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giovedì 4 giugno 2020

N. 48 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 maggio 2020 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 13 maggio 2020 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Sanita' pubblica - Polizia mortuaria - Norme della Regione Siciliana - Disposizioni in materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria - Definizioni - Inserimento, con riguardo alla definizione di "resto mortale", di un riferimento alla tumulazione aerata - Disposizioni sul trasporto di salme da Comune a Comune - Esclusione del regime di incompatibilita' tra lo svolgimento di attivita' funeraria e gestione del servizio cimiteriale nei Comuni, singoli o associati, con popolazione complessiva inferiore a tremila abitanti. - Legge della Regione Siciliana 3 marzo 2020, n. 4 (Disposizioni in materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria. Modifiche alla legge regionale 17 agosto 2010, n. 18), artt. 1, comma 3, lettera c); 3, comma 2; 10, commi 9 e 10. (GU n.23 del 3-6-2020 )

N. 48 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 maggio 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 13 maggio  2020  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri).

Sanita' pubblica - Polizia mortuaria - Norme della Regione  Siciliana
  - Disposizioni in materia cimiteriale, di polizia  mortuaria  e  di
  attivita' funeraria - Definizioni - Inserimento, con riguardo  alla
  definizione di "resto mortale", di un riferimento alla  tumulazione
  aerata - Disposizioni sul trasporto di salme da Comune a  Comune  -
  Esclusione del regime di incompatibilita'  tra  lo  svolgimento  di
  attivita' funeraria e gestione del servizio cimiteriale nei Comuni,
  singoli  o  associati,  con  popolazione  complessiva  inferiore  a
  tremila abitanti.
- Legge della Regione Siciliana 3 marzo 2020, n. 4  (Disposizioni  in
  materia cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria.
  Modifiche alla legge regionale 17 agosto 2010,  n.  18),  artt.  1,
  comma 3, lettera c); 3, comma 2; 10, commi 9 e 10.
(GU n.23 del 3-6-2020 )
    Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   (C.F.
80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato (C.F. 80224030587) presso cui e' domiciliato in Roma,  via  dei
Portoghesi 12 (ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it - fax 06/96514000);
    Contro  la  Regione  Siciliana  in  persona  del  Presidente  pro
tempore;
    Per la dichiarazione, giusta delibera del Consiglio dei  ministri
del 29 aprile 2020,  di  illegittimita'  costituzionale  della  legge
regionale della Regione Siciliana del 3 marzo 2020, n. 4,  pubblicata
nel Bollettino Ufficiale della Regione Siciliana n. 12  del  6  marzo
2020, relativamente agli articoli 1, comma 3, lettera c); 3, comma 2;
10, commi 9 e 10.
    La legge regionale in epigrafe  detta  «Disposizioni  in  materia
cimiteriale, di polizia mortuaria e di attivita' funeraria.».
    La legge, come emerge dall'art. 1, comma 1, intende  disciplinare
in modo organico «il complesso dei servizi e delle funzioni in ambito
necroscopico, funebre, cimiteriale e di polizia mortuaria, garantendo
il rispetto della dignita'  e  dei  diritti  dei  cittadini,  con  la
finalita' di tutelare l'interesse degli utenti dei servizi funebri  e
di  informare  le  attivita'  pubbliche  a   principi   di   evidenza
scientifica e di efficienza ed efficacia delle prestazioni».
    A questo fine, come prevede l'art. 1, comma 2, lettere b)  e  c),
la legge regionale «b) disciplina,  per  quanto  attiene  ai  profili
igienico-sanitari, le procedure relative alla polizia  mortuaria,  in
coerenza con la normativa statale;
    c) regolamenta le  condizioni  ed  i  requisiti  per  l'esercizio
dell'attivita' funeraria».
