Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 17/05/2023) 25-07-2023, n. 22336
Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio - Presidente -
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa - Consigliere -
Dott. ZULIANI Andrea - Consigliere -
Dott. BELLE' Roberto - rel. Consigliere -
Dott. CASCIARO Salvatore - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso R.G.N. 18575/2017 proposto da:
SINDACATO NAZIONALE AUTONOMO FORESTALI, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'Avv
- ricorrente -
contro
AGENZIA (Omissis), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avv. ;
- controricorrente -
avverso la SENTENZA della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI n. 455/2016 (R.G.N. 380/2015) depositata il 30.1.2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/05/2023 dal Consigliere Dr. ROBERTO BELLE'.
Svolgimento del processo
Che:
1. la Corte d'Appello di Cagliari ha rigettato il gravame avverso la sentenza del Tribunale della stessa città con la quale era stata disattesa, in sede di opposizione, la domanda di tutela ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 28 proposta dal Sindacato Nazionale Autonomo Forestali (di seguito, SNAF) nei confronti dell'Ente Foreste della Sardegna (ora Agenzia (Omissis), di seguito (Omissis)) con riferimento ad un serie di condotte di cui si assumeva l'antisindacalità;
2. SNAF ha proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi, resistiti da controricorso di (Omissis);
sono in atti memorie di ambo le parti.
Motivi della decisione
1. preliminarmente vanno valutate le eccezioni di inammissibilità del ricorso (sollevata dalla controricorrente) e del controricorso (sollevata in memoria dal ricorrente);
1.1 (Omissis) assume che il ricorso sarebbe inammissibile perchè la procura speciale, rilasciata su foglio cartaceo ma notificata in forma telematica, sarebbe priva di attestazione di conformità all'originale, sia nella relata, sia in altri documenti;
in realtà, alla pagina 53 della documentazione depositata presso questa S.C. è riportata procura alle liti, in forma cartacea, recante in calce la firma digitale dell'Avv. Carboni, da intendersi evidentemente come autentica ai sensi dell'art. 83 c.p.c., comma 3, u.p., e da aversi apposta come tale, in quanto a pag. 72 del medesimo deposito presso questa S.C., vi è la dizione con cui si "attesta che il ricorso per cassazione... la procura alle liti... e la relata di notifica... meglio indicati nella superiore espositiva, sono copie conformi, in formato analogico e cartaceo, degli atti che sono stati notificati in formato digitale";
tale attestazione è prova sufficiente dell'autentica telematica della procura alle liti, quale apparentemente esistente in atti e parimenti prodotta alla menzionata pag. 52;
prima dell'adunanza camerale SNAF ha poi comunque depositato altra copia con sottoscrizione digitale di autentica, così in ipotesi conformandosi ai principi di Cass., S.U. 24 settembre 2018, n. 22438;
1.2 ulteriore eccezione riguarda il fatto che gli atti notificati fossero in estensione pdf come firma tipo Pades, ma questa S.C. ha già chiarito che "in tema di processo telematico, a norma dell'art. 12 del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014, di cui al D.M. n. 44 del 2011, art. 34 - Ministero della Giustizia -, in conformità agli standard previsti dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo "CAdES" e di tipo "PAdES" sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni ".p7m" e ".pdf"" (Cass. S.U., 27 aprile 2018, n. 10266 e poi Cass. 29 novembre 2018, n. 30927);
1.3 SNAF eccepisce invece che il controricorso sarebbe inammissibile per mancanza della Delib. autorizzatoria a resistere in capo all'amministratore unico, in violazione della L.R. Sardegna n. 8 del 2016, art. 42, comma 2, lett. h) ma si tratta di rilievo infondato, in quanto la norma prevede che "l'amministratore unico è il rappresentante legale dell'Agenzia e svolge le seguenti funzioni:
h) su proposta del direttore generale, promuove e resiste alle liti, disponendo in merito alle relative conciliazioni, rinunce e transazioni";
non è pertanto richiesta alcuna Delib. autorizzatoria, mentre i profili riguardanti le relazioni interne (ad es. modalità ed esistenza di una proposta del direttore generale) non hanno rilievo (v. per principi analoghi, Cass. 1 luglio 2014, n. 14951);
2. il primo ed il secondo motivo del ricorso principale riguardano il tema del diritto di SNAF a ricevere i contributi di assistenza sindacale;
in fatto è accaduto che, pur dopo che SNAF si era reso firmatario del Contratto integrativo regionale di lavoro (di seguito CIRL) 2008/2010, non fossero state fatte le erogazioni in suo favore;
la Corte d'Appello, nel rigettare la domanda, ha sostenuto che, dipendendo tali erogazioni da accordi o comunque da una regolazione tra i sindacati che avevano diritto a ripartirsi i contributi trattenuti sui pagamenti eseguiti ai lavoratori, (Omissis) non poteva pagare a SNAF, perchè quest'ultimo non si era accordato, nè aveva dato corso ad azione giudiziale nei riguardi delle altre sigle al fine di determinare le rispettive spettanze;
la stessa sentenza impugnata dà altresì atto che (Omissis) ha ciononostante continuato a pagare invece le altre sigle, sulla base di quanto erogato ad esse prima che anche SNAF fosse legittimato a ricevere una quota delle contribuzioni.
