Tar 2018: “Ciò
malgrado, la ricorrente ha dovuto attendere ben dieci anni prima di
poter partecipare al corso di formazione, prodromico alla nomina
quale vice ispettore del corpo di polizia penitenziaria”
Pubblicato il
06/06/2018
N. 06336/2018
REG.PROV.COLL.
N. 03264/2015
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima
Quater)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 3264 del 2015, integrato da motivi aggiunti,
proposto da
XXX XXX,
rappresentata e difeso dall'avvocato Sara Di Cunzolo, con domicilio
ex art.25 c.p.a. eletto presso il suo studio in Roma, via Aureliana,
63;
contro
Ministero della
Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, in
persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
per l'annullamento
CON IL RICORSO
INTRODUTTIVO:
del decreto,
adottato dal Ministero della Giustizia – Dipartimento
dell'Amministrazione Penitenziaria, in una data compresa tra quella
di pubblicazione della graduatoria finale del corso di formazione per
Vice ispettore del Corpo di Polizia Penitenziaria (15.12.2014) e
quella in cui gli allievi Vice – Ispettori del Corpo di Polizia
Penitenziaria hanno prestato giuramento (18.12.2014), con cui la
Sig.ra XXX XXX è stata nominata “Vice ispettore del Corpo di
Polizia Penitenziaria”, nella sola parte in cui stabilisce la
decorrenza degli effetti giuridici ed economici di tale nomina
presumibilmente dalla data prossima e, comunque, successiva a quella
in cui il corso di formazione per Vice ispettore del Corpo di Polizia
Penitenziaria è terminato (fine dell'anno 2014), ancorché non
conosciuto negli estremi;
di ogni altro atto
antecedente, presupposto, successivo e comunque consequenziale e/o
connesso, ancorché non conosciuto”.
NONCHÉ PER IL
RISARCIMENTO
di tutti i danni
subiti e subendi dalla ricorrente, da riconoscersi in forma specifica
e/o da individuarsi nella misura di giustizia ovvero che saranno
quantificati in corso di causa;
E CON MOTIVI
AGGIUNTI DEPOSITATI IN DATA 4/06/2015:
- del decreto,
adottato dal Ministero della Giustizia – Dipartimento
dell'Amministrazione Penitenziaria, in data 18 dicembre 2014 con cui
la Sig.ra XXX XXX è stata nominata “Vice ispettore del corpo di
Polizia Penitenziaria”, nella sola parte in cui stabilisce che la
ricorrente è immessa nel ruolo degli ispettori del Corpo di Polizia
Penitenziaria con decorrenza 18 dicembre 2014 ai sensi dell'art. 25
del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443”, depositato in
giudizio dalla parte resistente in data 18 marzo 2015;
- per quanto
occorrer possa e nei limiti di cui si dirà del bando di “concorso
pubblico a n. 448 posti di allievo Vice ispettore del Corpo di
Polizia Penitenziaria”, indetto con Decreto del Ministro di Grazia
e Giustizia in data 12.12.1996, e pubblicato sulla G.U.R.I. – 4^
Serie Speciale – n. 9 del 31.01.1997;
- nonché di ogni
altro antecedente, presupposto, successivo e comunque consequenziale
e/o connesso, ancorché non conosciuto;
E CON I MOTIVI
AGGIUNTI DEPOSITATI IL 14/03/2018:
- del P.D.G. del
03.10.2017, vistato all’Ufficio Centrale del Bilancio in data
05.12.2017 al n. 07933, notificato con nota del 13 gennaio 2018, con
il quale la ricorrente è stata promossa, e quindi nominata, alla
qualifica di “Ispettore” del Corpo di Polizia Penitenziaria con
decorrenza giuridica ed economica dal 19.12.2016.
- di ogni altro atto
antecedente, presupposto, successivo e comunque consequenziale e/o
connesso, ancorché non conosciuto”.
