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domenica 13 gennaio 2013

TAR:"Il ricorrente chiede l'annullamento degli atti indicati in epigrafe nonché l'accertamento in suo favore del diritto alla percezione dell'indennità supplementare di comando"

T.A.R. Lombardia (Lpd) Sez. III, Sent., 29-12-2012, n. 3287
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Il ricorrente chiede l'annullamento degli atti indicati in epigrafe nonché l'accertamento in suo favore del diritto alla percezione dell'indennità supplementare di comando di cui all'art. 10, comma 2, della L. n. 78 del 1983, con conseguente condanna dell'amministrazione al pagamento delle relative somme e alla restituzione degli importi già recuperati dall'amministrazione medesima.
Si è costituito in giudizio il Ministero resistente, eccependo l'infondatezza delle impugnazioni proposte e chiedendone il rigetto.
All'udienza del 12 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso proposto non merita condivisione.
Sulla questione va osservato che: a) la c.d. indennità supplementare di comando è contemplata dall'art. 10, comma 1, della L. 23 marzo 1983, n. 78, ove si stabilisce che "agli ufficiali e sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica quando in comando di singole unità o gruppi di unità navali spetta, per il periodo di percezione dell'indennità di cui all'art.4, un'indennità supplementare mensile di comando navale nella misura del 30 per cento dell'indennità di impiego operativo stabilita in relazione al grado e all'anzianità di servizio dall'annessa tabella I, escluse le maggiorazioni indicate alle note a) e b) della predetta tabella".
Lo stesso articolo, al secondo comma, stabilisce che la predetta indennità spetta "agli ufficiali e sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica titolari di comando che abbiano funzioni e responsabilità corrispondenti".
Per questi ultimi, la disposizione in parola prevede che i destinatari della predetta indennità "saranno determinati, su proposta del Capo di Stato Maggiore della Difesa con decreto del Ministro della Difesa di concerto con il Ministro del Tesoro"; b) la giurisprudenza ha più volte precisato che il diritto all'indennità non deriva direttamente dalla legge, ma presuppone l'individuazione dei militari titolari di comando, che deve avvenire a mezzo di determinazione amministrativa, avente la veste formale di decreto ministeriale (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 23 settembre 2008, n. 4608; Consiglio di Stato, sez. IV, 12 luglio 2007, n. 3971); c) con decreto ministeriale, di concerto con il Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, datato 23 aprile 2001, il Ministero della Difesa ha proceduto ai sensi del citato art. 10, comma 2, ad indicare, con la relativa elencazione, i titolari dei comandi ritenuti destinatari dell'indennità de qua; d) il provvedimento - D.I. datato 23 aprile 2001 - recante l'individuazione dei titolari di comando destinatari dell'indennità per cui è causa ha valore costitutivo e non meramente ricognitivo, perché individua il presupposto soggettivo necessario per la costituzione del diritto alla percezione dell'indennità; e) in altre parole, l'individuazione dei soggetti di cui al secondo comma dell'art. 10 della L. n. 78 del 1983, che espletano funzioni di comando, costituisce un presupposto indefettibile ai fini del riconoscimento dell'indennità rivendicata dal ricorrente non discendendo tale diritto direttamente dalla legge, ma richiedendo uno specifico atto di normazione secondaria, che si esplica mediante un provvedimento amministrativo di natura costitutiva e non meramente ricognitiva, nei cui confronti il singolo vanta una posizione di interesse legittimo. Ne consegue che l'atto di concerto integra un passaggio indefettibile per rendere operativa la previsione normativa primaria; f) l'attività posta in essere dal Ministero è di natura tecnico - discrezionale e gli incarichi vengono individuati in modo tassativo con la predisposizione di apposite tabelle organiche ed ordinative, le quali, per individuare i diversi livelli di comando, tengono debitamente conto della natura delle responsabilità ad essi connesse; tutto ciò è avvenuto con l'elenco, di carattere tassativo, degli enti e degli incarichi destinatari dell'indennità di comando di cui al decreto del 23 aprile 2001; g) ne consegue che l'elenco dei destinatari dell'indennità fissato con il d.m. citato non può "estendersi" ad altre situazioni come quelle rappresentate dagli appellanti, stante il carattere tassativo dei destinatari in questione, senza che possano venire in rilevo posizioni omologhe suscettibili di provocare un ingiustificata situazione di disparità, atteso che diversamente opinando si verificherebbe un'inammissibile sostituzione del giudice amministrativo alla pubblica amministrazione.
Dal complessivo quadro normativo ed interpretativo ora sinteticamente richiamato discende che l'individuazione degli ufficiali e sottufficiali che espletano funzioni di comando, presupposto indefettibile ai fini della corresponsione dell'indennità supplementare di comando di cui all'art. 10 comma 2, della L. 23 marzo 1983, n. 78, non discende direttamente dalla suddetta legge, ma implica l'intervento di un provvedimento amministrativo di natura costitutiva e non meramente ricognitiva, qual è il D.I. del 23 aprile 2001.
