Tar 2018: “per
l'annullamento previa concessione di idonea tutela cautelare e
rimessione alla Corte Costituzionale delle norme recate dal D.lgs n.
95/2017 avente ad oggetto la revisione dello stato giuridico e della
progressione in carriera delle Forze di Polizia “
Pubblicato il
29/06/2018
N. 04315/2018
REG.PROV.COLL.
N. 04099/2017
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale
Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la
presente
ORDINANZA
sul ricorso numero
di registro generale 4099 del 2017, proposto da
XXX XXX,
rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Castiello, con
domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via XXX Cerbara n. 64;
contro
Ministero della
Difesa, Comando Generale Carabinieri, Presidenza del Consiglio dei
Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Napoli,
domiciliata ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;
nei confronti
XXXX non costituiti
in giudizio;
per l'annullamento
previa concessione
di idonea tutela cautelare e rimessione alla Corte Costituzionale
delle norme recate dal D.lgs n. 95/2017 avente ad oggetto la
revisione dello stato giuridico e della progressione in carriera
delle Forze di Polizia come in seguito specificato, del provvedimento
del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale
Militare n. prot. M_D GMIL REG2017 0400789 datato 7 luglio 2017
riguardante l'iscrizione in ruolo, con il grado di Maresciallo
Maggiore del personale del ruolo Ispettori dell'Arma CC, rivestente
il grado di Maresciallo Aiutante Sostituto Ufficiale di Pubblica
Sicurezza (MASUPS), grado già rivestito dall'odierno ricorrente;
nonché per l'annullamento della nota della Direzione Generale per il
Personale Militare n. prot. M_D GMIL REG2017 0414407 datata 14 luglio
2017 con l'allegato atto n. prot. M_D GMIL REG2017 0400789 datato 7
luglio 2017 nuovamente comunicato; nonché per l'annullamento di ogni
atto presupposto, connesso e/o consequenziale, segnatamente, per
quanto possa occorrere, della circolare del Comando Generale Arma
Carabinieri n. 900006-3-2017 Str./A1-1 Pers. Mar. di prot., in data
24 giugno 2017, avente ad oggetto “Avanzamento del personale
appartenente ai ruoli Ispettori e dei Sovrintendenti dell'Arma dei
Carabinieri. Regime transitorio e aliquote di valutazione
straordinarie del 1 gennaio 2017, del 30 settembre 2017 e del 1
ottobre 2017”; nonché per l'annullamento di ogni altro
provvedimento che, in attuazione dell'anzidetta revisione dello stato
giuridico e della progressione in carriera degli appartenenti alle
Forze di Polizia, ha determinato la reformatio in pejusdello status
del MASUPS, previa rimessione alla Corte Costituzionale della
verifica di costituzionalità delle disposizioni legislative che di
tali provvedimenti costituiscono il presupposto giuridico.
Visti il ricorso e i
relativi allegati;
Visti gli atti di
costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Comando
Generale Carabinieri e di Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2018 il dott. Davide
Soricelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Il ricorrente è un
militare dell’Arma dei Carabinieri che presta servizio presso la
stazione dei Carabinieri di XXX - XXX.
Con il ricorso
all’esame egli impugna il provvedimento che lo ha reinquadrato come
maresciallo maggiore in applicazione delle disposizioni recate dal
d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (Disposizioni in materia di revisione dei
ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8, comma 1,
lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di
riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).
In pratica al
ricorrente con il provvedimento impugnato è stato attribuito il
grado di maresciallo maggiore mentre nel previgente ordinamento egli
aveva il grado di maresciallo aiutante sostituto ufficiale di
pubblica sicurezza (d’ora in poi MASUPS), cioè il grado apicale
del ruolo degli ispettori.
In estrema sintesi
con il ricorso il signor XXX contesta – come oltre sarà chiarito -
la legittimità costituzionale delle disposizioni del d.lg. n. 95 del
2017 che hanno disciplinato, in attuazione della delega per la
revisione dei ruoli delle forze di polizia conferita al Governo
dall’articolo 8, comma 1, lett. a), della legge 7 agosto 2015, n.
124, il riordino della carriera degli ispettori e il primo
inquadramento del personale già appartenente a tale ruolo.
Il Ministero della
difesa resiste al ricorso con memoria di stile.
