente il rischio a cui la norma regionale
espone la salute pubblica stessa, consentendo iniziative di
tumulazione aerata non previamente e debitamente regolate dal punto
di vista tecnico.
2. In relazione all'art. 10, commi 9 e 10 della legge regionale,
violazione degli articoli 17, lettere b) e c) statuto regionale e 117
comma 3 della Costituzione nella parte relativa alla competenza
legislativa regionale concorrente in materia di «tutela della
salute».
Violazione dell'art. 32 della Costituzione.
2.1. L'art. 10 della legge regionale e' relativo al «trasporto di
salme, di cadaveri e di resti mortali». Nel comma 9, ultima parte
prevede che «Il trattamento antiputrefattivo e' effettuato, con
personale appositamente formato, dall'impresa funebre che provvede al
confezionamento del feretro.».
Le disposizioni precedenti del medesimo comma rinviano all'art.
32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, che
prevede il trattamento antiputrefattivo obbligatorio nella maggior
parte dei casi di trasporto di salme da comune a comune o in ambito
internazionale (art. 30, comma 1). Tale trattamento si opera
«mediante l'introduzione nelle cavita' corporee di almeno 500 cc di
formalina F.U. dopo che sia trascorso l'eventuale periodo di
osservazione» (art. 32, comma 1).
L'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990
prevede tassativamente che «Il trattamento antiputrefattivo di cui
all'art. 32 e' eseguito dal coordinatore sanitario o da altro
personale tecnico da lui delegato, dopo che sia trascorso il periodo
di osservazione di cui agli articoli 8, 9 e 10».
Questa norma costituisce un principio fondamentale di
legislazione statale, vincolante la Regione Siciliana nell'esercizio
della sua legislazione concorrente in materia di salute pubblica di
cui ai riferimenti statutari e costituzionali in epigrafe. E' infatti
palese l'importanza, onde evitare dispersioni di liquidi e gas di
putrefazione durante il trasporto della salma, e i conseguenti
pericoli per la salute pubblica, che il trattamento antiputrefattivo
in occasione dei trasporti in questione sia effettuato da personale
in possesso di comprovata competenza tecnica. A tal fine, la norma
statale richiede che il trattamento sia eseguito dal coordinatore
sanitario dell'unita' sanitaria locale che ha nominato i medici
necroscopi o che coordina i medici necroscopi ospedalieri; o da
personale «tecnico», cioe' necessariamente medico o paramedico,
delegato dal coordinatore. Le figure professionali del coordinatore e
dei medici necroscopi sono disciplinate dall'art. 4 del regolamento
n. 285/1990.
E' evidente il contrasto della disposizione regionale di cui
sopra con questi principi. La disposizione regionale, infatti,
consente che il trattamento antiputrefattivo sia eseguito «con
personale appositamente formato, dall'impresa funebre che provvede al
confezionamento del feretro».
L'impresa funebre non e', e non puo' essere, una delegata del
coordinatore sanitario dell'unita' sanitaria locale (oggi ASL), ne'
il personale di questa che in modo del tutto generico viene indicato
come «appositamente formato» puo' qualificarsi come «personale
tecnico». Ne discende che la modalita' prefigurata dalla norma
regionale per il trattamento antiputrefattivo non garantisce che
questo avvenga nelle condizioni di sicurezza tecnica inderogabilmente
fissate dalla norma statale con l'attribuirne il compito a personale
del servizio sanitario pubblico o da questo specificamente delegato e
comunque avente qualifica di personale «tecnico».
Evidente e', quindi, il superamento da parte del legislatore
regionale di un limite di principio non superabile fissato dalla
legislazione statale.
In ogni caso, in subordine, sussiste nella sostanza violazione
dell'art. 32 della Costituzione e dell'art. 14 statuto regionale
nella parte in cui rinvia al rispetto delle leggi costituzionali
dello Stato, in quanto la norma regionale si limita a prevedere, in
modo del tutto generico e non specificato, che il personale
dell'impresa funebre preposto al trattamento sia «appositamente
formato». La mancanza di ogni disciplina della formazione cui si
allude o dei titoli che tale personale dovrebbe possedere, crea il
pericolo che il trattamento venga eseguito da personale tecnicamente
non qualificato, e che da trattamenti tecnicamente inappropriati
derivino durante i trasporti i pericoli per la salute pubblica di cui
sopra si e' detto.
Donde la contrarieta' sostanziale della previsione regionale al
valore fondamentale della salute sia individuale che collettiva
consacrato nell'art. 32 della Costituzione.
2.2. Il comma 10 dell'art. 10 della legge regionale impugnata
prevede invece, sempre in materia di trasporti di salme da comune a
comune, che «10. All'atto della chiusura del feretro l'identita' del
defunto, l'apposizione dei sigilli e l'osservanza delle norme
previste per il trasporto sono verificate direttamente dagli addetti
al trasporto, che ne attestano l'esecuzione.».
