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giovedì 13 settembre 2018
Corte dei Conti 69/2018: "..Con ricorso depositato in data 6 aprile 2017 presso questa Sezione gli odierni ricorrenti, tutti titolari di un trattamento pensionistico pubblico, in quanto militari appartenenti alle forze dell’ordine in quiescenza, hanno adito questa Corte osservando che la Corte Costituzionale (sentenza n. 70 del 10 marzo 2015) aveva sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del D.L. n. 201/11 conv., con modificazioni, dalla l. n. 214/2011, avente ad oggetto la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici esclusivamente per gli importi di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del cento per cento..."
UMBRIA
Esito
SENTENZA
Materia
PENSIONI
Anno
2018
Numero
59
Pubblicazione
09/08/2018
Codice ecli
ECLI:IT:CONT:2018:59SGUMB
Provvedimenti collegati
Nessun provvedimento collegato presente
Sent. n. 59-C-18
REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al n. 12699/C del registro di Segreteria, proposto dai Signori:
omissis, nato il omissis a omissis, residente a omissis Via omissis, C.F. omissis;
omissis, nato il omissis a omissis, residente a omissis Via omissis, C.F. omissis;
omissis, nato il omissis a omissis, residente a omissis Via omissis, C.F. omissis;
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omissis, nato il omissis a omissis, residente a omissis Via omissis, C.F. omissis;
omissis, nato il omissis a omissis, residente a omissis Via omissis, C.F. omissis;
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omissis, nato il omissis a omissis, residente a omissis Via omissis, C.F. omissis;
tutti rappresentati e difesi, congiuntamente e disgiuntamente, come da mandati in calce al presente atto, d..
Contro: INPS – Istituto nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente pro - tempore, con sede legale, via Ciro il Grande 21, 00144 Roma, ex gestione INPDAD –
per l’accertamento del diritto dei ricorrenti a percepire gli aggiornamenti ISTAT sulla pensione mensile dal l° gennaio 2012 con interessi e rivalutazione monetaria, in ragione della ritenuta eccezione di illegittimità costituzionale della legge 17 luglio 2015 n. 109 di conversione del D.L. 21/05/2015 n. 65 per palese contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015, in violazione degli articoli 38, secondo comma, 36 primo comma 3 e 53 della Costituzione.
Uditi, alla pubblica udienza del 13 giugno 2018, con l’assistenza della Segretaria, Bruna Paroli, per i ricorrenti, l’Avv. Francesco Morini in sostituzione dell’Avv. Renzo Filoia, giusta delega depositata in atti; per l’INPS l’Avv. Roberto Annovazzi.
Visti gli atti e documenti di causa.
FATTO
- Con ricorso depositato in data 6 aprile 2017 presso questa Sezione gli odierni ricorrenti, tutti titolari di un trattamento pensionistico pubblico, in quanto militari appartenenti alle forze dell’ordine in quiescenza, hanno adito questa Corte osservando che la Corte Costituzionale (sentenza n. 70 del 10 marzo 2015) aveva sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del D.L. n. 201/11 conv., con modificazioni, dalla l. n. 214/2011, avente ad oggetto la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici esclusivamente per gli importi di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del cento per cento.
Successivamente a tale declaratoria interveniva il D.L. n. 65/2015 (convertito con modificazioni dalla l. 17 luglio 2015 n. 109) che prevedeva la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici riconosciuta nella misura del: a) 100% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo sino a tre volte il trattamento minimo INPS; b) 40% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS; c) 20% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS; d) 10% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS.
Nessuna perequazione la normativa riconosceva per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.
Censuravano i ricorrenti l’illegittimità dei provvedimenti normativi richiamati, assunti in presunta ottemperanza della sentenza n. 70/2015, e richiamavano l’evoluzione normativa e della giurisprudenza (costituzionale) della perequazione automatica delle pensioni, affermando l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 D.L. n. 65/2015 e dell’art. 24, comma 25, del D.L. n. 201/2011 con riferimento alla violazione degli artt. 2,3,36, 38, nonché dell’art. 117 della Costituzione.
Concludevano dunque i ricorrenti chiedendo, ritenuta non manifestamente infondata la proposta questione di legittimità costituzionale, in riferimento tra l'altro agli articoli 3, 36 primo comma 38, secondo comma e 53 della Costituzione, di sospendere il presente giudizio e rimettere gli atti alla Corte Costituzionale, per sentire dichiarare fondata la predetta questione, e dichiarare costituzionalmente illegittima in parte qua la legge 17 luglio 2015 n. 109 di conversione del D.L. 21 maggio 2015 n. 65, in ragione del diritto dei ricorrenti alla riliquidazione del trattamento pensionistico sulla base degli aggiornamenti mai corrisposti al personale in quiescenza, con interessi legali e rivalutazione monetaria sulle somme dovute a titolo di arretrati dal 1 gennaio 2012. Con vittoria di spese, e compensi professionali”.
