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giovedì 13 settembre 2018

Corte dei Conti Sent. n. 68-C-18: "..per l’ accertamento del diritto dei ricorrenti alla perequazione integrale del trattamento pensionistico in godimento in relazione agli anni 2012-2013, con condanna dell’ INPS al pagamento dell’aumento mensile nonché degli arretrati sui trattamenti pensionistici a suo carico, nella misura ulteriore da quantificarsi in separato giudizio, maggiorati di rivalutazione e interessi fino al saldo, con vittoria di spese, diritti ed onorari da distrarsi a favore dei difensori, previa rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dei seguenti artt.: art. 24, comma 25, D.L. n. 201/2011 conv, in l. n. 214/2011; art. 1 D.L. n. 65/2015 del 21 maggio 2015, conv. in l. 17 luglio 2015 n. 109; per violazione degli artt. 3, 36, 38, e 117 della Costituzione..."


Sent. n. 68-C-18

REPUBBLICA ITALIANA

In Nome del Popolo Italiano

LA CORTE DEI CONTI

Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria

IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 12707/C del registro di Segreteria, proposto dai Signori:

1.     omissis ved. omissis, nata a omissis in data omissis, res. in omissis, Via omissis, cod. fisc. omissis, pensionata dal 1/07/2012;

2.     omissis, nata a omissis in data omissis, res. in omissis, Via omissis, cod. fisc. omissis, pensionata dal 1/07/2011;

3.     omissis, nata a omissis in data omissis, res. in omissis, Via omissis, cod. fisc. omissis, pensionata dal 1/04/2011;

4.     omissis, nata a omissis in data omissis, res. in omissis, Via omissis, cod. fisc. omissis, pensionata dal 1/09/2001;

5.     omissis, nato a omissis in data omissis, res. in omissis, omissis, cod. fisc. omissis, pensionato dal 01/07/2003;

6.     omissis, nato a omissis in data omissis, res. in omissis, Via omissis, cod. fisc. omissis, pensionato dal 1/10/2006;

7.     omissis, nato a omissis in data omissis, res. in omissis, Via omissis, cod. fisc. omissis, pensionato dal 4/12/1994;

8.     omissis, nato a omissis in data omissis, res. in omissis, Via omissis, cod. fisc. omissis, pensionato dal 3/05/1985;

9.     omissis, nata a omissis in data omissis, res. in omissis, omissis, cod. fisc. omissis, pensionata dal 01/01/2010;

10.    omissis, nato a omissis in data omissis, res. in omissis, Via omissis, cod. fisc. omissis, pensionato dal 1/08/2012;

tutti rappresentati e difesi, giusta delega in calce al ricorso introduttivo,dagli ..

Contro: INPS – Istituto nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente pro - tempore, con sede legale, via Ciro il Grande 21, 00144 Roma, cod. fisc. e P. IVA 02121151001, quale successore ai sensi dell’art. 21, D.L. 201/11, convertito in L. 214/11, dell’INPDAD - ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

per l’ accertamento  del diritto dei ricorrenti alla perequazione integrale del trattamento pensionistico in godimento in relazione agli anni 2012-2013,  con condanna dell’ INPS  al pagamento dell’aumento mensile nonché degli arretrati sui trattamenti pensionistici a suo carico, nella misura ulteriore da quantificarsi in separato giudizio, maggiorati di rivalutazione e interessi fino al saldo, con vittoria di spese, diritti ed onorari da distrarsi a favore dei difensori,  previa rimessione  alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale  dei seguenti artt.: art. 24, comma 25, D.L. n. 201/2011 conv, in l. n. 214/2011; art. 1 D.L. n. 65/2015  del 21 maggio 2015, conv. in l. 17 luglio 2015 n. 109; per violazione degli artt. 3, 36, 38, e 117 della Costituzione.

Uditi, alla pubblica udienza del 13 giugno 2018, con l’assistenza della Segretaria, Bruna Paroli, nessuno presente per i ricorrenti, l’Avv. Roberto Annovazzi per l’INPS.

Visti gli atti e documenti di causa.

FATTO

- Con ricorso depositato in data 23 maggio 2017 presso questa Sezione gli odierni ricorrenti, tutti titolari di un trattamento pensionistico lordo superiore ad € 1.405,05, vistisi applicare il blocco della perequazione per gli anni 2012 e 2013, hanno adito questa Corte osservando che la Corte Costituzionale (sentenza n. 70 del 10 marzo 2015) aveva sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del D.L. n. 201/11 conv., con modificazioni, dalla l. n. 214/2011, avente ad oggetto la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici esclusivamente per gli importi di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del cento per cento.

Successivamente a tale declaratoria interveniva il D.L. n. 65/2015 (convertito con modificazioni dalla l. 17 luglio 2015 n. 109) che prevedeva la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici riconosciuta nella misura del: a) 100% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo sino a tre volte il trattamento minimo INPS; b) 40% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS  e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS; c) 20% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS  e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS; d) 10% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS  e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS.