2.1 il primo motivo di ricorso (indicato come A) denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia sui motivi di appello, in violazione dell'art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4), argomentando nel senso che la Corte d'Appello, nel sostenere che SNAF non poteva pretendere i contributi perchè non erano state determinate le percentuali di ripartizione, aveva omesso di considerare l'altro aspetto della questione, pur denunciato con il gravame, ovverosia che quanto attuato verso SNAF non poteva che valere anche per le altre sigle, dovendo in tale contesto (Omissis) o sospendere l'erogazione nei riguardi di tutti, o procedere in via provvisoria, ma non escludendo SNAF e tuttavia pagando le quote agli altri sindacati;
il secondo motivo (indicato come A.1) denuncia la violazione dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori e dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost., oltre a violazione e falsa applicazione dell'art. 72 del CIRL 1996/1997 e dell'art. 1, comma 2, del CIRL 2008/2010;
la censura in sostanza ripropone, ma sotto il profilo della violazione della legge sostanziale e degli obblighi contrattuali, i medesimi argomenti sviluppati già con il primo motivo;
2.2 i due motivi sono nel loro insieme complessivamente fondati;
2.3 l'art. 72 del CIRL 1996/1999, cui fa rinvio l'art. 1, comma 2, del CIRL 2008/2010, norme entrambe trascritte nel ricorso per cassazione, stabilisce che il datore di lavoro operi trattenute giornaliere a carico dei lavoratori per i contributi di assistenza sindacale e che esse vengano poi mensilmente ripartite o comunque non oltre il trimestre, alle OO.SS. firmatarie del contratto collettivo;
SNAF ha addotto di essere divenuta titolare del diritto ad una quota di tali contributi per effetto del CIRL 2008/2010 e la stessa Corte territoriale dà atto che la spettanza di tale quota non è contestata, ritenendo tuttavia che legittimamente (Omissis) si sia astenuta dal pagamento perchè non erano state chiarite le percentuali di attribuzione a ciascuna sigla, spettando a suo dire a SNAF raggiungere un accordo con gli altri sindacati o agire giudizialmente nei confronti dei medesimi al fine di determinare le rispettive spettanze;
come è si è detto, è tuttavia altrettanto pacifico che, nel frattempo, avessero corso pagamenti agli altri sindacati;
2.4 su tali basi, l'antisindacalità è evidente, in quanto così facendo (Omissis) ha palesemente favorito, sotto il profilo del finanziamento, le sigle sindacali diverse da SNAF e ciò si pone in contrasto con l'esigenza che il datore di lavoro operi in modo paritario e trasparente, rispetto ai sindacati, quanto meno in relazione ad obblighi espressamente previsti dalle norme di legge o, come è in questo caso, di contratto collettivo;
se poi è vero che SNAF avrebbe potuto promuovere azione giudiziale verso le altre sigle, è altrettanto vero che anche il debitore, nell'incertezza, poteva fare altrettanto o procedere con altre più adeguate modalità (come attraverso cautelativi pagamenti provvisionali di cui è menzione nei motivi di ricorso e salvo conguaglio), ma certamente non poteva pagare solo alcune sigle, lasciando inevasi gli obblighi verso una di esse - nel caso di specie, lo SNAF - che pacificamente il diritto lo aveva maturato;
2.5 la Corte d'Appello non ha esaminato, sorvolando sulla questione per la ritenuta migliore liquidità delle altre da essa erroneamente risolte, l'eccezione di giudicato esistente in causa;
tale eccezione dovrà dunque essere esaminata dal giudice del rinvio, perchè in questa sede non sono noti tutti i dettagli, anche fattuali, della tematica, pur potendosi dire che il giudicato non potrebbe costituire vincolo se esso riguardi comportamenti tenuti rispetto a contratto collettivo riguardante un periodo diverso, in quanto in tal caso i rapporti giuridici sarebbero comunque differenti e dunque non si potrebbe espandere al nuovo rapporto quanto deciso rispetto a quello antecedente;
3. i motivi terzo (indicato come B) e quarto (indicato come B.1) riguardano il tema del diritto di SNAF a conoscere il numero dei permessi retribuiti destinati ai dirigenti sindacali delle altre sigle;
3.1 la Corte d'Appello ha ritenuto che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 43 riconoscerebbe il diritto delle sigle sindacali soltanto alla conoscenza dei dati sui voti e sulle deleghe utili a verificare la rappresentatività necessaria per la partecipazione alla contrattazione collettiva, ma non ad altri dati rispetto ai quali sussisterebbe un interesse di mero fatto, neppure potendosi richiamare, perchè estranea al tema, la disciplina sulla trasparenza amministrativa di cui alla L. n. 241 del 1900;
