Translate

giovedì 26 maggio 2011

Cassazione: immigrazione Sì alla sanatoria degli irregolari renitenti all'espulsione

>Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 18586/11; depositata l'11 maggio)
(Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza n. 8/11; depositata il 10 maggio)Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-04-2011) 11-05-2011, n. 18586Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1.   -  Con sentenza, deliberata il 22 maggio 2009 e depositata il  21 luglio 2009, la Corte di appello di Perugia ha confermato la sentenza del  Tribunale  ordinario di quella stessa sede, 26 luglio  2005,  di condanna alla pena della reclusione in mesi sei, a carico di      M.      S. e di                G.T., imputati del delitto previsto  e punito  dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter,  per non aver ottemperato i decreti di allontanamento dal territorio dello Stato  emessi  dal Questore di Perugia il 19 aprile  2005,  essendosi trattenuti in Italia fino al 21 luglio 2005.
La  Corte  territoriale ha motivato, in relazione  alle censure  degli appellanti: le prospettate difficoltà economiche dei giudicabili non costituiscono  giustificato motivo di inadempimento  dell'ordine  del Questore,   laddove  l'assunto  non  è  dimostrato  e  laddove   gli appellanti  neppure  hanno  presentato  richiesta  di  ammissione  al patrocinio a spese dello Stato; è irrilevante la circostanza  che  i provvedimenti  della  Autorità amministrativa fossero  passibili  di impugnazione,  in quanto i decreti sono esecutivi; la pena  è  stata contenuta  nel minimo edittale, con la massima riduzioni e consentita dalle elargite attenuanti generiche.
2.  -  Ricorrono per Cassazione entrambi gli imputati, col  ministero del  difensore  di  ufficio,  avvocata Silvia  Egidi,  mediante  atto recante  la data del 19 ottobre 2009, depositato il 20 ottobre  2009, col quale sviluppano quattro motivi.
2.1  -  Col  primo  motivo  il difensore dichiara  promiscuamente  di denunziare, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c)  ed e),  inosservanza  ed  erronea applicazione della  legge  penale,  in relazione  al  D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma  5  ter, inosservanza di norme processuali, in relazione all'art. 192  c.p.p.,  nonchè  mancanza,  contraddittorietà e manifesta illogicità  della motivazione, censurando l'omesso esame delle "questioni  inerenti  il diritto intertemporale", proposte col gravame con riferimento al D.L. n. 241 del 2004. 2.2  -  Col  secondo  motivo il difensore, ai sensi  delle  succitate lettere  dell'art.  606  c.p.p.,   osserva  che  i  provvedimenti  del Questore di Perugia "non avevano l'autorità di cosa giudicata". 2.3  -  Col  terzo  motivo  il  difensore   ripropone  la  tesi  della ricorrenza   del   giustificato  motivo,
facendo  riferimento   alle "precarie  attività  lavorative" dei ricorrenti,  alla  mancanza  di disponibilità economiche, alle disagiate  condizioni;  e  obiettando, in  relazione  al rilievo della Corte territoriale circa  la  mancata richiesta del patrocinio a spese dello Stato, che i giudicabili erano assistiti  (non  - come opina la Corte di  appello - da  difensore  di fiducia, bensì) da legale nominato di ufficio.
2.4  -  Col  quarto  motivo il difensore dichiara  promiscuamente  di denunziare, ai sensi dell'art. 606 c.p.p.,  comma 1, lett. b)  ed  e), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in relazione agli  artt.  62 bis, 63, 118, 132 e 133 c.p. e  D.Lgs.  n.  25  luglio 1998,   n.   286,   art.   14,   comma  5  ter,   nonchè   mancanza, contraddittorietà  e  manifesta  illogicità  della  motivazione  in ordine  al  trattamento sanzionatorio del quale la Corte  - secondo  i ricorrenti - non avrebbe dato conto.