L'illegittimita' costituzionale di questa disposizione e'
conseguenziale all'illegittimita' della precedente. Se, come visto,
il trattamento antiputrefattivo che e' condizione necessaria per il
trasporto del feretro contenente la salma, deve essere operato
inderogabilmente dal coordinatore sanitario dell'ASL o dal personale
tecnico da questi delegato, e' conseguenziale che anche
l'identificazione della salma, nel momento in cui il trattamento e'
completato e il feretro viene chiuso per darsi corso al trasporto,
competa ai soggetti muniti di qualifica pubblicistica previsti
dall'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990.
E' infatti ovvio che il trattamento antiputrefattivo, di
competenza esclusiva di tali soggetti, presuppone l'identificazione
della salma da parte dei soggetti preposti al trattamento stesso.
Ed e' ovvio che competa a tali soggetti anche la verifica dei
sigilli con cui il feretro e' confezionato, posto che l'apposizione
di tali sigilli, garantendo l'identita' del cadavere trasportato con
quello assoggettato al trattamento antiputrefattivo, e' condizione
indispensabile per l'esecuzione del trasporto.
Sia l'identificazione della salma che la verifica della
sigillazione del feretro, preliminari al trasporto al pari del
trattamento antiputrefattivo, non possono quindi dal legislatore
regionale essere demandati a soggetti privati non qualificati, come
sono «gli addetti al trasporto» designati dall'impresa funebre.
Le medesime considerazioni valgono, infine, con riguardo alla
ulteriore, generica, previsione della norma regionale in esame,
secondo cui gli addetti in questione verificano «l'osservanza delle
norme previste per il trasporto».
Anche la disposizione del comma 10 supera, quindi, i limiti di
principio desumibili dalla legislazione statale come sopra
illustrata, e in particolare dall'art. 48 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 285/1990.
3. In relazione all'art. 3, comma 2, della legge regionale,
violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e) e dell'art. 32 della
Costituzione.
L'art. 3, comma 2, della legge regionale impugnata prevede che
«2. La gestione dei servizi pubblici cimiteriali o necroscopici e'
incompatibile con l'attivita' funeraria di cui all'art. 13. Le
gestioni in corso in contrasto con le previsioni del presente comma
cessano alla scadenza di dodici mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge. Nei comuni, singoli o associati, con
popolazione complessiva inferiore a tremila abitanti, non si applica
il regime di incompatibilita' tra lo svolgimento di attivita'
funeraria e la gestione del servizio cimiteriale.».
La seconda parte della disposizione, che nei comuni con
popolazione complessiva inferiore a tremila abitanti deroga alla
incompatibilita' tra servizi pubblici cimiteriali ed esercizio
dell'attivita' funeraria (vale a dire di impresa funebre), eccede
dalla competenza legislativa regionale e invade la competenza statale
esclusiva in materia di tutela della concorrenza ex art. 117, comma
2, lettera e) della Costituzione.
La deroga in questione determina una commistione di attivita'
ontologicamente diverse, sia pure limitata ai comuni minori, puo'
creare un'alterazione della libera concorrenza.
La giurisprudenza amministrativa, l'Autorita' garante della
concorrenza e del mercato e l'ANAC hanno da tempo evidenziato
l'importanza di mantenere l'incompatibilita' tra le due attivita',
l'una, la gestione del servizio pubblico cimiteriale, con connotati
pubblicistici posta a tutela delle esigenze di salute pubblica,
l'altra di natura economico-imprenditoriale tesa a produrre profitti
economici (Consiglio di Stato n. 1639/2005; Tribunale amministrativo
regionale Liguria n. 977/2005 e n. 1781/2003).
Nel precedente ora citato, costituente «diritto vivente», il
Consiglio di Stato ha precisato che «non puo' essere accettata in via
di principio, proprio per le ragioni da ultimo esposte, la tesi
affermata con tale motivo che cioe' sia possibile in un unico
contesto aggiudicare i servizi di gestione delle camere mortuarie
agli stessi soggetti che svolgono sul libero mercato l'attivita' di
onoranze funebri.
La distinzione delle due attivita' che vengono qui in
considerazione quella di natura pubblicistica diretta ad adempiere
agli obblighi che discendono dalle disposizioni di polizia mortuaria
ispirate solo da esigenze di carattere igienico sanitario e quella di
natura economica ed imprenditoriale sottoposta alle regole del
mercato di assicurare lo svolgimento degli adempimenti conseguenti al
decesso sono segnate da una differenza qualitativa ed anche da una
differenziazione temporale.
Nel senso che esaurita l'una viene in rilievo la seconda che per
le finalita' commerciali e di profitto che la caratterizzano non si
concilia con il corretto, fisiologico e naturale svolgimento della
prima che non deve essere esposta neanche per motivi legittimi di
concorrenza tra diversi operatori ad alcuna possibile turbativa.».
