N.
136 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 2018
Ordinanza
del 12 aprile 2018 del Tribunale di Roma nel procedimento
civile
promosso da xx contro Inps - Istituto nazionale
previdenza
sociale.
Previdenza
- Impiego pubblico - Trattamenti di
fine servizio,
comunque
denominati, spettanti a seguito di cessazione dall'impiego
-
Termini e modalita' di corresponsione.
-
Decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79
(Misure urgenti per il
riequilibrio
della finanza pubblica),
convertito, con
modificazioni,
nella legge 28 maggio 1997, n. 140, art. 3, comma 2,
e
successive modificazioni; decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78
(Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e di
competitivita'
economica), convertito, con modificazioni,
nella
legge
30 luglio 2010, n. 122, art. 12, comma
7, e successive
modificazioni.
(GU
n.40 del 10-10-2018 )
IL
TRIBUNALE DI ROMA
2ª
Sezione Lavoro
nella
persona del giudice Alessandro Nunziata, all'esito
della
Camera
di consiglio del 12 aprile 2018, ha pronunciato la
seguente
ordinanza
nella causa civile in I grado iscritta al n. 4942-17 RGAC,
vertente
tra xxx xxx, rappresentata e difesa dall'avv. Irene
Manfroni,
ricorrente e Inps - Istituto nazionale della
previdenza
sociale,
rappresentato e difeso dall'avv. Flavia Incletolli.
Ritenuto
in fatto
xxx
xxx, ex dipendente del Ministero della giustizia in
pensione
per anzianita' dal 1°
settembre 2016, lamenta
l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 2, decreto-legge
n.
79 del 1997, convertito in legge n. 140 del 1997,
e successive
modificazioni
e dell'art. 12, comma 7 decreto-legge n. 98 del 2010,
convertito
con modificazioni in legge 30 luglio 2010
n. 122, e
successive
modificazioni in quanto in contrasto
con i principi
costituzionali
di cui agli articoli 2, 3, 36,
53 e 97 della
Costituzione.
Chiede pertanto il riconoscimento del suo diritto
ad
ottenere
il pagamento del dovuto senza dilazione e/o
rateizzazioni
previste
dalla normativa, cosi' come previsto dalla legge n. 1032 del
1973,
e, comunque con riconoscimento degli
interessi legali dal
dovuto
al saldo, e la condanna dell'Inps al pagamento
della somma
dovuta
a titolo di indennita' di buonuscita in ragione
di quanto
spettante
per gli anni di servizio riconosciuti ed
effettivamente
prestati
alle dipendenze della P.A. e delle retribuzioni
percepite,
oltre
interessi o rivalutazione dal dovuto al saldo, con ogni previa
conseguenza
di legge a cio' strumentale;
il tutto previa
disapplicazione
e/o annullamento di tutti
i provvedimenti
presupposti,
conseguenti ovvero comunque altrimenti connessi.
Si
e' costituito l'Inps che ha dedotto la manifesta infondatezza
della
questione di legittimita' costituzionale
sollevata ed ha
chiesto
il rigetto della domanda nel merito.
Ritenuto
in diritto
Il
trattamento di fine servizio (TFS) e' il sistema di
calcolo
della
liquidazione di fine rapporto applicato ai dipendenti pubblici
assunti
prima del 1° gennaio 2001 ed ha
la denominazione di
indennita'
di buonuscita (IBU, regolata dal D.P.R. n. 1032/1973) per
i
dipendenti statali civili e militari gia' iscritti all'ENPAS e
di
indennita'
prestazione di fine servizio (IPS, regolata dalla legge n.
152/1968)
per i dipendenti degli enti locali e del SSN gia' iscritti
all'INADEL.
La
base contributiva e' costituita dal 80% dello stipendio, paga
o
retribuzione annui, considerati al lordo. In sintesi,
l'indennita'
lorda
e' calcolata sul 80% dello stipendio
mensile percepito
nell'ultimo
giorno di' servizio (comprensivo di
13ª mensilita')
moltiplicato
per gli anni di servizio. La contribuzione e' pari
al
9,60%,
di cui 2,50% a carico del lavoratore.
Per
i dipendenti pubblici a tempo indeterminato assunti dal
1°
gennaio
2001 o prima di tale data che hanno optato per il tfr
o a
tempo
determinato con contratto in essere al
30 maggio 2000 o
stipulato
successivamente e per i dipendenti privati la liquidazione
e'
denominata trattamento di fine rapporto (TFR). Tuttavia,
mentre
per
i dipendenti privati il calcolo e' regolato dall'art.
2120 cc,
per
i dipendenti pubblici e' regolato dal decreto del Presidente
del
Consiglio
dei ministri 20 dicembre 1999, che recepisce la disciplina
dell'accordo
del 29 luglio 1999.
Quest'ultima
disciplina segue sostanzialmente le regole del TFR
dei
dipendenti privati, come stabilite dall'art. 2120 cc, in
merito
al
calcolo dei periodi (i servizi frazionati sono considerati a
mese
con
arrotondamento superiore dei 15 giorni di
servizio) e della
prestazione
(pari alla retribuzione anno per anno maturata
divisa
13,5
e rivalutata dell'1,5% fisso e del 75% dell'indice
ISTAT di
rivalutazione).
Il
TFR ha carattere di retribuzione
differita; il TFS ha
carattere
sia di retribuzione differita che previdenziale.
L'art.
26 D.P.R. n. 1032 del 1973 stabilisce che: l'indennita' di
buonuscita,
spettante al dipendente statale e ai
superstiti, e'
liquidata
di ufficio; a tal fine l'amministrazione alla
quale il
dipendente
appartiene o apparteneva trasmette all'amministrazione del
Fondo
di previdenza un progetto di
liquidazione, a favore del
dipendente
stesso o dei suoi superstiti,
corredato della copia
autentica
dello stato di servizio; in caso di cessazione dal servizio
per
limite di eta', gli atti suddetti devono
essere predisposti
dall'amministrazione
competente tre mesi prima ed essere
inviati
almeno
un mese prima del raggiungimento del
limite predetto
all'amministrazione
del Fondo, la quale e' tenuta ad emettere
il
mandato
di pagamento in modo da rendere
possibile la effettiva
corresponsione
dell'indennita' immediatamente dopo la data
di
cessazione
dal servizio e comunque non oltre quindici giorni
dalla
data
medesima; non occorre, in ogni caso, alcuna
comunicazione da
parte
dell'amministrazione statale, alla quale compete
soltanto la
tempestiva
segnalazione dell'eventuale esistenza di motivi ostativi;
nei
casi suddetti, ai fini della liquidazione e della
corresponsione
dell'indennita'
di buonuscita, non occorre che sia preventivamente
perfezionato
il provvedimento di cessazione dal servizio; nei casi di
cessazione
dal servizio per qualsiasi altra causa, l'amministrazione
statale
competente e' tenuta a trasmettere all'amministrazione
del
Fondo
di previdenza gli atti nel termine massimo di quindici
giorni
dalla
data di cessazione dal servizio, in modo che l'amministrazione
del
Fondo predetto possa eseguire, nei confronti
del dipendente
statale,
la effettiva corresponsione dell'indennita' nel piu'
breve
tempo
possibile e comunque non oltre trenta giorni dalla
data di
ricezione
della documentazione; questo ultimo termine vale anche per
la
corresponsione dell'indennita' di buonuscita ai
superstiti del
dipendente.
La legge 20 marzo 1980, n. 75 ha disposto (con l'art. 7,
comma
3) che «I termini stabiliti dal terzo e quinto comma dell'art.
26
del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973,
n.
1032,
per la effettiva corresponsione dell'indennita' di
buonuscita
ai
dipendenti statali sono entrambi elevati a novanta giorni».
L'art.
3, comma 2, decreto-legge n. 79/1997,
convertito con
modificazioni
nella legge n. 140/1991, statuisce, ai fini che
qui
interessano,
che, alla liquidazione dei trattamenti di fine servizio,
comunque
denominati, per i dipendenti pubblici, loro
superstiti o
aventi
causa, che ne hanno titolo, l'ente erogatore provvede decorsi
ventiquattro
mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e, nei casi
di
cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di eta' o di
servizio
previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento
a
riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianita' massima
di
servizio prevista dalle norme di legge
o di regolamento
applicabili
nell'amministrazione, decorsi dodici
mesi dalla
cessazione
del rapporto di lavoro; alla corresponsione agli
aventi
diritto
l'ente provvede entro i successivi tre mesi, decorsi i quali
sono
dovuti gli interessi. L'art. 12, comma 7 del
decreto-legge n.
78/2010,
convertito con modificazioni nella legge
n. 122/2010,
statuisce
che, a titolo di concorso al consolidamento
dei conti
pubblici
attraverso il contenimento della dinamica
della spesa
corrente
nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica
previsti
dall'aggiornamento
del programma di stabilita' e crescita, dalla data
di
entrata in vigore del presente provvedimento, con riferimento
ai
dipendenti
delle amministrazioni pubbliche
come individuate
dall'Istituto
nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma
3
dell'art.
1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196: il riconoscimento
dell'indennita'
di buonuscita, dell'indennita' premio di servizio,
del
trattamento di fine rapporto e di
ogni altra indennita'
equipollente
corrisposta una tantum comunque denominata spettante a
seguito
di cessazione a vario titolo dall'impiego e' effettuato:
a)
in
un unico importo annuale se
l'ammontare complessivo della
prestazione,
al lordo delle relative trattenute
fiscali, e'
complessivamente
pari o inferiore a 50.000 euro; b) in due importi
annuali
se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle
relative
trattenute fiscali, e' complessivamente superiore a
50.000
euro
ma inferiore a 100.000 euro e, in tal caso, il
primo importo
annuale
e' pari a 50.000 euro e il secondo importo annuale e'
pari
all'ammontare
residuo; c) in tre importi annuali se
l'ammontare
complessivo
della prestazione, al lordo delle relative
trattenute
fiscali,
e' complessivamente uguale o superiore a 100.000 euro e, in
tal
caso, il primo importo annuale e' pari a 50.000 euro, il
secondo
importo
annuale e' pari a 50.000 euro e il terzo importo annuale
e'
pari
all'ammontare residuo.
La
parte ricorrente, collocata a riposo dal 1° settembre 2016, ha
pacificamente
diritto al trattamento in esame in maniera rateale
e
dilazionata,
con pagamento dell'ultima rata al settembre del 2020.
La
retribuzione, in ragione della natura
sinallagmatica del
contratto
di lavoro, costituisce il corrispettivo
dell'attivita'
lavorativa
svolta e deve quindi, strutturalmente, essere connessa a
tale
attivita'. In questa prospettiva, nell'ambito del
rapporto di
lavoro
privato, il trattamento di fine
rapporto, in quanto
retribuzione,
seppure differita, deve essere corrisposto al momento
della
risoluzione del rapporto stesso ai sensi dell'art.
2120 cc,
senza
attendere il decorso dei tempi tecnici
dell' azienda per
quantificare
l'importo dovuto.
L'art.
36 Cost. statuisce che il lavoratore ha diritto ad
una
retribuzione
proporzionata alla qualita' e quantita' del suo lavoro e
in
ogni caso sufficiente ad assicurare e a se' ed alla sua
famiglia
una
esistenza libera e dignitosa.
Tale
principio esprime la funzione sociale della
retribuzione,
consistente
nel rappresentare la stessa,
per i lavoratori
subordinati,
il mezzo prevalente di soddisfacimento dei bisogni
di
vita.
La proporzionalita' e la sufficienza della retribuzione
vanno
pertanto
considerate come un'endiadi, essendo l'una il completamento
dell'altra
ed esprimendo un unico principio, che
implica, in
particolare,
la garanzia di effettivita' del credito retributivo, e
quindi
l'esigenza di approntarne la struttura
in modo tale da
garantirne
l'effettivo soddisfacimento.
Il
carattere dell'adeguatezza, strettamente
collegato allo
strutturale
carattere corrispettivo della retribuzione,
mira a
garantire
al lavoratore una utilita' congrua rispetto
al valore
professionale
dell'attivita' prestata. Tale carattere,
considerato
sotto
l'aspetto funzionale sopra individuato, attiene non solo
alla
entita'
della retribuzione, ma anche alla tempestivita'
della sua
corresponsione.
E'
infatti evidente che una retribuzione corrisposta con
ampio
ritardo
ha per il lavoratore una utilita'
inferiore a quella
corrisposta
tempestivamente. In questa ottica, la
corresponsione
tardiva
della retribuzione, anche se nella
giusta entita', non
risponde
alla quantita' e qualita' del lavoro tempestivamente fornito
e
puo' anche essere di ostacolo ad una esistenza libera e
dignitosa.
Anzi,
in certe situazioni di necessita', dal pagamento tempestivo di
una
retribuzione incongrua puo' anche derivare, per il
lavoratore,
una
maggiore utilita' al fine di assicurarsi una esistenza libera
e
dignitosa.
