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giovedì 13 settembre 2018

Corte dei Conto 320/2018: "..Con la sentenza n. 758/2016 la Sezione Seconda centrale della Corte dei Conti, in accoglimento del gravame proposto dal signor X X,in servizio presso le Ferrovie dello Stato dal 1 novembre 1990 durante la vigenza del CCNL 1990/92, ha annullato , con rinvio al primo al giudice, la decisione con cui la Sezione regionale per la Puglia aveva dichiarato la nullità del ricorso dal medesimo presentato e teso a conseguire la riliquidazione del trattamento pensionistico . Con la gravata sentenza la Corte regionale Puglia ha nuovamente respinto il ricorso contenente più domande. 2. Avverso l’epigrafata sentenza ha proposto appello il sig.X deducendo 1) la violazione degli artt. 112 e 115 cpc, dell'art. 24 della legge n. 41/1986, omessa motivazione; 2) la violazione dell'art. 71 lett. b) dei RD n. 1038/1933 3) la violazione degli artt. 112 e 115 cpc, omessa o apparente motivazione; 4) violazione degli artt. 112 e 115 cpc, dell'art. 221 del DPR n. 1092/1973, dell'art. 11 delle preleggi; 5) violazione degii artt. 112 e 115 cpc, motivazione illogica ed apparente, violazione degli artt. 43 e 220 del DPR n. 1092/1973, degli artt. 112 e 115 cpc, dell l art. del DL n. 98/2011 e dell'art. 10 della legge n. 120/1986; .."


Sezione

TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO
Esito

SENTENZA
Materia

PENSIONI
Anno

2018
Numero

320
Pubblicazione

06/08/2018
Codice ecli

ECLI:IT:CONT:2018:320APP3
Provvedimenti collegati
LINK:
PUGLIA SENTENZA N. 23/2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DEI CONTI

TERZA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO

composta dai seguenti magistrati:

Antonio Galeota                              Presidente f.f.

Giuseppa Maneggio                            Consigliere   

Giuseppina Maio                                 Consigliere

Patrizia Ferrari                                    Consigliere relatore

Giovanni Comite                               Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

     Sull’appello in materia        di pensioni n. 52046  proposto da X X  nato a XXXXXX (XX) il X.X.XXXX   rappresentato e difeso ..
CONTRO

I.N.P.S. — Gestione Pubblica, in persona del legale rappresentante in carica p.t., domiciliato presso e nella sede legale di Roma, sita alla Via Ciro il Grande n. 21  rappresentato e difeso nel presente giudizio sia congiuntamente che disgiuntamente, dagli avvocati      Luigi CALIULO , Lidia CARCAVALLO , Antonella PATTERI Sergio PREDEN, con elezione di domicilio presso l'Avvocatura Centrale INPS in Roma via Cesare Beccaria n. 29

CONTRO

La sentenza n. 23/2017 della Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia  ;

Visto l’atto di appello;

Esaminati tutti gli altri atti e documenti della causa;

Uditi alla pubblica udienza del 6 giugno 2018 con l’assistenza del Segretario Lucia Bianco, il relatore dr.ssa Patrizia Ferrari,  l’avv .Giuseppe Picone  per parte appellante e l’avv. Luigi Caliulo  per l’INPS.

FATTO

1. Con la sentenza n. 758/2016 la Sezione  Seconda   centrale della Corte dei Conti, in accoglimento del gravame proposto dal signor X X,in servizio presso le  Ferrovie dello Stato dal 1 novembre 1990 durante la vigenza del CCNL 1990/92, ha annullato , con rinvio al primo al giudice, la  decisione con cui la Sezione regionale per la Puglia aveva dichiarato la nullità del ricorso  dal medesimo presentato e teso a conseguire la riliquidazione del trattamento pensionistico .  Con la gravata sentenza  la Corte regionale Puglia  ha nuovamente respinto il ricorso contenente più domande.

2.  Avverso l’epigrafata sentenza ha proposto appello il sig.X deducendo 1) la violazione degli artt. 112 e 115 cpc, dell'art. 24 della legge n. 41/1986, omessa motivazione; 2) la  violazione dell'art. 71 lett. b) dei RD n. 1038/1933 3) la violazione  degli artt. 112 e 115 cpc, omessa o apparente motivazione; 4) violazione degli artt. 112 e 115 cpc, dell'art. 221 del DPR n. 1092/1973, dell'art. 11 delle preleggi; 5)  violazione degii artt. 112 e 115 cpc, motivazione illogica ed apparente, violazione degli artt. 43 e 220 del DPR n. 1092/1973, degli artt. 112 e 115 cpc, dell l art. del DL n. 98/2011 e dell'art. 10 della legge n. 120/1986;

Ha quindi  concluso per l’accoglimento del gravame con vittoria  di spese ed accessori del doppio grado di giudizio  da distrarre in favore del difensore antistatario .

