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lunedì 1 aprile 2013

Dipendenti pubblici ammessi al dottorato di ricerca in congedo straordinario solo se i corsi sono italiani


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5637 del 2010, proposto da:
G. L. B. , rappresentato e difeso dall'avv. Ugo Sgueglia, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Ottorino
Lazzarini 19;
contro
Ministero degli Affari Esteri, Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Istruzione, dell' Universita' e della Ricerca;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 00850/2010, resa tra le parti, concernente DINIEGO
COLLOCAMENTO IN CONGEDO STRAORDINARIO PER MOTIVI DI STUDIO.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero degli Affari Esteri e di Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento per la Funzione Pubblica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2013 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati
Ugo Sgueglia (che deposita una nota) e dall'avvocato dello Stato Alessandra Bruni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il dr. G. L. B. , all’epoca funzionario del Ministero degli Esteri con la qualifica di Consigliere di Legazione, con
domanda del 2 agosto 2002 chiedeva all’Amministrazione di appartenenza il congedo straordinario per motivi di studio
ai sensi dell’art.2 della legge n.476 del 13/8/1984 per frequentare un corso di dottorato di ricerca in storia economica
presso l’Università di Glasgow.
Il Ministero degli Affari Esteri con provvedimento del 16 settembre 2002 negava il chiesto beneficio, non sussistendo
ad avviso dell’Amministrazione i presupposti richiesti per il relativo riconoscimento e tale negativa determinazione
veniva impugnata dall’interessato innanzi al Tar del Lazio che con ordinanza n.5894/2002 concedeva la chiesta tutela
cautelare, venendo tale ordinanza confermata da questo Consiglio di Stato con ordinanza n.953/2003.
Intanto il predetto funzionario frequentava il corso il dottorato di ricerca in Law ( PhD) presso l’Università di Warwick,
sempre in Gran Bretagna.
Successivamente il M.A.E comunicava di avere, per errore, accreditato dal 1 gennaio 2006 al successivo 31 ottobre gli
emolumenti mensili sospesi a seguito del collocamento in congedo senza assegni con decorrenza 17/10/2002 per la
durata del corso di studi , preannunciando la loro ripetizione con relativo versamento entro fine anno.
L’interessato ha proposto un primo atto di motivi aggiunti avverso tali determinazioni, deducendone la illegittimità in
quanto trattandosi di dottorato di ricerca senza borsa di studio sussiste il diritto a percepire il trattamento economico ,
previdenziale e di quiescenza a carico dell’Amministrazione di appartenenza, con conseguente richiesta di
riconoscimento del diritto a percepire l’intero trattamento economico spettante gli per il periodo dal 17 ottobre 2002 al
febbraio 2006 detratto l’importo già corrisposto per il periodo dal 1 gennaio 2006 al 31 ottobre 2006, oltre gli interessi
legali.
Con un secondo atto di motivi aggiunti il dr. L. B. contestava la legittimità delle trattenute mensili sullo stipendio
operate, a suo dire, illegittimamente dall’Amministrazione e chiedeva altresì il risarcimento dei danni subiti e subendi in
ragione delle assunte( illegittime ) determinazioni .
L’adito Tribunale amministrativo pronunciando in sede di giudizio di merito su detti gravami, con sentenza n. 850/2010
rigettava il ricorso introduttivo e il primo atto di motivi aggiunti, mentre dichiarava inammissibili i secondi motivi
aggiunti.
Il L. B. ha proposto appello avverso tale decisum, sostenendo con un unico, articolato motivo la erroneità delle
statuizioni rese dal Tar per le ragioni di seguito riassunte:
a) la previsione di cui all’art.2 della legge n.476/1984 che consente il collocamento in congedo straordinario per motivi
di studio deve ritenersi applicabile anche ai casi, come quello all’esame, di frequenza di dottorati di ricerca istituiti
presso Università estere, attesa la parificazione tra il Phd previsto dall’ordinamento britannico con il dottorato di ricerca
dell’ordinamento italiano, senza che debba intervenire il preventivo riconoscimento del titolo di studio da conseguire
all’estero;
b) in conseguenza delle precedenti considerazioni, sono da ritenersi illegittimi i provvedimenti (impugnati con i primi
motivi aggiunti) che dispongono il recupero delle somme accreditate per il dr. L. B. dal gennaio all’ottobre del 2006,
giacchè, trattandosi di dottorato di ricerca senza borsa di studio , l’interessato in aspettativa conserva il trattamento
economico previdenziale e di quiescenza in godimento ;
c)erronea deve ritenersi la dichiarazione di inammissibilità dei secondi motivi aggiunti formulata dal Tar per violazione
del principio di conservazione degli atti processuali.
Si costituita in giudizio, per resistere, l’intimato Ministero degli Affari Esteri.
La parti hanno poi ulteriormente illustrato le loro ragioni con apposite memorie difensive.
All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata per la decisione
DIRITTO
L’appello è infondato.
L’oggetto della controversia all’esame consiste nell’accertare la legittimità o meno del diniego opposto
dall’Amministrazione di appartenenza (il Ministero degli Affari Esteri) alla richiesta di suo dipendente ( il dr. L. B. ,
Consigliere di Legazione) di essere collocato in congedo straordinario per motivi di studio, ai sensi dell’art.2 della legge
n.476 del 123 agosto1984 in relazione alla frequenza , per la sua intera durata, di un corso per conseguire il dottorato di
ricerca in Law ( PhD) presso l’Università di Warwick, in Inghilterra.
Ritiene il Collegio che alla questione giuridica sollevata dall’appellante in ordine all’opposto diniego debba darsi una
soluzione in senso non favorevole alla prospettazione difensiva fatta valere dal dr L. B. , conformemente alle
osservazioni e prese conclusioni del primo giudice.