La
retribuzione, pertanto, da una parte, non deve mai perdere il
suo
collegamento con la prestazione lavorativa svolta e, dall' altro,
deve
essere adeguata e sufficiente ai sensi dell'art. 36 Cost.
Essa
deve dunque essere corrisposta tempestivamente e non
puo'
essere
diluita strutturalmente oltre la fuoriuscita dal
mondo del
lavoro.
Il
ritardo, infatti, comporta sia
un'attenuazione di detto
strutturale
collegamento, fino, in alcuni casi, ad
eliderlo, sia
l'inadeguatezza
ed insufficienza del corrispettivo, non per la sua
entita',
ma per la sua minore attitudine a garantirne la
congruita'
in
rapporto alla tempestivita' del lavoro svolto e ad assicurare
una
esistenza
libera e dignitosa. In particolare, in relazione al secondo
profilo,
un retribuzione corrisposta in ampio ritardo non e' adeguata
rispetto
ad una prestazione lavorativa tempestivamente
fruita: la
tempestivita'
della prestazione e' infatti uno degli
aspetti che
influiscono
sulla sua qualita'.
In
questa prospettiva la corresponsione, anch'essa
successiva,
degli
accessori non ha alcuna rilevanza.
Cio'
a maggior ragione nel settore del pubblico impiego, per
il
quale
vige, in via generale, il divieto di cumulo
ai sensi del
combinato
disposto degli articoli 16 comma 6, legge n. 412/1991 e 22,
comma
36, legge n. 724/1994, e, nel
caso di specie, la sola
corresponsione
di interessi dopo tre mesi; corresponsione, pertanto,
senz'altro
incongrua ai fini della garanzia
dell'adeguatezza e
sufficienza
della retribuzione di cui all'art. 36 Cost.
Anche
il trattamento per la cessazione del rapporto di
lavoro
deve,
pertanto - in quanto retribuzione, seppure differita -
essere
restituito
in tale momento, solo cosi' potendosi configurare la sua
adeguatezza
e sufficienza in relazione al periodo
lavorativo
pertinente.
Cio' a maggior ragione se si considera che, notoriamente,
il
lavoratore, sia pubblico che privato, specie se in eta'
avanzata,
in
molti casi si propone - proprio
attraverso l'integrale ed
immediata
percezione di detto trattamento - di recuperare una somma
gia'
spesa o in via di erogazione per le principali
necessita' di
vita
(per esempio, acquisto di una casa, spese per il matrimonio
di
un
figlio, necessita' di cure mediche, ecc.), ovvero di
fronteggiare
o
adempiere in modo definitivo ad impegni finanziari gia'
assunti,
magari
da tempo (per esempio, estinzione di un mutuo).
L'art.
3 Cost. statuisce l'eguaglianza dei cittadini dinanzi alla
legge.
La
Corte costituzionale ha ritenuto che, malgrado la progressiva
assimilazione
del rapporto di lavoro
contrattualizzato alle
dipendenze
delle pubbliche amministrazioni con quello alle dipendenze
dei
datori di lavoro privati, sussistono
ancora differenze
sostanziali
che rendono le due situazioni non
omogenee. In
particolare,
il processo di omogeneizzazione incontra
il limite
«della
specialita' del rapporto e delle esigenze di
perseguimento
degli
interessi generali (sent. n. 275 del 2001),
conservando la
pubblica
amministrazione, anche in presenza di un rapporto di lavoro
ormai
contrattualizzato, una "connotazione peculiare", essendo
tenuta
"al
rispetto dei principi costituzionali di legalita',
imparzialita'
e
buon andamento cui e' estranea ogni logica speculativa»
(sent. n.
82
del 2003). La specificita' del «lavoro pubblico,
per il quale
rileva
l'art. 97 Cost.» (sent. n. 367
del 2006), legittima
differenziazioni
di trattamento rispetto al lavoro privato e
«le
peculiarita'
del contratto collettivo nel pubblico impiego, che
e'
efficace
erga omnes, e' funzionale all'interesse pubblico
di cui
all'art.
97 Cost. ed e' inderogabile sia in peius che in melius,
e'
oggetto
di diretto sindacato da parte della Corte di cassazione
per
violazione
e falsa applicazione» influiscono anche
sul piano
processuale
determinando «l'impossibilita' di ritenere
a priori
irrazionali
le peculiarita'» (sent. n. 199/2003).
