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lunedì 15 agosto 2011

Corte dei Conti "...L’atto di citazione della Procura della Corte dei conti per la Regione Lazio riferisce che a carico del convenuto, in qualità di dipendente della Polizia di Stato, è stata accertata una responsabilità derivante dalla produzione, da parte dello stesso, di attestazioni (certificati) quali giustificativi di assenze dal lavoro per malattie non sussistenti o, comunque, non inabilitanti al servizio...."


In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
                     Sezione  Giurisdizionale per  la Regione Lazio
composta dai seguenti magistrati:
dott. Ivan DE MUSSO                       Presidente
dott. Agostino BASTA                      Consigliere
dott. Marcovalerio POZZATO          Consigliere
ha pronunciato la seguente
                                          S E N T E N Z A
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 70978 del registro di Segreteria,
proposto dal Procuratore regionale per il Lazio  avverso
il sig. ......
Uditi, nella pubblica udienza del 28.6.2011, con l'assistenza del Segretario dott.ssa Antonella Cirillo:
il giudice relatore cons. dott. Marcovalerio Pozzato;
il Pubblico Ministero nella persona del SPG dott. Marco Smiroldo;
l'avv. Eugenio Pini, per il convenuto.
Esaminati tutti gli atti e i documenti del fascicolo processuale.

