Corte giustizia Unione Europea Sez. VII, Sent., 15/06/2023, n. 411/22
Fatto - Diritto P.Q.M.
SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)
15 giugno 2023
"Rinvio pregiudiziale - Sicurezza sociale - Regolamento (CE) n. 883/2004 - Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) - Nozione di "prestazioni di malattia" - Ambito di applicazione - Libera circolazione dei lavoratori - Articolo 45 TFUE - Regolamento (CE) n. 492/2011 - Articolo 7, paragrafo 2 - Vantaggi sociali - Differenza di trattamento - Giustificazioni - COVID-19 - Confinamento di dipendenti ordinato dall'autorità sanitaria nazionale - Indennizzo dei detti dipendenti da parte del datore di lavoro - Rimborso del datore di lavoro da parte dell'autorità competente - Esclusione dei lavoratori frontalieri confinati in virtù di una misura adottata dall'autorità del loro Stato di residenza"
Nella causa C-411/22,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), con decisione del 24 maggio 2022, pervenuta in cancelleria il 21 giugno 2022, nel procedimento
T.F.H. mbH
con l'intervento di:
Bezirkshauptmannschaft Südoststeiermark,
LA CORTE (Settima Sezione),
composta da M.L. Arastey Sahún, presidente di sezione, F. Biltgen (relatore) e J. Passer, giudici,
avvocato generale: M. Szpunar
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
- per la T.F.H. mbH, da T. Katalan, Rechtsanwältin;
- per il governo austriaco, da A. Posch, J. Schmoll e F. Werni, in qualità di agenti;
- per il governo ceco, da O. Serdula, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;
- per il governo finlandese, da M. Pere, in qualità di agente;
- per la Commissione europea, da B.-R. Killmann e D. Martin, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1, e rettifica GU 2004, L 200, pag. 1), nonché dell'articolo 45 TFUE e dell'articolo 7 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione (GU 2011, L 141, pag. 1).
2 Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra la T.F.H. mbH (in prosieguo: la "Thermalhotel Fontana") e la Bezirkshauptmannschaft Südoststeiermark (autorità amministrativa del distretto della Stiria sudorientale, Austria; in prosieguo: l'"autorità amministrativa") in merito al rifiuto di quest'ultima di indennizzare la Thermalhotel Fontana per il mancato guadagno subito dai suoi dipendenti durante i periodi di confinamento ai loro rispettivi domicili in Slovenia e in Ungheria, imposti dalle autorità competenti di tali Stati membri in relazione alla pandemia di COVID-19.
Contesto normativo
Diritto dell'Unione
Regolamento n. 883/2004
3 L'articolo 3 del regolamento n. 883/2004, intitolato "Ambito d'applicazione "ratione materiae"", al paragrafo 1 prevede quanto segue:
"Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:
a) le prestazioni di malattia;
(...)".
4 Ai sensi dell'articolo 5 del regolamento in parola:
"Fatte salve disposizioni contrarie del presente regolamento e in considerazione delle disposizioni particolari di attuazione previste, si applica quanto segue:
(...)
b) se, in virtù della legislazione dello Stato membro competente, sono attribuiti effetti giuridici al verificarsi di taluni fatti o avvenimenti, detto Stato membro tiene conto di fatti o avvenimenti analoghi verificatisi in un altro Stato membro come se si fossero verificati nel proprio territorio nazionale".
Regolamento n. 492/2011
5 L'articolo 7 del regolamento n. 492/2011, ai suoi paragrafi 1 e 2, dispone quanto segue:
"1. Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.
2. Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali".
Diritto austriaco
6 L'Epidemiegesetz 1950 (legge sulle epidemie del 1950), del 14 ottobre 1950 (BGBl. 186/1950), è applicabile alla controversia principale nella versione del 25 settembre 2020 (BGBl. I, 104/2020), per quanto riguarda gli articoli 7 e 32, e nella sua versione del 24 luglio 2006 (BGBl. I, 114/2006), per quanto riguarda il suo articolo 17 (in prosieguo: l'"EpiG").
7 Ai sensi dell'articolo 7 dell'EpiG, intitolato "Confinamento dei malati":
"(1) Con ordinanza vengono individuate le malattie soggette a obbligo di denuncia per le quali possono essere ordinate misure di confinamento per le persone malate, o di cui si sospetta possano essere malate o contagiose.