3.2 il terzo motivo di ricorso adduce, in critica alla sentenza impugnata, la violazione dell'art. 12 preleggi, nonchè del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 43, comma 6 e art. 12 e dell'art. 97 Cost., mentre il quarto motivo rivendica analogo diritto per effetto della L.R. Sardegna 31 del 1998, art. 68 e comunque dei principi di buona fede e correttezza (art. 1175 c.c. e art. 1375 c.c.);
3.3 questa S.C. ha già ritenuto, con orientamento da ribadire, che "il principio rivendicato... è in sè condivisibile. A tal fine non ha pregio il richiamo al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 50 o alla L.R. n. 31 del 1998, art. 68, nella parte in cui tali norme prevedono la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dei dati riguardanti permessi, in quanto si tratta chiaramente di regole finalizzate al controllo sui costi pubblici dei permessi sindacali concessi e non alla trasparenza intersindacale. Tuttavia, almeno rispetto alla P.A., per i principi di imparzialità che devono informare il suo procedere (art. 97 Cost.) e per il soggiacere delle attività sindacali da svolgere presso di essa a regole legali di fondo, secondo il sistema di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40 s.s. (ma, analogamente, v. L.R. n. 31 del 1998, artt. 58 s.s.), si deve ritenere che il godimento delle prerogative debba avvenire nel rigoroso rispetto della corrispondente disciplina e che ciascun sindacato abbia interesse a controllare il rispetto di essa al fine di escludere che vi siano favoritismi per l'una o l'altra delle compagini legittimate. Di ciò è del resto chiaro indice, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 43, comma 12, che riconosce il diritto delle organizzazioni sindacali a forme adeguate di informazione ed accesso agli atti sulla rappresentatività e che va inteso come espressione di un principio generale alle informative necessarie al controllo, da parte delle organizzazioni stesse, del rispetto da parte della P.A. delle regole legali e contrattuali di tempo in tempo vigenti.
Analoghi diritti di informazione vanno dunque riconosciuti in favore delle Organizzazioni rappresentative ed ammesse come tali al godimento dei permessi, tanto più quando di essi, come è nel caso dell'art. 1 del CIRL evocato dallo SNAF (ma v. anche D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 42, comma 2, ultimo periodo), rispetto ad un monte-ore previsto in sede collettiva, sia prevista una ripartizione su base proporzionale. In sostanza, il diritto a quelle informative sussiste, per quanto esso va esercitato, stante l'evidente necessità di abbinare l'interesse all'informazione con il buon andamento della P.A., a condizione che sia evidenziato un concreto e motivato interesse al controllo della legalità intersindacale" (Cass. 11 marzo 2022, n. 8035);
la Corte d'Appello, riconoscendo l'interesse, ma denegando il diritto, ha violato tali principi, che effettivamente corrispondono anche a regole di correttezza;
4. il quinto motivo (indicato come C) riguarda il tema del diritto alla partecipazione alle assemblee;
4.1 SNAF qui assume che (Omissis) avrebbe illegittimamente limitato il diritto alla partecipazione al solo personale di altre sigle sindacali;
in fatto, dal ricorso e dalla sentenza, si apprende che, in sostanza, le altre sigle avrebbero indetto assemblee destinate ai lavoratori ad esse affiliate e SNAF rivendica invece la necessità che alle assemblee possano partecipare tutti i lavoratori, sostenendo, attraverso il richiamo alla violazione della L. n. 300 del 1970, art. 20 e dei principi di imparzialità e buon andamento, che le assemblee dovrebbero essere aperte a tutto il personale;
4.2 la L. n. 300 del 1970, art. 20, comma 2, è chiarissimo nello stabilire che "le riunioni - che possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi - sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva, con ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo l'ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro";
il motivo, così formulato, è dunque infondato, riguardando l'estensione della partecipazione dei lavoratori non convocati rispetto ad assemblee indette da talune sigle per i propri affiliati, che palesemente non esiste, perchè il comma fa esplicito riferimento a "riunioni" che possono riguardare "la generalità dei lavoratori o gruppi di essi";