- In data 1 dicembre 2017 veniva pubblicata la sentenza della Corte costituzionale n. 250/2017, che ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità.
- Con memoria depositata il 1.6.2018, l’INPS ha eccepito l’infondatezza della pretesa azionata, attesa la legittimità costituzionale della norma ed il suo carattere di ragionevolezza e giustizia sostanziale, concludendo per il rigetto del ricorso e la vittoria di spese.
- Nell’odierna udienza di discussione la difesa di parte attrice, nella persona dell’Avv. Morini, ha presentato oralmente dichiarazione di rinuncia per sopravvenuta carenza di interesse; la difesa INPS, nella persona dell’Avv. Annovazzi, si è riportata alle conclusioni rassegnate in atti, senza prendere posizione sulla rinuncia.
La causa è stata dunque trattenuta in decisione.
DIRITTO
La mancata accettazione espressa da parte dell’INPS della rinuncia presentata in udienza da parte ricorrente rende necessaria la trattazione del merito della vicenda, non essendo possibile, in mancanza di valida accettazione della rinuncia, l’estinzione della causa.
Come riconosciuto dalla Corte costituzionale con la recentissima sentenza n. 250 del 1.12.2017: “il blocco della perequazione per due soli anni e il conseguente “trascinamento” dello stesso agli anni successivi non costituiscono un sacrificio sproporzionato rispetto alle esigenze, di interesse generale, perseguite dai denunciati commi 25 e 25-bis. Tali disposizioni incidono su una limitata percentuale dell’importo complessivo del trattamento pensionistico, non sulla disponibilità dei mezzi di sussistenza da parte di pensionati titolari di trattamenti medio-alti”. Ed ancora: “L’osservanza di tali principi (di ragionevolezza e proporzionalità) trova conferma nella scelta non irragionevole di riconoscere la perequazione in misure percentuali decrescenti all’aumentare dell’importo complessivo del trattamento pensionistico, sino a escluderla per i trattamenti superiori a sei volte il minimo INPS. Il legislatore ha dunque destinato le limitate risorse finanziarie disponibili in via prioritaria alle categorie di pensionati con i trattamenti pensionistici più bassi. Nel valutare la compatibilità delle misure di adeguamento delle pensioni con i vincoli posti dalla finanza pubblica, questa Corte ha sostenuto che manovre correttive attuate dal Parlamento ben possono escludere da tale adeguamento le pensioni «di importo più elevato» (ordinanza n. 256 del 2001). Nel replicare, in più occasioni, una tale scelta, che privilegia i trattamenti pensionistici di modesto importo, il legislatore soddisfa un canone di non irragionevolezza che trova riscontro nei maggiori margini di resistenza delle pensioni di importo più alto rispetto agli effetti dell’inflazione. La stessa scelta è confermata con le disposizioni censurate”. La Corte, nel dichiarare esente da censura l’operato del legislatore, ha concluso nel senso che: “In conclusione, nella costante interazione fra i principi costituzionali racchiusi negli articoli 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., si devono rinvenire i limiti alle misure di contenimento della spesa che, in mutevoli contesti economici, hanno inciso sui trattamenti pensionistici. L’individuazione di un equilibrio fra i valori coinvolti determina la non irragionevolezza delle disposizioni censurate”.
Il ricorso, in quanto infondato, alla luce delle considerazioni sopra svolte, va rigettato.
Il conflitto interpretativo sulla normativa sottesa alla vicenda, tale da essere sfociato nel promovimento dell’azione di costituzionalità ad opera di numerose ordinanze di rimessione, induce a ritenere sussistenti fondati motivi per la compensazione delle spese legali (art. 31, comma III del Codice di Giustizia Contabile).
P.Q.M.
Tanto premesso la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Umbria, in composizione monocratica di Giudice Unico delle pensioni, definitivamente pronunciando:
- rigetta il ricorso;
- compensa le spese legali, come da motivazione.
Manda alla Segreteria per le comunicazioni di rito.
Così deciso in Perugia nella Camera di Consiglio del 13 giugno 2018.
Il Giudice Unico
F.to Chiara Vetro
Depositata in Segreteria il 9 agosto 2018.
Il Direttore di Segreteria
F.to Elvira Fucci
Il giudice, ravvisati gli estremi per l'applicazione del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196, dispone che a cura della Segreteria venga apposta l'annotazione di cui al comma 3 di detto articolo 52 nei riguardi dei ricorrenti.
Il Giudice Unico
F.to Chiara Vetro
In esecuzione del provvedimento del Giudice Unico ai sensi dell'art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei ricorrenti.
Il Direttore di Segreteria
F.to Elvira Fucci
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