    La legge regionale puo' operare in questo ambito  di  materie  in
forza della competenza concorrente che spetta alla Regione  ai  sensi
dell'art. 17, lettere b) e  c)  del  suo  statuto,  adottato  con  il
decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito con  la  legge
costituzionale n. 2 del 1948, giusta il quale  «Entro  i  limiti  dei
principi ed interessi generali cui si informa la  legislazione  dello
Stato,  l'Assemblea  regionale  puo',  al  fine  di  soddisfare  alle
condizioni  particolari  ed  agli  interessi  propri  della  Regione,
emanare leggi, anche relative all'organizzazione dei  servizi,  sopra
le seguenti materie concernenti la Regione: .... b) igiene e  sanita'
pubblica; c) assistenza sanitaria; ...».
    Altro titolo su cui la Regione ha basato l'intervento legislativo
in esame e' l'art. 117 comma 3 della Costituzione, nella parte in cui
attribuisce alla legislazione regionale concorrente la disciplina  in
materia di «tutela della salute».  Questa  dizione  piu'  ampia,  che
rimanda ad un ambito oggettivo  piu'  esteso  e  organico  di  quello
riconducibile alle dizioni statutarie «igiene e sanita'  pubblica»  e
«assistenza sanitaria», e' applicabile anche alla  Regione  Siciliana
in forza dell'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, giusta il quale
«1. Sino all'adeguamento  dei  rispettivi  statuti,  le  disposizioni
della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a
statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per
le parti in cui prevedono forme di autonomia piu'  ampie  rispetto  a
quelle gia' attribuite».
    Le disposizioni  della  legge  regionale  indicate  in  epigrafe,
tuttavia,  eccedono  la  competenza   regionale   concorrente   cosi'
delineata perche' nelle parti che si illustreranno non si  conformano
ai principi generali  e  fondamentali  emergenti  dalla  legislazione
statale vigente nella medesima materia, e in particolare ai  principi
emergenti dal decreto del Presidente della  Repubblica  10  settembre
1990, n. 285,  portante  «Approvazione  del  regolamento  di  polizia
mortuaria».
    Le  disposizioni  della  legge  regionale  indicate  in  epigrafe
violano, altresi', nella sostanza, l'art. 32, comma 1,  prima  parte,
della Costituzione, che assegna alla Repubblica, e quindi anche  alle
regioni, il compito di tutelare la salute come  fondamentale  diritto
dell'individuo e interesse della collettivita'.
    Ai sensi dell'art. 14 dello Statuto regionale,  l'art.  32  della
Costituzione  vincola  anche  il  legislatore  regionale,  posto  che
l'attivita' legislativa regionale deve  svolgersi  comunque,  secondo
l'art. 14  citato,  «nei  limiti  delle  leggi  costituzionali  dello
Stato».
    L'art. 3, comma  2,  della  legge  regionale  viola,  infine,  la
riserva esclusiva allo Stato della legislazione in materia di  tutela
della concorrenza, prevista dall'art. 117, comma 2, lettera e)  della
Costituzione, valgano i seguenti

                               Motivi

    1. In relazione all'art. 1, comma  3,  lettera  c),  della  legge
regionale, violazione degli  articoli  17,  lettere  b)  e  c)  dello
statuto regionale e 117, comma  3,  della  Costituzione  nella  parte
relativa alla competenza legislativa regionale concorrente in materia
di «tutela della salute».
    Violazione dell'art. 32 della Costituzione e dell'art. 14 statuto
regionale  nella  parte  in  cui  rinvia  al  rispetto  delle   leggi
costituzionali dello Stato.
    L'art. 1, comma 3, lettera c), della legge regionale detta alcune
definizioni necessarie alla corretta applicazione della legge.  Nella
lettera c) prevede, per quanto interessa il presente motivo, che  «Ai
fini della presente legge: ... c) per resto  mortale  si  intende  un
cadavere, in qualunque stato di trasformazione, decorsi almeno  dieci
anni  di  inumazione  o  tumulazione  aerata  ovvero  di  tumulazione
stagna.».