L’avvocatura dello
Stato ha altresì depositato una relazione del II reparto della
direzione generale per il personale militare con cui in primo luogo
si sostiene l’incompetenza territoriale del T.A.R. Campania, in
quanto la controversia rientrerebbe nella competenza del T.A.R.
Lazio, sede di Roma, in forza della previsione dell’articolo 13,
comma 4-bis, c.p.a.; nel merito la relazione sostiene che la
questione di legittimità costituzione cui è affidato il ricorso
sarebbe manifestamente infondata.
Alla camera di
consiglio del 15 novembre 2017 il ricorrente ha rinunciato alla
istanza di tutela cautelare.
La trattazione del
ricorso è stata fissata alla udienza pubblica del 23 maggio 2018.
Preliminarmente il
Collegio rileva che la controversia all’esame rientra nella propria
competenza territoriale. L’oggetto della impugnazione consiste
infatti in un tipico atto plurimo cioè in un atto che contiene il
nuovo inquadramento di tutti gli ex MASUPS che, come tale, è
scindibile in tanti autonomi atti di inquadramento quanti sono i
sottufficiali reinquadrati; in sostanza non può trovare applicazione
la disposizione dell’articolo 13, comma 4-bis, c.p.a. che attrae
alla competenza del T.A.R. Lazio, Roma, l’impugnazione di atti
normativi e generali, poiché nel caso all’esame non si tratta di
atto generale – cioè di provvedimento che dispone unitariamente e
inscindibilmente nei confronti di una generalità di soggetti – ma
di atto plurimo, cioè di provvedimento scindibile in tanti
provvedimenti quanti sono i destinatari; in tal caso trovano
applicazione i criteri generali di riparto della competenza sicchè,
venendo in rilievo una controversia in materia di rapporto di impiego
pubblico, il criterio di riparto applicabile è quello della sede
presso cui il ricorrente presta servizio. Né potrebbe sostenersi che
la competenza spetterebbe al T.A.R. Lazio in quanto sono stati
impugnati anche atti generali quali la circolare indicata in
epigrafe, dato che l’atto di inquadramento costituente l’oggetto
principale della controversia, come oltre si vedrà, altro non è che
una puntuale applicazione di una disposizione di legge e in realtà
nel ricorso non è formulata alcuna censura avverso atti diversi.
Poiché il signor
XXX presta servizio in XXX – XXX (cioè in provincia di Napoli),
dunque, la competenza territoriale spetta al T.A.R. della Campania.
Ciò premesso può
passarsi al merito.
Come già accennato
con il ricorso viene dedotta unicamente una articolata questione di
legittimità costituzionale relativa alle norme di riordino e di
primo inquadramento del personale appartenente al ruolo degli
ispettori.
Al fine di meglio
comprendere la sostanza delle censure proposte dal ricorrente, è
opportuno premettere che nell’ordinamento precedente al d.lg. n. 95
del 2017 il ruolo degli ispettori dei Carabinieri comprendeva quattro
gradi (cioè quattro livelli gerarchici) e una qualifica (che non
costituisce un grado gerarchico); in pratica gli ispettori erano
inquadrati nei gradi di maresciallo, maresciallo ordinario,
maresciallo capo, maresciallo aiutante sostituto ufficiale di
pubblica sicurezza (MASUPS); ai MASUPS poteva inoltre essere
conferita la “qualifica” (che – lo si ripete - non è un grado
gerarchico) di “luogotenente”.
Il nuovo sistema
prevede (si veda l’articolo 1291 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66, come
modificato dall’articolo 15 del d.lg. n. 95 del 2017) i gradi di
maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo, maresciallo
maggiore e luogotenente; ai luogotenenti può essere attribuita la
“qualifica” di “carica speciale”; in pratica si è passati da
una carriera articolata in quattro gradi e una qualifica ad una
carriera articolata in cinque gradi e una qualifica. Sostanzialmente
il grado di MASUPS è stato soppresso e al suo posto sono stati
istituiti i gradi di maresciallo maggiore e di luogotenente (nel
sistema precedente luogotenente era infatti una “qualifica” e non
un grado).
L’articolo 1293
del d.lg. n. 66 citato ha inoltre previsto nuovi periodi minimi di
permanenza nel grado di maresciallo capo (ai fini dell’avanzamento
al grado di maresciallo maggiore) e di maresciallo maggiore (ai fini
dell’avanzamento al grado di luogotenente), fissandoli in entrambi
i casi in 8 anni.