(1a) Al fine di prevenire la diffusione di una malattia, la cui denuncia è obbligatoria, indicata in un'ordinanza di cui al comma 1, le persone malate, o sospettate di essere malate o contagiose, possono essere confinate o limitate nei loro contatti con il mondo esterno se, tenuto conto della natura della malattia e del comportamento della persona interessata, sussiste un rischio grave e significativo per la salute di altre persone, che non può essere eliminato mediante misure meno restrittive. (...)
(...)".
8 L'articolo 17 dell'EpiG, intitolato "Vigilanza su determinate persone", al paragrafo 1 così dispone:
"Le persone che devono essere considerate portatrici di germi di una malattia, la cui dichiarazione è obbligatoria, possono essere sottoposte ad un'osservazione o ad una sorveglianza speciale di polizia sanitaria. Tali persone possono essere soggette a un obbligo particolare di dichiarazione, a una visita medica periodica e, se necessario, alla disinfezione e al confinamento nella loro abitazione; se il confinamento nell'abitazione non può essere ragionevolmente realizzato, il contenimento e il rifornimento possono essere ordinati in appositi locali".
9 L'articolo 32 dell'EpiG, intitolato "Indennizzo del mancato guadagno", è così formulato:
"(1) Un indennizzo deve essere versato alle persone fisiche e giuridiche e alle società di persone di diritto commerciale per i danni patrimoniali causati dalla limitazione alla loro attività professionale, se e nella misura in cui
1. sono state confinate conformemente agli articoli 7 o 17,
(...)
e ciò comporta un mancato guadagno.
(...)
(2) L'indennizzo è dovuto per ogni giorno coperto dalla decisione amministrativa di cui al paragrafo 1.
(3) L'indennizzo delle persone legate da un contratto di lavoro è calcolato in funzione della retribuzione ordinaria ai sensi della legge sul mantenimento della retribuzione [Entgeltfortzahlungsgesetz], BGBl. n. 399/1974. I datori di lavoro sono tenuti a versare loro l'importo dell'indennizzo concesso alle date abituali di pagamento della retribuzione nell'impresa. Il credito di indennizzo nei confronti dello Stato federale è trasferito al datore di lavoro al momento del pagamento. (...)
(...)".
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
10 La Thermalhotel Fontana ha sede in Austria, dove gestisce un albergo.
11 Nel corso del quarto trimestre del 2020, diversi dipendenti di tale hotel sono stati sottoposti a test per il COVID-19, il cui risultato è stato positivo, circostanza che la Thermalhotel Fontana ha segnalato all'autorità sanitaria austriaca.
12 Tenuto conto del fatto che tali dipendenti risiedevano in Slovenia e in Ungheria, tale autorità non ha imposto loro le misure di confinamento di cui alle disposizioni dell'EpiG, ma ha informato le autorità competenti di tali Stati membri, le quali hanno ordinato a detti dipendenti periodi di confinamento alle loro rispettive abitazioni.
13 Durante tali periodi di confinamento, la Thermalhotel Fontana ha continuato a versare ai dipendenti interessati le loro retribuzioni, conformemente, come risulta dalle osservazioni del governo austriaco, alle pertinenti disposizioni del codice civile e dell'Angestelltengesetz (legge sui lavoratori subordinati) (BGBl. n. 292/1921), nella loro versione derivante dal Bundesgesetz (legge federale) (BGBl. I n. 74/2019), applicabili in quanto il loro contratto di lavoro era disciplinato dal diritto austriaco.
14 Con lettere del 1º dicembre 2020, la Thermalhotel Fontana ha chiesto all'autorità amministrativa, ai sensi dell'articolo 32 dell'EpiG, l'indennizzo del mancato guadagno subito da tali dipendenti durante i loro periodi di confinamento, ritenendosi surrogata nel loro diritto all'indennizzo a causa del versamento della loro retribuzione durante tali periodi. Con decisioni del 29 dicembre 2020, tali domande sono state respinte.
15 Il Landesverwaltungsgericht Steiermark (Tribunale amministrativo regionale della Stiria, Austria) ha respinto in quanto infondati i ricorsi proposti avverso tali decisioni. Constatando che i documenti allegati alle domande di indennizzo erano decisioni o attestazioni provenienti da autorità straniere che imponevano un provvedimento di confinamento ai dipendenti interessati, tale giudice ha indicato che solo una decisione fondata su un provvedimento amministrativo adottato in applicazione dell'EpiG e che comportava un mancato guadagno per i dipendenti faceva sorgere il diritto ad un indennizzo in forza di tale legge.