    In  tal  modo  la   norma   regionale   viola   le   disposizioni
costituzionali in epigrafe per il  tramite  della  normativa  statale
interposta costituita, come avvertito in premessa,  dal  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 285/1990.
    In particolare, la norma regionale, sia pure nel contesto di  una
definizione della nozione di «resto mortale», ammette  implicitamente
la «tumulazione  aerata»,  a  fianco  della  «tumulazione  stagna»  e
dell'«inumazione».
    Senonche', la tumulazione aerata non e' ammessa  dalla  normativa
statale  ora  richiamata.  Questa,  in  tema  di  conservazione   dei
cadaveri,  ammette  infatti  soltanto   la   tumulazione   stagna   e
l'inumazione.
    Va premesso che tecnicamente per tumulazione  aerata  si  intende
quella operata utilizzando un loculo realizzato, anche  sotto  terra,
con  soluzioni  capaci  di  neutralizzare  gli  effetti  dei  gas  di
decomposizione e di raccogliere e neutralizzare i liquidi provenienti
dai  processi  cadaverici  convogliandoli  all'esterno  del   feretro
mediante soluzioni tecniche per la raccolta  dei  liquidi  e  per  la
fuoriuscita dei gas. La  tumulazione  aerata  implica  l'adozione  di
sistemi di depurazione aventi lo scopo di trattare  i  gas  derivanti
dalla  decomposizione  cadaverica  mediante   l'impiego   di   filtro
assorbente con particolari caratteristiche fisico-chimiche  o  di  un
filtro biologico, in modo che non  vi  sia  percezione  olfattiva  in
atmosfera di gas provenienti dalla putrefazione. Occorre altresi' che
sia  assicurata   la   neutralizzazione   dei   liquidi   cadaverici,
all'interno  del  loculo  con  la  canalizzazione  del  percolato  in
apposito luogo confinato attrezzato con materiale assorbente, a  base
batterico-enzimatica,  biodegradante;   o   all'esterno,   attraverso
soluzioni capaci  di  canalizzare  il  percolato  in  apposito  luogo
confinato     ed     opportunamente     dimensionato,      garantendo
l'impermeabilizzazione del  sistema  per  evitare  la  contaminazione
della falda.
    Sono evidenti la complessita' tecnica della  tumulazione  aerata,
nonche'  il  suo  potenziale  impatto  sulla  qualita'  dell'aria   e
dell'acqua di falda, e attraverso queste sulla salute pubblica.
    A fronte di tale complessita',  il  legislatore  statale  non  ha
ancora scelto di ammetterla tra le forme di  tumulazione,  nonostante
il vantaggio biologico che essa presenta  in  termini  di  accelerata
mineralizzazione del cadavere.
    Infatti, come si avvertiva, la tumulazione aerata non e' prevista
dalla normativa statale attualmente vigente (decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 285/1990 recante l'«Approvazione del  regolamento
di polizia mortuaria»), e non puo' costituire innovazione di  matrice
regionale.
    Gli articoli 76 e 77 del decreto del Presidente della  Repubblica
n. 285/1990 dettano con chiaro carattere esaustivo  le  modalita'  da
seguirsi per la  tumulazione.  Secondo  l'art.  76  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 285/1990 le pareti dei  loculi  devono
avere caratteristiche di impermeabilita' ai liquidi e  ai  gas  e  la
relativa  chiusura  deve  essere  ermetica;  la  norma  regionale  in
questione  invece  deroga  a  questa  prescrizione,  permettendo   la
trasformazione dei loculi da stagni  in  aerati.  Sempre  secondo  la
norma statale (art. 77), la cassa mortuaria in  caso  di  tumulazione
deve avere determinate caratteristiche costruttive (doppia  struttura
in legno e metallo), chiaramente incompatibili con la  tecnica  della
tumulazione aerata.