L’articolo 2252
d.lg. n. 66 – come sostituito dall’articolo 30 d.lg. n. 95 - ha
in via transitoria stabilito che: a) i MASUPS in servizio al 1°
gennaio 2017 sono iscritti in ruolo con il grado di maresciallo
maggiore mantenendo l'anzianità di servizio e di grado; b) i
marescialli capo dell'Arma dei carabinieri iscritti nel quadro di
avanzamento al 31 dicembre 2016 e non promossi (in pratica si tratta
di marescialli capo con anzianità di grado superiore a 8 anni), in
deroga alle disposizioni sull'avanzamento del personale del ruolo
ispettori dell'Arma dei carabinieri, sono promossi nell'ordine del
proprio ruolo al grado superiore con le seguenti modalità: b1) il
primo terzo, con decorrenza 1° gennaio 2017, prendendo posto in
ruolo dopo i parigrado promossi con l'aliquota formata al 31 dicembre
2016; b2) il secondo terzo, con decorrenza 1 aprile 2017; b3) il
restante terzo, con decorrenza 1 luglio 2017.
A sua volta
l’articolo 2253-bis, pure introdotto dal d.lg. n. 95 prevede: a) al
primo comma l’automatica attribuzione del grado di luogotenente
agli ex marescialli aiutanti in possesso della ex qualifica di
luogotenente alla data del 1° gennaio 2017; a questi stessi soggetti
è poi attribuita dal primo comma dell’articolo 2253-ter la
qualifica di “carica speciale” con decorrenza 1° ottobre 2017 in
deroga al periodo minimo di permanenza, previsto “a regime” in
quattro anni dall’articolo 1325-bis, comma 1, lettera a); b) al
comma 3, l’attribuzione del grado di luogotenente ai marescialli
aiutanti iscritti nella graduatoria di merito per il conferimento
della qualifica di luogotenente del 31 dicembre 2016 e non promossi e
ai marescialli aiutanti che al 1° gennaio 2017 hanno un periodo di
permanenza minima nel grado uguale o superiore a 8 anni, previa
inclusione in un’aliquota straordinaria formata al 1° gennaio 2017
e valutazione secondo quanto previsto dall'articolo 1295-bis, comma
4.
In sostanza quindi
il ricorrente denuncia in fatto che questo complesso di norme risulta
ingiustamente penalizzante per gli ex Masups aventi alla data del 1°
gennaio 2017 un’anzianità nel grado inferiore a otto anni, dato
che tali soggetti: a) “perdono” la qualifica apicale (da essi
conseguita a suo tempo previa selezione “a scelta”); b) sono
“raggiunti” nella qualifica di maresciallo maggiore dagli ex
marescialli capo con oltre otto anni di anzianità i quali si vedono
ope legis riconosciuto il grado di maresciallo maggiore; c) sono
discriminati rispetto agli ex pari grado aventi anzianità di
servizio pari o superiore a otto anni, dato che a questi è
attribuito il grado di luogotenente (sia pure a seguito della
selezione prevista dall’articolo 2253, comma 3 citato) e, alle
condizioni previste, anche la qualifica di carica speciale. Inoltre
il nuovo articolo 1004 d.lg. n. 66 riserva ai luogotenenti e non più
ai marescialli aiutanti il diritto a conseguire a domanda, al momento
della cessazione dal servizio, la nomina a ufficiale di complemento
dell’Arma; analogamente il nuovo testo dell’articolo 1296 d.lg.
n. 66 riserva ai luogotenenti la possibilità di ottenere la
promozione a sottotenente “per meriti eccezionali e benemerenze
d’istituto” prima prevista a favore dei MASUPS.