NONCHÉ PER IL
RISARCIMENTO
di tutti i danni
subiti e subendi dall’odierna ricorrente, da riconoscersi in forma
specifica e/o da individuarsi nella misura di giustizia ovvero che
saranno quantificati in corso di causa;
Visti il ricorso, i
motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - Dipartimento
dell'Amministrazione Penitenziaria;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2018 la dott.ssa Ines
Simona Immacolata Pisano e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso e con
i motivi aggiunti in epigrafe la Sig.ra XXX XXX, entrata a far parte
della polizia penitenziaria con la qualifica di “agente” in data
28.09.1998, espone che in seguito al superamento delle prove di cui
al “concorso pubblico a n. 448 posti di allievo vice ispettore del
Corpo di Polizia Penitenziaria”, indetto con d.m. del 12.12.1996 e
pubblicato in G.U.R.I. n.9 del 31.01.1997, ne veniva dichiarata
vincitrice con provvedimento del Capo del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria in data 9.07.2001.
Con nota prot. n.
501/F/448 del Ministero della Giustizia – Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria del 28.08.2001 la ricorrente
veniva convocata a presentarsi in data 11.10.2001 presso la Scuola di
Formazione e Aggiornamento del Personale di Parma ai fini della
frequenza, quale allievo Vice – Ispettore, del corso di formazione
tecnico – professionale di cui all’art. 25 del d.lgs. n. 443 del
1992.
Tuttavia, atteso lo
stato di gravidanza della ricorrente, sulla base dell’istanza
presentata in data 11.10.2001 prot.5072, la stessa otteneva dalla
Direzione della Scuola di Formazione e Aggiornamento del Personale di
astenersi dal lavoro ai sensi dell’art. 17, comma 2, lett a) d.
lgs. 151/2001, fino alla data del 30.10.2001. Quindi con decreto del
Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria del 30.10.2001, notificato il 6.11.2001, le veniva
comunicato che, ai sensi dell’art. 27, comma 2, d.lgs. 443/1992, le
sarebbe stato riservato “uno dei 104 posti previsti dall’assunzione
di cui sopra”.
Ciò malgrado, la
ricorrente ha dovuto attendere ben dieci anni prima di poter
partecipare al corso di formazione, prodromico alla nomina quale vice
ispettore del corpo di polizia penitenziaria: il concorso pubblico
per il conferimento di complessivi 271 posti di allievo vice
ispettore del ruolo degli ispettori del Corpo di polizia
penitenziaria, indetto in data 6 febbraio 2003 – dopo il primo
rinvio della prova preselettiva (svolta dall’11 al 29 febbraio
2004) e dopo una serie di pronunzie giurisprudenziali che acclaravano
l’illegittimità delle stesse per violazione dell’art.7 comma 3
del Bando di concorso, a seguito della rinnovazione della prova
preselettiva nel 2008 - si concludeva infatti (anche a seguiti di
ulteriori ricorsi proposti innanzi al Tar Lazio avverso le modalità
di espletamento delle prove orali) solo in data 15.12.2013,
allorquando veniva pubblicata la graduatoria degli allievi vice
ispettori, ammessi a frequentare il corso preordinato alla formazione
tecnico – professionale. Terminato il corso di formazione e
pubblicata la relativa graduatoria, analogamente agli altri vice
ispettori che hanno frequentato il medesimo corso la ricorrente
veniva quindi nominata vice ispettore del corpo di Polizia
Penitenziaria con decorrenza dalla data del giuramento (18 dicembre
2014), con notevole ritardo rispetto sia rispetto alle proprie
aspettative che ai ragionevoli tempi di durata del concorso, atteso
che la predetta è risultata vincitrice del concorso a 448 posti di
allievo ispettore della polizia penitenziaria addirittura in data
9.07.2001.
Successivamente,
espletati due anni di servizio effettivo, la ricorrente otteneva la
nomina ad Ispettore, con decorrenza dal 19.12.2016, senza che
l’amministrazione, nel determinare la decorrenza degli effetti
delle nomine, abbia in alcun modo tenuto conto della peculiare
situazione sofferta dalla sig.ra XXX, in ragione del proprio stato di
gravidanza, per essere stata ammessa a seguire il corso formativo ben
11 anni dopo.