16 La Thermalhotel Fontana ha proposto avverso tali decisioni di rigetto dei ricorsi per cassazione straordinaria dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), giudice del rinvio, contestando la conformità dell'articolo 32, paragrafi 1 e 3, dell'EpiG, come interpretato dal Landesverwaltungsgericht Steiermark (Tribunale amministrativo regionale della Stiria), all'articolo 45 TFUE e al regolamento n. 883/2004.
17 Secondo il giudice del rinvio, se l'indennizzo di cui all'articolo 32 dell'EpiG dovesse essere qualificato come "prestazione di malattia" ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 883/2004, le autorità e i giudici austriaci dovrebbero, conformemente all'articolo 5, lettera b), di quest'ultimo, tener conto di una decisione di confinamento adottata da un altro Stato membro come se fosse stata adottata da un'autorità austriaca. Tuttavia, il giudice del rinvio ritiene che così non sia e che, pertanto, detta compensazione pecuniaria non rientri nell'ambito di applicazione di tale regolamento. A tal riguardo, esso rileva, in primo luogo, che il beneficiario, impossibilitato a svolgere la sua attività professionale, è indennizzato per un mancato guadagno senza necessariamente essere malato, in quanto una misura di confinamento può essergli imposta a causa di un semplice sospetto di malattia o di infezione. In secondo luogo, l'imposizione di una misura di confinamento non riguarderebbe la guarigione della persona confinata, bensì la protezione della popolazione contro il contagio da parte di tale persona, e l'indennizzo previsto all'articolo 32 dell'EpiG non avrebbe lo scopo di compensare le spese di malattia o di trattamento.
18 Per quanto riguarda l'articolo 45 TFUE e l'articolo 7 del regolamento n. 492/2011, il giudice del rinvio ritiene che la normativa nazionale di cui trattasi imponga indirettamente, quale condizione di indennizzo del datore di lavoro, il fatto che i suoi dipendenti risiedano nel territorio nazionale e che tale condizione costituisca quindi una disparità di trattamento di lavoratori indirettamente fondata sulla cittadinanza di questi ultimi. A tal riguardo, esso rileva che lavoratori frontalieri, come quelli impiegati dalla Thermalhotel Fontana, i cui risultati nei test per il COVID-19 sono stati positivi, a differenza dei lavoratori residenti in Austria che si trovavano nella stessa situazione, non sono stati confinati dall'autorità austriaca. Tuttavia, essi sarebbero stati sottoposti a misure di confinamento analoghe a quelle imposte da tale autorità a titolo delle misure in vigore nel loro Stato membro di residenza, per le quali l'EpiG non prevede alcun diritto all'indennizzo per il mancato guadagno. Il giudice del rinvio ritiene che la circostanza che sia il datore di lavoro che, dopo aver pagato la retribuzione dovuta ai lavoratori in tal modo confinati, faccia valere un diritto all'indennizzo derivato da quello dei lavoratori interessati non abbia alcuna incidenza su tale analisi.
19 In quanto eventuale giustificazione di una simile disparità di trattamento, tale giudice ritiene che quella relativa alla sanità pubblica potrebbe essere presa in considerazione, in quanto il rispetto delle decisioni di confinamento può essere controllato dalle autorità austriache solo nel territorio nazionale, in cui la situazione pandemica può essere diversa da quella esistente in un altro Stato membro. Un'altra giustificazione potrebbe consistere nel fatto che lo Stato austriaco è unicamente responsabile dell'ostacolo all'attività retributiva del lavoratore assoggettato ad un provvedimento di confinamento disposto dalle autorità austriache. Pertanto, il lavoratore frontaliero oggetto della misura di confinamento ordinata dalle autorità del suo Stato membro di residenza potrebbe essere reindirizzato verso tale Stato membro affinché chieda di beneficiare dei regimi di indennizzo eventualmente esistenti in quest'ultimo. In ogni caso, il giudice del rinvio dubita della proporzionalità della differenza di trattamento di cui trattasi.
20 È in tale contesto che il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
"1) Se l'importo dell'indennità dovuta ai lavoratori, durante il loro isolamento in quanto malati di COVID-19 o che abbiano il sospetto di essere malati o infetti, in ragione dei danni patrimoniali subiti per l'impedimento a svolgere la loro attività retribuita, e ad essi inizialmente versata dal datore di lavoro, al quale spetta il diritto all'indennità nei confronti dello Stato austriaco al momento del versamento, costituisca una prestazione di malattia ai sensi dell'articolo. 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 883/2004.
2) Se l'articolo 45 TFUE e l'articolo 7 del regolamento (UE) n. 492/2011 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede l'attribuzione di un'indennità per il mancato guadagno subito dai lavoratori a causa dell'isolamento disposto da un'autorità sanitaria a seguito dell'esito positivo del test COVID-19 (con la conseguenza che l'indennità deve essere versata ai lavoratori in primo luogo dal datore di lavoro e a quest'ultimo spetta pertanto un diritto al rimborso nei confronti del Stato austriaco) a condizione che l'isolamento venga disposto da un'autorità nazionale sulla base di disposizioni epidemiologiche nazionali, cosicché una siffatta indennità non viene corrisposta ai lavoratori che, in qualità di frontalieri, risiedono in un altro Stato membro e il cui isolamento ("quarantena") venga disposto dall'autorità sanitaria del loro Stato di residenza".
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
21 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 883/2004 debba essere interpretato nel senso che l'indennizzo, finanziato dallo Stato, concesso ai lavoratori subordinati per i danni patrimoniali causati dall'ostacolo alla loro attività professionale durante il loro confinamento in quanto persone malate o sospettate di essere contagiose o malate di COVID-19 costituisce una "prestazione di malattia", di cui a tale disposizione, e rientra quindi nell'ambito di applicazione di tale regolamento.
22 A tale proposito occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante della Corte, la distinzione fra le prestazioni escluse dalla sfera di applicazione del regolamento n. 883/2004 e le prestazioni che vi rientrano è basata essenzialmente sugli elementi costitutivi di ciascuna prestazione, in particolare le sue finalità ed i presupposti della sua concessione, e non sul fatto che una prestazione sia o meno qualificata come previdenziale dalla normativa nazionale [sentenza del 15 luglio 2021, A (Assistenza sanitaria pubblica), C-535/19, EU:C:2021:595, punto 28 e giurisprudenza ivi citata].
23 Deriva, quindi, da una giurisprudenza costante che una prestazione può essere considerata prestazione previdenziale se, da un lato, è attribuita ai beneficiari, prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle loro esigenze personali, in base ad una situazione legalmente definita e se, dall'altro, si riferisce ad uno dei rischi espressamente elencati nell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004. Queste due condizioni sono cumulative [sentenza del 15 luglio 2021, A (Assistenza sanitaria pubblica), C-535/19, EU:C:2021:595, punto 29 e giurisprudenza ivi citata].
24 Per quanto riguarda la prima condizione enunciata al punto precedente, si deve ricordare che essa è soddisfatta laddove la concessione di una prestazione avvenga secondo criteri oggettivi che, ove soddisfatti, danno diritto alla prestazione senza che l'autorità competente possa tener conto di altre circostanze personali [sentenza del 15 luglio 2021, A (Assistenza sanitaria pubblica), C-535/19, EU:C:2021:595, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].
25 Nel caso di specie, occorre constatare che la suddetta prima condizione è soddisfatta, in quanto la prestazione di cui trattasi nel procedimento principale è concessa sulla base di criteri oggettivi legalmente definiti, senza che l'autorità competente tenga conto di altre circostanze personali dei lavoratori dipendenti diverse dal loro confinamento e dall'importo del loro salario ordinario.
26 Per quanto riguarda la seconda condizione enunciata al punto 23 della presente sentenza, occorre ricordare che l'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento menziona esplicitamente le "prestazioni di malattia".
27 A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che le "prestazioni di malattia", ai sensi di tale disposizione, hanno come scopo essenziale la guarigione del paziente, procurando le cure che il suo stato di salute richiede, e coprono, quindi, il rischio connesso ad uno stato morbido [sentenza del 15 luglio 2021, A (Assistenza sanitaria pubblica), C-535/19, EU:C:2021:595, punto 32 e giurisprudenza ivi citata].