Il ricorrente in
particolare denuncia:
a) la violazione
dell’articolo 76 C. in quanto sarebbe stato violato uno dei criteri
della legge di delegazione, cioè la necessaria considerazione,
nell’operare il riordino al fine “di razionalizzazione e
potenziamento dell’efficacia delle funzioni di polizia”, del
“merito e della professionalità”; l’articolo 8, comma 1,
lettera a) della legge 7 agosto 2015, n. 124 infatti – nel
prevedere la possibilità di modificazioni agli ordinamenti del
personale delle Forze di polizia nel contesto del riordino delle
funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del
mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore
agroalimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale
dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di
polizia - poneva tra principi e criteri direttivi “la revisione
della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di
progressione in carriera, tenendo conto del merito e delle
professionalità, nell'ottica della semplificazione delle relative
procedure, prevedendo l'eventuale unificazione, soppressione ovvero
istituzione di ruoli, gradi e qualifiche e la rideterminazione delle
relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna
Forza di polizia, in ragione delle esigenze di funzionalità e della
consistenza effettiva alla data di entrata in vigore della presente
legge”; la tesi esposta in ricorso è che il riordino non tiene in
alcun modo in conto merito e professionalità essendo in realtà
basato su automatismi legati essenzialmente all’anzianità di
servizio;
b) la violazione del
principio di ragionevolezza e degli articoli 3, 52 e 97 C.; anzitutto
viene denunciato che la sottrazione ai MAUPS della qualifica apicale
violerebbe il principio di ragionevolezza, di equità, di affidamento
e di proporzionalità che trovano la loro radice negli articoli 3, 97
e 117, comma 1, C.; ai MASUPS (ovviamente si parla di quelli con
anzianità inferiore a otto anni che per effetto del riordino
conseguono la qualifica di maresciallo maggiore) in particolare è
stata sottratta la possibilità di ottenere a domanda la nomina a
ufficiale di complemento all’atto della cessazione del servizio e
quella di ottenere la promozione a sottotenente per meriti
eccezionali e benemerenze d’istituto (con danno oltretutto anche
per l’amministrazione che si vede limitata la possibilità di
premiare con la promozione il merito e la professionalità).
Conclusivamente
quindi il ricorrente denuncia l’incostituzionalità delle seguenti
disposizioni, ritenendole rilevanti per la definizione del giudizio e
non manifestamente infondate:
1) articoli 687,
comma 1, lett. d) e 694, comma 1, lett. d) d.lg. n. 66 del 2010, come
modificati dagli articoli 11, comma 1, lettere d) e e) d.lg. 29
maggio 2017, n. 95 (si tratta di due disposizioni che attribuiscono
ai luogotenenti il compito di segretario delle commissioni di
concorso per l’accesso al ruolo degli ispettori e dei
sovrintendenti, prima attribuito a marescialli aiutanti);
2) articolo 1004
d.lg. n. 66 come modificato dall'art. 14, comma 1, d.lg. 29 maggio
2017, n. 95 (si tratta della disposizione che riserva ai luogotenenti
la possibilità di ottenere a domanda la nomina a ufficiale di
complemento all’atto della cessazione dal servizio);
3) articoli 1291 e
1296 d.lg. n. 66 come modificati dall’art. 15, comma 1, lett. a),
n.1.1), d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (si tratta delle disposizioni che
stabiliscono la nuova articolazione del ruolo degli ispettori
istituendo i gradi di maresciallo maggiore e luogotenente e che
disciplinano l’avanzamento a scelta al grado di luogotenente dei
marescialli maggiori);
4) articolo
2253-bis, commi 1 e 3, introdotti dall'art. 30, comma 1, lett. m),
d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (si tratta delle norme sull’inquadramento
nel grado di luogotenente dei marescialli aiutanti luogotenenti e dei
marescialli aiutanti con anzianità maggiore a otto anni); va
rilevato che nel ricorso c’è verosimilmente un errore, dato che
esso fa riferimento ai commi 2 e 3 dell’articolo 2253-bis; tuttavia
il riferimento al comma 2 e non al comma 1 è il frutto di un refuso
dato che il comma 1 disciplina l’attribuzione ai marescialli
aiutanti luogotenenti del grado di luogotenente (su cui il ricorrente
ha formulato specifiche doglianze) mentre il comma 2 si riferisce ai
periti superiori scelti (cioè a una qualifica che non interessa il
presente giudizio).
Ciò premesso, si
rileva che su una fattispecie analoga (in pratica un ricorso
sostanzialmente identico a quello in esame in quanto proposto da un
ex MASUPS con il patrocinio del medesimo avvocato che assiste
l’odierno ricorrente) il T.A.R. della Valle d’Aosta ha in parte
riconosciuto la rilevanza e non manifesta infondatezza delle censure
di legittimità costituzionale proposte (cfr. ordinanza n. 17 del 5
marzo 2018).