Avverso tali
provvedimenti la ricorrente, impugnati rispettivamente con il ricorso
principale e con i motivi aggiunti, ha dedotto profili di violazione
e falsa applicazione degli artt. 23 e 41 della Carta dei diritti
fondamentali; violazione degli artt. 3,31,37, 51 e 97 Cost.;
violazione e falsa applicazione di legge (artt. 1 ss. l. n. 241/90;
d.m. 20 novembre 1995, n. 540; art. 11 d.p.r. 487/94; d.m. 21 luglio
1998, n. 297); violazione e falsa applicazione di legge (artt. 25; 27
d.lgs. 443/1992); violazione del principio di giusto procedimento;
eccesso di potere per disparità di trattamento; difetto di
presupposto; illogicità manifesta.
Inoltre, ha
formulato domanda di risarcimento del danno – sia in forma
specifica ex art. 2058 c.c. con retrodatazione della nomina
quantomeno agli effetti giuridici che per equivalente, per
inosservanza del termine di conclusione del procedimento - ai sensi
del combinato disposto degli artt. 2 bis della legge n.241/1990, d.m.
n.540/1995 e 11 d.P.R.n.487/1994, che ha costretto la ricorrente ad
attendere ben 17 anni per ottenere la nomina a Vice ispettore
rispetto ai colleghi che hanno vinto il medesimo concorso, la cui
nomina è intervenuta, dopo il corso di formazione, nell’aprile
2003.
Quale ulteriore voce
di danno, inoltre, ha chiesto la condanna dell’amministrazione al
risarcimento del danno patrimoniale per le chance di carriera perdute
in ragione del patologico ritardo nello svolgimento della procedura
concorsuale descritta, da quantificarsi in corso di causa e/o da
liquidarsi pure in via equitativa dal Giudice.
L’amministrazione
si è costituita in giudizio depositando memoria e documentazione e
nell’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso e i
motivi aggiunti non possono trovare accoglimento.
Espone la ricorrente
che, in quanto vincitrice del "concorso pubblico a n. 448 posti
di allievo vice ispettore del Corpo di Polizia Penitenziaria",
dimissionaria dal corso di formazione a causa della propria
gravidanza, una volta concluso con esito positivo il successivo corso
di formazione al quale veniva ammessa ai sensi dell’art.27, comma
2, d.lgs. 443/1992 - corso che aveva inizio solo nel novembre del
2013, all'esito della conclusione del "concorso pubblico per il
conferimento di complessivi 271 posti di allievo vice ispettore del
ruolo degli ispettori del Corpo di polizia penitenziaria”-
l’amministrazione avrebbe dovuto riconoscerle la retrodatazione
della nomina di vice-ispettore con la medesima decorrenza giuridica
attribuita a quanti risultarono vincitori della suindicata procedura
concorsuale, cioè nell’aprile 2003 e non solo in data 14 dicembre
2014.
Argomenta la
ricorrente che sarebbe illegittimo, oltre che irragionevole, non
attribuire alla lavoratrice madre, vincitrice del concorso, dimessa
dal relativo corso di formazione tecnico-professionale in ragione del
proprio stato di gravidanza, la medesima decorrenza degli effetti
della nomina riconosciuta ai colleghi di sesso maschile vincitori del
medesimo concorso ed ammessi al relativo corso formativo. Non
riconoscere tale retrodatazione comporterebbe violazione del
principio di cui all’art. 3 Cost., che vieta qualsiasi
discriminazione per ragioni connesse al sesso e con ciò, quindi,
ogni trattamento meno favorevole legato allo stato di gravidanza e
alla condizione di madre, oltre che la connessa violazione degli
artt. 31 e 37 Cost., posti a tutela della donna lavoratrice, cui sono
assegnati gli stessi diritti che spettano al lavoratore. Senza,
peraltro, considerare che neppure sarebbe rispettata l'imparzialità
dell'Amministrazione, come tutelata dall'art. 97 Cost., nei confronti
del proprio personale, il quale verrebbe nel caso di specie
illegittimamente e irragionevolmente discriminato.