28 Orbene, ciò non si verifica nel caso di un indennizzo come quello previsto all'articolo 32 dell'EpiG.
29 Infatti, da un lato, per ottenere un siffatto indennizzo, non rileva che la persona oggetto di una misura di confinamento ai sensi dell'EpiG sia o meno effettivamente malata, ovvero che, nel caso di specie, sussista o meno il rischio connesso alla malattia da COVID-19, atteso che, per essere confinati, è sufficiente che tale persona sia sospettata di aver contratto il COVID-19 o di essere entrata in contatto con quest'ultimo. Dall'altro, il confinamento il cui rispetto tale indennizzo mira a incoraggiare non è imposto a fini di guarigione del soggetto confinato, bensì al fine di proteggere la popolazione dal contagio da parte di quest'ultimo.
30 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 883/2004 deve essere interpretato nel senso che l'indennizzo, finanziato dallo Stato, concesso ai lavoratori subordinati per i danni patrimoniali causati dall'ostacolo alla loro attività professionale durante il loro confinamento in quanto persone malate o sospettate di essere contagiose o malate di COVID-19 non costituisce una "prestazione di malattia", ai sensi di tale disposizione, e non rientra quindi nell'ambito di applicazione di tale regolamento.
Sulla seconda questione
31 È alla luce della risposta negativa fornita alla prima questione che occorre rispondere alla seconda questione, con la quale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 45 TFUE e l'articolo 7 del regolamento n. 492/2011 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa di uno Stato membro in forza della quale la concessione di una compensazione per il mancato guadagno subito dai lavoratori a causa di un confinamento ordinato a seguito di un risultato positivo al test di accertamento del COVID-19 è subordinata alla condizione che l'applicazione della misura di confinamento sia disposta da un'autorità di tale Stato membro ai sensi di tale normativa.
32 Occorre ricordare, al riguardo, che l'articolo 45, paragrafo 2, TFUE prevede che la libera circolazione dei lavoratori implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
33 Il principio della parità di trattamento si concretizza altresì nell'articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, il quale precisa che il lavoratore cittadino di uno Stato membro gode, sul territorio degli altri Stati membri, degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali (sentenza del 28 aprile 2022, Gerencia Regional de Salud de Castilla y León, C 86/21, EU:C:2022:310, punto 29 e giurisprudenza citata).
34 Inoltre, la Corte ha dichiarato che l'articolo 7, paragrafo 2, di detto regolamento va a beneficio indifferentemente tanto dei lavoratori migranti residenti in uno Stato membro ospitante quanto dei lavoratori frontalieri che, pur esercitando la loro attività lavorativa subordinata in quest'ultimo Stato membro, risiedono in un altro Stato membro [sentenza del 2 aprile 2020, Caisse pour l'avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero), C-802/18, EU:C:2020:269, punto 26 e giurisprudenza ivi citata].
35 La nozione di "vantaggio sociale" estesa dall'articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 ai lavoratori cittadini di altri Stati membri comprende tutti i vantaggi, connessi o meno a un contratto di lavoro, che sono generalmente attribuiti ai lavoratori nazionali, in ragione principalmente del loro status obiettivo di lavoratori o del semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale, e la cui estensione ai lavoratori cittadini di altri Stati membri risulta quindi atta a facilitare la loro mobilità all'interno dell'Unione e, pertanto, la loro integrazione nello Stato membro ospitante e il richiamo operato da tale disposizione ai vantaggi sociali non può essere interpretato restrittivamente [sentenza del 16 giugno 2022, Commissione/Austria (Indicizzazione delle prestazioni familiari), C-328/20, EU:C:2022:468, punto 95 e giurisprudenza citata].
36 Si deve ritenere che un indennizzo, come quello previsto all'articolo 32 dell'EpiG, costituisca un siffatto "vantaggio sociale". Infatti, secondo la formulazione stessa del paragrafo 1 di tale articolo, essa è versata, in particolare, ai soggetti confinati ai sensi di tale legge a causa dei danni patrimoniali causati dall'ostacolo alla loro attività professionale.