Il Collegio ritiene
condivisibili le conclusioni raggiunte in tale precedente e ad esse
intende aderire dato che le ulteriori argomentazioni a sostegno dei
profili di incostituzionalità che il T.A.R. Valle d’Aosta ha
ritenuto o irrilevanti o manifestamente infondati non sono
persuasive.
Il precedente citato
ha anzitutto delimitato esattamente il thema decidendum distinguendo
nelle censure del ricorrente la questione della nuova articolazione –
per così dire a regime – della carriera degli ispettori dalla
questione delle norme di “primo inquadramento”.
Sul primo profilo
(in pratica la soppressione da parte del nuovo articolo 1291 del
grado di maresciallo aiutante e la istituzione dei due gradi di
maresciallo maggiore e luogotenente con la limitazione da parte degli
articoli 1004 e 1296 ai luogotenenti della possibilità di ottenere
la nomina a ufficiale di complemento all’atto della cessazione dal
servizio e l’avanzamento a sottotenente per meriti eccezionali, cui
fanno da pendant le disposizioni degli articoli 687 e 694 sulla
composizione delle commissioni di concorso per l’accesso al ruolo
degli ispettori e dei sovrintendenti) l’ordinanza del T.A.R. della
Valle d’Aosta rilevava condivisibilmente l’irrilevanza ai fini
della definizione del giudizio delle disposizioni degli articoli
1004, 1296, 687 e 694; nella fattispecie infatti si controverte del
provvedimento che ha attribuito al ricorrente il nuovo grado di
maresciallo maggiore sicchè non viene in rilievo l’applicazione
delle norme sopra citate.
Nella controversia
all’esame trova invece applicazione – con conseguente rilevanza
della relativa questione di costituzionalità - l’articolo 1291,
dato che il testo modificato di esso sopprime il grado di maresciallo
aiutante e istituisce quello di maresciallo maggiore; il Collegio
condivide tuttavia la valutazione di manifesta infondatezza della
relativa questione di incostituzionalità poiché al legislatore è
consentito modificare l’articolazione di una carriera militare
sopprimendo un grado e istituendone due (in pratica nella fattispecie
il grado di MASUPS è stato sostituito dai gradi di maresciallo
maggiore e di luogotenente); questa circostanza non lede alcuna reale
aspettativa o diritto quesito di coloro che siano già in servizio
dato che la nuova articolazione della carriera non incide di per sé
né positivamente né negativamente su diritti o aspettative del
personale già in servizio; su tali asseriti diritti o aspettative
incide infatti la normativa di carattere transitorio che disciplina
l’attribuzione dei nuovi gradi al personale in servizio ed è del
resto di ciò che il ricorrente si duole, come dimostra il rilievo
che, se la normativa transitoria avesse previsto un diverso
trattamento per i MASUPS con meno di otto anni di anzianità – per
esempio attribuendo anche ad essi il grado apicale di luogotenente o
consentendo loro di ottenerlo attraverso un meccanismo selettivo di
una qualche natura che li ponesse “sullo stesso piano” dei pari
grado con anzianità superiore a otto anni – questo contenzioso non
sarebbe probabilmente nemmeno sorto.
Lo stesso ricorrente
nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica
lamenta che solo per i MASUPS con meno di otto anni di anzianità non
è stato “previsto alcun regime transitorio”.
La questione di
costituzionalità dell’articolo 1291 è comunque manifestamente
infondata dato che la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto che
rientra nella discrezionalità del legislatore disporre una nuova
articolazione di carriere e che tale potere, che può condurre anche
a un trattamento “in peius” degli interessati, non incontra
limite nelle aspettative di carriera del personale in servizio; del
resto – posto che l’amministrazione è un’organizzazione
preordinata al raggiungimento di obiettivi predeterminati dalla legge
– non si può certamente ritenere che, allorchè il migliore
raggiungimento di tali obiettivi imponga un ripensamento di tale
organizzazione e dell’articolazione del personale che essa
riflette, il legislatore possa incontrare nella sua azione un limite
diverso da quello generale della razionalità delle scelte operate (e
del rispetto dei criteri di delega, considerato che queste operazioni
si attuano normalmente a mezzo di leggi delegate) poiché la
Costituzione non garantisce al personale già in servizio
l’aspettativa al mantenimento delle posizioni già raggiunte ovvero
che in base alla legislazione potrebbe raggiungere (in questo senso
si vedano Corte Costituzionale, 3 luglio 1997, n. 217 e 30 aprile
1999 n. 151 e Consiglio di Stato, sez. IV, 20 aprile 2006, n. 2233 e
sez. IV, 12 novembre 1991, n. 925).