                                               FATTO

L’atto di citazione della Procura della Corte dei conti per la Regione Lazio riferisce che a carico del convenuto, in qualità di dipendente della Polizia di Stato, è stata accertata una responsabilità derivante dalla produzione, da parte dello stesso, di attestazioni (certificati) quali giustificativi di assenze dal lavoro per malattie non sussistenti o, comunque, non inabilitanti al servizio.
Detta Procura ha in particolare individuato, a seguito di comunicazioni (......), la sussistenza di un danno erariale (€ 11.911,00), in relazione a:
corrispettivo (monetario) delle giornate lavorative illegittimamente non effettuate dallo ...... che ha allegato malattie non sussistenti o comunque non inabilitanti;
danno da disservizio e danno all’immagine.
Rileva parte attrice che lo .... titolare di partita IVA N. ......, gestiva un'attività di affittacamere insieme al carabiniere ......., condannato, nel medesimo contesto (illegittime assenze dal servizio), da questa Sezione giurisdizionale con sentenza n. 1015/2008 (passata in giudicato).
Dalla documentazione in atti si evince che, a seguito di accurata verifica (cfr. citate informative della Questura di .....; verbali di indagini delegate dalla Procura militare della Repubblica; informative CC Stazione di .....), il predetto convenuto si dedicava, nei giorni in cui aveva allegato infermità (febbraio, marzo, aprile e giugno 2005), a attività connesse alla propria piccola azienda di B&B.
In tali giorni lo ....., specificamente, ben lungi di trovarsi immobilizzato a casa, affittava e conduceva furgoni (anche per lunghi percorsi), acquistava fuori dal .... mattonelle, quadri e suppellettili, venendo fotografato, con il sodale sig. ..... intento a svolgere (fuori dalla propria abitazione) attività non meglio identificate.
Il pregiudizio erariale è stato quantificato negli importi corrispondenti alle retribuzioni indebitamente percepite dallo ...... nei periodi di illegittima assenza (€ 4.476,10), nonché nelle ulteriori somme – quantificate mediante valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c. - relative a:
-danno da disservizio, consistente nell'aver inciso negativamente sul funzionamento dell'ufficio di appartenenza (€ 2.235,00);
-lesione all’immagine dell’Amministrazione dell'Interno, in considerazione della gravità della condotta truffaldina, peraltro reiterata, delle funzioni assolte e del grado rivestito, in relazione all'art. 55-quinquies del D. Lgs. 165/2001 (€ 5.000,00).
In tal modo qualificati i danni derivanti dalle riferite vicende - sulla base dei documenti in atti - in complessivi € 11.911,00, sono stati ritenuti  sussistenti elementi di responsabilità a carico del sig. ...... invitato dall’organo inquirente (11.6.1010), ai sensi dell’art. 5 della L. 14.1.94 n. 19, come integrato dalla L. 20.12.1996, n. 639, a fornire le proprie deduzioni con riferimento alle sue presunte responsabilità in merito alle illegittime assenze dal servizio.
Lo ......, presa visione delle evidenze del fascicolo istruttorio, ha fatto pervenire proprie controdeduzioni.
Con atto di citazione  del 31.1.2011 (notificato il 3.3.2011) il predetto incolpato veniva evocato in giudizio, in quanto responsabile del complessivo danno erariale di € 11.911,00.
Il convenuto si è ritualmente costituito in giudizio (1.6.2011) a mezzo di comparsa di risposta, con il patrocinio dell'avv......
Ha nell'ordine prospettato i seguenti motivi difensivi:
-preliminarmente, il difetto di condizione di proponibilità e/o ammissibilità e/o procedibilità in relazione all'azione di responsabilità per danni all'immagine alla P.A., per mancanza di sentenza penale irrevocabile di condanna, ai sensi dell'art. 17, c. 30-ter del D.L. 78/2009;
-di conseguenza, in via preliminare, la nullità dell'atto di citazione;
-nel merito, l'infondatezza dell'azione di responsabilità per inconsistenza dell'apparato probatorio fornito da parte attrice, posto che quest'ultima avrebbe dovuto dimostrare i fatti su cui si fonda la propria pretesa secondo le regole del processo civile;
-in tale prospettiva, il semplice rimando agli accertamenti realizzati dalla Polizia Giudiziaria non soddisfa l'onere della prova richiesto dall'art. 163 c.p.c.;
-sussiste ampia documentazione medica in relazione alla lombosciatalgia sofferta dal convenuto.
Chiede conclusivamente il convenuto:
-che venga dichiarata improponibile e/o inammissibile l'azione di responsabilità erariale per danni all'immagine della P.A.;
-in subordine, respingere nel merito la domanda attorea.
All’odierna pubblica udienza il P.M.  ha pienamente confermato la richiesta risarcitoria, puntualizzando che:
-ricorre nelle vicende in questione una fattispecie legale tipica di danno all'immagine della P.A., senza necessità del previo accertamento penale;
-sono puntualmente indicate, ai sensi dell'art. 163 c.p.c., le fonti di prova a carico del convenuto;
-nei fatti di causa non si pone un problema di falsità materiale della certificazione medica, ma di dichiarazione al medico non coerente con la realtà;
-sono da rinvenirsi, nel comportamento del convenuto, indizi gravi e concordanti non di semplice colpa grave, ma di atteggiamento cosciente e volontario di induzione in errore.
Per converso l'avv. ..... ha chiesto la reiezione della domanda attorea in quanto inammissibile e comunque infondata nel merito, specificando che:
-la fattispecie in esame è in realtà sussumibile in contesto penale;
i fatti che si assumono accertati (peraltro con modalità non fidefacenti) sono completamente disconosciuti dallo .....
-non risulta formata la prova in ordine al consumato reato di truffa.
L'avv. .... conclude ribadendo tutte le eccezioni formulate con la comparsa di costituzione in giudizio, chiedendo, in via subordinata, la gradazione del quantum eventualmente posto a carico del convenuto.
D I R I T T O
Ritiene il Collegio di delibare, in via assolutamente preliminare, le eccezioni relative alla nullità della citazione ovvero dell'inammissibilità della pretesa attorea.
Manifestamente priva di giuridico fondamento è l'eccezione fondata sulla nullità della citazione per violazione dell'art. 163 c.p.c..
All’uopo deve rilevarsi che, nei giudizi di responsabilità amministrativa, deve escludersi la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza dell’oggetto, allorché siano chiaramente evincibili il danno, la fattispecie causativa dello stesso e le posizioni soggettive alle quali siano addebitate le pretese risarcitorie (cfr. Sez. Umbria, sent. n. 540 in data 18.11.2004).
Nel caso di specie, appaiono chiaramente evidenziati il danno erariale, il nesso causale fra la produzione del medesimo e la condotta del convenuto, nonché le singole fonti di prova a carico di quest'ultimo.
Giova altresì rammentare che nel processo innanzi alla Corte dei conti trovano applicazione sia il principio di autonomia dei giudizi (con riferimento tanto al processo civile che a quello penale), sia il principio del giusto processo, ex art. 111 Cost. Pertanto, ai fini dell’accertamento della responsabilità amministrativa, è necessario fornire mezzi di prova (nella specie forniti) che sono autonomamente valutati dal giudice contabile (Sez. Abruzzo, sent. n. 663/2004)
In secondo luogo, è stata avanzata eccezione di nullità della citazione con riferimento alla mancanza delle condizioni di proponibilità e/o ammissibilità e/o procedibilità dell'azione di responsabilità per danni all'immagine alla P.A., per difetto di sentenza penale irrevocabile di condanna, ai sensi dell'art. 17, c. 30-ter del D.L. 78/2009.
Osserva il Giudicante che, in virtù della disposizione citata, qualora non si sia in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna, non può procedersi ad azione di responsabilità amministrativa per danno all'immagine della P.A. (cfr., per tutte, Sez. Friuli-Venezia Giulia, sent. 19/2011).
Giova rammentare che il Legislatore (ricevendo peraltro l'avallo del Giudice delle Leggi) ha posto in essere un quadro di norme restrittivo rispetto alla richiesta di risarcimento di danno all'immagine della P..A. (connotato, peraltro, da profili più sanzionatori che risarcitori).
La giurisprudenza ha infatti evidenziato che il risarcimento del danno all'immagine della P.A. è attivabile innanzi a questa Corte solo quando sussista il presupposto di una sentenza irrevocabile di condanna del pubblico funzionario.
La coerenza di fondo del quadro normativo in esame è dimostrato dal fatto che l'art. 17, c. 30-ter del D.L. 78/2009 ha previsto che, per il risarcimento del danno all'immagine della Pubblica Amministrazione, il decorso del termine di prescrizione di cui all'art. 1, c. 2, della L. 20/1994, è "sospeso fino alla conclusione del procedimento penale".
L'eccezione defensionale relativa all'inammissibilità della pretesa afferente al danno all'immagine subìto dalla P.A è quindi fondata, mancando, nella specie, una sentenza irrevocabile di condanna nei confronti del convenuto per i medesimi fatti: giova notare, altresì, che il medesimo art. 55-quinques del D. Lgs. 165/2001 (invocato dalla Procura procedente) postula la necessità, ai fini del risarcimento del danno all'immagine della P.A., di una sentenza penale di condanna.
Deve essere quindi dichiarata l'inammissibilità parziale della citazione, limitatamente alla pretesa afferente al ristoro del danno all'immagine subìto dall'Amministrazione dell'Interno.
Nel merito, la richiesta risarcitoria della Procura è fondata e meritevole di parziale accoglimento.
Risulta, infatti, pacifico il danno provocato dal sig. ...... all’Amministrazione dell'Interno, l’elemento soggettivo a titolo di colpa grave con previsione ovvero di dolo, nonché il nesso causale tra la condotta del convenuto ed il danno arrecato, così come è risultato dalla documentazione acquisita in via istruttoria.
Lo <<<<< ha consapevolmente dichiarato ai medici competenti la propria inabilità al servizio di Istituto al solo fine di svolgere proprie attività (peraltro in violazione degli obblighi di esclusività di prestazioni lavorative in favore della Polizia di Stato, presumibilmente legate all'affitto turistico di camere).
Specificamente, nei periodi di illegittima assenza contestati (.....) lo ....., che avrebbe dovuto giacere a riposo, affittava e conduceva furgoni (anche per lunghi percorsi), acquistava fuori dal .... mattonelle, quadri e suppellettili, e svolgeva fuori dalla propria abitazione attività non meglio identificate (presumibilmente connesse alla ristrutturazione di un appartamento destinato all'affitto turistico).
Tali attività del convenuto sono ampiamente dimostrate dal materiale acquisito durante specifiche indagini:
-documenti relativi al noleggio di furgone da parte dello ..... (unico guidatore autorizzato);
-documenti relativi all'utilizzo (sempre da parte di quest'ultimo) di carta di credito in prossimità di ....;
-reperti fotografici dello ....., colto in attività non meglio identificate nel quartiere ....
Risulta in sostanza dimostrato, conformemente a quanto dedotto dalla procedente Procura, che il convenuto ha svolto attività assolutamente incompatibili con le patologie dichiarate, ovviamente senza rispettare gli obblighi di reperibilità nei casi di assenza per malattia.
Devono essere completamente disattese le deduzioni difensive incentrate sul quadro clinico a carico dello ..... la circostanza di un giudizio diagnostico di lombosciatalgia (peraltro artatamente indotto dal convenuto) non costituisce causa di giustificazione né di attenuazione della responsabilità dedotta innanzi a questa Corte.
Le retribuzioni afferenti ai periodi di assenza dal servizio sono state quindi corrisposte dall’Amministrazione dell'Interno sebbene il dipendente, in buona forma fisica (come dimostrato dalla guida continuata di un furgone, da lui stesso noleggiato), prestasse attività economica remunerata, fra l'altro in dolosa violazione del principio di esclusività del rapporto di impiego in essere: ciò  esclude qualunque giustificazione alla corresponsione degli emolumenti medesimi.
La giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che, in materia di percezione di somme non dovute, il danno erariale è ravvisabile nell’ammontare degli emolumenti indebitamente riscossi a titolo di corrispettivo per prestazioni di servizio non rese, per effetto di assenze arbitrarie dal servizio (cfr. Sez. Umbria, sent. n. 445/2005, Sez. Emilia Romagna, sent. n. 581/2007).
E' principio ormai consolidato in giurisprudenza che sussiste indebito incameramento della retribuzione allorquando ci si assenti dal servizio sulla base di uno falso stato di malattia, ampiamente desumibile dal contemporaneo svolgimento di altra attività lavorativa.
A seguito della condotta del convenuto sono state sottratte energie lavorative alla Pubblica Amministrazione e si sono conclamate palesi violazioni degli obblighi di servizio.
E’ dunque ostensiva la responsabilità per dolosa violazione degli obblighi di servizio da parte dell’odierno convenuto, che ha deliberatamente dichiarato (essendo in buona forma fisica) uno stato di malattia per assentarsi dal servizio, causando un danno di € 4.476,10, come da conteggi effettuati dall’Amministrazione dell'Interno (cfr. informative agli atti della Questura di Roma, in relazione agli emolumenti corrisposti in occasione delle assenze in questione).
Non può invece trovare accoglimento la pretesa afferente al risarcimento del c.d. “ danno da disservizio”, dato per implicito in ragione dei fatti sopraesposti.
Rileva questo Giudicante, in adesione all'indirizzo giurisprudenziale già chiaramente delineatosi (cfr., per tutte, Sez. Lazio, sent. 1015/2008), che parte attrice ha mancato di dimostrare che l'Amministrazione dell'Interno ha sostenuto costi aggiuntivi per svolgere servizi che sarebbero stati di pertinenza dello ..... di conseguenza, mancando la specifica prova circa l'effettivo incremento della spesa sostenuta ovvero circa l'effettivo detrimento dell'ordinato svolgimento del servizio, questo Collegio non può procedere alla valutazione equitativa dell'affermata posta di danno erariale.
In conclusione, la pretesa attorea si appalesa fondata quanto al danno correlato agli emolumenti versati nei periodi di illegittima assenza e meritevole di accoglimento
                                               P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale regionale per il Lazio, definitivamente pronunciando

DICHIARA

l'inammissibilità della citazione con riferimento al risarcimento per lesione all'immagine della P.A.

RESPINGE

la richiesta attorea con riferimento al risarcimento per “danno da disservizio”
                                               CONDANNA
il signor ......... al pagamento in favore del Ministero dell'Interno della somma di € 4.476,10 (quattromilaquattrocentosettantasei/10) comprensiva di rivalutazione alla data di pubblicazione della sentenza e interessi dalla predetta ultima data fino all'effettivo soddisfo;
condanna altresì lo stesso al pagamento delle spese di giustizia, che sino alla pubblicazione della sentenza si liquidano in  euro 239,70 (duecentotrentanove/70).
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 28.6.2011
L’ESTENSORE                                                       IL PRESIDENTE
F.to dott. Marcovalerio Pozzato                     F.to dott. Ivan De Musso
Pubblicato in Segreteria mediante deposito nei modi di legge il 6 luglio 2011.
 