    Si vede quindi che  la  normativa  statale  ammette  soltanto  la
tumulazione stagna.
    In alternativa a questa,  gli  articoli  68-75  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 285/1990 ammettono l'inumazione,  vale
a dire la sepoltura in fossa dei cadaveri chiusi in semplice cassa di
legno (art. 74). L'inumazione deve avvenire in campi ubicati in suolo
idoneo  per  struttura  geologica  e  mineralogica,  per   proprieta'
meccaniche e fisiche e per il livello della falda idrica (art. 68), e
provvisti di  sistemi  fognanti  destinati  a  convogliare  le  acque
meteoriche lontano dalle fosse di inumazione (art. 72).
    Altre forme di conservazione dei cadaveri non sono  ammesse  (gli
articoli 78 ss. del regolamento disciplinano infatti, come  ulteriore
possibilita',  soltanto  la  cremazione,  cioe'  la  distruzione  del
cadavere mediante combustione).
    Si tratta di norme, quelle statali, che evidentemente trattano la
materia sanitaria, rispetto alla quale  non  possono  essere  ammesse
modalita' diverse  da  quelle  stabilite  in  via  di  principio  dal
legislatore statale con regole che segnano, in tema di  tutela  della
salute, un limite invalicabile di  uniformita'  a  livello  nazionale
alla potesta' legislativa regionale.
    Il carattere fondamentale, e dunque non valicabile  dei  principi
legislativi statali in materia deriva,  come  gia'  osservato,  dalle
gravi e immediate implicazioni sulla salute pubblica, in  specie  per
quanto riguarda la qualita' dell'aria e dell'acqua di falda,  che  le
diverse tecniche di conservazione dei cadaveri presentano.
    Donde l'incompetenza  del  legislatore  regionale  ad  introdurre
unilateralmente forme di tumulazione  diverse,  come  la  tumulazione
aerata.
    Sotto  altro,  subordinato,  aspetto  la  norma   regionale   qui
impugnata viola l'art. 32, comma 1, prima parte, della  Costituzione,
e l'art. 14 statuto regionale nella parte in cui rinvia  al  rispetto
delle leggi costituzionali dello Stato, in quanto la legge  regionale
si limita a menzionare la tumulazione aerata,  ma  non  detta  alcuna
specificazione tecnica da seguire nel praticarla.
    Attese le descritte implicazioni sulla salute pubblica  che  tale
tecnica comporta, e' evidente il rischio a  cui  la  norma  regionale
espone  la  salute  pubblica  stessa,   consentendo   iniziative   di
tumulazione aerata non previamente e debitamente regolate  dal  punto
di vista tecnico.
    2. In relazione all'art. 10, commi 9 e 10 della legge  regionale,
violazione degli articoli 17, lettere b) e c) statuto regionale e 117
comma 3 della  Costituzione  nella  parte  relativa  alla  competenza
legislativa  regionale  concorrente  in  materia  di  «tutela   della
salute».
    Violazione dell'art. 32 della Costituzione.
    2.1. L'art. 10 della legge regionale e' relativo al «trasporto di
salme, di cadaveri e di resti mortali». Nel  comma  9,  ultima  parte
prevede che  «Il  trattamento  antiputrefattivo  e'  effettuato,  con
personale appositamente formato, dall'impresa funebre che provvede al
confezionamento del feretro.».
    Le disposizioni precedenti del medesimo comma  rinviano  all'art.
32 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  285/1990,  che
prevede il trattamento antiputrefattivo  obbligatorio  nella  maggior
parte dei casi di trasporto di salme da comune a comune o  in  ambito
internazionale  (art.  30,  comma  1).  Tale  trattamento  si   opera
«mediante l'introduzione nelle cavita' corporee di almeno 500  cc  di
formalina  F.U.  dopo  che  sia  trascorso  l'eventuale  periodo   di
osservazione» (art. 32, comma 1).