Occorre quindi
concentrare l’esame sulle disposizioni transitorie seguenti:
a) articolo 2252,
commi 1 e 2 (introdotto dall'art. 30, comma 1, lett. i), d.lg. 29
maggio 2017, n. 95), cioè le disposizioni che prevedono
l’attribuzione del grado di maresciallo maggiore ai MASUPS in
servizio al 1° gennaio 2107 e ai marescialli capo iscritti nel
quadro di avanzamento al 31 dicembre 2016 e non promossi (in ricorso
non è denunciata l’illegittimità di queste disposizioni ma si
tratta di una evidente dimenticanza dato che la prima è la
disposizione transitoria “base” relativa ai MASUPS ed è
sull’applicazione di questa disposizione che si basa il
provvedimento impugnato mentre in ordine alla seconda si lamenta nel
ricorso che gli ex MASUPS con anzianità inferiore a otto anni, oltre
alla perdita del grado apicale, si vedono “raggiunti” dai
marescialli capo con anzianità superiore a otto anni, in precedenza
inferiori di grado);
b) articolo
2253-bis, commi 1 e 3, cioè le disposizioni che disciplinano
l’attribuzione del grado agli ex MASUPS con qualifica di
luogotenente e ai MASUPS con anzianità di servizio maggiore di otto
anni.
In pratica si tratta
di valutare se il combinato disposto delle norme citate – che
implicano, secondo la prospettazione del ricorrente, per i MASUPS con
anzianità inferiore a otto anni una discriminazione rispetto agli ex
pari grado con anzianità superiore a otto anni e agli ex marescialli
capo con anzianità superiore a otto anni – si sottragga o meno ai
rilievi di incostituzionalità sollevati in ricorso (o meglio se tali
rilievi superino la soglia della non manifesta infondatezza).
Come rilevato nella
ordinanza del T.A.R. Valle d’Aosta, non sussiste alcuna reale
discriminazione tra ex MASUPS e marescialli capo che beneficiano
dell’avanzamento previsto dall’articolo 2252, comma 2, citato;
l’avanzamento di questi soggetti non è in alcun modo in grado di
provocare uno “scavalcamento” a danno degli ex MASUPS con meno di
otto anni di anzianità, dato che le decorrenze previste per le
promozioni sono tali da collocarli in posizione successiva a quelle
dei pari grado già promossi con l’aliquota del 31 dicembre 2016.
Parimenti non
sussiste una reale discriminazione tra gli ex MASUPS con meno di otto
anni di anzianità e ex MASUPS con più di otto anni di anzianità,
dato che la distinzione di trattamento si basa sulla diversa
anzianità e, in particolare, sul possesso da parte dei secondi
dell’anzianità occorrente nel “nuovo sistema” per poter
aspirare al conseguimento del grado di luogotenente (cioè otto
anni); il disegno del legislatore delegato è quindi chiaro; esso nel
disciplinare il passaggio dal “vecchio” ordinamento” al “nuovo”
ordinamento ha per così dire meccanicamente operato una
trasposizione nel nuovo sistema dei gradi previsti dal precedente
basandosi esclusivamente sull’anzianità di servizio e in modo tale
da evitare che si verificassero “scavalcamenti”; in pratica
nell’attribuzione dei nuovi gradi si è voluto realizzare un
assetto transitorio che in parte anticipasse l’applicazione delle
nuove norme (che prevedono una permanenza minima nei gradi di
maresciallo capo e di maresciallo maggiore di otto anni); così si
spiega l’attribuzione ai marescialli capo con più di otto anni di
anzianità del grado di maresciallo maggiore e l’attribuzione del
grado di luogotenente agli ex MASUPS con più di otto anni di
anzianità.
