Corte d'Appello Roma Sez. lavoro, Sent., 09/06/2023
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI ROMA
III SEZIONE LAVORO
composta da
dr. Stefano Scarafoni - Presidente rel.
dr.ssa Maria Gabriella Marrocco - Consigliere
dr. Vincenzo Turco - Consigliere
all'udienza di discussione del 7giugno 2023 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello n. 3516/2019
TRA
INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale rappresentato e difeso dall'avv. Sordillo Michele ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Cesare Beccaria 29;
APPELLANTE
E
X
APPELLATO
OGGETTO: appello avverso sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Roma n. 4017/2019 del 24 aprile 2019
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con ricorso al giudice del lavoro del Tribunale di Roma, depositato in data 26 aprile 2018, M.M., lavoratore dello spettacolo, esponeva:
- di avere presentato, in data 25 febbraio 2016, domanda di pensione di anzianità;
- che l'INPS (Polo lavoratori dello spettacolo), con lettera del 23 novembre 2016, ha accolto la domanda ed ha riconosciuto il diritto alla pensione, in via provvisoria, con decorrenza 1 marzo 2016 e, in ordine alla quantificazione della stessa, ha precisato che l'importo mensile loro della pensione ammontava ad Euro 3.263,28, di cui Euro 1.690,94 relativo alla quota B concernente il periodo di contribuzione dal 1 gennaio 1993 al 31 dicembre 2011;
- di avere maturato, alla data di decorrenza della pensione (1 marzo 2016), come dimostrato dall'estratto contributivo e da dettagliati conteggi, n. 5.591 contributi giornalieri dal 1 gennaio 1993 al 31 dicembre 2011, di competenza della quota B, mentre l'Istituto aveva calcolato la pensione relativa a detta quota sulla base di n. 5.241 contributi;
- di avere proposto, in data 2 febbraio 2017, ricorso amministrativo on line avverso il provvedimento di liquidazione della pensione con decorrenza 1 marzo 2016 per mancato conteggio di una parte della contribuzione versata risultante dall'estratto contributivo e per errata e/o parziale applicazione dell'articolo 4, comma 8, del D.Lgs. n. 181 del 1997;
- che l'INPS, Gestione ex ENPALS, non aveva provveduto alla definizione formale del ricorso amministrativo nei termini di legge.
Il ricorrente chiedeva, quindi al Tribunale di accogliere le seguenti richieste: "accertare e dichiarare l'illegittimità del provvedimento dell'INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in R., via C. il G. n. 21, (in qualità di successore a titolo universale dell'ENPALS - Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Lavoratori dello Spettacolo, soppresso ex art. 21 D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 pubblicato sulla G.U. n. 284del 06.12.2011, convertito ex L. n. 214 del 22 dicembre 2011) di liquidazione della pensione con decorrenza 1 marzo 2016 nella parte in cui determina la Quota B utilizzando un numero di contributi giornalieri "inferiore" rispetto a quello risultante dall'estratto contributivo in atti; ed utilizzando come base di calcolo la media delle retribuzioni, "ridotta" al limite di L. 315.000, rivalutate, a decorrere dal 1 gennaio 1998, anno per anno sulla base dell'indice ISTAT;
accertare e dichiarare che il numero di contributi giornalieri di competenza della Quota B è pari a 5.591; o, ma salvo gravame, per tutti, di diversi numeri ritenuti di giustizia; accertare e dichiarare che l'importo della Quota B del supplemento deve essere determinato utilizzando tutti i contributi giornalieri risultanti dall'estratto contributivo (pari a 5.591), e utilizzando come base di calcolo la media "effettiva" delle 1.900 migliori retribuzioni (in luogo di quella "ridotta" utilizzata dall'Inps) e quindi l'importo pari a Euro 626,98, o quello diverso ritenuto di giustizia;
accertare e dichiarare che l'importo lordo mensile della Quota B, calcolato utilizzando tutti i contributi giornalieri risultanti dall'estratto contributivo di competenza, e utilizzando come base di calcolo la media "effettiva" delle migliori 1.900 retribuzioni giornaliere, è pari a Euro 3.395,30 o, ma salvo gravame, alla diversa somma ritenuta di giustizia;