Pertanto, il giudice amministrativo non può sostituirsi all'amministrazione, procedendo direttamente all'individuazione predetta, perché l'individuazione delle funzioni di comando cui connettere l'attribuzione dell' indennità richiede un provvedimento amministrativo, così che il decreto interministeriale attuativo rappresenta un passaggio obbligato per rendere operativa la previsione normativa primaria ( in argomento si vedano: Consiglio di Stato, sez. IV, 12 giugno 2012, n. 3451; Consiglio di Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 610; T.A.R. Napoli Campania, sez. VII, 03 novembre 2010, n. 22292; T.a.r. Lombardia, Brescia, sez. I, 25 marzo 2008, n. 329; T.A.R. (Lpd) Lombardia, sez. III, 05 luglio 2010, n. 2706).
Nel caso di specie, il ricorrente pretende l'attribuzione dell'indennità in qualità di Ufficiale titolare dell'incarico di "Capo dei Servizi Generali" del Centro Ospedaliero di (Lpd).
Nondimeno, l'incarico di Capo dei Servizi Generali di cui si tratta non è compreso tra quelli che, in base al decreto interministeriale del 23 aprile 2001, danno diritto all'indennità.
Né la spettanza del beneficio può desumersi dalle circolari ministeriali richiamate dal ricorrente.
Invero, il Capo dei Servizi Generali presso il Centro Ospedaliero di (Lpd) non è contemplato dalla circolare datata 5.12.2003 che pure ha precisato le locuzioni contenute nell'elenco dei titolari dell'indennità supplementare di comando dell'Esercito di cui al decreto interministeriale 23 aprile 2001
Neppure la circolare datata 1 luglio 2004 (doc 12 di parte ricorrente) consente di addivenire al risultato preteso.
La circolare ora richiamata individua gli incarichi dell'esercito nominativamente corrispondenti a quelli di Marina e aeronautica in possesso dei requisiti per l'attribuzione dell'indennità a parità del livello ordinativo previsto per le altre forze armate, ma nell'individuare le corrispondenze (allegati B e C ) non considera l'incarico di cui si tratta.
Il ricorrente asserisce che l'incarico di Capo dei Servizi Generali sarebbe equiparabile a quello di "Comandante di Battaglione/Gruppo/Gruppo Squadroni", incarichi tutti considerati dalle diverse circolari adottate per la definizione delle equipollenze, ma senza la riconduzione in essi dell'incarico rivestito dal ricorrente.
Si tratta di una tesi che non può essere condivisa in quanto l'individuazione degli incarichi cui si correla l'attribuzione dell'indennità, anche secondo il criterio della corrispondenza nominativa e funzionale tra incarichi rilevanti nell'ambito delle diverse forze armate, presuppone una specifica valutazione tecnica, riservata all'amministrazione, sulla base dei contenuti del citato decreto interministeriale, che non è stato oggetto di impugnazione.
Viceversa, resta preclusa l'effettuazione della relativa determinazione direttamente da parte del giudice, poiché l'indennità di cui si tratta non è di diretta fonte legale, ma presuppone, in base alla legge di riferimento, l'intervento di uno specifico provvedimento costitutivo.
Ne deriva l'infondatezza della domanda volta ad ottenere l'accertamento del diritto del ricorrente alla corresponsione dell'indennità, nonché la conseguente condanna dell'amministrazione resistente.
Deve essere respinta anche la domanda con la quale il ricorrente, invocando il proprio stato di buona fede, chiede la restituzione delle somme ripetute dall'amministrazione perché indebitamente percepite a titolo di indennità dal ricorrente medesimo.
Sul punto il Tribunale condivide la più recente giurisprudenza, che in tema di presupposti per la ripetizione degli indebiti pagamenti effettuati dall'amministrazione ai propri dipendenti ha precisato che è legittimo il recupero delle somme effettuato anche in presenza di buona fede del percipiente, atteso che il recupero integra un atto dovuto non rinunziabile, espressione di una funzione pubblica vincolata.
In altre parole, in capo all'Amministrazione che abbia effettuato un pagamento indebitamente dovuto ad un proprio dipendente si riconosce una posizione soggettiva che deve essere qualificata come di diritto soggettivo alla restituzione, alla quale si contrappone, avendo gli atti che si riferiscono ad un credito derivante da un rapporto di impiego natura paritetica e non autoritativa, una correlativa obbligazione del dipendente; qualora l'Amministrazione intenda recuperare le somme indebitamente corrisposte, non deve annullare l'atto di corresponsione delle stesse in quanto l'indebito si configura coma tale per l'obiettivo contrasto con una norma, con la conseguenza che non vi è obbligo di motivare circa l'interesse pubblico che induce ad effettuare il recupero patrimoniale (cfr. tra le tante Consiglio di Stato, sez. IV, 20 settembre 2012, n. 5043; Consiglio di Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2704; T.A.R. Napoli Campania, sez. V, 13 giugno 2012, n. 2804)
Resta fermo che la buona fede del percettore rileva ai fini delle modalità con cui il recupero deve essere effettuato, in modo cioè da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente.
Nel caso di specie, le modalità del recupero sono del tutto coerenti con i principi ora visti, atteso che la ripetizione avviene nei limiti di un quinto dello stipendio e, comunque, l'interessato non ha dedotto situazioni tali da configurare il recupero disposto come contrastante con il canone della buna fede.
In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Nondimeno, la peculiarità della fattispecie e la considerazione della buona fede del ricorrente in sede di percezione dell'indennità consentono di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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