    L'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990
prevede tassativamente che «Il trattamento  antiputrefattivo  di  cui
all'art. 32  e'  eseguito  dal  coordinatore  sanitario  o  da  altro
personale tecnico da lui delegato, dopo che sia trascorso il  periodo
di osservazione di cui agli articoli 8, 9 e 10».
    Questa   norma   costituisce   un   principio   fondamentale   di
legislazione statale, vincolante la Regione Siciliana  nell'esercizio
della sua legislazione concorrente in materia di salute  pubblica  di
cui ai riferimenti statutari e costituzionali in epigrafe. E' infatti
palese l'importanza, onde evitare dispersioni di  liquidi  e  gas  di
putrefazione durante  il  trasporto  della  salma,  e  i  conseguenti
pericoli per la salute pubblica, che il trattamento  antiputrefattivo
in occasione dei trasporti in questione sia effettuato  da  personale
in possesso di comprovata competenza tecnica. A tal  fine,  la  norma
statale richiede che il trattamento  sia  eseguito  dal  coordinatore
sanitario dell'unita' sanitaria  locale  che  ha  nominato  i  medici
necroscopi o che coordina  i  medici  necroscopi  ospedalieri;  o  da
personale  «tecnico»,  cioe'  necessariamente  medico  o  paramedico,
delegato dal coordinatore. Le figure professionali del coordinatore e
dei medici necroscopi sono disciplinate dall'art. 4  del  regolamento
n. 285/1990.
    E' evidente il contrasto  della  disposizione  regionale  di  cui
sopra  con  questi  principi.  La  disposizione  regionale,  infatti,
consente  che  il  trattamento  antiputrefattivo  sia  eseguito  «con
personale appositamente formato, dall'impresa funebre che provvede al
confezionamento del feretro».
    L'impresa funebre non e', e non puo'  essere,  una  delegata  del
coordinatore sanitario dell'unita' sanitaria locale (oggi  ASL),  ne'
il personale di questa che in modo del tutto generico viene  indicato
come  «appositamente  formato»  puo'  qualificarsi  come   «personale
tecnico». Ne  discende  che  la  modalita'  prefigurata  dalla  norma
regionale per il  trattamento  antiputrefattivo  non  garantisce  che
questo avvenga nelle condizioni di sicurezza tecnica inderogabilmente
fissate dalla norma statale con l'attribuirne il compito a  personale
del servizio sanitario pubblico o da questo specificamente delegato e
comunque avente qualifica di personale «tecnico».
    Evidente e', quindi, il  superamento  da  parte  del  legislatore
regionale di un limite di  principio  non  superabile  fissato  dalla
legislazione statale.
    In ogni caso, in subordine, sussiste  nella  sostanza  violazione
dell'art. 32 della Costituzione  e  dell'art.  14  statuto  regionale
nella parte in cui rinvia  al  rispetto  delle  leggi  costituzionali
dello Stato, in quanto la norma regionale si limita a  prevedere,  in
modo  del  tutto  generico  e  non  specificato,  che  il   personale
dell'impresa  funebre  preposto  al  trattamento  sia  «appositamente
formato». La mancanza di ogni  disciplina  della  formazione  cui  si
allude o dei titoli che tale personale dovrebbe  possedere,  crea  il
pericolo che il trattamento venga eseguito da personale  tecnicamente
non qualificato, e  che  da  trattamenti  tecnicamente  inappropriati
derivino durante i trasporti i pericoli per la salute pubblica di cui
sopra si e' detto.
    Donde la contrarieta' sostanziale della previsione  regionale  al
valore fondamentale  della  salute  sia  individuale  che  collettiva
consacrato nell'art. 32 della Costituzione.