per l'effetto:
condannare l'INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in R., via C. il G. n. 21, (in qualità di successore a titolo universale dell'ENPALS - Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Lavoratori dello Spettacolo, soppresso ex art. 21 D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 pubblicato sulla G.U. n. 284 del 06.12.2011, convertito ex L. n. 214 del 22 dicembre 2011) a procedere alla riliquidazione della Quota B utilizzando come base di calcolo la media "effettiva" delle migliori 1.900 retribuzioni pari a Euro 626,98 e utilizzando tutti i contributi giornalieri del periodo di competenza risultanti dall'estratto contributivo in atti pari a 5.591; e quindi condannare l'INPS, a liquidare la Quota B in una somma mensile lorda pari a Euro 3.395,30, o in quella diversa ritenuto di giustizia;
condannare l'INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in R., via C. il G. n. 21, (in qualità di successore a titolo universale dell'ENPALS - Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Lavoratori dello Spettacolo, soppresso ex art. 21 D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 pubblicato sulla G.U. n. 284 del 06.12.2011, convertito ex L. n. 214 del 22 dicembre 2011), a corrispondere all'esponente le differenze tra gli importi giuridicamente spettanti e quelli, inferiori, effettivamente percepiti a seguito degli errori dell'Ente sopra descritti, dal giorno a decorrere dal quale è stato riconosciuto il diritto a quello dell'effettiva riliquidazione degli stessi, e quindi condannare l'INPS a corrispondere a partericorrente l'importo differenziale pari a Euro 1.704,36 per la Quota B dal 1 MARZO 2016 per tredici mensilità l'anno, e quindi ad una somma complessiva calcolata fino al 30 marzo 2018 pari a Euro 44.313,36, oltre quelle successivamente maturate o, ma salvo gravame, a quella diversa ritenuta di giustizia; condannare l'INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in R., via C. il G. n. 21, (in qualità di successore a titolo universale dell'ENPALS - Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Lavoratori dello Spettacolo, soppresso ex art. 21 D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 pubblicato sulla G.U. n. 284 del 06.12.2011, convertito ex L. n. 214 del 22 dicembre 2011), a corrispondere a parte ricorrente su tutte le somme che precedono interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo".
Si costituiva l'INPS contestando il ricorso ed eccependone, tra l'altro, la nullità per indeterminatezza della domanda, la decadenza, la prescrizione, e contestando inoltre la fondatezza delle pretese avversarie di cui chiedeva il rigetto.
2. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale, in accoglimento della domanda, ha così pronunciato: "dichiara il diritto della parte ricorrente al ricalcolo della base di calcolo della quota B del trattamento pensionistico Inps, già Enpals, in suo godimento, nella misura di Euro 626,28 con decorrenza 1.3.2016, utilizzando i 5.591 contributi giornalieri del periodo di competenza del supplemento;
condanna l'Inps alla riliquidazione, secondo quanto in precedenza indicato, della quota B dei supplementi di pensione e al pagamento in favore della parte ricorrente degli importi differenziali di Euro 1.704,36 a decorrere dall'1.3.2016 per 13 mensilità all'anno, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo".
Il Tribunale, respinte in via preliminare le eccezioni di nullità della domanda, di decadenza e di prescrizione, argomenta, nel merito, osservando quanto segue: "occorre altresì rilevare che, alla stregua delle complessive allegazioni delle parti e della documentazione depositata in atti, deve considerarsi non contestato il numero dei contributi versati da parte ricorrente, risultando invece controverso esclusivamente il criterio di calcolo della cosiddetta quota B della pensione in suo godimento e, conseguentemente, il suo ammontare.