questa S.C. ha del resto già ritenuto che "ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 20, comma 2, le rappresentanze sindacali aziendali possono, singolarmente o congiuntamente, indire, nell'ambito dell'unità produttiva, riunioni riguardanti sia la generalità dei lavoratori sia gruppi di essi, restando escluso che la determinazione di tali gruppi - rimessa alla libera scelta delle rappresentanze predette e ispirata, a giudizio delle medesime, da ragioni di necessità o di opportunità - debba essere legata alla struttura organizzativa adottata dall'imprenditore all'interno dell'unità produttiva o dipendere da altro prefissato criterio, alla cui osservanza sia tenuto il soggetto legittimato ad indire l'assemblea. Tale soggetto, pertanto, potrà delimitare l'insieme dei lavoratori chiamati a partecipare all'assemblea secondo un'autonoma valutazione discrezionale e senza che il datore di lavoro possa sottoporre a critiche o a controlli le determinazioni in proposito adottate, così da ostacolare o impedire l'assemblea medesima, ove siano rispettate, per l'esercizio del relativo diritto, le condizioni stabilite dalle norme di legge nonchè le ulteriori modalità eventualmente concordate al riguardo in sede di contrattazione collettiva" (Cass. 3 luglio 1984, n. 3894);
in altre parole, stante la dizione della norma, il sindacato proponente può delimitare il gruppo per il quale intendere convocare assemblea, secondo criteri razionali, tra cui quello dell'affiliazione alla propria sigla;
ciò non è del resto ostativo al pari diritto degli altri sindacati, in quanto comunque il monte ore annuo di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 20 (o quello maggiore previsto dai contratti collettivi) opera rispetto al "gruppo" dei lavoratori convocati (Cass. 16 luglio 2009, n. 16596; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2548) e dunque ogni sigla potrà sempre convocare i propri aderenti in assemblea, senza così consumare la facoltà di esercizio del diritto da parte di altre OO.SS. con quelle stesse modalità;
è ben vero che, in tal modo, la sigla che per prima procede alla convocazione, stante il criterio di precedenza temporale sancito dall'art. 20, finisce quasi sicuramente per imporre a quella che proceda successivamente di convocare solo i propri affiliati;
tuttavia, gli inconvenienti della regola di ordine temporale sono già stati ritenuti ininfluenti da questa S.C. (Cass. 16596/2009 cit.) e rimessi alla risoluzione "mediante accordi intersindacali o mediante una ripartizione concordata", potendosi qui aggiungere che la possibilità stessa di convocazione per gruppi, una volta coniugata con la regola sulla priorità temporale, crea comunque un qualche condizionamento per le sigle che si attivino dopo, sotto il profilo della delimitazione oggettiva (i settori interessati) o soggettiva (i lavoratori affiliati o meno) che sia decisa dalla prima sigla, profili tutti che, come non è inconsueto per il settore che interessa, vanno definiti in ragione delle dinamica di fatto dei rapporti intersindacali; va poi pur sempre considerato che l'istituto qui ha riguardo alle assemblee retribuite e dunque in orario di lavoro, mentre non vi sono limiti o vincoli per le riunioni al di fuori di tale orario, ove evidentemente ogni tematica di interesse comune può essere dibattuta ed approfondita;
di converso, va aggiunto infine, se il sindacato proceda alla convocazione ex art. 20 di un "gruppo" individuato sulla base dei propri affiliati, non si vede come possa il datore di lavoro interferire con ciò, se non rischiando a quel punto di ledere la libertà del sindacato proponente o di ingerirsi indebitamente nell'ambito sindacale;
5. il sesto motivo (indicato come D) denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 c.c. e 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), nonchè dell'art. 27 dello Statuto dei lavoratori e dei principi di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.), criticando la decisione della Corte territoriale secondo cui la domanda di attribuzione di un locale per l'esercizio dell'attività sindacale sarebbe stata preclusa dall'esistenza di un precedente giudicato, peraltro favorevole a SNAF, di riconoscimento di analogo diritto;