Tuttavia, la
distinzione ai fini del nuovo inquadramento degli ex MASUPS
esclusivamente sulla base dell’anzianità posseduta alla data del
1° gennaio 2017, come ritenuto dal T.A.R. Valle d’Aosta, non
appare conforme ai criteri della legge di delegazione (o meglio il
dubbio sulla non conformità ai criteri di delega non appare
manifestamente infondato) dato che la istituzionale preclusione agli
ex MASUPS con anzianità inferiore a otto anni dell’ottenimento del
(o meglio della possibilità di ottenere il) grado apicale di
luogotenente in sede transitoria (così mantenendo il grado apicale
già raggiunto nel precedente sistema) non appare coerente con il
criterio direttivo che imponeva di tener conto di merito e
professionalità; il riferimento alla sola anzianità infatti pare
obliterare il merito e dà unico rilievo alla professionalità
acquisita (peraltro solo in un certo limite perchè una maggiore
anzianità di servizio fa solo presumere ma certo non garantisce una
maggiore professionalità in capo al più anziano).
In altri termini
l’automatismo legato al mero dato quantitativo dell’anzianità
posseduta a una certa data rende non manifestamente infondato il
dubbio di illegittimità costituzionale del combinato disposto degli
articoli 2252, comma 1, e 2253-bis, commi 1 e 3, sotto il profilo del
rispetto dei principi e criteri direttivi della legge delega, nel
senso che ad avviso del Collegio non è manifestamente infondato il
dubbio che la valorizzazione del merito e della professionalità
avrebbe implicato per l’attribuzione agli ex MASUPS del grado di
luogotenente e della qualifica di “carica speciale” un meccanismo
– quale che fosse – che garantisse astrattamente a tutti –
indipendentemente dall’anzianità posseduta (alla quale comunque,
per quanto si è detto, nell’ambito del meccanismo prescelto si
sarebbe comunque ben potuto attribuire rilievo, anche se non
esclusivo) – la possibilità di accedervi “tenendo conto del
merito e delle professionalità” così come stabilito dall’articolo
8 della legge 7 agosto 2015, n. 124.
In conclusione la
questione di costituzionalità degli articoli 1004, 1296, 687 e 694
del d.lg. 15 marzo 2010, n. 66 non è rilevante, mentre quella
relativa all’articolo 1291 è manifestamente infondata.
Risulta invece non
manifestamente infondata la questione di costituzionalità del
combinato disposto degli articoli 2252, comma 1, e 2253-bis, commi 1
e 3 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66 (come rispettivamente introdotti
dall'art. 30, comma 1, lett. i) e m), d.lg. 29 maggio 2017, n. 95),
in relazione all’articolo 76 C. e all’articolo 8, comma 1,
lettera a) della legge 7 agosto 2015, n. 124
Tenuto conto che la
questione di costituzionalità così circoscritta è già stata
sollevata, ritiene il Collegio di sospendere il giudizio in attesa
della decisione della Corte Costituzionale in applicazione del
principio stabilito dalla sentenza n. 28 del 15 ottobre 2014
dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, considerato che la
pronuncia di una ulteriore ordinanza di rimessione alla Corte
Costituzionale – di tenore sostanzialmente identico a quella già
citata della Valle d’Aosta - si risolverebbe in un inutile
prolungamento del giudizio di costituzionalità e di riflesso di
questo giudizio; né sussiste un interesse delle parti a interloquire
innanzi alla Corte Costituzionale dato che il difensore del
ricorrente (che è anche il difensore del ricorrente nel giudizio che
ha originato la ordinanza della Valle d’Aosta) ha già questa
possibilità.
Come statuito dalla
citata sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato il
termine per la prosecuzione del giudizio sospeso è quello dell'art.
80, co. 1, c.p.a. previsto per tutte le ipotesi di sospensione del
processo amministrativo; tale termine di 90 giorni decorrerà dalla
data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del provvedimento
della Corte costituzionale che definisce il giudizio relativo
all’ordinanza del T.A.R. della Valle d’Aosta n.17 del 5 marzo
2018.
P.Q.M.
Il Tribunale
amministrativo regionale della Campania, sede di Napoli, sezione VI,
interlocutoriamente pronunciando sul ricorso e riservata alla
sentenza definitiva ogni ulteriore determinazione sul rito, sul
merito e sulle spese, sospende il giudizio.
Così deciso in
Napoli nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2018 con
l'intervento dei magistrati:
Paolo Passoni,
Presidente
Davide Soricelli,
Consigliere, Estensore
Carlo Buonauro,
Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Davide Soricelli
Paolo Passoni
IL SEGRETARIO
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