La liquidazione della pensione oggetto di controversia, deve infatti essere pacificamente effettuata, ex art. 13 del D.Lgs. n. 503 del 1992, secondo il criterio del pro rata, sommando due distinte quote, la quota A e la quota B, determinate secondo criteri diversi in ragione della disciplina normativa vigente pro tempore.
In particolare la quota A della pensione riguarda l'anzianità contributiva maturata sino al 31/12/1992 ed è regolata dall'art. 12 del D.P.R. n. 1420 del 1971 il quale dispone che "L'importo annuo della pensione si determina applicando il due per cento alprodotto ottenuto moltiplicando la retribuzione giornaliera pensionabile per il numero complessivo dei contributi giornalieri effettivi e figurativi versati ed accreditati tra la data della prima iscrizione all'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e quella di decorrenza della pensione medesima. La retribuzione giornaliera pensionabile è costituita dalla media aritmetica delle 540 retribuzioni giornaliere più elevate tra quelle assoggettate a contribuzione effettiva in costanza di lavoro e quelle relative alla contribuzione figurativa... ".
Il 7 comma dell'art. 12 prevede che "ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile non si prendono in considerazione per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite di L. 315.000. A decorrere dal 1 gennaio 1998 il predetto limite è rivalutato annualmente sulla base dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, così come calcolato dall'ISTAT".
La quota B della pensione riguarda l'anzianità contributiva maturata a partire dal 1/1/1993 ed è disciplinata, per quanto riguarda le modalità di applicazione delle aliquote di rendimento, dall'art. 4, comma 8, del D.Lgs. n. 182 del 1997 il quale dispone che "Ai fini del calcolo dei trattamenti pensionistici aventi decorrenza successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la quota di pensione relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992, 1'aliquota di rendimento annuo del 2 per cento è applicata sino alla quota di retribuzione giornaliera pensionabile corrispondente al limite massimo della retribuzione annua pensionabile in vigore tempo per tempo nell'assicurazione generale obbligatoria diviso per 312. Le quote di retribuzione giornaliera pensionabile eccedenti il suddetto limite sono computate secondo le aliquote di rendimento previste dall'articolo 12 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503".
Tale disposizione si inserisce in una più vasta regolamentazione del trattamento pensionistico dei lavoratori dello spettacolo operata dal D.Lgs. n. 182 del 1997, nell'ambito della radicale riforma del sistema pensionistico introdotta dalla L. n. 335 del 1995 e in ottemperanza alla delega conferita al Governo dall'art. 2, comma 22, di tale legge, al fine di armonizzare con tale riforma i regimi pensionistici sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria.
Nel caso oggetto del presente giudizio parte ricorrente contesta esclusivamente il calcolo effettuato dall'Enpals (oggi Inps) della quota B, risultando in particolare controversa la perdurante applicabilità, nonostante la nuova disciplina introdotta dall'art. 4, comma 8, del D.Lgs. n. 182 del 1997, ai fini della determinazione della quota della retribuzione giornaliera pensionabile, del limite massimo di £. 315.000 (attualmente Euro 162,68) previsto dall'art. 12, comma 7, del D.P.R. n. 1420 del 1971.
A tal riguardo si ritiene di aderire alle conclusioni già raggiunte dalle pronunce precedentemente emesse da questo Tribunale e prodotte in atti da parte ricorrente(Trib. Roma n. 8516/2014 Giud. Armone, Trib. Roma n. 9109/2014 Giud. Baroncini, Trib. Roma n. 10572/2014 Giud. Buonassisi, Trib. Roma n. 5039/2015 Giud. Selmi, Trib. Roma n. 7055/2015 Giud. De Ioris).