37 Secondo costante giurisprudenza, il principio della parità di trattamento sancito dall'articolo 45, paragrafo 2, TFUE e dall'articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 vieta non soltanto le discriminazioni manifeste, fondate sulla nazionalità, ma anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione che, attraverso l'applicazione di altri criteri distintivi, conduca di fatto al medesimo risultato. Pertanto, una disposizione di diritto nazionale, seppur indistintamente applicabile in base alla nazionalità, deve essere considerata indirettamente discriminatoria qualora sia suscettibile, per sua stessa natura, di pregiudicare maggiormente i lavoratori cittadini di altri Stati membri rispetto ai lavoratori nazionali e rischi, di conseguenza, di penalizzare più in particolare i primi, a meno che essa non sia oggettivamente giustificata e proporzionata all'obiettivo perseguito (sentenza dell'8 dicembre 2022, Caisse nationale d'assurance pension, C-731/21, EU:C:2022:969, punti 31 e 32 e giurisprudenza ivi citata).
38 Nella controversia principale, è pacifico che l'indennizzo di cui all'articolo 32 dell'EpiG è riconosciuto alle sole persone confinate ai sensi di tale legge, in particolare degli articoli 7 e 17 di quest'ultima. Risulta dalla decisione di rinvio che le persone così confinate risiedono generalmente sul territorio austriaco. Per contro, i lavoratori frontalieri di cui trattasi nel procedimento principale, che risiedono in un altro Stato membro, non sono stati confinati ai sensi di detta legge, bensì in applicazione della normativa sanitaria del loro Stato di residenza. Di conseguenza, i danni patrimoniali causati dal loro confinamento non sono risarciti ai sensi di detto articolo 32.
39 Ne consegue, come sottolineato dal giudice del rinvio, che il diritto a tale indennità è indirettamente collegato a una condizione di residenza nel territorio austriaco. Orbene, conformemente ai criteri derivanti dalla giurisprudenza citata al punto 37 della presente sentenza, un siffatto requisito di residenza nel territorio nazionale costituisce, in mancanza di giustificazione, una discriminazione indiretta in quanto, per sua stessa natura, può incidere più sui lavoratori migranti che su quelli nazionali e, di conseguenza, rischia di essere sfavorevole in modo particolare ai primi (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, PF e a., C 830/18, EU:C:2020:275, punto 31 e giurisprudenza citata).
40 Tale conclusione non è inficiata dalla circostanza che, in forza dell'articolo 32, paragrafo 3, dell'EpiG, sono i datori di lavoro dei lavoratori colpiti da una misura di confinamento ai sensi di tale legge ad essere tenuti a versare loro l'importo dell'indennizzo e a vantare, in tal modo, un credito nei confronti dello Stato, mentre, per i lavoratori frontalieri, confinati ai sensi della normativa sanitaria di un altro Stato membro, tali datori di lavoro non hanno diritto, sul fondamento dell'EpiG, ad essere indennizzati dallo Stato austriaco per la retribuzione che essi continuano a versare a questi ultimi durante il loro confinamento.
41 Infatti, la Corte ha dichiarato che le norme in materia di libera circolazione dei lavoratori potrebbero facilmente essere eluse se fosse sufficiente agli Stati membri, per evitare i divieti che esse enunciano, imporre ai datori di lavoro obblighi o condizioni nei confronti di un lavoratore nel suo impiego che, se fossero imposte direttamente a quest'ultimo, costituirebbero restrizioni all'esercizio del diritto di libera circolazione di cui può avvalersi in forza dell'articolo 45 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 4 settembre 2014, S.A., C-474/12, EU:C:2014:2139, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
42 Per quanto riguarda l'esistenza di una giustificazione oggettiva, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 37 della presente sentenza, il giudice del rinvio e il governo austriaco menzionano l'obiettivo della sanità pubblica, in quanto l'indennizzo per il mancato guadagno durante il periodo di confinamento mira a favorire il rispetto di quest'ultimo in quanto misura adottata dalle autorità sanitarie per ridurre il tasso di infezioni. In tale contesto, l'indennizzo delle sole misure di contenimento disposte a titolo dell'EpiG sarebbe giustificato dal fatto che il rispetto di tali misure potrebbe essere controllato solo sul territorio nazionale.
43 A tal riguardo, occorre certamente considerare che è nell'interesse della sanità pubblica, la quale consente, in particolare, conformemente all'articolo 45, paragrafo 3, TFUE, di limitare la libera circolazione dei lavoratori, che siano imposte misure di confinamento come quelle di cui trattasi nel procedimento principale e che sia previsto il pagamento di un indennizzo al fine di incoraggiarne il rispetto.