Nelle sue segnalazioni la citata Autorita' garante della
concorrenza ha precisato che vi e' un elevato rischio di alterazione
della concorrenza nel settore dei servizi funebri «caratterizzato da
elementi di imperfezione che rendono il prezzo ed altre variabili
concorrenziali strumenti di acquisizione della clientela meno
efficaci che in altri mercati» (AS n. 392/2007 e n. 147/1998).
Riguardo alla questione in esame codesta Corte costituzionale ha
riconosciuto, in via generale, la materia ascrivibile alla potesta'
legislativa regionale in materia di tutela della salute e servizi
pubblici locali, considerando marginale e indiretta l'interferenza
con il tema della concorrenza (cfr sentenze n. 274/2012 e n.
407/2007).
Ha pero' affermato la necessita' di accertare caso per caso il
fatto che le deroghe introdotte non costituiscano un privilegio per
gli operatori che agiscono esonerati dalle incompatibilita' oppure
che manchi un mercato di tali attivita' e si rischi quindi di
compromettere il diritto alla tutela della salute e la prestazione di
un servizio sociale indefettibile.
La disposizione regionale correttamente, nella prima parte,
ribadisce allora il principio fondamentale dell'ordinamento, appena
illustrato, che non consente commistioni tra l'attivita' di impresa
funebre e l'attivita' pubblicistica a finalita' essenzialmente
igienico-sanitaria, di gestione dei servizi cimiteriali. Ed infatti
la legge regionale, come si e' visto all'inizio, nell'art. 1, comma
1, correttamente e testualmente distingue l'ambito cimiteriale
dall'ambito funebre.
Tuttavia, nella seconda parte qui impugnata immotivatamente
deroga a tale principio di tutela della concorrenza, sulla sola base
della popolazione dei comuni interessati.
Senonche' tale presupposto non e' di per se' tale da attestare
una cosi' grave e sistematica carenza di concorrenza effettiva nei
servizi pubblici, da giustificare una deroga di quella entita'. Un
piccolo comune puo' infatti trovarsi, per fare un solo esempio,
compreso nell' ambito di una realta' metropolitana molto piu' vasta,
e quindi rientrare, per i servizi in questione, nell'ambito
geografico del mercato riferibile a tale area.
Ai fini della concorrenza il mercato e' definito dallo spazio
territoriale in cui si rilevano condizioni omogenee di domanda e di
offerta dei beni e dei servizi; e non certo dalla mera circoscrizione
amministrativa o dalla popolazione di un comune.
Pertanto la norma regionale in esame, poiche' non descrive le
particolari situazioni locali (come, ad esempio, le caratteristiche
demografiche e territoriali: in uno dei precedenti citati codesta
Corte costituzionale si occupo' di comuni, contemporaneamente,
piccoli e montani) che possono giustificare la deroga e non prevede
verifiche preventive del mercato da parte dell'autorita', determina
la possibilita' che siano favorite alterazioni della concorrenza nel
mercato, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e),
della Costituzione.
Il carattere indiscriminato della deroga, che si basa solo sulla
popolazione dei comuni, comporta quindi una incidenza diretta sulla
disciplina di mercato dei servizi in esame, che integra esercizio
diretto da parte della Regione di una competenza legislativa in
materia di tutela della concorrenza, riservata esclusivamente allo
Stato.
Inoltre, la commistione tra la gestione dei servizi pubblici
cimiteriali o necroscopici e l'attivita' funeraria, puo' dar luogo al
mancato rispetto degli standard sanitari la cui tutela e' in capo ai
servizi cimiteriali, in violazione dei principi fondamentali in
materia di tutela della salute, ai sensi dell'art. 32 della
Costituzione.
Unificare compiti molto diversi, come sono quelli di gestione del
servizio pubblico igienico-sanitario di tenuta dei cimiteri, con la
prestazione dei servizi di impresa funebre, rende infatti piu'
difficile l'osservanza da parte delle imprese, che possono essere,
stando alla norma regionale, anche di dimensioni molto piccole e
prive di adeguata organizzazione, delle rigorose prescrizioni
igienico-sanitarie necessarie all'una e all'altra attivita'.
Donde il grave pericolo per la tutela della salute individuale e
collettiva, garantita dall'art. 32 della Costituzione, che la deroga
in esame comporta, e la sua illegittimita' costituzionale anche sotto
questo profilo sostanziale, in combinato disposto con l'art. 14
statuto regionale nella parte in cui rinvia al rispetto delle leggi
costituzionali dello Stato.
P. Q. M.
Cio' premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri come
sopra rappresentato e difeso ricorre a codesta Ecc.ma Corte
costituzionale affinche' voglia dichiarare l'illegittimita'
costituzionale della legge regionale della Regione Siciliana del 3
marzo 2020, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione
Siciliana n. 12 del 6 marzo 2020, relativamente agli articoli 1,
comma 3 lettera c); 3, comma 2; 10, commi 9 e 10.
Si producono la legge regionale impugnata e, in estratto
conforme, la delibera del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2020.
Roma, 5 maggio 2020
L'Avvocato dello Stato: Gentili
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