Nessuna perequazione la normativa riconosceva per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.

Censuravano i ricorrenti l’illegittimità dei provvedimenti normativi richiamati, assunti in presunta ottemperanza della sentenza n. 70/2015, e richiamavano l’evoluzione normativa e della giurisprudenza (costituzionale) della perequazione automatica delle pensioni, affermando l’illegittimità costituzionale dell’art. 1  D.L. n. 65/2015 e dell’art. 24, comma 25, del D.L. n. 201/2011 con riferimento alla violazione degli artt. 2,3,36, 38, nonché dell’art. 117 della Costituzione.

- In data 1 dicembre 2017 veniva pubblicata la sentenza della Corte costituzionale n. 250/2017, che ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità.

- Con memoria depositata il 1.6.2018, l’INPS ha eccepito l’infondatezza della pretesa azionata, attesa la legittimità costituzionale della norma ed il suo carattere di ragionevolezza e giustizia sostanziale, concludendo per il rigetto del ricorso e la vittoria di spese.

- Nell’odierna udienza di discussione, nessuno presente per parte attrice, la difesa INPS si è riportata alle conclusioni rassegnate in atti.

La causa è stata dunque trattenuta in decisione.

DIRITTO

Come riconosciuto dalla Corte costituzionale con la recentissima sentenza n. 250 del 1.12.2017: “il blocco della perequazione per due soli anni e il conseguente “trascinamento” dello stesso agli anni successivi non costituiscono un sacrificio sproporzionato rispetto alle esigenze, di interesse generale, perseguite dai denunciati commi 25 e 25-bis. Tali disposizioni incidono su una limitata percentuale dell’importo complessivo del trattamento pensionistico, non sulla disponibilità dei mezzi di sussistenza da parte di pensionati titolari di trattamenti medio-alti”. Ed ancora: “L’osservanza di tali principi (di ragionevolezza e proporzionalità) trova conferma nella scelta non irragionevole di riconoscere la perequazione in misure percentuali decrescenti all’aumentare dell’importo complessivo del trattamento pensionistico, sino a escluderla per i trattamenti superiori a sei volte il minimo INPS. Il legislatore ha dunque destinato le limitate risorse finanziarie disponibili in via prioritaria alle categorie di pensionati con i trattamenti pensionistici più bassi. Nel valutare la compatibilità delle misure di adeguamento delle pensioni con i vincoli posti dalla finanza pubblica, questa Corte ha sostenuto che manovre correttive attuate dal Parlamento ben possono escludere da tale adeguamento le pensioni «di importo più elevato» (ordinanza n. 256 del 2001). Nel replicare, in più occasioni, una tale scelta, che privilegia i trattamenti pensionistici di modesto importo, il legislatore soddisfa un canone di non irragionevolezza che trova riscontro nei maggiori margini di resistenza delle pensioni di importo più alto rispetto agli effetti dell’inflazione. La stessa scelta è confermata con le disposizioni censurate”. La Corte, nel dichiarare esente da censura l’operato del legislatore, ha concluso nel senso che: “In conclusione, nella costante interazione fra i principi costituzionali racchiusi negli articoli 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., si devono rinvenire i limiti alle misure di contenimento della spesa che, in mutevoli contesti economici, hanno inciso sui trattamenti pensionistici. L’individuazione di un equilibrio fra i valori coinvolti determina la non irragionevolezza delle disposizioni censurate”.

Il ricorso, in quanto infondato, alla luce delle considerazioni sopra svolte, va rigettato.

Il conflitto interpretativo sulla normativa sottesa alla vicenda, tale da essere sfociato nel promovimento dell’azione di costituzionalità ad opera di numerose ordinanze di rimessione, induce a ritenere sussistenti fondati motivi per la compensazione delle spese legali (art. 31, comma III del Codice di Giustizia Contabile).

P.Q.M.

Tanto premesso la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Umbria, in composizione monocratica di Giudice Unico delle pensioni, definitivamente pronunciando:

- rigetta il ricorso;

- compensa le spese legali, come da motivazione.

Manda alla Segreteria per le comunicazioni di rito.

Così deciso in Perugia nella Camera di Consiglio del 13 giugno 2018.

Il Giudice Unico

F.to Chiara Vetro

Depositata in Segreteria il 21 agosto 2018.

Il Direttore di Segreteria

F.to Elvira Fucci

Il giudice, ravvisati gli estremi per l'applicazione del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196, dispone che a cura della Segreteria venga apposta l'annotazione di cui al comma 3 di detto articolo 52 nei riguardi dei ricorrenti.

Il Giudice Unico

F.to Chiara Vetro

In esecuzione del provvedimento del Giudice Unico ai sensi dell'art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei ricorrenti.

Il Direttore di Segreteria

F.to Elvira Fucci

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