    2.2. Il comma 10 dell'art. 10  della  legge  regionale  impugnata
prevede invece, sempre in materia di trasporti di salme da  comune  a
comune, che «10. All'atto della chiusura del feretro l'identita'  del
defunto,  l'apposizione  dei  sigilli  e  l'osservanza  delle   norme
previste per il trasporto sono verificate direttamente dagli  addetti
al trasporto, che ne attestano l'esecuzione.».
    L'illegittimita'  costituzionale  di   questa   disposizione   e'
conseguenziale all'illegittimita' della precedente. Se,  come  visto,
il trattamento antiputrefattivo che e' condizione necessaria  per  il
trasporto del  feretro  contenente  la  salma,  deve  essere  operato
inderogabilmente dal coordinatore sanitario dell'ASL o dal  personale
tecnico   da   questi   delegato,   e'   conseguenziale   che   anche
l'identificazione della salma, nel momento in cui il  trattamento  e'
completato e il feretro viene chiuso per darsi  corso  al  trasporto,
competa  ai  soggetti  muniti  di  qualifica  pubblicistica  previsti
dall'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990.
    E'  infatti  ovvio  che  il  trattamento   antiputrefattivo,   di
competenza esclusiva di tali soggetti,  presuppone  l'identificazione
della salma da parte dei soggetti preposti al trattamento stesso.
    Ed e' ovvio che competa a tali soggetti  anche  la  verifica  dei
sigilli con cui il feretro e' confezionato, posto  che  l'apposizione
di tali sigilli, garantendo l'identita' del cadavere trasportato  con
quello assoggettato al trattamento  antiputrefattivo,  e'  condizione
indispensabile per l'esecuzione del trasporto.
    Sia  l'identificazione  della  salma  che   la   verifica   della
sigillazione del  feretro,  preliminari  al  trasporto  al  pari  del
trattamento antiputrefattivo,  non  possono  quindi  dal  legislatore
regionale essere demandati a soggetti privati non  qualificati,  come
sono «gli addetti al trasporto» designati dall'impresa funebre.
    Le medesime considerazioni valgono,  infine,  con  riguardo  alla
ulteriore, generica,  previsione  della  norma  regionale  in  esame,
secondo cui gli addetti in questione verificano  «l'osservanza  delle
norme previste per il trasporto».
    Anche la disposizione del comma 10 supera, quindi,  i  limiti  di
principio  desumibili   dalla   legislazione   statale   come   sopra
illustrata, e in particolare dall'art. 48 del decreto del  Presidente
della Repubblica n. 285/1990.
    3. In relazione all'art.  3,  comma  2,  della  legge  regionale,
violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e) e  dell'art.  32  della
Costituzione.
    L'art. 3, comma 2, della legge regionale  impugnata  prevede  che
«2. La gestione dei servizi pubblici cimiteriali  o  necroscopici  e'
incompatibile con  l'attivita'  funeraria  di  cui  all'art.  13.  Le
gestioni in corso in contrasto con le previsioni del  presente  comma
cessano alla scadenza di dodici mesi dalla data di entrata in  vigore
della  presente  legge.  Nei  comuni,  singoli   o   associati,   con
popolazione complessiva inferiore a tremila abitanti, non si  applica
il  regime  di  incompatibilita'  tra  lo  svolgimento  di  attivita'
funeraria e la gestione del servizio cimiteriale.».
    La  seconda  parte  della  disposizione,  che  nei   comuni   con
popolazione complessiva inferiore  a  tremila  abitanti  deroga  alla
incompatibilita'  tra  servizi  pubblici  cimiteriali  ed   esercizio
dell'attivita' funeraria (vale a dire  di  impresa  funebre),  eccede
dalla competenza legislativa regionale e invade la competenza statale
esclusiva in materia di tutela della concorrenza ex art.  117,  comma
2, lettera e) della Costituzione.
    La deroga in questione determina  una  commistione  di  attivita'
ontologicamente diverse, sia pure limitata  ai  comuni  minori,  puo'
creare un'alterazione della libera concorrenza.