Così opinando, la
dimissione dal corso di formazione cagionata dallo stato di maternità
si rifletterebbe, quindi, in un trattamento meno favorevole rispetto
ai lavoratori di sesso maschile ammessi al primo corso, giacché
questi ultimi hanno la possibilità di completare e di accedere al
ruolo, percependo la relativa retribuzione, ben prima che la loro
collega di sesso femminile, costretta, invece, ad attendere la
partenza, incerta perlomeno nel quando, del secondo corso.
Senza peraltro
tenere in conto che tale illegittimità risulterebbe ulteriormente
confermata dal fatto che l'art. 18, comma 5, d.lgs 443/92 –
riguardante il concorso per vice sovrintendente - per il caso di
concorrenti dimessi per infermità contratta durante il corso ovvero
per infermità dipendente da causa di servizio ed ammessi al primo
corso utile stabilisce espressamente che gli stessi siano promossi
"con la stessa decorrenza, ai soli effetti giuridici, attribuita
agli idonei del corso" dal quale sono stati dimessi.
Sarebbe quindi
manifestamente ingiusta e ingiustificabile la discriminazione in
peius operata dal legislatore che, nel prevedere la predetta espressa
decorrenza in favore dei concorrenti dimessi per infermità,
attribuisce maggior rilievo a tale condizione, piuttosto che a
quella, pur costituzionalmente protetta, della donna lavoratrice in
stato di gravidanza. Ciò determina una duplice discriminazione per
le donne, appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, sia
rispetto ai colleghi di sesso maschile, ma anche rispetto a coloro i
quali per infermità abbiano dovuto frequentare il successivo corso
di formazione utile: proprio il fatto che tale determinazione sia
stata specificamente prevista per il caso di infermità, ed in
considerazione della normativa che tutela le lavoratrici donne nel
periodo di maternità, è chiaro che debba darsi alla legge una
lettura costituzionalmente orientata e quindi sembra logico ed in
linea con il sistema ritenere che, in caso di maternità, la
lavoratrice donna deve dimettersi e frequenterà il corso successivo,
ma che ciononostante gli effetti dovranno essere retrodatati,
consentendo alla stessa, quantomeno a sotto il profilo giuridico, di
ottenere la medesima decorrenza dei proprio colleghi di concorso.
In via subordinata,
la ricorrente argomenta l’illegittimità degli impugnati decreti di
nomina, in quanto l’amministrazione – sulla base della previsione
di cui all'Allegato n. 5 del D.M. 20 novembre 1995, n. 540, secondo
cui il concorso del 2003 si sarebbe dovuto concludere entro il
termine massimo di 780 giorni, computati dalla fase di
predisposizione del bando a quella di pubblicazione della graduatoria
di merito e considerando anche il periodo di diciotto mesi relativo
alla frequenza del corso di formazione - con il provvedimento
impugnato avrebbe dovuto stabilire la decorrenza degli effetti della
nomina della Sig.ra XXX a decorrere dal maggio 2007 o, comunque, in
un periodo di molto antecedente rispetto a quello effettivo. E ciò a
prescindere dalla previsione di cui all'art. 15, comma 3 del bando di
concorso (presente in entrambi i bandi) secondo cui "I vincitori
del concorso sono nominati allievi vice ispettori con decreto
dell'amministrazione penitenziaria nel ruolo degli ispettori
del Corpo di Polizia
Penitenziaria e sono avviati a frequentare un corso preordinato alla
loro formazione professionale, con le modalità di cui all'art. 25
d.lgs. 443/1992 al termine del quale una volta superati gli esami
finali sono nominati vice ispettori in prova nel Corpo stesso".
Se, infatti, la
decorrenza della nomina indicata nei provvedimenti impugnati è
prevista in applicazione di un'espressa disposizione del bando di
concorso, ciò non esclude, in ossequio ai generali principi di
ragionevole durata del procedimento e di uguaglianza e par condicio,
una diversa decorrenza della nomina per le ipotesi in cui il concorso
si sia concluso con un abnorme ritardo per fatto imputabile alla
illegittima condotta tenuta dall'Amministrazione.
In via ulteriormente
subordinata, ha proposto istanza di rimessione degli atti alla Corte
Costituzionale stante l’illegittimità dell’art. 25 e 27 d.lgs.