Alla determinazione negativamente assunta il MAE è pervenuto, come pure specificato da detta Amministrazione, in
base alle risultanze della compiuta istruttoria sulla scorta delle quali il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e
il Dipartimento della Funzione Pubblica hanno precisato che la disposizione legislativa invocata dall’interessato, l’art.2
della legge n.476/84, si applica nei confronti di coloro che frequentano dottorati di ricerca istituiti sul territorio italiano,
senza che si possa estendere alle ipotesi di corso di dottorato frequentato all’estero.
Ciò detto, appare indispensabile ricostruire il quadro normativo di riferimento.
La norma di cui si discute ( art.2 legge n.476/84) dispone espressamente che “il pubblico dipendente ammesso ai corsi
di dottorato di ricerca è collocato a domanda , compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione, in congedo
straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata del corso ed usufruisce della borsa di studio ove
ricorrano le condizioni richieste; in caso di ammissioni a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio o di rinuncia
a questa , l’interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da
parte da parte dell’amministrazione pubblica”.
Tale disposto è stato per il vero, secondo un orientamento esegetico dal quale non si ha motivo di discostarsi ,
interpretato nel senso che è indirizzato ad operare unicamente per i corsi di dottorato istituiti presso le università italiane
( Cons. Stato Sez. VI 2 ottobre 2007 n. 5066 ) .
Tale assunto è del tutto coerente con la normativa recata dal DPR 11 luglio 1980 n.382 in tema di riordino della
docenza universitaria e segnatamente con l’art.74 disciplinante “ riconoscimenti ed equipollenze”.
Recita dunque tale ultima norma: “ Coloro che abbiano conseguito presso università non italiane il titolo di dottore di
ricerca o analoga qualificazione accademica possono chiederne il riconoscimento con domanda diretta al Ministero
della pubblica istruzione . La domanda può essere corredata dai titoli attestanti le attività di ricerca e dai lavori compiuti
presso le università non italiane. L’eventuale riconoscimento è operato con decreto della pubblica istruzione su
conforme parere del Consiglio universitario nazionale…”.
Il dato normativo surriportato appare inequivoco nel prevedere che il titolo di studio conseguito presso università estere
, quanto ai suoi effetti abilitanti e quindi, quanto alla sua efficacia , deve essere subordinato ad un attività di
intermediazione del Ministero dell’Istruzione che con apposita valutazione si pronunci sull’inserimento di tale titolo nel
sistema ordinamentale dei titoli accademici validamente conseguiti nel nostro Paese.
La predetta intermediazione avviene con un procedimento, attivato con apposita domanda, volto al riconoscimento del
titolo conseguito all’estero a mezzo del quale si accerta, eventualmente, l’equipollenza o l’equiparazione a titoli
accademici conseguiti presso istituzioni universitarie italiane, senza che possa configurarsi : detto procedimento funge
da condicio sine qua non per cui in assenza di una determinazione formale di riconoscimento, non vi può essere alla
luce del regime giuridico all’uopo dettato, un automatico effetto di equipollenza tra titoli esteri e titoli italiani
Parte appellante effettua un distinguo tra titoli accademici riconosciuti e titoli accademici parificati, nel senso che il
dottorato di ricerca ( PhD ) conseguito in Inghilterra sarebbe parificato a quello istituito presso un università italiana, ma
la tesi non trova alcun aggancio normativo e/o giurisprudenziale, mentre , al contrario, le disposizioni dettate in subjecta
materia impongono il procedimento di preventivo riconoscimento per i titoli conseguiti all’estero, dovendosi escludere
sulla base del sistema normativo vigente che il dottorato conseguito all’estero equivalga automaticamente a quello
istituito e regolato in Italia.
Da ciò deriva che, non essendo intervenuto alcuna valutazione diretta a conferire ex post l’equipollenza o un atto di
previo riconoscimento per il corso di studi presso l’Università di Warwick, legittimamente il Ministero degli Affari
Esteri, stante l’impossibilità di un’applicazione di tipo estensiva della norma di cui all’art.2 della legge n.476/84 , ha
deciso di non accogliere l’istanza di collocamento in congedo straordinario avanzata dal Dr. L. B.
Parimenti esenti da vizi di legittimità si rivelano i provvedimenti consequenziali , oggetto d’impugnazione innanzi al
Tar con cui l’Amministrazione ha proceduto al recupero delle somme accreditate dal gennaio all’ottobre 2006 a titolo di
stipendio : è evidente come la non fondatezza dell’impugnativa avente ad oggetto il diniego di collocamento in congedo
straordinario comporti la non fondatezza della connessa pretesa, oggetto dei primi motivi aggiunti, volta ad ottenere per
il periodo in questione l’intero trattamento economico.
Immune da censure, infine si rivela la statuizione del primo giudice di inammissibilità dei secondi motivi aggiunti con
cui il dr. L. B. contesta le modalità di applicazione delle trattenute mensili sul suo stipendio : invero, il rimedio
giurisdizionale introdotto dalla legge n.205/ 2000 è certamente stato configurato per favorire la concentrazione in un
unico processo di più azioni connesse, ma nella specie si verte in ordine alla tutela di un diritto soggettivo , senza che vi
sia una stretta connessione con gli atti oggetto del ricorso principale.
Infine, va respinta la pretesa risarcitoria pure fatta valere in giudizio: non essendo imputabile all’Amministrazione una
condotta contra legem cui pure l’interessato lega la domanda di ristoro patrimoniale , mancano nel caso de quo gli
elementi costitutivi di una responsabilità della P.A. causativa di danno risarcibile.
Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.
Condanna la parte appellante al pagamento in favore della parte resistente delle spese e competenze del presente grado
del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 ( tremila ) oltre Iva e CPA
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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