P. IL DIRIGENTE
IL RESPONSABILE DEL SETTORE
GIUDIZI DI RESPONSABILITA’
F.to dott. Francesco MAFFEI
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO Sentenza 998 2011 Responsabilità 06-07-2011

Corte dei Conti "...on il ricorso in epigrafe il ricorrente già ispettore capo della Polizia di Stato, lamenta la mancata inclusione dell'assegno funzionale nella base pensionabile e della conseguente maggiorazione del 18%. La Prefettura di Roma ha chiesto il rigetto del ricorso...."


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
dott. Andrea LUPI
nella pubblica udienza dell’8 luglio 2011, con l'assistenza del segretario d'udienza signor Antonio Fucci,
 esaminati gli atti ed i documenti di causa,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio pensionistico iscritto al n. 069816/PC del registro di Segreteria promosso da ---
AVVERSO
     Prefettura di Roma – Ufficio Territoriale del Governo
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
     Con il  ricorso in epigrafe  il ricorrente già ispettore capo della Polizia di Stato, lamenta la mancata inclusione dell'assegno funzionale nella base pensionabile e della conseguente maggiorazione del 18%.
La Prefettura di Roma  ha chiesto il rigetto del ricorso.
All’odierna udienza, le parti non sono comparse.
Considerato in diritto
Con il ricorso  in esame parte ricorrente chiede  che l’assegno funzionale venga incluso nella base pensionabile con incremento del 18%, con conseguente riliquidazione del trattamento  pensionistico percepito, ai sensi dell'art. 53 del D.P.R. n. 1092 del 1973, nel testo sostituito dall'art. 16 della legge n. 177 del 1976; maggiorazione che l’amministrazione ha escluso poiché l’assegno funzionale non è incluso tra gli emolumenti espressamente indicati dallo stesso art. 16, né è riconosciuto a tali fini dalla legge che l’ha istituito e dalle successive integrazioni(art. 1, comma 9, legge 468/87  e art. 6 legge 472/87).
Assume pertanto particolare rilievo la norma innanzi richiamata, che dispone che l'aumento del 18% opera su una base pensionabile costituita “dall'ultimo stipendiononchédagli assegni o indennità pensionabili sottoindicati” (tra i quali non è menzionata l'indennità di ausiliaria), specificando che “nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile”.
Dall'esame della predetta disposizione si deduce che il requisito della pensionabilità di un assegno, per espressa previsione di legge, non ne determina automaticamente l'inclusione nella base pensionabile ai fini dei miglioramenti economici concessi con la legge n. 177 del 1976. Occorre, infatti, una specifica statuizione, nella specie non intervenuta, che poteva essere contenuta anche in testi successivi alla legge n. 177 del 1976 perché essa non prevede un “numerus clausus” degli elementi idonei ad integrare la base pensionabile bensì ne consente l'ampliamento ad opera di norme successivamente introdotte.
Ne consegue che  tutte le indennità, potrebbero  essere comprese nella base pensionabile alla sola condizione che rientrino  nella nozione di “ultimo stipendio” e, dunque, ne venga riconosciuta la natura stipendiale.
Nella specie, l'assegno funzionale non ha natura stipendiale, bensì di assegno accessorio, sia pure pensionabile (Corte dei Conti, Sezione Controllo, n. 52/2000).
Per tutto quanto sopra, così come da consolidata giurisprudenza anche  di questa Sezione, dalla quale questo Giudice ritiene di non discostarsi, discende che  l’istanza di parte  ricorrente appare giuridicamente infondata e quindi da respingere, secondo quanto  sopra motivato.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per il Lazio, Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette:
-rigetta il ricorso;
-dichiara l'integrale compensazione delle spese di giudizio.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli ulteriori adempimenti.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza dell’8 luglio 2011.
Il Giudice Unico
f.to Andrea Lupi

      

   Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 12/07/2011

                                        P. Il Direttore
         IL RESPONSABILE DEL SETTORE PENSIONISTICO
                                  f.to Paola ACHILLE
 
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO Sentenza 1052 2011 Pensioni 12-07-2011

Corte dei Conti "...Con ricorso notificato il 13.12.2007 e depositato il 10.1.2008, il sig. A., sovrintendente capo della Polizia di Stato in quiescenza, ha chiesto la rideterminazione del proprio trattamento pensionistico mediante computo nella base pensionabile dell’assegno funzionale previsto dall’art. 6 del DL 21.9.1987 n. 387, convertito in L 20.11.1987, n. 472, con la maggiorazione del 18%, ai sensi dell’art. 53 del DPR n.1092/1973.A fondamento della pretesa spettanza del beneficio della maggiorazione del 18% il ricorrente adduceva l’inglobamento dell’assegno di funzione nella retribuzione individuale di anzianità (c.d. «RIA») cioè in una delle componenti dello stipendio. ..."


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte Dei Conti

Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana

Il Giudice Unico delle Pensioni

Dott.ssa Igina Maio ha pronunciato la seguente

SENTENZA  N. 2785/2011

sul ricorso iscritto al n. 49196 del registro di segreteria ,
proposto da:
..
contro:
-         Ministero dell’economia e delle finanze;
-         Ministero dell’Interno;
-         INPDAP, rappresentato e difeso dall’avv. Adriana Giovanna Rizzo ;
Visti il R.D. 13 agosto 19 33, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993 , n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994 , n. 19 e la legge 14 gennaio 1994 , n. 20; la legge 21 luglio 2000 , n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9;
Esaminati gli atti ed i documenti di causa.

Uditi, alla pubblica udienza del 12 luglio 2011, l’avv. Messina per il ricorrente, il dott. Pietro Di Giovanni in rappresentanza del Ministero dell’economia e delle finanze, l’avv. Adriana Giovanna Rizzo in rappresentanza dell’Inpdap, assente il Ministero dell’interno.

FATTO

Con ricorso notificato il 13.12.2007 e depositato il 10.1.2008, il  sig. A., sovrintendente capo della Polizia di Stato in quiescenza, ha chiesto la rideterminazione del proprio trattamento pensionistico mediante computo nella base pensionabile dell’assegno funzionale previsto dall’art. 6 del DL 21.9.1987 n. 387, convertito in L 20.11.1987, n. 472, con la maggiorazione del 18%, ai sensi dell’art. 53 del DPR n.1092/1973.
A fondamento della pretesa spettanza del beneficio della maggiorazione del 18% il ricorrente adduceva l’inglobamento dell’assegno di funzione nella retribuzione individuale di anzianità (c.d. «RIA») cioè in una delle componenti dello stipendio.
In data 31.7.2008, si costituiva il Ministero dell’Interno chiedendo il rigetto del ricorso e sostenendo, sostanzialmente, che la maggiorazione del 18% dell’assegno funzionale era da ritenersi preclusa, per un verso, dal disposto dell’art. 16 della legge 177/1976 e, per altro verso, dalla natura non stipendiale dell’assegno in parola. In via subordinata eccepiva la prescrizione quinquennale.
Con memoria depositata in data 27.6.2011, si costituiva altresì l’Inpdap argomentando per l’infondatezza del ricorso. In via subordinata, l’Istituto eccepiva la prescrizione quinquennale.
Con ulteriore memoria depositata il 1°.7.2011, il ricorrente ha ulteriormente insistito nelle proprie richieste.
All’udienza del 12 luglio 2011, il rappresentante del MEF eccepiva il difetto di legittimazione passiva dell’amministrazione di provenienza; le altre parti presenti si riportavano alle conclusioni agli atti.