3.  -  Il  ricorso  è  infondato, in quanto  non  ricorrono  nè  la denunziate  violazioni di legge (alla stregua del diritto vigente  al momento  della deliberazione della sentenza), nè vizio alcuno  della motivazione,   rilevante  nella  sede  del  presente    scrutinio   di legittimità. 4.  - Tuttavia, successivamente alla proposizione del ricorso, il  25 dicembre  2010, essendo infruttuosamente spiratoci giorno precedente) il  termine stabilito per l'attuazione e/o per il recepimento,  hanno acquisito  efficacia diretta  nell'ordinamento giuridico  interno  gli artt.  15 e 16 della direttiva  del Parlamento europeo e del Consiglio 16  dicembre  2008,  2008/115/CE, recante norme  e  procedure  comuni applicabili  negli  Stati membri al rimpatrio di cittadini  di  paesi terzi  il  cui soggiorno è irregolare. E, in proposito,  è,  testè sopravvenuto  il recentissimo arresto della
Corte di giustizia  della Unione  europea, Sezione 1, 28 aprile 2001, nel procedimento  C-61/11 PPU,  sulla pregiudiziale interpretativa circa le disposizioni  della suddetta  direttiva, in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998,  n.  286, art. 14, comma 5 ter.
La  Corte  della  Unione ha stabilito: "La direttiva  del  Parlamento europeo  e  del Consiglio 16 dicembre 2008, etc..., in particolare  i suoi  artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad  una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l'irrogazione della  pena  della reclusione  al  cittadino  di un paese terzo  il  cui  soggiorno  sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo".
E,  conseguentemente, ha affermato che ai giudici penali degli  Stati della Unione spetta "disapplicare ogni disposizione del D.Lgs. n. 286 del  1998  contraria al risultato della direttiva 2008/115",  tenendo anche   "debito   conto  del  principio  della   applicazione   della retroattiva della legge più mite il quale fa parte delle  tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri" (p. 61).
La  Corte  di  Kirchberg ha motivato: "gli Stati membri  non  possono introdurre, al fine di ovviare all'insuccesso delle  misure coercitive adottate  per  procedere  all'allontanamento  coattivo  conformemente all'art. 8, n. 4, di detta direttiva, una pena detentiva, come quella prevista  al  D.Lgs.  n. 286 del 1998, art. 14,  comma  5  ter,  solo perchè  un  cittadino  di un paese terzo,  dopo  che  gli  è   stato notificato un ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro  e che  il  termine  impartito con tale ordine è  scaduto,  permane  in maniera  irregolare nel territorio nazionale" (p. 58), in  quanto  la pena  detentiva  "segnatamente  in ragione  delle  sue  condizioni  e modalità  di applicazione, rischia di compromettere la realizzazione dell'obiettivo  perseguito da detta direttiva, ossia  l'instaurazione di  una  politica  efficace  di allontanamento  e  di
rimpatrio  dei cittadini   di   paesi  terzi  il  cui  soggiorno  sia   irregolare", ostacolando  l'applicazione delle misure di cui  all'art.  8,  n.  1, della   direttiva  2008/115  e  ritardar(dando)  l'esecuzione    della decisione di rimpatrio" (p. 59).
4.3  -  Il  principio di diritto stabilito dal Giudice  della  Unione implica la disapplicazione della norma incriminatrice, contestata  al giudicabile   nel   presente  giudizio  e,  per   l'effetto,   impone l'annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata colla  formula più  favorevole per i giudicabili "perche il fatto non  è  previsto dalla legge come reato".
Si  tratta, infatti, della formula che, secondo un arresto di  questa Corte  suprema,  si  attaglia  al caso della  inapplicabilità  della disposizione  penale  per  effetto  della  incompatibilità  con   la "normativa  comunitaria", stabilita dalla Corte  di  giustizia  della Unione europea (Sez. 7, 6 marzo 2008, n. 21579, Boujlaib, massima  n. 239960).P.Q.M.
Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Nessun commento: