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mercoledì 10 ottobre 2018

N. 136 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 2018 Ordinanza del 12 aprile 2018 del Tribunale di Roma nel procedimento civile promosso da xx contro Inps - Istituto nazionale previdenza sociale. Previdenza - Impiego pubblico - Trattamenti di fine servizio, comunque denominati, spettanti a seguito di cessazione dall'impiego - Termini e modalita' di corresponsione. - Decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, art. 3, comma 2, e successive modificazioni; decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 12, comma 7, e successive modificazioni. (GU n.40 del 10-10-2018 )






N. 136 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 2018

Ordinanza del 12 aprile 2018 del Tribunale di Roma  nel  procedimento
civile promosso da xx contro Inps  -  Istituto  nazionale
previdenza sociale. 
 
Previdenza  -  Impiego  pubblico  -  Trattamenti  di  fine  servizio,
  comunque denominati, spettanti a seguito di cessazione dall'impiego
  - Termini e modalita' di corresponsione. 
- Decreto-legge  28  marzo  1997,  n.  79  (Misure  urgenti  per   il
  riequilibrio   della    finanza    pubblica),    convertito,    con
  modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, art. 3, comma 2,
  e successive modificazioni; decreto-legge 31  maggio  2010,  n.  78
  (Misure urgenti in materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
  competitivita' economica),  convertito,  con  modificazioni,  nella
  legge 30 luglio 2010, n.  122,  art.  12,  comma  7,  e  successive
  modificazioni. 

(GU n.40 del 10-10-2018 )

 
                         IL TRIBUNALE DI ROMA 
                          2ª Sezione Lavoro 
 
    nella persona del giudice Alessandro  Nunziata,  all'esito  della
Camera di consiglio del 12 aprile 2018, ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza nella causa civile in I grado iscritta al n. 4942-17  RGAC,
vertente tra xxx xxx, rappresentata e difesa  dall'avv.  Irene
Manfroni, ricorrente e Inps -  Istituto  nazionale  della  previdenza
sociale, rappresentato e difeso dall'avv. Flavia Incletolli. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    xxx xxx, ex dipendente del Ministero  della  giustizia  in
pensione   per   anzianita'   dal   1°   settembre   2016,    lamenta
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma  2,  decreto-legge
n. 79 del 1997, convertito in legge n. 140  del  1997,  e  successive
modificazioni e dell'art. 12, comma 7 decreto-legge n. 98  del  2010,
convertito con modificazioni in  legge  30  luglio  2010  n.  122,  e
successive modificazioni  in  quanto  in  contrasto  con  i  principi
costituzionali di  cui  agli  articoli  2,  3,  36,  53  e  97  della
Costituzione. Chiede pertanto il riconoscimento del  suo  diritto  ad
ottenere il pagamento del dovuto senza  dilazione  e/o  rateizzazioni
previste dalla normativa, cosi' come previsto dalla legge n. 1032 del
1973, e, comunque  con  riconoscimento  degli  interessi  legali  dal
dovuto al saldo, e la condanna dell'Inps  al  pagamento  della  somma
dovuta a titolo di indennita' di  buonuscita  in  ragione  di  quanto
spettante per gli anni di  servizio  riconosciuti  ed  effettivamente
prestati alle dipendenze della P.A. e delle  retribuzioni  percepite,
oltre interessi o rivalutazione dal dovuto al saldo, con ogni  previa
conseguenza  di  legge  a   cio'   strumentale;   il   tutto   previa
disapplicazione   e/o   annullamento   di   tutti   i   provvedimenti
presupposti, conseguenti ovvero comunque altrimenti connessi. 
    Si e' costituito l'Inps che ha dedotto la manifesta  infondatezza
della  questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  ed  ha
chiesto il rigetto della domanda nel merito. 
 
                         Ritenuto in diritto 
 
    Il trattamento di fine servizio (TFS) e' il  sistema  di  calcolo
della liquidazione di fine rapporto applicato ai dipendenti  pubblici
assunti  prima  del  1°  gennaio  2001  ed  ha  la  denominazione  di
indennita' di buonuscita (IBU, regolata dal D.P.R. n. 1032/1973)  per
i dipendenti statali civili e militari gia' iscritti all'ENPAS  e  di
indennita' prestazione di fine servizio (IPS, regolata dalla legge n.
152/1968) per i dipendenti degli enti locali e del SSN gia'  iscritti
all'INADEL. 
    La base contributiva e' costituita dal 80% dello stipendio,  paga
o retribuzione annui, considerati al lordo. In sintesi,  l'indennita'
lorda  e'  calcolata  sul  80%  dello  stipendio  mensile   percepito
nell'ultimo giorno  di'  servizio  (comprensivo  di  13ª  mensilita')
moltiplicato per gli anni di servizio. La contribuzione  e'  pari  al
9,60%, di cui 2,50% a carico del lavoratore. 
    Per i dipendenti pubblici a tempo indeterminato  assunti  dal  1°
gennaio 2001 o prima di tale data che hanno optato per  il  tfr  o  a
tempo determinato con  contratto  in  essere  al  30  maggio  2000  o
stipulato successivamente e per i dipendenti privati la  liquidazione
e' denominata trattamento di fine rapporto  (TFR).  Tuttavia,  mentre
per i dipendenti privati il calcolo e' regolato  dall'art.  2120  cc,
per i dipendenti pubblici e' regolato dal decreto del Presidente  del
Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999, che recepisce la  disciplina
dell'accordo del 29 luglio 1999. 
    Quest'ultima disciplina segue sostanzialmente le regole  del  TFR
dei dipendenti privati, come stabilite dall'art. 2120 cc,  in  merito
al calcolo dei periodi (i servizi frazionati sono considerati a  mese
con arrotondamento superiore dei  15  giorni  di  servizio)  e  della
prestazione (pari alla retribuzione anno  per  anno  maturata  divisa
13,5 e rivalutata dell'1,5% fisso e  del  75%  dell'indice  ISTAT  di
rivalutazione). 
    Il  TFR  ha  carattere  di  retribuzione  differita;  il  TFS  ha
carattere sia di retribuzione differita che previdenziale. 
    L'art. 26 D.P.R. n. 1032 del 1973 stabilisce che: l'indennita' di
buonuscita, spettante al  dipendente  statale  e  ai  superstiti,  e'
liquidata di ufficio; a tal  fine  l'amministrazione  alla  quale  il
dipendente appartiene o apparteneva trasmette all'amministrazione del
Fondo di  previdenza  un  progetto  di  liquidazione,  a  favore  del
dipendente stesso  o  dei  suoi  superstiti,  corredato  della  copia
autentica dello stato di servizio; in caso di cessazione dal servizio
per limite di eta',  gli  atti  suddetti  devono  essere  predisposti
dall'amministrazione competente tre  mesi  prima  ed  essere  inviati
almeno  un  mese  prima  del  raggiungimento  del   limite   predetto
all'amministrazione del Fondo, la quale  e'  tenuta  ad  emettere  il
mandato di pagamento  in  modo  da  rendere  possibile  la  effettiva
corresponsione  dell'indennita'  immediatamente  dopo  la   data   di
cessazione dal servizio e comunque non oltre  quindici  giorni  dalla
data medesima; non occorre, in ogni  caso,  alcuna  comunicazione  da
parte dell'amministrazione statale, alla quale  compete  soltanto  la
tempestiva segnalazione dell'eventuale esistenza di motivi  ostativi;
nei casi suddetti, ai fini della liquidazione e della  corresponsione
dell'indennita' di buonuscita, non occorre  che  sia  preventivamente
perfezionato il provvedimento di cessazione dal servizio; nei casi di
cessazione dal servizio per qualsiasi altra causa,  l'amministrazione
statale competente e' tenuta a  trasmettere  all'amministrazione  del
Fondo di previdenza gli atti nel termine massimo di  quindici  giorni
dalla data di cessazione dal servizio, in modo che  l'amministrazione
del Fondo predetto  possa  eseguire,  nei  confronti  del  dipendente
statale, la effettiva corresponsione dell'indennita' nel  piu'  breve
tempo possibile e comunque non oltre  trenta  giorni  dalla  data  di
ricezione della documentazione; questo ultimo termine vale anche  per
la corresponsione dell'indennita' di  buonuscita  ai  superstiti  del
dipendente. La legge 20 marzo 1980, n. 75 ha disposto (con l'art.  7,
comma 3) che «I termini stabiliti dal terzo e quinto comma  dell'art.
26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre  1973,  n.
1032, per la effettiva corresponsione dell'indennita'  di  buonuscita
ai dipendenti statali sono entrambi elevati a novanta giorni». 
    L'art. 3, comma  2,  decreto-legge  n.  79/1997,  convertito  con
modificazioni nella legge n. 140/1991, statuisce,  ai  fini  che  qui
interessano, che, alla liquidazione dei trattamenti di fine servizio,
comunque denominati, per i dipendenti  pubblici,  loro  superstiti  o
aventi causa, che ne hanno titolo, l'ente erogatore provvede  decorsi
ventiquattro mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e, nei casi
di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di eta' o di
servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento
a riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianita' massima
di  servizio  prevista  dalle  norme  di  legge  o   di   regolamento
applicabili   nell'amministrazione,   decorsi   dodici   mesi   dalla
cessazione del rapporto di lavoro; alla  corresponsione  agli  aventi
diritto l'ente provvede entro i successivi tre mesi, decorsi i  quali
sono dovuti gli interessi. L'art. 12, comma 7  del  decreto-legge  n.
78/2010,  convertito  con  modificazioni  nella  legge  n.  122/2010,
statuisce che, a titolo  di  concorso  al  consolidamento  dei  conti
pubblici  attraverso  il  contenimento  della  dinamica  della  spesa
corrente nel rispetto degli obiettivi di  finanza  pubblica  previsti
dall'aggiornamento del programma di stabilita' e crescita, dalla data
di entrata in vigore del presente provvedimento, con  riferimento  ai
dipendenti   delle   amministrazioni   pubbliche   come   individuate
dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi  del  comma  3
dell'art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196:  il  riconoscimento
dell'indennita' di buonuscita, dell'indennita'  premio  di  servizio,
del  trattamento  di  fine  rapporto  e  di  ogni  altra   indennita'
equipollente corrisposta una tantum comunque denominata  spettante  a
seguito di cessazione a vario titolo dall'impiego e'  effettuato:  a)
in  un  unico  importo  annuale  se  l'ammontare  complessivo   della
prestazione,  al  lordo  delle  relative   trattenute   fiscali,   e'
complessivamente pari o inferiore a 50.000 euro; b)  in  due  importi
annuali se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo  delle
relative trattenute fiscali, e' complessivamente superiore  a  50.000
euro ma inferiore a 100.000 euro e, in tal  caso,  il  primo  importo
annuale e' pari a 50.000 euro e il secondo importo  annuale  e'  pari
all'ammontare residuo; c)  in  tre  importi  annuali  se  l'ammontare
complessivo della prestazione, al  lordo  delle  relative  trattenute
fiscali, e' complessivamente uguale o superiore a 100.000 euro e,  in
tal caso, il primo importo annuale e' pari a 50.000 euro, il  secondo
importo annuale e' pari a 50.000 euro e il terzo importo  annuale  e'
pari all'ammontare residuo. 
    La parte ricorrente, collocata a riposo dal 1° settembre 2016, ha
pacificamente diritto al trattamento in esame in  maniera  rateale  e
dilazionata, con pagamento dell'ultima rata al settembre del 2020. 
    La retribuzione,  in  ragione  della  natura  sinallagmatica  del
contratto di  lavoro,  costituisce  il  corrispettivo  dell'attivita'
lavorativa svolta e deve quindi, strutturalmente, essere  connessa  a
tale attivita'. In questa prospettiva, nell'ambito  del  rapporto  di
lavoro  privato,  il  trattamento  di  fine   rapporto,   in   quanto
retribuzione, seppure differita, deve essere corrisposto  al  momento
della risoluzione del rapporto stesso ai  sensi  dell'art.  2120  cc,
senza attendere il  decorso  dei  tempi  tecnici  dell'  azienda  per
quantificare l'importo dovuto. 
    L'art. 36 Cost. statuisce che il lavoratore  ha  diritto  ad  una
retribuzione proporzionata alla qualita' e quantita' del suo lavoro e
in ogni caso sufficiente ad assicurare e a se' ed alla  sua  famiglia
una esistenza libera e dignitosa. 
    Tale principio esprime la funzione  sociale  della  retribuzione,
consistente  nel  rappresentare   la   stessa,   per   i   lavoratori
subordinati, il mezzo prevalente di soddisfacimento  dei  bisogni  di
vita. La proporzionalita' e la sufficienza della  retribuzione  vanno
pertanto considerate come un'endiadi, essendo l'una il  completamento
dell'altra  ed  esprimendo  un  unico  principio,  che  implica,   in
particolare, la garanzia di effettivita' del credito  retributivo,  e
quindi l'esigenza  di  approntarne  la  struttura  in  modo  tale  da
garantirne l'effettivo soddisfacimento. 
    Il  carattere  dell'adeguatezza,  strettamente   collegato   allo
strutturale  carattere  corrispettivo  della  retribuzione,  mira   a
garantire al lavoratore  una  utilita'  congrua  rispetto  al  valore
professionale dell'attivita' prestata.  Tale  carattere,  considerato
sotto l'aspetto funzionale sopra individuato, attiene non  solo  alla
entita' della retribuzione, ma anche  alla  tempestivita'  della  sua
corresponsione. 
    E' infatti evidente che una retribuzione  corrisposta  con  ampio
ritardo  ha  per  il  lavoratore  una  utilita'  inferiore  a  quella
corrisposta tempestivamente.  In  questa  ottica,  la  corresponsione
tardiva della  retribuzione,  anche  se  nella  giusta  entita',  non
risponde alla quantita' e qualita' del lavoro tempestivamente fornito
e puo' anche essere di ostacolo ad una esistenza libera e  dignitosa.
Anzi, in certe situazioni di necessita', dal pagamento tempestivo  di
una retribuzione incongrua puo' anche derivare,  per  il  lavoratore,
una maggiore utilita' al fine di assicurarsi una esistenza  libera  e
dignitosa. 
    La retribuzione, pertanto, da una parte, non deve mai perdere  il
suo collegamento con la prestazione lavorativa svolta e, dall' altro,
deve essere adeguata e sufficiente ai sensi dell'art. 36 Cost. 
    Essa deve dunque essere corrisposta tempestivamente  e  non  puo'
essere diluita strutturalmente oltre la  fuoriuscita  dal  mondo  del
lavoro. 
    Il  ritardo,  infatti,  comporta  sia  un'attenuazione  di  detto
strutturale collegamento, fino, in  alcuni  casi,  ad  eliderlo,  sia
l'inadeguatezza ed insufficienza del corrispettivo, non  per  la  sua
entita', ma per la sua minore attitudine a garantirne  la  congruita'
in rapporto alla tempestivita' del lavoro svolto e ad assicurare  una
esistenza libera e dignitosa. In particolare, in relazione al secondo
profilo, un retribuzione corrisposta in ampio ritardo non e' adeguata
rispetto ad una prestazione  lavorativa  tempestivamente  fruita:  la
tempestivita' della prestazione e'  infatti  uno  degli  aspetti  che
influiscono sulla sua qualita'. 
    In questa prospettiva la  corresponsione,  anch'essa  successiva,
degli accessori non ha alcuna rilevanza. 
    Cio' a maggior ragione nel settore del pubblico impiego,  per  il
quale vige, in via generale,  il  divieto  di  cumulo  ai  sensi  del
combinato disposto degli articoli 16 comma 6, legge n. 412/1991 e 22,
comma 36,  legge  n.  724/1994,  e,  nel  caso  di  specie,  la  sola
corresponsione di interessi dopo tre mesi; corresponsione,  pertanto,
senz'altro  incongrua  ai  fini  della  garanzia  dell'adeguatezza  e
sufficienza della retribuzione di cui all'art. 36 Cost. 
    Anche il trattamento per la cessazione  del  rapporto  di  lavoro
deve, pertanto - in quanto retribuzione, seppure differita  -  essere
restituito in tale momento, solo cosi' potendosi configurare  la  sua
adeguatezza  e  sufficienza  in  relazione  al   periodo   lavorativo
pertinente. Cio' a maggior ragione se si considera che, notoriamente,
il lavoratore, sia pubblico che privato, specie se in eta'  avanzata,
in  molti  casi  si  propone  -  proprio  attraverso  l'integrale  ed
immediata percezione di detto trattamento - di recuperare  una  somma
gia' spesa o in via di erogazione per  le  principali  necessita'  di
vita (per esempio, acquisto di una casa, spese per il  matrimonio  di
un figlio, necessita' di cure mediche, ecc.), ovvero di  fronteggiare
o adempiere in modo definitivo ad impegni  finanziari  gia'  assunti,
magari da tempo (per esempio, estinzione di un mutuo). 
    L'art. 3 Cost. statuisce l'eguaglianza dei cittadini dinanzi alla
legge. 
    La Corte costituzionale ha ritenuto che, malgrado la  progressiva
assimilazione  del  rapporto   di   lavoro   contrattualizzato   alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni con quello alle dipendenze
dei  datori  di  lavoro   privati,   sussistono   ancora   differenze
sostanziali  che  rendono  le  due  situazioni   non   omogenee.   In
particolare, il  processo  di  omogeneizzazione  incontra  il  limite
«della specialita' del rapporto e  delle  esigenze  di  perseguimento
degli interessi generali (sent. n.  275  del  2001),  conservando  la
pubblica amministrazione, anche in presenza di un rapporto di  lavoro
ormai contrattualizzato, una "connotazione peculiare", essendo tenuta
"al rispetto dei principi costituzionali di legalita',  imparzialita'
e buon andamento cui e' estranea ogni logica speculativa»  (sent.  n.
82 del 2003). La specificita' del  «lavoro  pubblico,  per  il  quale
rileva  l'art.  97  Cost.»  (sent.  n.  367  del   2006),   legittima
differenziazioni di trattamento rispetto  al  lavoro  privato  e  «le
peculiarita' del contratto collettivo nel pubblico  impiego,  che  e'
efficace erga omnes, e'  funzionale  all'interesse  pubblico  di  cui
all'art. 97 Cost. ed e' inderogabile sia in peius che in  melius,  e'
oggetto di diretto sindacato da parte della Corte di  cassazione  per
violazione  e  falsa  applicazione»  influiscono  anche   sul   piano
processuale  determinando  «l'impossibilita'  di  ritenere  a  priori
irrazionali le peculiarita'» (sent. n. 199/2003). 
    Nel caso in esame, la disparita' di trattamento  tra  il  settore
pubblico e quello privato contrattualizzato puo' trovare la sua unica
giustificazione, a livello costituzionale, nell'art. 81,  che  tutela
l'equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio statale, «tenendo
conto  delle  fasi  avverse  e  delle  fasi  favorevoli   del   ciclo
economico». 
    Si tratta quindi di valutazione  incentrata  sul  contemperamento
del diritto tutelato dall'art. 36 Cost. con l'interesse collettivo al
contenimento della spesa pubblica; interesse quest'ultimo al quale fa
riferimento l'art. 12  censurato  e  che  deve  essere  adeguatamente
ponderato nel pertinente contesto. 
    La direttiva  8  novembre  2011,  n.  2011/85/UE  (Direttiva  del
Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli  Stati
membri) corrobora  la  necessita'  di  considerare  le  politiche  di
bilancio  in  una  dimensione  pluriennale,  puntualizzando  che  «la
maggior  parte  delle  misure  finanziarie  hanno  implicazioni   sul
bilancio che vanno oltre il ciclo di bilancio  annuale»  e  che  «una
prospettiva annuale non costituisce pertanto una  base  adeguata  per
politiche di bilancio solide» (considerando n. 20). 
    Si  tratta,  invero,  di  provvedimenti  che,  pur   diversamente
modulati, si applicano  all'intero  comparto  pubblico  ed  impongono
limiti  e  restrizioni  generali  in  una  dimensione  che  la  Corte
costituzionale ha connotato in senso solidaristico (sentenza  n.  310
del 2013, punto 13.5. del Considerato in diritto). 
    La ragionevolezza delle misure varate deve  tuttavia  trovare  il
proprio  fondamento  nella  particolare  gravita'  della   situazione
economica e finanziaria del momento,  concomitante  con  l'intervento
normativo, che deve inserirsi in un disegno organico improntato a una
dimensione programmatica, scandita  su  un  periodo  determinato,  in
linea con l'esigenza di governare  una  voce  rilevante  della  spesa
pubblica, quale e' il costo delle retribuzioni nel  pubblico  impiego
contrattualizzato,  anche   in   relazione   all'eventuale   crescita
registrata in confronto all'incremento delle retribuzioni del settore
privato. 
    L'emergenza  economica,  in  linea  di  principio,  pur   potendo
giustificare un intervento temporaneo e  mirato  sui  trattamenti  di
fine  rapporto,  non  puo'  infatti   avvalorare   un   irragionevole
protrazione, in via  permanente,  della  dilazione  e  scaglionamento
degli stessi. Si finirebbe, in tal modo, per oscurare il criterio  di
proporzionalita' della retribuzione, riferito alla quantita'  e  alla
qualita' del lavoro svolto (arg. da sentenza n. 178/2015, sentenza n.
124/1991). 
    Ne consegue che una  corresponsione  dilazionata  e  rateale  del
trattamento  di  fine  rapporto  nell'ambito  del  pubblico   impiego
contrattualizzato  puo'  essere  disposta  in  via  congiunturale   e
programmatica, comunque temporanea, con  specifico  riferimento  alla
gravita' della situazione economica  in  un  determinato  periodo  di
crisi, e non in via generale, permanente e definitiva - come avvenuto
con la normativa in esame  -  verificandosi,  in  tal  modo  sia  una
violazione  dei  principi  di   adeguatezza   e   sufficienza   della
retribuzione  di  cui  all'art.  36  Cost.  che  una  violazione  del
principio di parita' di trattamento  di  cui  all'art.  3  Cost.  con
riferimento alla situazione del rapporto di lavoro privato. 
    Quanto alla rilevanza della questione di  legittimita'  proposta,
e'  evidente  che  il  suo  accoglimento  renderebbe  illegittima  la
dilazione  e  rateizzazione  della   indennita'   di   buonuscita   e
consentirebbe alla  parte  ricorrente  di  richiedere  l'accoglimento
delle pretese azionate. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
agli articoli 3 e 36 della Costituzione, la questione di legittimita'
degli articoli 3, comma 2, decreto-legge n. 79/1997,  convertito  con
modificazioni nella legge n. 140/1997, e successive modificazioni,  e
12, comma 7, decreto-legge n. 78/2010, convertito  con  modificazioni
nella legge n. 122/2010, e successive modificazioni. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Manda alla cancelleria per la notifica della  presente  ordinanza
alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e per
la comunicazione della  stessa  ordinanza  ai  presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. 
        Roma, 12 aprile 2018 
 
                        Il Giudice: Nunziata 
 





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