DIRITTO

1. In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’economia e delle finanze.
L’eccezione è fondata poiché il Ministero è estraneo alla fattispecie di cui trattasi.
2. Nel merito, si osserva quanto segue.
Il giudizio è finalizzato a verificare se l’assegno funzionale previsto dall’art. 6 del DL 21.9.1987 n. 387, convertito in L 20.11.1987, n. 472 è un emolumento computabile nella base pensionabile con la maggiorazione del 18%, ai sensi dell’art. 53 del DPR 1092/1973.
L’art. 53 del DPR 29/12/1973, n. 1092, come modificato L’art. 16 della L. 29/4/1976, n. 177, prevede che «Ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare (…) la base pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga e dagli assegni o indennità pensionabili sottoindicati, integralmente percepiti, è aumentata del 18 per cento:
a) indennità di funzione per i generali di brigata ed i colonnelli, prevista dall'articolo 8 della legge 10 dicembre 1973, n. 804;
b) assegno perequativo ed assegno personale pensionabile, previsti dall'articolo 1 della legge 27 ottobre 1973, n. 628, in favore degli ufficiali di grado inferiore a colonnello o capitano di vascello, nonché dei sottufficiali e dei militari di truppa;
c) assegno personale previsto dall'articolo 202 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, applicabile al personale militare in base all'articolo 3 della legge 8 agosto 1957, n. 751.
Agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile».
L’art. 1, comma 9, del DL 16.9.1987, n. 379, convertito in L. 14.11.1987, n. 468, dispone che «1. Al personale appartenente al ruolo degli agenti e degli assistenti e qualifiche equiparate della Polizia di Stato e gradi corrispondenti dei Corpi di polizia di cui all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121 , è attribuito, al compimento di diciannove anni di servizio comunque prestato senza demerito nelle forze di polizia, un assegno funzionale pensionabile di L. 800.000 annue lorde. Detto importo è elevato a L. 1.100.000 al compimento di ventinove anni di servizio comunque prestato senza demerito nelle forze di polizia.
2. Al personale appartenente ai ruoli dei sovrintendenti ed ispettori e qualifiche equiparate della Polizia di Stato e gradi corrispondenti dei Corpi di polizia di cui all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, al compimento di diciannove anni di servizio comunque prestato senza demerito nelle forze di polizia, è attribuito un assegno funzionale pensionabile di L. 1.200.000 annue lorde. Detto importo è elevato a lire 1.800.000 al compimento di ventinove anni di servizio comunque prestato senza demerito nelle forze di polizia.
3. Al personale appartenente al ruolo dei commissari e qualifiche equiparate della Polizia di Stato e ai gradi corrispondenti delle forze di polizia di cui all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, compresi i sottotenenti in servizio permanente effettivo, provenienti da carriera e ruoli inferiori delle stesse forze di polizia, al compimento del diciannovesimo e ventinovesimo anno di servizio comunque prestato senza demerito nelle forze di polizia è attribuito un assegno funzionale annuo lordo nelle seguenti misure (…)
4. I benefici di cui ai precedenti commi decorrono dal 1° giugno 1987 e si aggiungono alla retribuzione individuale di anzianità. Gli stessi benefìci non sono cumulabili con il trattamento economico di cui all'articolo 43, commi ventiduesimo e ventitreesimo, della legge 1° aprile 1981, n. 121, e non competono al personale con qualifiche dirigenziali e gradi corrispondenti.
5. L 'assegno funzionale di cui ai precedenti commi ha effetto sulla tredicesima mensilità, sul trattamento ordinario di quiescenza, normale e privilegiato, sulle indennità di buonuscita e di licenziamento, sull'assegno alimentare previsto dall'articolo 82 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 , e da disposizioni analoghe, sulle ritenute previdenziali ed assistenziali e relativi contributi, comprese le ritenute in conto entrate Tesoro o altre analoghe ed i contributi di riscatto, con esclusione dell'indennità integrativa speciale, e dell'equo indennizzo».
Ebbene, l'art. 53 del DPR 1092/1973 ha introdotto, accanto alla maggiorazione del 18% della base pensionabile, un limite alla possibilità di considerare ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare assegni o indennità, anche se pensionabili, diversi da quelli espressamente contemplati: ciò è consentito solo se la disposizione di legge che riguarda l’assegno o l’indennità ne preveda espressamente la valutazione nella base pensionabile.
Quest'ultima previsione, impone all'interprete di accertare, ogni qual volta si trovi a stabilire se un assegno od indennità possa includersi nella base pensionabile cui applicare la maggiorazione del 18%, se essi abbiano ricevuto dalla legge istitutiva che ne stabilisca la pensionabilità, anche la connotazione, espressamente dichiarata, di componenti della base pensionabile.
Il legislatore, in altri termini, ha introdotto una previsione annoverabile nella categoria delle norme con forza passiva rafforzata cioè di quelle norme che al fine di attuare i principi costituenti l’essenza stessa dell’intervento normativo, recano specifiche previsioni in ordine alle modalità di modifica o integrazione del contenuto della disciplina dalle medesime introdotta.
Similmente, l’art. 53 sopra indicato ha previsto che le eventuali successive dilatazioni della base pensionabile del personale militare mediante l’inglobamento di assegni o indennità avvenissero solo in presenza di un’esplicita previsione legislativa che qualificasse detti emolumenti aventi i caratteri della quiescibilità come suscettibili della maggiorazione del 18%.
La previsione esplicita di inclusione nella base pensionabile di un assegno o indennità, dunque, costituisce una condizione ineludibile la cui presenza o assenza discrimina in modo certo tra l’inclusione ovvero l’esclusione nella base pensionabile dell'assegno, indennità o altro emolumento retributivo comunque denominato.
Posto che una simile disposizione non è rinvenibile, deve escludersi la computabilità ai fini della maggiorazione del 18% dell’assegno funzionale.
A non dissimile conclusione deve pervenirsi anche ove si affronti la questione della maggiorazione del 18% da un altro e più radicale punto di vista, e cioè partendo dall’asserita natura stipendiale dell'assegno medesimo.
L’argomento ha come suo snodo centrale l’asserita assimilabilità dell’assegno funzionale alla R.I.A. (retribuzione individuale di anzianità), argomentata sia sul dato letterale della disposizione concernente l'assegno, sia sulla similarità della funzione che assolvono i due emolumenti.
Sotto il primo aspetto viene in rilievo l'espressione utilizzata dall'art. dall’art. 6, comma 4 del DL 21.9.1987 n. 387: tale disposizione prevede, infatti, che l'assegno funzionale «si aggiung(e) alla retribuzione individuale di anzianità».
Il fatto che l'assegno funzionale si aggiunge alla RIA, emolumento che ha indubbiamente natura di stipendio e, come tale, concorre a determinare la base pensionabile, potrebbe indurre a ritenere che l’assegno è assorbito nella R.I.A. e di questa ne deve seguire le sorti anche in punto di maggiorazione del 18%.
L'argomento, suggestivo in base ad un approccio puramente lessicale, non regge però ad un esame più approfondito della disposizione.
Ed invero, mentre è certa la natura stipendiale della R.I.A., tale non può considerarsi l'assegno funzionale.
La retribuzione individuale di anzianità rappresenta la somma delle classi e scatti maturati fino al 31.12.1986 sullo stipendio del livello retributivo di appartenenza del dipendente, istituito dalla l. 312/1980, e strutturato per classi ed aumenti periodici biennali (art. 24).
Essa, dunque, pur configurata come elemento separato dallo stipendio, costituisce un elemento fisso e generale per tutti i dipendenti inclusi nella corrispondente qualifica funzionale (differenziando nell’ambito dell’unitaria qualifica funzionale, la posizione economica di ciascuno in ragione dell’anzianità di servizio posseduta alla data sopra indicata), ne conserva la originaria natura (così anche Sez. controllo 13.11.1996, n. 146), e può quindi essere pacificamente inclusa nella base pensionabile di cui al citato art. 53, novellato dall'art. 16 della l. 177/1976, in forza del suo primo comma, che pone come elemento costitutivo della base pensionabile in primo luogo proprio lo stipendio.
L'assegno funzionale, invece, mantiene la sua natura di emolumento accessorio dello stipendio, pur rientrando nella nozione, latamente intesa, di retribuzione, avendo anch’esso funzione corrispettiva della prestazione lavorativa nella sua dimensione qualitativa, presupponendo una determinata anzianità di servizio e un conseguente incremento della professionalità del dipendente.
Aspetto questo che in qualche modo l'assimila alla retribuzione individuale dell'anzianità, che segnava appunto lo sviluppo orizzontale del livello stipendiale di appartenenza in relazione alla anzianità di servizio.
Ma tale similarità di funzione non appare sufficiente a giustificarne la parificazione anche ai fini dell’attribuzione del beneficio della maggiorazione: quell’assegno, infatti, non assurge a componente dello stipendio, inteso nel senso sopra specificato di stipendio tabellare connesso al livello di appartenenza.
Da ciò consegue che l'espressione “si aggiunge ”, usata dal legislatore, deve essere intesa nel senso di cumulo e non di assorbimento, poiché l'assegno funzionale, simile alla R.I.A. per la finalità di valorizzare l’anzianità di servizio, e per la sua natura latamente retributiva, ne rimane distinto, rivestendo il carattere di assegno accessorio e non di stipendio.
L'assegno funzionale, quindi, non s’incorpora nella RIA, ma ad essa si giustappone per ricevere, a fini determinati, un pari trattamento (nella specie entrambi sono computati in sede di liquidazione della pensione, ancorché solo la R.I.A. faccia poi parte della base pensionabile su cui si applica la maggiorazione del 18%).
L'assimilazione, insomma, vale solo nei limiti in cui il legislatore la consente, permanendo la distinzione per tutti gli altri profili, nel caso in esame per la maggiorazione del 18% di cui all'art. 53 t.u. 1092/1973, come novellato dall'art. 16 della l. 177/1976, applicabile alla R.I.A. in quanto emolumento stipendiale e non applicabile all'assegno funzionale in quanto emolumento retributivo ma non stipendiale.
A conferma della ritenuta inapplicabilità della maggiorazione del 18 all’assegno funzionale, vi è poi il qualificato orientamento interpretativo manifestato dalle Sezioni Riunite di questa Corte nell’esercizio della funzione nomofilattica ad esse devoluta dall'ordinamento
Infatti, le Sezioni Riunite di questa Corte, pronunciandosi sulla questione di massima n.272/2010, hanno affermato il seguente principio di diritto: «l'assegno funzionale, previsto per i sottufficiali delle Forze Armate dall'art. 1, comma 9, del decreto legge 16 settembre 1987 n. 379, convertito nella legge 14 novembre 1987 n. 468, (nonché l'analogo assegno funzionale previsto a favore degli appartenenti ai Corpi di Polizia dall'art. 6 del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni nella legge 20 novembre 1987, n. 472), e l'indennità di ausiliaria, di cui all’art. 67 della legge 10 aprile 1954 n. 113 e all'art. 46 della legge 10 maggio 1983 n. 212, non beneficiano della maggiorazione del 18 per cento prevista dall’art 53 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, come modificato dall’art. 16 della legge 29 aprile 1976 n. 177» (Sezioni riunite, n.9/2011/QM).
Il ricorso, pertanto, è rigettato.
Sussistono, comunque, giusti motivi per procedere alla compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte dei Conti,Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana , il Giudice Unico delle Pensioni,definitivamente pronunciando:
-         dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’economia e delle finanze;
-         respinge il ricorso
Spese compensate.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 12 luglio 2011.
                                                                                  IL GIUDICE
                                                                                 F.to Igina Maio
 