Si ritiene infatti che la profonda modifica operata, nella determinazione della quota in questione, da parte dell'art. 4, comma 8, del D.Lgs. n. 182 del 1997 (determinando la retribuzione giornaliera pensionabile, sulla base di una frazione della retribuzione annua pensionabile valevole anche per l'AGO, e statuendo per la parte eccedente, senza la previsione di alcun limite, l'applicazione delle stesse aliquote di rendimento previste dall'art. 12 del D.Lgs. n. 503 del 1992), costituisca una disciplina autosufficiente ed incompatibile con il precedente limite massimo di cui all'art. 12, comma 7, del D.P.R. n. 1420 del 1971, non richiamato dal legislatore.
Non può non considerarsi significativa in tal senso la mancata menzione di tale ulteriore limite da parte del legislatore nell'ambito di disposizioni finalizzate specificamente a quantificare, secondo criteri radicalmente diversi, la determinazione della retribuzione giornaliera pensionabile non più in base all'imposizione di un "tetto" massimo ma attraverso l'applicazione di limiti parametrati a quelli vigenti per l'AGO.
Va infine rilevato che l'Inps non ha contestato quanto affermato da parte ricorrente in ordine all'esatto numero di contributi giornalieri da riconoscere per il periodo di competenza in relazione al supplemento di pensione con decorrenza 1.3.2016, asseritamente pari a 5.591, come da estratto contributivo in atti (doc. 1 prod. ricorr.).
La circostanza deve quindi ritenersi provata.
Alla luce di tali considerazioni il ricorso dovrà pertanto essere accolto, con condanna dell'Inps al pagamento delle somme ivi richieste, non avendo l'istituto previdenziale convenuto mosso contestazioni specifiche in ordine alla quantificazione effettuata in ricorso degli importi indicati come dovuti, essendosi limitato genericamente a lamentarne l'incomprensibilità.".
Avverso la suddetta decisione, con ricorso del 23 ottobre 2019, l'INPS interpone appello cui resiste M.M..
3.L'Istituto appellante ha, preliminarmente, articolato un motivo d'impugnazione avverso la decisione di rigetto delle eccezioni di decadenza triennale, ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall'articolo 38 del D.L. n. 98 del 2011, e di prescrizione quinquennale proposte nella memoria difensiva del primo grado.
L'impugnazione, che invero appare di mero stile, è del tutto infondata.
Al riguardo, come già osservato dalla sentenza del Tribunale di Roma, è sufficiente richiamare la circostanza che la domanda di pensione è stata presentata dal M. in data 25 febbraio 2016, il provvedimento di liquidazione del trattamento previdenziale è del 23 novembre 2016 (con decorrenza dal 1 marzo 2016), la domanda giudiziale è stata proposta in data 26 aprile 2018.
Sono sufficienti i dati predetti per concludere che il motivo d'appello debba essere respinto.
4.Con il secondo motivo d'appello l'Inps impugna la sentenza del Tribunale di Roma relativamente al solo criterio di computo della quota B della pensione sulla base delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 182 del 1997, art. 4, comma 8, senza l'applicazione del tetto massimo alle retribuzioni giornaliere previsto dall'articolo 12, comma 7, del D.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall' articolo 1, comma 10 del D.Lgs. n. 182 del 1997, non contestando, invece, l'accertamento effettuato dal giudice di prime cure che la quota stessa debba essere calcolata sulla base dei 5.591 contributi giornalieri versati nel periodo dal 1 gennaio 1993 al 31 dicembre 2011 (accertamento, quest'ultimo, ormai passato in giudicato).
Per quanto riguarda il criterio di computo, sostiene il pensionato che il calcolo della predetta quota vada operato senza l'applicazione del tetto massimo di cui al D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7.
La tesi non è giuridicamente fondata.
Invero, la Suprema Corte con plurime sentenze (a cominciare da Cass. n. 36056/2022) ha affermato il seguente principio di diritto: "In tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della "quota B" della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dal D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, così come da ultimo modificato dal D.Lgs. n. 182 del 1997, art. 1, comma 10; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall'art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all'entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l'INPS".