    La  giurisprudenza  amministrativa,  l'Autorita'  garante   della
concorrenza e  del  mercato  e  l'ANAC  hanno  da  tempo  evidenziato
l'importanza di mantenere l'incompatibilita' tra  le  due  attivita',
l'una, la gestione del servizio pubblico cimiteriale,  con  connotati
pubblicistici posta a  tutela  delle  esigenze  di  salute  pubblica,
l'altra di natura economico-imprenditoriale tesa a produrre  profitti
economici (Consiglio di Stato n. 1639/2005; Tribunale  amministrativo
regionale Liguria n. 977/2005 e n. 1781/2003).
    Nel precedente ora  citato,  costituente  «diritto  vivente»,  il
Consiglio di Stato ha precisato che «non puo' essere accettata in via
di principio, proprio per le  ragioni  da  ultimo  esposte,  la  tesi
affermata con tale  motivo  che  cioe'  sia  possibile  in  un  unico
contesto aggiudicare i servizi di  gestione  delle  camere  mortuarie
agli stessi soggetti che svolgono sul libero mercato  l'attivita'  di
onoranze funebri.
    La  distinzione  delle  due  attivita'   che   vengono   qui   in
considerazione quella di natura pubblicistica  diretta  ad  adempiere
agli obblighi che discendono dalle disposizioni di polizia  mortuaria
ispirate solo da esigenze di carattere igienico sanitario e quella di
natura  economica  ed  imprenditoriale  sottoposta  alle  regole  del
mercato di assicurare lo svolgimento degli adempimenti conseguenti al
decesso sono segnate da una differenza qualitativa ed  anche  da  una
differenziazione temporale.
    Nel senso che esaurita l'una viene in rilievo la seconda che  per
le finalita' commerciali e di profitto che la caratterizzano  non  si
concilia con il corretto, fisiologico e  naturale  svolgimento  della
prima che non deve essere esposta neanche  per  motivi  legittimi  di
concorrenza tra diversi operatori ad alcuna possibile turbativa.».
    Nelle  sue  segnalazioni  la  citata  Autorita'   garante   della
concorrenza ha precisato che vi e' un elevato rischio di  alterazione
della concorrenza nel settore dei servizi funebri «caratterizzato  da
elementi di imperfezione che rendono il  prezzo  ed  altre  variabili
concorrenziali  strumenti  di  acquisizione  della   clientela   meno
efficaci che in altri mercati» (AS n. 392/2007 e n. 147/1998).
    Riguardo alla questione in esame codesta Corte costituzionale  ha
riconosciuto, in via generale, la materia ascrivibile  alla  potesta'
legislativa regionale in materia di tutela  della  salute  e  servizi
pubblici locali, considerando marginale  e  indiretta  l'interferenza
con il  tema  della  concorrenza  (cfr  sentenze  n.  274/2012  e  n.
407/2007).
    Ha pero' affermato la necessita' di accertare caso  per  caso  il
fatto che le deroghe introdotte non costituiscano un  privilegio  per
gli operatori che agiscono esonerati  dalle  incompatibilita'  oppure
che manchi un mercato  di  tali  attivita'  e  si  rischi  quindi  di
compromettere il diritto alla tutela della salute e la prestazione di
un servizio sociale indefettibile.
    La  disposizione  regionale  correttamente,  nella  prima  parte,
ribadisce allora il principio fondamentale  dell'ordinamento,  appena
illustrato, che non consente commistioni tra l'attivita'  di  impresa
funebre  e  l'attivita'  pubblicistica  a  finalita'   essenzialmente
igienico-sanitaria, di gestione dei servizi cimiteriali.  Ed  infatti
la legge regionale, come si e' visto all'inizio, nell'art.  1,  comma
1,  correttamente  e  testualmente  distingue  l'ambito   cimiteriale
dall'ambito funebre.