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 21 Luglio 2011.
                                                             Il Funzionario Amministrativo
                                                          F.to Piera Maria Tiziana Ficalora
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA Sentenza 2785 2011 Pensioni 21-07-2011

"La manovra che ne pensate?" (Vota il sondaggio di Repubblica.it)

D’ora in avanti la Polizia Municipale, i Carabinieri, la PS, la Forestale non potranno più tutelare i consumatori… per Legge!

Da veri dilettanti allo sbaraglio, ancora una volta i nostri politici hanno dimostrato la loro bravura nel distruggere le poche cose che ancora funzionavano in Italia, ovvero quell’incrocio di controlli che da sempre hanno tutelato i consumatori dalle truffe commerciali e dalle contraffazioni.
Negli ultimi mesi si è parlato spesso della cosiddetta Finanziaria, il D.L. n. 70/2011, convertito con modifiche nella Legge 12 luglio 2011, n. 106, definita dalle parti sociali come l’ennesima presa per i fondelli del ceto medio-basso della nostra società, visto che i più colpiti dalle tassazioni indirette previste dalla nuova legge, saranno come al solito i cittadini a reddito fisso.
Come scrivevo in un altro articolo, con questa legge, nonostante le promesse fatte, il Governo non ha ridotto i privilegi della classe politica, i vitalizi milionari, i mega stipendi ( e le mega buonuscite) dei manager pubblici, non ha tassato i più ricchi, non ha fatto nulla per recuperare i 98 miliardi di euro evasi dalle concessionarie dei Monopoli di Stato, ma ha preferito bussare alla solita porta, quella dove precedentemente aveva bussato il Governo Prodi, ovvero il ceto medio, coloro che arrancano ogni giorno per cercare di arrivare a fine mese.

Ma il peggio, come si dice dalle mie parti, viene sempre dopo e, puntualmente, anche in questo caso è arrivato.
Pochi ne hanno parlato, ma l’articolo 7 di questa legge, avente come oggetto la “semplificazione fiscale”, prevede una novità destinata ad azzerare completamente i controlli commerciali e annonari in Italia.
L’articolo 7, comma 1, lettera a), infatti, prevede che:
“esclusi i casi straordinari di controlli per salute, giustizia ed emergenza, il controllo amministrativo in forma d'accesso da parte di qualsiasi autorità competente deve essere unificato, puo'  essere operato al massimo con cadenza semestrale, non puo'  durare  piu'  di quindici giorni. Gli atti compiuti  in  violazione  di  quanto  sopra costituiscono, per  i  dipendenti  pubblici,  illecito  disciplinare. [omissis]
E ancora, al comma 2, lettera a):

” al  fine  di  ridurre  al  massimo  la  possibile   turbativa nell'esercizio delle attività delle imprese di  cui  all'articolo  2 dell'allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, recante "Raccomandazione  della  Commissione  relativa alla  definizione  delle  microimprese,  piccole  e  medie  imprese", nonche' di evitare duplicazioni e sovrapposizioni  nell'attività  di controllo nei riguardi di  tali  imprese,  assicurando  altresì  una maggiore semplificazione dei relativi procedimenti e la riduzione  di sprechi nell'attività amministrativa, gli accessi dovuti a controlli di  natura  amministrativa  disposti  nei  confronti  delle  predette imprese devono essere oggetto di programmazione da parte  degli  enti competenti e  di  coordinamento  tra  i  vari  soggetti  interessati.
Conseguentemente:
1) [omissis]
2) a livello substatale, gli accessi presso i  locali delle imprese disposti dalle amministrazioni locali inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica  (ISTAT)  ai  sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.  196,  ivi comprese le Forze di Polizia locali comunque denominate e le  aziende ed agenzie regionali e  locali  comunque  denominate,  devono  essere oggetto di programmazione periodica. Il coordinamento  degli  accessi e' affidato al comune, che puo' avvalersi delle camere di  commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti  per  territorio.  Le amministrazioni   interessate   provvedono    all'attuazione    delle disposizioni di cui al  presente  numero  nell'ambito  delle  risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
3) gli accessi sono svolti nell'osservanza del principio  della contestualità e della non ripetizione per periodi di tempo inferiori al semestre;
4) gli atti e i provvedimenti, anche sanzionatori, adottati  in violazione delle disposizioni di cui ai numeri  1)-3)  costituiscono, per  i  dipendenti  pubblici  che   li   hanno   adottati,   illecito disciplinare;
5) le disposizioni di cui ai numeri 1)-4) non si  applicano  ai controlli ed agli accessi in materia di repressione dei  reati  e  di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui  al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonche' a quelli funzionali alla  tutela  dell'igiene  pubblica,  della   pubblica   incolumità, dell'ordine e della sicurezza pubblica. Non si applicano altresì  ai controlli decisi con provvedimento adeguatamente motivato per ragioni di necessità ed urgenza;
b)  le  disposizioni  di  cui  alla  lettera   a)   costituiscono attuazione dei principi  di  cui  all'articolo  117,  secondo  comma, lettere e), m), p) e r), della Costituzione nonche' dei  principi  di cui alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 e della  normativa  comunitaria  in  materia  di microimprese, piccole e medie imprese. Le Regioni a statuto  speciale e le Province autonome  di  Trento  e  Bolzano  adeguano  la  propria legislazione alle disposizioni di cui  alla  lettera  a),  secondo  i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione; [omissis] “.
In pratica il nostro legislatore ha stabilito che se ad esempio  un’attività commerciale del settore alimentare  subisce il controllo della locale Stazione dei Carabinieri, la quale verifica solamente se le bilance utilizzate hanno apposto il bollino della verifica periodica da parte dell’Ispettore metrico della Camera di Commercio,  nei  sei mesi successivi né la Polizia Municipale, né l’Ispettore metrico della Camera di Commercio né nessun altro tipo di polizia o altra autorità amministrativa potranno effettuare un altro controllo commerciale/annonario (per la verifica di vendite sottocosto, esposizione di prezzi, allergeni, peso netto, cartellonistica ingredienti, scadenza dei prodotti, etc.).
E ancora: se lo stesso negoziante subisce il controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, nei sei mesi successivi non potrà essere oggetto di controllo amministrativo da parte della Guardia di Finanza o delle altre autorità preposte ai controlli fiscali.
Di conseguenza il commerciante, a patto di non trasgredire il codice penale, avrà sei mesi nei quali potrà violare qualsiasi legge amministrativa o fiscale con la certezza di rimanere impunito perché nessuno potrà entrare nella sua attività per effettuare i controlli, pena sanzioni disciplinari in capo agli organi accertatori.
Questo ultimo punto è l’altra grande novità della legge: prevedere sanzioni disciplinari nei confronti di chi nonostante il divieto effettui un qualsiasi controllo all’interno della suddetta attività entro il periodo di divieto previsto dall’articolo 7 della legge.