44 Tuttavia, l'indennizzo delle sole persone confinate in base alla normativa nazionale, nella fattispecie l'EpiG, ad esclusione, in particolare, dei lavoratori migranti confinati in forza delle misure sanitarie vigenti nel loro Stato membro di residenza, non sembra idoneo a conseguire tale obiettivo. Infatti, un indennizzo di tali lavoratori migranti potrebbe parimenti incoraggiare questi ultimi a rispettare il confinamento loro imposto, e ciò a vantaggio della sanità pubblica. Inoltre, per quanto riguarda la possibilità di controllare il rispetto del confinamento, sembra, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, che l'indennizzo di cui all'articolo 32 dell'EpiG sia concesso ai soggetti ammissibili per effetto dell'imposizione di una misura di confinamento nei loro confronti e non a causa del loro rispetto della stessa.
45 Il giudice del rinvio e il governo austriaco sostengono altresì, quale eventuale giustificazione, che l'indennizzo delle sole persone confinate a titolo dell'EpiG deriva dal fatto che è unicamente nei confronti di tali persone che lo Stato austriaco è responsabile dell'ostacolo all'attività professionale causato dalla misura di confinamento e che i lavoratori migranti confinati ai sensi della normativa sanitaria del loro Stato membro di residenza potrebbero orientarsi verso le autorità competenti di tale Stato per far valere il loro eventuale diritto ad un indennizzo in forza di tale normativa.
46 Orbene, una siffatta argomentazione non riguarda, in quanto tale, un obiettivo particolare idoneo a giustificare un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori. Nei limiti in cui, come osserva, in particolare, il governo ceco, essa sarebbe fondata sulla preoccupazione di limitare il costo finanziario dell'indennizzo di cui all'articolo 32 dell'EpiG, occorre ricordare che, sebbene considerazioni di bilancio possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e possano influenzare la natura ovvero la portata dei provvedimenti di tutela sociale che esso intende adottare, esse non costituiscono tuttavia di per sé un obiettivo perseguito da tale politica e non possono, pertanto, giustificare una discriminazione a sfavore dei lavoratori migranti (sentenza del 20 giugno 2013, G. e a., C-20/12, EU:C:2013:411, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).
47 In tale contesto, anche se, come sostiene il governo austriaco, il rifiuto di risarcire il mancato guadagno causato dalle misure di confinamento non disposte ai sensi dell'articolo 32 dell'EpiG mira ad evitare l'arricchimento senza causa di lavoratori migranti parimenti indennizzati dal loro Stato membro di residenza per il confinamento imposto dalle autorità competenti di tale Stato, è giocoforza constatare che un simile rifiuto eccede quanto necessario per evitare una siffatta sovracompensazione. Infatti, come rilevato dalla Commissione, al fine di escludere tale possibilità, è sufficiente che, nella concessione dell'indennizzo, le autorità austriache tengano conto dell'indennizzo già versato o dovuto ai sensi della normativa di un altro Stato membro, eventualmente riducendone l'importo.
48 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l'articolo 45 TFUE e l'articolo 7 del regolamento n. 492/2011 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro in forza della quale la concessione di un indennizzo per il mancato guadagno subito dai lavoratori a causa di un confinamento ordinato a seguito di un risultato positivo al test di individuazione del COVID-19 è subordinata alla condizione che l'imposizione della misura di confinamento sia stata disposta da un'autorità di tale Stato membro ai sensi di tale normativa.
Sulle spese
49 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:
1) L'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale,
dev'essere interpretato nel senso che:
l'indennizzo, finanziato dallo Stato, concesso ai lavoratori subordinati per i danni patrimoniali causati dall'ostacolo alla loro attività professionale durante il loro confinamento in quanto persone malate o sospettate di essere contagiose o malate di COVID-19 non costituisce una "prestazione di malattia", ai sensi di tale disposizione, e non rientra quindi nell'ambito di applicazione di tale regolamento.
2) L'articolo 45 TFUE e l'articolo 7 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione,
devono essere interpretati nel senso che:
essi ostano a una normativa di uno Stato membro in forza della quale la concessione di un indennizzo per il mancato guadagno subito dai lavoratori a causa di un confinamento ordinato a seguito di un risultato positivo al test di individuazione del COVID-19 è subordinata alla condizione che l'imposizione della misura di confinamento sia stata disposta da un'autorità di tale Stato membro ai sensi di tale normativa.
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