Quanto al primo motivo , l’appellante censura la sentenza nella parte in cui afferma che le perequazioni erano regolate, all'epoca del collocamento a riposo del ricorrente, dalle LL. 177/76 e 730/83, la cui finalità era quella di  perequare i trattamenti pensionistici con le retribuzioni dei dipendenti in attività  di servizio negando, quindi,  la spettanza delle perequazioni coincise  con gli aumenti salariali successivi .  Ha a riguardo evidenziato che”… il Giudice non ha espresso alcuna motivazione in ordine alle argomentazioni svolte dal ricorrente nella memoria del 10.5.2012, nella quale è stato detto che gli aumenti salariali non erano autonomi, ma erano quote di un trattamento a regime, entrato nel patrimonio del lavoratore all'atto dell 'entrata in vigore del CCNL, per cui il frazionamento sarebbe stato,  all’epoca  disposto per sopperire alle esigenze finanziarie del datore di lavoro, sicchè i lavoratori, sia quelli in pensione che quelli rimasti in servizio hanno conseguito le rate dell'aumento salariale concordato dalle parti sociali…”

Con il secondo motivo censura la sentenza nella parte in cui  afferma l’inammissibilità della domanda espressa nella memoria del maggio 2012  con la quale si richiedeva  il riconoscimento della perequazione sull'indennità integrativa speciale  . Sostiene, a riguardo, che detta richiesta era ricompresa  nell 'istanza amministrativa del 2.10.2003  relativa alla la riliquidazione del trattamento di quiescenza per illegittimo assorbimento delle perequazioni automatiche maturate prima della decorrenza degli aumenti stipendiali a regime previsti dagli artt. 37, 38 n.5 e 96 n.4 del CCNL 90/92, scaduti successivamente al collocamento a riposo dovendosi ritenere  che   “… l'espressione letterale della domanda manifestava  chiaramente che la perequazione richiesta era quella incidente sull 'intero trattamento di quiescenza”.

Con il terzo motivo  censura la sentenza nella parte in cui  tratta la questione del computo dell'aumento salariale pensionabile previsto dall'art. 96 n.4 CCNL 90/92, soppresso a seguito dell'accordo sindacale del 21.5.1992 successivo al collocamento a riposo dell’appellante .

Con il quarto motivo censura la ricostruzione in punto di diritto effettuata dal primo giudice in ordine  all’interpretazione del disposto dell’ art. 221 DPR 1092/73 a seguito dell’abrogazione  da parte della l. 177/76  dell’art. 220.

Con l’ultimo motivo censura la decisione laddove ha denegato il riconoscimento del  diritto  del X all' IIS in riferimento all'anzianità massima.

3. Con articolata e puntuale memoria di costituzione ritualmente depositata, l’INPS ha sostenuto la infondatezza di tutti i motivi di appello, richiamando ampia giurisprudenza  a sostegno della posizione sostenuta.

4. All’odierna pubblica udienza, sentito il Consigliere relatore e le difese delle parti che hanno richiamato le conclusioni rassegnate negli scritti di giudizio, la causa passa in decisione.

DIRITTO

1.       Il gravame non si ritiene meritevole di accoglimento per le ragioni che seguono. Ritiene l’appellante che l’epigrafata sentenza sia affetta, sotto diversi profili, da difetto di motivazione. Nel dissentire dal riferito assunto, ricorda il Collegio che il vizio di omessa motivazione si configura allorché quest’ultima sia materialmente omessa, ossia quando si verifichi una radicale carenza della stessa in quanto il giudice ha omesso di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento. La motivazione apparente, invece, si realizza quando la motivazione si estrinsechi in argomentazioni del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi del provvedimento impugnato, come nel caso in cui il giudice, pur avendo indicato gli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento, tuttavia li abbia indicati senza un’approfondita disamina logica e giuridica, ovvero in modo tale da renderli fra loro logicamente inconciliabili o, comunque, obiettivamente incomprensibili (motivazione perplessa), rendendo comunque impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