Dulcis in fundo: gli eventuali verbali accertati nel periodo in cui sono vietati i controlli, saranno ritenuti nulli!

In sintesi (ragionando per assurdo), il commerciante, una volta subito un controllo superficiale o approfondito da parte di qualsiasi autorità amministrativa addetta ai controlli, potrà impunemente evadere il fisco omettendo di emettere ad esempio lo scontrino fiscale, potrà impunemente vendere merce oltre la data di scadenza, potrà evitare di applicare il peso netto sulla bilancia facendo pagare al consumatore anche la tara, potrà vendere prodotti a pezzo e non a peso, potrà ingannare i clienti vendendo prodotti senza rispettare l’obbligo di indicazione del prezzo per unità di misura, potrà vendere frutta proveniente dall’estero spacciandola per italiana, potrà taroccare i saldi con merce non appartenente al proprio magazzino, etc., potrà, insomma violare per sei mesi qualsiasi legge amministrativa dello Stato!

Leggendo l’articolo 7  del DL n. 70/2011, è impossibile non pensare che chi lo ha redatto e votato non conosce minimamente come funzionano i controlli in Italia.
Come al solito i nostri politici, dedicando pochissimo tempo all’incarico per cui sono stati eletti (*), hanno affrontato la problematica in maniera superficiale senza dare importanza alla portata di quanto stavano votando.
Non si capisce, infatti, come mai abbiano equiparato i tempi dei controlli fiscali con quelli igienico-annonari.
Un controllo fiscale presso un’azienda, è risaputo, può durare anche 15 giorni, mentre un accertamento annonario dura al massimo dai 30 ai 60 minuti ed è svolto in genere senza disturbare il commerciante.
Lascia stupiti tutto questo “zelo” dei nostri politici nel voler salvaguardare il tempo dei commercianti, a discapito dei consumatori, come se la semplificazione fiscale, oggetto dell’articolo 7, del DL. n. 70/2011, dipendesse dai  30 minuti fatti perdere da un sopralluogo commerciale svolto a cadenza mensile o più.
Per giustificarlo, nella legge hanno addirittura citato la Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea, del 6 Maggio 2003, la Costituzione e la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12/12/2006, i cui contenuti  c’entrano con i controlli commerciali come i cavoli a merenda!

Cosa riserva il futuro

Per chi crede nell’importanza di questo lavoro, nell’interesse dei consumatori, il futuro sarà, purtroppo, una strada in salita, se non interverranno le associazioni dei consumatori, l’ANCI o qualche politico lungimirante per modificare la norma al fine di escludere dal divieto i controlli commerciali.
Per ora e fino a quando, si spera, le cose cambieranno, occorrerà applicare i contenuti dell’articolo 7, comma 2, lettera a), punto 5, della legge, nel quale viene previsto che:
” 5) le disposizioni di cui ai numeri 1)-4) non si  applicano  ai controlli ed agli accessi in materia di repressione dei  reati  e  di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui  al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonche' a quelli funzionali alla  tutela  dell'igiene  pubblica,  della   pubblica   incolumità, dell'ordine e della sicurezza pubblica. Non si applicano altresì  ai controlli decisi con provvedimento adeguatamente motivato per ragioni di necessità ed urgenza [omissis]”.

In pratica la Polizia Municipale e gli altri organi accertatori potranno continuare ad intervenire liberamente solo per i controlli volti alla tutela dell’igiene pubblica, della pubblica incolumità e dell’ordine e della sicurezza pubblica.
A questo punto viene spontaneo porsi una domanda: ma se un esercizio alimentare aveva subito un mese prima un controllo commerciale ed era stato sanzionato per violazione della legge sul peso netto, e durante il successivo controllo in materia di igiene degli alimenti l’agente accertatore scoprisse che il commerciante continua a non rispettare l’obbligo della vendita a peso netto, può essere sanzionato nuovamente?
Per i contenuti della norma, sembrerebbe di no.
Addirittura l’agente accertatore, per quanto previsto dall’articolo 7, comma 2, lettera a), punto 5,  rischierebbe un provvedimento disciplinare!

La programmazione periodica dei controlli

Altra novità introdotta dalla legge (art. 7, comma 2, lettera a, punto 2), è che a livello substatale gli accessi presso i locali commerciali dovranno essere oggetto di programmazione periodica da parte del Comune che può avvalersi della locale Camera di Commercio.
Al successivo punto 3) è inoltre previsto che gli accessi debbono essere svolti osservando il principio della contestualità.

L’ennesimo carrozzone burocratico

E per fortuna che il cavallo di battaglia dei nostri governanti doveva essere la semplificazione!
In questo modo hanno solo creato ulteriori problemi alle amministrazioni comunali che già arrancavano tra le mille incombenze dettate dalle leggi nazionali, la carenza cronica di personale e i divieti di assunzione.

Se già è difficile coordinare Polizia, Carabinieri e Polizia Locale per la sicurezza pubblica, è facile immaginare le difficoltà che le Amministrazioni Comunali incontreranno per pianificare i controlli commerciali con Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza (per verifiche non a fini fiscali), Ispettori Metrici, Polizia Locale, Corpo Forestale, Camera di Commercio, etc., visto che, se qualcuno di loro effettuasse autonomamente i suddetti sopralluoghi, di fatto bloccherebbe per sei mesi la possibilità di accertamento a tutti gli altri, magari più esperti in determinati settori!

Una cosa, comunque, non possiamo negarla, ovvero che i nostri politici pasticcioni hanno una bella faccia tosta!
Infatti all’articolo 7, comma 2, lettera a) hanno scritto che le innovazioni relative ai controlli hanno lo scopo di: ”[omissis]… evitare duplicazioni e sovrapposizioni  nell'attività  di controllo nei riguardi di  tali  imprese,  assicurando  altresì  una maggiore semplificazione dei relativi procedimenti e la riduzione  di sprechi nell'attività amministrativa …[omissis]”.
Piero Nuciari
www.pieronuciari.it
(*) Recentemente un Senatore della Lega Nord ha confessato su Repubblica che in genere un parlamentare lavora solo un giorno e mezzo a settimana e che nelle commissioni di 40 membri, quando va bene, sono presenti solo 10 politici.

Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-12916 presentata da MAURIZIO TURCO lunedì 1 agosto 2011, seduta n.510 MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che: numerosi siti web, in particolare www.youtube.com, hanno riportato la notizia che durante gli scontri verificatisi nei pressi del cantiere per la realizzazione della TAV (tratta Torino - Lione) nel comune di Chiomonte, in occasione delle manifestazioni dei cosiddetti comitati «No Tav», siano stati usati ingenti quantità di gas lacrimogeno CS;


Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12916
presentata da
MAURIZIO TURCO
lunedì 1 agosto 2011, seduta n.510