443/1992 nella parte in cui non prevedono che gli allievi ispettori
di sesso femminile, dimessi per maternità dal relativo corso di
formazione, siano immessi nel ruolo con la medesima decorrenza
giuridica attribuita a quanti sono risultati vincitori della medesima
procedura concorsuale.
La censure dedotte
non possono trovare accoglimento.
Va premesso che la
vicenda in esame non può essere equiparata alle fattispecie, oggetto
di pronunzie giurisprudenziali favorevoli, in cui la mancata
tempestiva partecipazione al corso di formazione è imputabile ad
illegittimi provvedimenti di esclusione, poi annullati: nella
fattispecie in trattazione, infatti, infatti, il motivo per cui la
ricorrente non ha partecipato al corso rientra, indubbiamente, nella
sfera della propria disponibilità e delle scelte individuali.
Ciò detto, rileva
il Collegio che – come del resto riconosciuto dalla stessa
ricorrente nel ricorso introduttivo - non risulta, nella normativa
vigente, alcuna disposizione volta a consentire la retrodatazione
degli effetti giuridici della nomina delle allieve che abbiano dovuto
posticipare la frequenza del corso in ragione della gravidanza alla
data in cui avrebbero potuto conseguire la nomina stessa, qualora
detto evento non si fosse verificato (e cioè alla data del
giuramento e conseguente immissione in graduatoria del corso di
formazione, secondo quanto previsto dall’art.25 comma 2. D.lgs.
443/92, al quale avrebbero potuto partecipare se la gravidanza non si
fosse verificata).
In particolare, la
previsione di cui all’art. 27, comma 2, d.lgs. 443/1992, si limita
a prevedere che “Gli allievi ispettori di sesso femminile, la cui
assenza oltre novanta giorni è stata determinata da maternità, sono
ammessi a partecipare al primo corso successivo ai periodi di assenza
dal lavoro previsti dalle disposizioni sulla tutela delle lavoratrici
madri”, senza prevedere alcunchè con riguardo alla retrodatazione
del provvedimento di nomina, in maniera del tutto analoga a quanto
previsto con riferimento agli allievi di sesso maschile che si
trovino a dover interrompere il corso, secondo quanto previsto
dall’art.27 comma 1 lett. c), “ per infermità contratta durante
il corso o infermità dipendente da causa di servizio qualora si
tratti di personale proveniente da altri ruoli del Corpo di polizia
penitenziaria, nel qual caso l'allievo è ammesso a partecipare al
primo corso successivo al riconoscimento della sua idoneità”. Al
riguardo, quanto alle conseguenze giuridiche della “dimissione”
dal corso di formazione nei casi di cui all’art. 7 del decreto
legislativo 30 ottobre 1992, n.443 il Consiglio di Stato, sez.III,
sent.00498/2018 ha ritenuto – con argomentazioni ritenute
condividibili dal Collegio - che “deve escludersi che il ricorrente
possa traslare sull’amministrazione le conseguenze (..) della sua
assenza dal servizio” che di norma “avrebbe dovuto comportare,
piuttosto, l’applicazione della regola generale per cui le assenze
“per qualsiasi motivo” diverso dall’adempimento del dovere
determinano la dimissione dal corso”, tranne che nelle ipotesi in
cui l’assenza sia riconducibile alla particolarissima tipologia
delle assenze determinate “dall’adempimento di un dovere”: ne
consegue che, tanto in ipotesi di dimissioni per malattia quanto in
caso di assenza per maternità, il legislatore prevede che gli
allievi vice ispettori possano, eccezionalmente, essere ammessi a
frequentare il primo corso utile, ma non godano della retrodatazione
della nomina.