Tutto ciò premesso, i limiti dell'appello, quando venga dedotto un vizio della motivazione su questioni di fatto, sono quelli fissati dall'art. 111 Cost. nonché dagli artt. 21 e 22 del r.d. 1038/33 (ratione temporis applicabili) per cui il predetto vizio potrà formare oggetto di cognizione del Giudice d’appello soltanto “nei casi di radicale mancanza di motivazione, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cosiddetta motivazione apparente) o fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili e sempre che i vizi emergano dal provvedimento in sé, restando esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica della sufficienza della motivazione medesima con le risultanze probatorie” (CdC SS.RR. n. 10/2000/QM, Cassazione, SS.UU., 2 marzo 1999, n. 111 e 10 marzo 1999, n. 115, Cassazione, Sezione II, 19 febbraio 1999, n. 1413).Tanto ricordato, dalla  lettura della appellata decisione appare, a giudizio del Collegio, evidente che nel caso all’esame non sia configurabile alcun vizio di motivazione avendo,  il Giudice di prime cure,  svolto una disamina sufficientemente approfondita della fattispecie per cui è causa giungendo a conclusioni giuridiche coerenti e logiche , in linea con orientamenti giurisprudenziali cosolidati. Nello specifico, ritiene il Collegio che con il primo, il terzo ed il quinto  motivo di ricorso  l’appellante miri ad ottenere il mero riesame delle doglianze prospettate nel giudizio di primo grado ed in quella fase puntualmente  ed approfonditamente esaminate da parte del primo giudice che le ha ritenute  infondate .Peraltro, il  Collegio reputa le argomentazioni di controparte non sufficienti a sovvertire l'esatto inquadramento giuridico della fattispecie fatto dal giudice di I° grado. Sul punto si evidenzia che anche in questa fase di giudizio la difesa dell’interessato ha insistito  sulle stesse questioni già proposte  nel ricorso di primo grado  non  fornendo, tuttavia, convincenti  ulteriori argomentazioni che consentano di superare  quanto già accertato e valutato dal Gup territoriale.Alla luce di quanto sopra esposto, i motivi di ricorso primo, terzo e quinto non appaiono meritevoli di accoglimento ed in quanto tali sono rigettati.

Quanto al secondo  motivo di censura , dalla lettura della appellata decisione emerge che il giudicante  ha ritenuto inammissibile  la domanda svolta, in subordine, nella memoria depositata a maggio 2012, tesa a conseguire  la perequazione automatica sull' importo dell 'iis . Il giudicante ha ritenuto  sussistente la violazione dell’art. 71 del R.D. 1038/1933 per assenza  di analoga istanza in sede amministrativa  rilevando , altresì “   né sulla stessa si è costituito un valido contradditorio processuale non risultando notificata tale memoria integrativa all'Istituto previdenziale convenuto” .  Poiché ’  non risulta essere stato    contestato che la domanda è stata proposta tardivamente , sul punto la sentenza di primo grado deve ritenersi passata in giudicato. Quanto al quarto motivo di appello, relativo  al mancato computo delle cd. competenze accessorie,  ricorda il Collegio che  che l'art. 220 (commi primo e secondo) del DPR n, 1092/1973 è stato modificato dall'art. 22 della legge 29 aprile 1976 n. 177 nel senso che la base pensionabile è costituita dall'ultimo stipendio (la cui nozione, giova sottolineare, è diversa da quella di «retribuzione>) e dagli assegni o indennità espressamente indicati (indennità di funzione per i dirigenti superiori e per i primi dirigenti, indennità pensionabile ex t. n. 57/74 e assegno personale pensionabile). Il secondo comma dell’ art. 220 così dispone: "Per gli effetti del precedente comma (determinazione della misura del trattamento di quiescenza) si considerano soltanto gli assegni o indennità previsti come utili ai fini della determinazione della base pensionabile, da disposizioni di legge". Ciò importa che un assegno o un'indennità possono essere utilmente computati ai fini della misura del trattamento di quiescenza solo ove ia disposizione normativa istitutiva ne preveda espressamente la valutazione ai fini della provvista pensionistica. In sintesi, in assenza di una  specifica disposizione  che consideri espressamente  utili ai fini  della determinazione della base pensionistica  le competenze accessorie , le voci richieste dall’appellante non possono essere computate.

3. Alla luce delle considerazioni svolte, confermata la gravata sentenza in quanto immune da censure,  il Collegio rigetta l’appello.   Le spese di difesa seguono soccombenza e si liquidano in euro 1.000,00.  A favore dell’Inps. Nulla per le spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello, definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione reietta,  rigetta l’appello.

Le spese di giudizio seguono soccombenza e si liquidano in euro 1.000 a favore dell’INPS. Nulla per le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 6 giugno  2018.

 L’ESTENSORE                               IL PRESIDENTE f.f.

F.to Dott.ssa Patrizia Ferrari     F.to Dott. Antonio Galeota



Depositata in segreteria 6 Agosto 2018



Il Funzionario Amministrativo

F.to Dott.ssa Anna Maria Guidi

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