    Tuttavia,  nella  seconda  parte  qui  impugnata  immotivatamente
deroga a tale principio di tutela della concorrenza, sulla sola  base
della popolazione dei comuni interessati.
    Senonche' tale presupposto non e' di per se'  tale  da  attestare
una cosi' grave e sistematica carenza di  concorrenza  effettiva  nei
servizi pubblici, da giustificare una deroga di  quella  entita'.  Un
piccolo comune puo' infatti  trovarsi,  per  fare  un  solo  esempio,
compreso nell' ambito di una realta' metropolitana molto piu'  vasta,
e  quindi  rientrare,  per  i  servizi  in   questione,   nell'ambito
geografico del mercato riferibile a tale area.
    Ai fini della concorrenza il mercato  e'  definito  dallo  spazio
territoriale in cui si rilevano condizioni omogenee di domanda  e  di
offerta dei beni e dei servizi; e non certo dalla mera circoscrizione
amministrativa o dalla popolazione di un comune.
    Pertanto la norma regionale in esame,  poiche'  non  descrive  le
particolari situazioni locali (come, ad esempio,  le  caratteristiche
demografiche e territoriali: in uno  dei  precedenti  citati  codesta
Corte  costituzionale  si  occupo'  di  comuni,   contemporaneamente,
piccoli e montani) che possono giustificare la deroga e  non  prevede
verifiche preventive del mercato da parte  dell'autorita',  determina
la possibilita' che siano favorite alterazioni della concorrenza  nel
mercato, in violazione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),
della Costituzione.
    Il carattere indiscriminato della deroga, che si basa solo  sulla
popolazione dei comuni, comporta quindi una incidenza  diretta  sulla
disciplina di mercato dei servizi in  esame,  che  integra  esercizio
diretto da parte della  Regione  di  una  competenza  legislativa  in
materia di tutela della concorrenza,  riservata  esclusivamente  allo
Stato.
    Inoltre, la commistione tra  la  gestione  dei  servizi  pubblici
cimiteriali o necroscopici e l'attivita' funeraria, puo' dar luogo al
mancato rispetto degli standard sanitari la cui tutela e' in capo  ai
servizi cimiteriali,  in  violazione  dei  principi  fondamentali  in
materia  di  tutela  della  salute,  ai  sensi  dell'art.  32   della
Costituzione.
    Unificare compiti molto diversi, come sono quelli di gestione del
servizio pubblico igienico-sanitario di tenuta dei cimiteri,  con  la
prestazione dei  servizi  di  impresa  funebre,  rende  infatti  piu'
difficile l'osservanza da parte delle imprese,  che  possono  essere,
stando alla norma regionale, anche  di  dimensioni  molto  piccole  e
prive  di  adeguata  organizzazione,  delle   rigorose   prescrizioni
igienico-sanitarie necessarie all'una e all'altra attivita'.
    Donde il grave pericolo per la tutela della salute individuale  e
collettiva, garantita dall'art. 32 della Costituzione, che la  deroga
in esame comporta, e la sua illegittimita' costituzionale anche sotto
questo profilo sostanziale,  in  combinato  disposto  con  l'art.  14
statuto regionale nella parte in cui rinvia al rispetto  delle  leggi
costituzionali dello Stato.

                              P. Q. M.

    Cio' premesso, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  come
sopra  rappresentato  e  difeso  ricorre  a  codesta   Ecc.ma   Corte
costituzionale   affinche'   voglia    dichiarare    l'illegittimita'
costituzionale della legge regionale della Regione  Siciliana  del  3
marzo 2020, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale  della  Regione
Siciliana n. 12 del 6 marzo  2020,  relativamente  agli  articoli  1,
comma 3 lettera c); 3, comma 2; 10, commi 9 e 10.
    Si  producono  la  legge  regionale  impugnata  e,  in   estratto
conforme, la delibera del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2020.
        Roma, 5 maggio 2020

                   L'Avvocato dello Stato: Gentili 

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