5.1 il motivo è fondato, in quanto è evidente che la sentenza del 2007 non poteva riguardare il diritto ai locali sindacali conseguente alla contrattazione riguardante il successivo periodo 2008/2010, oggetto di causa, in quanto, come si è già sopra accennato ad altro proposito, i diritti che discendono dalla firma (o dalla partecipazione) rispetto ad un certa contrattazione collettiva sono diversi da quelli che riguardano una precedente contrattazione ed intercettano un diverso rapporto, sicchè il giudicato sulle vicende conseguenti alla prima contrattazione non può avere effetto rispetto a quanto consegua alla successiva contrattazione;
il diritto ai locali (L. n. 300 del 1970, art. 27) riguarda poi le r.s.a. e dunque, derivando la loro costituzione dalle dinamiche della contrattazione, va da sè la rilevanza nel caso di specie del principio così delineato;
6. il settimo motivo (indicato come E) concerne le modalità di calcolo della rappresentatività al fine di suddividere il monte permessi;
il CCNQ, ricettivo di quanto già previsto dal D.P.C.M. n. 770 del 1994 su cui argomenta la Corte cagliaritana, stabilisce un calcolo in base al dato associativo (numero deleghe iscritti, calcolato al 31.1. di ogni anno) ed elettorale (voti raccolti nelle elezioni RSU);
il CIRL 2008/2010, applicato nel caso di specie, prevede la rilevazione degli iscritti secondo una media mensile e SNAF ritiene che si tratti di previsione nulla perchè in contrasto con le regole di cui alla contrattazione nazionale;
secondo la Corte d'Appello, in realtà, il CIRL aveva piena possibilità di intervenire sul punto, tra l'altro con disposizione più favorevole alle OO.SS., considerato che in tal modo si dava corretto rilievo al gran numero di dipendenti stagionali notoriamente assunti da (Omissis) e, verosimilmente, non più in forza nella stagione invernale;
il motivo assume la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3-quinquies e degli artt. 1339 e 1419 c.c., in quanto il CIRL si porrebbe in contrasto con la contrattazione nazionale di cui al CCNQ;
6.1 il motivo, così formulato, è inammissibile per difetto di interesse, non essendo eppure spiegato se, da un diverso criterio di calcolo, deriverebbe un pregiudizio per SNAF e, conseguentemente, è insondabile anche qualsivoglia aspetto di antisindacalità;
7. l'ottavo motivo (indicato come F) denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 1-bis, nonchè dell'art. 117 Cost. e dell'art. 1 preleggi e con esso si lamenta il fatto che non sia stato attivato l'inquadramento per Aree ai sensi della norma citata;
la Corte d'Appello ha disatteso la domanda sul punto, evidenziando come non emergessero in tale asserito inadempimento profili di antisindacalità della condotta, in quanto (Omissis) si era attenuta alla regolazione di cui alla legge regionale istitutiva dell'ente, sicchè la rivendicazione aveva natura più politica che sindacale;
7.1 il motivo non può trovare accoglimento;
7.2 al di là della questione sulla necessità di adeguamento del sistema di inquadramento previsto presso (Omissis) alla disciplina di legge statale su cui fa leva SNAF, è evidente che il tema dell'inquadramento di per sè attiene a diritti di singoli lavoratori;
è vero che, in ipotesi di comportamenti plurioffensivi, ovverosia tali da ledere sia i diritti lavoristici di uno o più dipendenti, sia anche posizioni sindacali, l'azione ex art. 28 può aver corso, ma nel caso di specie è inspiegato come e perchè quella questione assai generale sull'inquadramento lederebbe tali prerogative, mentre è del tutto generica l'allegazione secondo cui non vi era stata risposta alla richiesta sindacale di SNAF di procedere con tale adeguamento del sistema di inquadramento del personale;
è infatti evidente che quella modifica organizzativa non dipende dal solo datore di lavoro, ma dallo sviluppo di adeguata contrattazione collettiva, profilo sul quale nulla è noto in dettaglio, anche in punto di fatto;
7. vanno in definitiva accolti i motivi primo, secondo, terzo, quarto e sesto come sopra definiti, mentre si rigettano gli altri motivi;
rispetto ai motivi accolti la causa va rimessa al giudice del rinvio, che deciderà facendo applicazione dei principi sopra espressi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo, il terzo, il quarto ed il sesto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'Appello di Cagliari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 maggio 2023.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2023
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