Più di recente, la Suprema Corte, con la pronuncia n. 8742/2023, ha ribadito che "a tale orientamento va data necessaria continuità, al fine di comporre i diversi interessi in gioco, tutti di rilievo costituzionale, quali, da una parte, garantire trattamenti pensionistici idonei ad assicurare un adeguato tenore di vita nel periodo di quiescenzadel pensionato e dall'altro mantenere l'equilibrio economico-finanziario dell'Istituto previdenziale".
Pertanto, sulla scorta degli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, il motivo d'appello merita accoglimento.
5. Manifestamente infondata, poi, si appalesa la questione di legittimità costituzionale, in relazione all'articolo 76 Costituzione, dell'articolo 4, comma 8, del D.Lgs. n. 182 del 1997 così come interpretato dalla Suprema Corte, sollevata dalla parte appellante, la quale assume che detta interpretazione sarebbe in contrasto con la legge delega (L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 22, lett. a)), laddove prevede, come criterio direttivo, la "commisurazione delle prestazioni pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti".
A tal riguardo Cass. 10852/2023, cui era stata proposta la medesima questione, ha precisato che nei precedenti arresti (tra cui Cass. 36056/22, 38018/22, 870/23, 1775/23), "si è richiamata C. Cost. n. 202/08 che, proprio riguardo al divario tra la retribuzione sottoposta a contribuzione piena (L. 1.000.000) e la retribuzione utile ai fini del calcolo della pensione (L. 315.000), ne ha escluso il contrasto con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza e di adeguatezza e di proporzionalità della tutela previdenziale, "purché una certa proporzionalità venga assicurata e, soprattutto, non sia compromessa la realizzazione delle finalità di cui all'art. 38 Cost." (punto 2 del Considerato in diritto). Si è poi ricordato che la Carta fondamentale non richiede una "necessaria corrispondenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate", in quanto l'adempimento dell'obbligo contributivo trascende l'interesse del singolo soggetto protetto e non obbedisce a una logica meramente corrispettiva (C. Cost. n. 173/86, punto 10 del Considerato in diritto). Dunque, la "commisurazione" delle prestazioni agli oneri contributivi, di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 22, lett. a), una volta letta non nella rigorosa accezione di "necessaria corrispondenza" cui si riferisce parte controricorrente, è rispettata dall'interpretazione qui accolta. Si deve aggiungere che, come ricordato ancora da C. Cost. n. 202/08, la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile si colloca in "un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, quanto all'entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l'INPS; di talché non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione pensionabile senza tenere presente l'intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce" (punto 3 del Considerato in diritto).".
6. L'appello, quindi, merita parziale accoglimento, con conseguente parziale riforma della sentenza impugnata sul punto del criterio di computo della quota B (fermo restando, invece, il numero dei contributi accertati dalla decisione di primo grado).
Considerato che la pretesa è stata avanzata quando ancora la giurisprudenza di legittimità non si era pronunciata sulla questione di merito qui dibattuta (peraltro in precedenza sempre risolta da questa Corte in senso favorevole alla tesi del pensionato) ricorrono gravi ed eccezionali motivi di compensazione delle spese dell'intero processo.
P.Q.M.
In parziale accoglimento dell'appello ed in parziale modifica dell'impugnata sentenza, dichiara che la quota B del trattamento pensionistico Inps, già ex Enpals, di spettanza di M.M. deve essere liquidata, con decorrenza dal 1 marzo 2016, sulla base dei contributi accertati dalla sentenza di primo grado, applicando altresì il limite alle retribuzioni giornaliere previsto dall'articolo 12, comma 7, del D.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 10 del D.Lgs. n. 182 del 1997 e, per l'effetto, condanna l'Inps alla riliquidazione della quota sulla base degli indicati parametri.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi del processo.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2023.
Depositata in Cancelleria il 9 giugno 2023.
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