Nel
caso in esame, la disparita' di trattamento tra il
settore
pubblico
e quello privato contrattualizzato puo' trovare la sua unica
giustificazione,
a livello costituzionale, nell'art. 81, che tutela
l'equilibrio
tra le entrate e le spese del bilancio statale, «tenendo
conto
delle fasi avverse e delle fasi
favorevoli del ciclo
economico».
Si
tratta quindi di valutazione incentrata sul
contemperamento
del
diritto tutelato dall'art. 36 Cost. con l'interesse collettivo al
contenimento
della spesa pubblica; interesse quest'ultimo al quale fa
riferimento
l'art. 12 censurato e che deve essere
adeguatamente
ponderato
nel pertinente contesto.
La
direttiva 8 novembre 2011, n.
2011/85/UE (Direttiva del
Consiglio
relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati
membri)
corrobora la necessita' di considerare
le politiche di
bilancio
in una dimensione pluriennale,
puntualizzando che «la
maggior
parte delle misure finanziarie hanno
implicazioni sul
bilancio
che vanno oltre il ciclo di bilancio annuale» e
che «una
prospettiva
annuale non costituisce pertanto una base adeguata
per
politiche
di bilancio solide» (considerando n. 20).
Si
tratta, invero, di provvedimenti che,
pur diversamente
modulati,
si applicano all'intero comparto pubblico ed
impongono
limiti
e restrizioni generali in una
dimensione che la Corte
costituzionale
ha connotato in senso solidaristico (sentenza n. 310
del
2013, punto 13.5. del Considerato in diritto).
La
ragionevolezza delle misure varate deve tuttavia trovare
il
proprio
fondamento nella particolare gravita' della
situazione
economica
e finanziaria del momento, concomitante con
l'intervento
normativo,
che deve inserirsi in un disegno organico improntato a una
dimensione
programmatica, scandita su un periodo
determinato, in
linea
con l'esigenza di governare una voce rilevante
della spesa
pubblica,
quale e' il costo delle retribuzioni nel pubblico impiego
contrattualizzato,
anche in relazione all'eventuale
crescita
registrata
in confronto all'incremento delle retribuzioni del settore
privato.
L'emergenza
economica, in linea di principio, pur
potendo
giustificare
un intervento temporaneo e mirato sui trattamenti
di
fine
rapporto, non puo' infatti avvalorare
un irragionevole
protrazione,
in via permanente, della dilazione e
scaglionamento
degli
stessi. Si finirebbe, in tal modo, per oscurare il criterio di
proporzionalita'
della retribuzione, riferito alla quantita' e alla
qualita'
del lavoro svolto (arg. da sentenza n. 178/2015, sentenza n.
124/1991).
Ne
consegue che una corresponsione dilazionata e
rateale del
trattamento
di fine rapporto nell'ambito del
pubblico impiego
contrattualizzato
puo' essere disposta in via
congiunturale e
programmatica,
comunque temporanea, con specifico riferimento alla
gravita'
della situazione economica in un determinato
periodo di
crisi,
e non in via generale, permanente e definitiva - come avvenuto
con
la normativa in esame - verificandosi, in
tal modo sia una
violazione
dei principi di adeguatezza e
sufficienza della
retribuzione
di cui all'art. 36 Cost. che una
violazione del
principio
di parita' di trattamento di cui all'art. 3
Cost. con
riferimento
alla situazione del rapporto di lavoro privato.
Quanto
alla rilevanza della questione di legittimita' proposta,
e'
evidente che il suo accoglimento
renderebbe illegittima la
dilazione
e rateizzazione della indennita' di
buonuscita e
consentirebbe
alla parte ricorrente di richiedere
l'accoglimento
delle
pretese azionate.
P.Q.M.
Dichiara
rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
agli
articoli 3 e 36 della Costituzione, la questione di legittimita'
degli
articoli 3, comma 2, decreto-legge n. 79/1997, convertito
con
modificazioni
nella legge n. 140/1997, e successive modificazioni, e
12,
comma 7, decreto-legge n. 78/2010, convertito con
modificazioni
nella
legge n. 122/2010, e successive modificazioni.
Dispone
l'immediata trasmissione degli atti
alla Corte
costituzionale
e sospende il giudizio in corso.
Manda
alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza
alle
parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e per
la
comunicazione della stessa ordinanza ai
presidenti delle due
Camere
del Parlamento.
Roma,
12 aprile 2018
Il
Giudice: Nunziata
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