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa.
- Per sapere - premesso che:



numerosi siti web, in particolare www.youtube.com, hanno riportato la notizia che durante gli scontri verificatisi nei pressi del cantiere per la realizzazione della TAV (tratta Torino - Lione) nel comune di Chiomonte, in occasione delle manifestazioni dei cosiddetti comitati «No Tav», siano stati usati ingenti quantità di gas lacrimogeno CS;


il 15 luglio 2011, il professore Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino, presso il ponte della centrale idro-elettrica di Chiomonte, davanti allo sbarramento della zona militarizzata, ha svolto una lezione illustrando pubblicamente, a beneficio di no-tav e poliziotti, con supporto di materiale didattico eloquente circa gli effetti dell'arma chimica, la sua relazione dal titolo «DANNI ALL'UOMO E ALL'AMBIENTE DEL GAS LACRIMOGENO CS»;


il gas CS fa parte dell'equipaggiamento delle forze di polizia italiane dal 1991, con il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n. 359, (regolamento che stabilisce i criteri per la determinazione dell'armamento in dotazione all'amministrazione della pubblica sicurezza e al personale della polizia di Stato che espleta funzioni di polizia), il quale all'articolo 12, comma 2, recita: «gli artifici sfollagente si distinguono in artifici per lancio a mano e artifici per lancio con idoneo dispositivo o con arma lunga. Entrambi sono costituiti da un involucro contenente una miscela di CS o agenti similari, ad effetto neutralizzante reversibile»;


in base alla legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), articolo 1, si stabilisce che «Agli effetti delle leggi penali, di quelle di pubblica sicurezza e delle altre disposizioni legislative o regolamentari in materia sono armi da guerra le armi di ogni specie che, per la loro spiccata potenzialità di offesa, sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l'impiego bellico, nonché le bombe di qualsiasi tipo o parti di esse, gli aggressivi chimici, i congegni bellici micidiali di qualunque natura, le bottiglie o gli involucri esplosivi o incendiari.». Ciò classifica i gas CS come armi da guerra di terza categoria, ossia "armi chimiche"; infatti la vigente regolamentazione in materia include in questa categoria tutti i gas, i liquidi e i solidi, che, diffusi nell'area, in acqua o sul terreno, producono negli esseri viventi lesioni di varia natura, tali da inficiare, permanentemente, la salute dell'organismo umano. Tali sostanze si suddividono in asfissianti (cloro, bromo, perossido di azoto), tossiche (acido cianidrico), vescicatorie (iprite), nervine, irritanti (cloroacetofenone), come i gas usati per i lacrimogeni. Si considerano dunque armi da guerra i «candelotti lacrimogeni»;


in internet sono reperibili numerosi studi condotti da importanti organizzazioni europee e mondiali sulla tossicità, la nocività e la durata degli effetti dei gas lacrimogeni che portano a conclusioni piuttosto uniformi -:







quali siano la tipologia e la quantità degli artifizi utilizzati fino ad oggi dalle forze di polizia e dalle forze armate durante il periodo di occupazione militare dell'aerea del cantiere della TAV, quali siano gli effetti collaterali sulle popolazioni, gli operatori di polizia e i militari e quali azioni di bonifica ambientale del territorio siano state intraprese;



se il Governo non ritenga di dover porre in essere ogni utile iniziativa per bandire l'uso di gas lacrimogeni al pari di ogni altro ordigno a carica chimica.
(4-12916)

Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-12970 presentata da AMALIA SCHIRRU mercoledì 3 agosto 2011, seduta n.512 SCHIRRU. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che: l'Italia ha ratificato la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche nel 1995 con la legge n. 496, poi modificata ed integrata con legge 4 aprile 1997, n. 93. Le due leggi di ratifica hanno identificato nel Ministero degli affari esteri l'autorità nazionale, tenuta a sovrintendere e coordinare le complesse misure per l'applicazione della Convenzione e del Trattato sul territorio nazionale;

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-12970
presentata da
AMALIA SCHIRRU
mercoledì 3 agosto 2011, seduta n.512

SCHIRRU. -
Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri.
- Per sapere - premesso che:

l'Italia ha ratificato la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche nel 1995 con la legge n. 496, poi modificata ed integrata con legge 4 aprile 1997, n. 93. Le due leggi di ratifica hanno identificato nel Ministero degli affari esteri l'autorità nazionale, tenuta a sovrintendere e coordinare le complesse misure per l'applicazione della Convenzione e del Trattato sul territorio nazionale;

i gas lacrimogeni sono usati dalle forze di polizia di tutto il mondo per controllare manifestazioni di violenza collettiva (o per reprimere e disperdere manifestazioni di protesta non autorizzate): per questo scopo si usano sotto forma di candelotti lacrimogeni;

fra le molte sostanze lacrimogene impiegate, le più usate sono tre: orto-cloro-benzal malonitrile (gas CS), Dibenzen(b,f)-1,4-ossiazepina (gas CR), Cloroacetofenone (gas CN);

dal nome dei chimici Carson e Stoughton che lo sintetizzarono, il gas CS bandito dal protocollo di Ginevra del 1925 come «arma chimica» paradossalmente fa parte degli strumenti per il controllo delle masse in base alla Convenzione del 1993;

dal 1928, anno in cui fu sintetizzato dai due ricercatori, questo composto chimico è stato adottato come ingrediente dei candelotti lacrimogeni da diverse forze di polizia: negli Stati Uniti, in Palestina, in Perù, in Malaysia e in Italia, massicciamente, lo si ricorda, nel 2001 al G8 di Genova, dove furono sparati oltre seimila candelotti nella due giorni di guerriglia che infuriò nel capoluogo ligure;

il libro La sindrome di Genova (Fratelli Frilli Editori, 141 pagine) ricorda come, da quella vicenda, nacque una vera e propria campagna, approdata in Parlamento e nelle aule di giustizia, per evitare che il gas CS continui ad essere un'arma di ordine di pubblico. Secondo quanto sostenne anche il senatore Martone ormai 10 anni fa, il CS è esplicitamente un'arma da guerra come dimostra il fatto che le voci di export della ditta produttrice, la Simad Spa, rientrano nell'obbligo di denuncia al Parlamento, regolato dalla legge n. 185 del 1990, (da La Nuova Sardegna del 9 novembre 2002, «A Genova guerra chimica» di Emanuele Giordana);

nel rapporto di Amnesty International «Durante e dopo il summit G8, Genova, luglio 2001 (aggiornamento del documento EUR 01/002/2002)» si legge: «Nel giugno 2002 circa 10 dimostranti hanno sporto formale denuncia, accompagnata da referti medici, affermando di soffrire effetti a lungo termine (danni a polmoni, gola ed epidermide) a causa dell'esposizione al gas CS. Amnesty International ritiene che una revisione indipendente dell'impiego di agenti chimici da parte delle forze dell'ordine deve consentire l'introduzione, laddove appropriato, di rigorose linee guida regolanti l'uso di tali metodi, nonché di idonei strumenti di controllo per mantenerle aggiornate e garantirne l'osservanza»;

il gas CS fa parte dell'equipaggiamento delle forze di polizia italiane dal 1991, con il ottobre 1991, con il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n. 359, (Regolamento che stabilisce i criteri per la determinazione dell'armamento in dotazione all'amministrazione della pubblica sicurezza e al personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia), il quale all'articolo 12, comma 2, recita: «gli artifici sfollagente si distinguono in artifici per lancio a mano e artifici per lancio con idoneo dispositivo o con arma lunga. Entrambi sono costituiti da un involucro contenente una miscela di CS o agenti similari, ad effetto neutralizzante reversibile»;

in base alla legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), articolo 1, si stabilisce che «Agli effetti delle leggi penali, di quelle di pubblica sicurezza e delle altre disposizioni legislative o regolamentari in materia sono armi da guerra le armi di ogni specie che, per la loro spiccata potenzialità di offesa, sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l'impiego bellico, nonché le bombe di qualsiasi tipo o parti di esse, gli aggressivi chimici, i congegni bellici micidiali di qualunque natura, le bottiglie o gli involucri esplosivi o incendiari». Ciò classifica i gas CS come armi da guerra di terza categoria, ossia «armi chimiche»; infatti, la vigente regolamentazione in materia include in questa categoria tutti i gas, i liquidi e i solidi, che, diffusi nell'area, in acqua o sul terreno, producono negli esseri viventi lesioni di varia natura, tali da inficiare, permanentemente, la salute dell'organismo umano. Tali sostanze si suddividono in asfissianti (cloro, bromo, perossido di azoto), tossiche (acido cianidrico), vescicatorie (iprite), nervine, irritanti (cloroacetofenone), come i gas usati per i lacrimogeni;

il segretario generale della Silp CGIL, Claudio Giardullo, in una intervista a Rai News 24 del 22 luglio 2011 ha ribadito, ricordando gli episodi del G8 del 2001, i disordini durante le manifestazioni studentesche a Roma, i recenti scontri in Val di Susa con i manifestanti No Tav, la pericolosità dell'impiego dei gas CS anche per la salute degli stessi agenti di polizia. Rimarcando il concetto insito nel principio di prevenzione, ha auspicato l'adozione di una politica di condotta cautelativa per quanto riguarda la gestione di una questione così controversa, nonché l'adozione, anche in virtù dei progressi scientifici e della ricerca, di altri sistemi alternativi all'uso del gas CS;