Né può applicarsi
alla fattispecie in esame la diversa disciplina dettata dal
legislatore con riferimento al concorso per vice soprintendenti,
dall’art.18 comma 5 d.lgs. 443/93 ai sensi del quale “Il
personale ammesso a ripetere il corso per infermità contratta
durante il corso ovvero per infermità dipendente da causa di
servizio viene promosso con la stessa decorrenza, ai soli effetti
giuridici attribuita agli idonei del corso dal quale è stato dimesso
e nella stessa graduatoria si colloca, nel posto che gli sarebbe
spettato qualora avesse portato a compimento il predetto corso”,
stante il consolidato orientamento giurisprudenziale circa
l’inapplicabilità delle eccezioni previste dal legislatore, in
materia di retrodazione dei provvedimenti di nomina, a casi non
previsti dalla legge (v. di recente Cons. St., sez.IV, n.1618/2018).
Né il Collegio
ritiene che in tale disciplina possano ravvisarsi manifesti profili
di violazione della Carta costituzionale o della normativa
comunitaria a tutela della par condicio e della maternità, che anzi
viene specificatamente garantita dal legislatore il quale consente –
a titolo di eccezione alla regola, analogamente a quanto riconosciuto
ai dipendenti uomini in caso di malattia intervenuta durante il corso
- agli allievi e agenti in prova di sesso femminile, la cui assenza
oltre sessanta giorni sia stata determinata da maternità, di
partecipare al primo corso di formazione utile.
Del resto, se gli
artt. 4, 31 e 35 della Costituzione fanno divieto al legislatore di
imporre limiti discriminatori alla libertà di conseguire e scegliere
un posto di lavoro e di conservarlo, e gli fanno obbligo di
sviluppare una adeguata protettiva attività assistenziale nei
riguardi della famiglia, della maternità e dell'infanzia e di
determinare modi e forme adatte alla tutela del lavoro stesso,
tuttavia non gli vietano di regolamentare i rapporti tra datori di
lavoro e lavoratori, tenendo conto dei particolari aspetti che alcuni
rapporti di lavoro vengono ad assumere di fronte ad altri, e dettare
di conseguenza, discipline diverse, dirette ad equilibrare ed
armonizzare tra loro interessi contrastanti (profili che, quanto al
diverso trattamento previsto per gli allievi vice ispettori rispetto
ai vice soprintendenti, risultano ben evidenziati nella motivazione
della sentenza del TAR Lazio, Roma, n. 7863/2009).
Per quanto rilevato,
devono conseguentemente essere respinti anche i motivi aggiunti, con
la precisazione – quanto al provvedimento di nomina alla qualifica
di “ispettore” del Corpo di polizia penitenziaria con decorrenza
19 dicembre 2016 adottata con P.D.G. 3 ottobre 2017, vistato all’UCB
il 5 dicembre 2017, al n. 7935 – che il presupposto indefettibile
di tale nomina, ai sensi del vigente art. 29 del decreto legislativo
30 ottobre 1992, n. 443, è che l’aspirante vice ispettore “abbia
compiuto almeno due anni di effettivo servizio nella qualifica oltre
il periodo di frequenza del corso di cui all’art. 28”. Trattasi
dunque di promozione mediante scrutinio per merito assoluto al quale
può essere ammesso esclusivamente il personale che abbia maturato
almeno due anni di anzianità di effettivo servizio nella qualifica
precedente. Ne consegue, quindi, anche sotto tale profilo la piena
legittimità del provvedimento impugnato con i motivi aggiunti.
Va quindi esaminata
la domanda di risarcimento del danno proposta dalla ricorrente,
configurata come danno da ritardo, ai sensi dell’art.2 bis della
legge n.241/1990.
Ed invero, il
Collegio non può che convenire con la ricorrente circa la situazione
assolutamente paradossale verificatasi nel caso in esame, in cui la
ricorrente ha dovuto attendere oltre 12 anni per poter partecipare,
dopo la gravidanza, al primo corso di formazione tecnico –
professionale per allievo vice ispettore di cui all’art. 25 del
d.lgs. n. 443 del 1992, all’esito del quale, sostenute le prove con
esito positivo, ha potuto conseguire la nomina di vice ispettore.
Tuttavia, la domanda
deve essere respinta.
Giova innanzitutto
rammentare che, quanto alle conseguenze per il ritardo
dell'amministrazione nella conclusione del procedimento, la
disposizione normativa su cui si fonda la domanda è stata modificata
per effetto dell'art. 28, comma 9, D.L. 21 giugno 2013, n. 69,
convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, con
l’introduzione del comma 1 bis ai sensi del quale “Fatto salvo
quanto previsto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di silenzio
qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del
termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il
quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di
ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le
modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un
regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400. In tal caso le somme corrisposte o da
corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento”.
Ciò, ad avviso del
Collegio, costituisce un elemento non trascurabile per ritenere che
anche con riferimento al risarcimento del danno di cui al comma 1, e
non solo quanto all’indennizzo di cui al comma 1 bis, il rispetto
del termine di conclusione del procedimento da parte
dell’amministrazione, in tale ambito, vada ponderato con
particolare attenzione, alla luce delle ormai connaturate patologie
che interessano ormai tutti i concorsi pubblici.
In ogni caso, come
anche recentemente ricordato da Cons. Stato Sez. IV, 01-08-2017, n.
3841, la domanda di risarcimento del danno da ritardo della P.A. nel
provvedere è ricondotta nella fattispecie di cui all'art. 2043 c.c.
Ciò comporta: l'ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non
possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum, quali
conseguenze automatiche e necessitate del ritardo o del silenzio
serbato dall’amministrazione nell'adozione del provvedimento
amministrativo, gravando sul danneggiato, secondo l’ordinario
criterio di riparto dell’onere della prova ( art. 2697 c.c. ) la
prova della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della
relativa domanda, sul piano oggettivo (la prova del danno e del suo
ammontare, l’ingiustizia dello stesso, il nesso causale) ed
oggettivo (il dolo o, più spesso, la colpa della P.A.).
Orbene, nel caso in
esame il Collegio ritiene di condividere le argomentazioni fornite
nell’articolata memoria dell’amministrazione, secondo cui il
ritardo nel consentire alla ricorrente la partecipazione al primo
corso di formazione “utile” non è affatto dipeso da una condotta
dolosa o colposa dell’amministrazione – essendo stata la
ricorrente effettivamente chiamata a partecipare al corso di
formazione del concorso del 2003 - bensì dalle vicende giudiziarie
che hanno caratterizzato il concorso medesimo, dettagliatamente
descritte negli atti di causa e tali non soltanto da escludere il
profilo psicologico della fattispecie ma, ancor prima, lo stesso
nesso causale, in quanto il lunghissimo lasso di tempo intervenuto
prima che potesse effettivamente svolgersi il corso in oggetto è
risultato il frutto di sfortunata concatenazione di eventi
(impugnazione delle prove preselettive; differenti orientamenti
giurisprudenziali in fase cautelare; pronunce di merito che hanno
determinato l’annullamento delle prove; decisione nel 2008
dell’amministrazione di ripetere il concorso e nuova impugnativa
della fase orale) nella quale, tuttavia – premesso che il danno di
cui trattasi è identificato nel ritardo con cui l’amministrazione
avrebbe infine reso possibile alla ricorrente la frequenza del primo
corso utile ex art.27 comma 2 d.lgs. 443/92- attesa la descritta
complessità procedimentale e fattuale che ha interessato il concorso
del 2003, non è dato rinvenire condotte dilatorie
dell’amministrazione né grave violazione delle regole di
imparzialità, correttezza e buona fede che giustifichino il
risarcimento richiesto (in tal senso anche T.A.R. Puglia Bari Sez. I,
22-03-2018, n. 419).
In conclusione,
anche la domanda risarcitoria ex art.2 bis della legge n.241/90 deve
essere respinta.
In considerazione
della particolarità della vicenda, sussistono tuttavia giusti motivi
per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater),
definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come
in epigrafe proposti, li respinge.
Respinge la domanda
di risarcimento del danno ex art.2 bis legge n.241/90.
Compensa tra le
parti le spese di lite.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma
nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2018 con l'intervento
dei magistrati:
Salvatore Mezzacapo,
Presidente
Mariangela Caminiti,
Consigliere
Ines Simona
Immacolata Pisano, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Ines Simona
Immacolata Pisano
Salvatore Mezzacapo
IL SEGRETARIO
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