diversi studi scientifici e universitari, nazionali e internazionali, inchieste e testimonianze dirette denunciano da decenni l'impatto devastante di questo composto per la salute pubblica -:

se i Ministri interrogati non ritengano necessario e doveroso adottare tutte le misure necessarie a garantire che, per il mantenimento dell'ordine pubblico, non siano impiegate sostanze tossiche e nocive per la salute, sia degli agenti, che dei cittadini, a partire dalla messa al bando immediata del gas CS;

se non ritengano necessario che gli agenti di polizia siano adeguatamente equipaggiati ed addestrati all'utilizzo di tecniche non letali per il controllo della folla e che siano soggetti a rigide norme sull'uso di tali tecniche e ad un rigoroso sistema di individuazione delle responsabilità;

se non ritengano indispensabile intraprendere la revisione e, dove necessario, la modifica di tutti i regolamenti e delle modalità di addestramento sull'uso dei gas lacrimogeni per le forze dell'ordine, in modo da garantire chiarezza e conformità con gli standard internazionali minimi e al fine di tutelare, nella misura più ampia possibile, la vita, l'integrità fisica e la sicurezza delle persone.
(4-12970)

Atto Camera Interpellanza 2-01174 presentata da AMALIA SCHIRRU lunedì 1 agosto 2011, seduta n.510


Atto Camera

Interpellanza 2-01174
presentata da
AMALIA SCHIRRU
lunedì 1 agosto 2011, seduta n.510

La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:

l'Italia ha ratificato la convenzione sulla proibizione delle armi chimiche nel 1995 con la legge n. 496, poi modificata ed integrata dalla legge 4 aprile 1997, n. 93. Le due leggi hanno identificato nel Ministero degli affari esteri l'autorità nazionale tenuta a sovrintendere e coordinare le complesse misure per l'applicazione della convenzione e del trattato sul territorio nazionale;

i gas lacrimogeni sono usati dalle forze di polizia di tutto il mondo per controllare manifestazioni di violenza collettiva (o per reprimere e disperdere manifestazioni di protesta non autorizzate): per questo scopo si usano sotto forma di candelotti lacrimogeni;

fra le molte sostanze lacrimogene impiegate, le più usate sono tre: orto-cloro-benzal malonitrile (gas CS), dibenzen(b,f)-1,4-ossiazepina (gas CR), cloroacetofenone (gas CN);

dal nome dei chimici Carson e Stoughton che lo sintetizzarono, il gas CS bandito dal protocollo di Ginevra del 1925 come «arma chimica» paradossalmente fa parte degli strumenti per il controllo delle masse in base alla Convenzione del 1993;

dal 1928, anno in cui fu sintetizzato dai due ricercatori, questo composto chimico è stato adottato come ingrediente dei candelotti lacrimogeni da diverse forze di polizia: negli Stati Uniti, in Palestina, in Perù, in Malaysia e in Italia; massicciamente, lo si ricorda, nel 2001 al G8 di Genova, dove furono sparati oltre seimila candelotti nella due giorni di guerriglia che infuriò nel capoluogo ligure;

il libro La sindrome di Genova (Fratelli Prilli Editori, 141 pagine) ricorda come, da quella vicenda, nacque una vera e propria campagna, approdata in Parlamento e nelle aule di giustizia, per evitare che il gas CS continui ad essere un'arma di ordine di pubblico. Secondo quanto sostenne anche il senatore Martone ormai 10 anni fa, il CS è esplicitamente un'arma da guerra come dimostra il fatto che le voci di export della ditta produttrice, la Simad spa, rientrano nell'obbligo di denuncia al Parlamento, regolato dalla legge n. 185 del 1990 (da la Nuova Sardegna del 9 novembre 2002, «A Genova guerra chimica» di Emanuele Giordana);

nel rapporto di Amnesty International «Durante e dopo il summit G8, Genova, luglio 2001 (aggiornamento del documento EUR 01/002/2002)» si legge: «Nel giugno 2002 circa 10 dimostranti hanno sporto formale denuncia, accompagnata da referti medici, affermando di soffrire effetti a lungo termine (danni a polmoni, gola ed epidermide) a causa dell'esposizione al gas CS. Amnesty International ritiene che una revisione indipendente dell'impiego di agenti chimici da parte delle forze dell'ordine deve consentire l'introduzione, laddove appropriato, di rigorose linee guida regolanti l'uso di tali metodi, nonché di idonei strumenti di controllo per mantenerle aggiornate e garantirne l'osservanza»;

il gas CS fa parte dell'equipaggiamento delle forze di polizia italiane dal 1991, con il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 1991, n. 359, (regolamento che stabilisce i criteri per la determinazione dell'armamento in dotazione all'amministrazione della pubblica sicurezza e al personale della polizia di Stato che espleta funzioni di polizia), il quale all'articolo 12, comma 2, recita: «gli artifici sfollagente si distinguono in artifici per lancio a mano e artifici per lancio con idoneo dispositivo o con arma lunga. Entrambi sono costituiti da un involucro contenente una miscela di CS o agenti similari, ad effetto neutralizzante reversibile»;

in base alla legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), articolo 1, si stabilisce che «Agli effetti delle leggi penali, di quelle di pubblica sicurezza e delle altre disposizioni legislative o regolamentari in materia sono armi da guerra le armi di ogni specie che, per la loro spiccata potenzialità di offesa, sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l'impiego bellico, nonché le bombe di qualsiasi tipo o parti di esse, gli aggressivi chimici, i congegni bellici micidiali di qualunque natura, le bottiglie o gli involucri esplosivi o incendiari.». Ciò classifica i gas CS come armi da guerra di terza categoria, ossia «armi chimiche»; infatti, la vigente regolamentazione in materia include in questa categoria tutti i gas, i liquidi e i solidi, che, diffusi nell'area, in acqua o sul terreno, producono negli esseri viventi lesioni di varia natura, tali da inficiare, permanentemente, la salute dell'organismo umano. Tali sostanze si suddividono in asfissianti (cloro, bromo, perossido di azoto), tossiche (acido cianidrico), vescicatorie (iprite), nervine, irritanti (cloroacetofenone), come i gas usati per i lacrimogeni;

il segretario generale della Silp CGIL, Claudio Giardullo, in una intervista a Rai News 24 del 22 luglio 2011 ha ribadito, ricordando gli episodi del G8 del 2001, i disordini durante le manifestazioni studentesche a Roma, i recenti scontri in Val di Susa con i manifestanti No Tav, la pericolosità dell'impiego dei gas CS anche per la salute degli stessi agenti di polizia. Rimarcando il concetto insito nel principio di prevenzione, ha auspicato l'adozione di una politica di condotta cautelativa per quanto riguarda la gestione di una questione così controversa, nonché l'adozione, anche in virtù dei progressi scientifici e della ricerca, di altri sistemi alternativi all'uso del gas CS;

diversi studi scientifici e universitari, nazionali e internazionali, inchieste e testimonianze dirette denunciano da decenni l'impatto devastante di questo composto per la salute pubblica -:

se i Ministri interpellati non ritengano necessario e doveroso adottare tutte le iniziative necessarie a garantire che, per il mantenimento dell'ordine pubblico, non siano impiegate sostanze tossiche e nocive per la salute dei cittadini e degli stessi agenti, a partire dalla messa al bando immediata del gas CS;

se non ritengano di assumere iniziative affinché gli agenti di polizia siano adeguatamente equipaggiati ed addestrati all'utilizzo di tecniche non letali per il controllo della folla e siano soggetti a rigide norme sull'uso di tali tecniche e ad un rigoroso sistema di individuazione delle responsabilità;

se non ritengano indispensabile intraprendere la revisione di tutti i regolamenti e delle modalità di addestramento sull'uso dei gas lacrimogeni per le forze dell'ordine, in modo da garantire chiarezza e conformità con gli standard internazionali minimi e al fine di tutelare, nella misura più ampia possibile, la vita, l'integrità fisica e la sicurezza delle persone.

(2-01174) «Schirru».