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giovedì 31 agosto 2023

Cassazione 2023-ingiunzione, nei confronti del Ministero della Giustizia, per il pagamento di Euro1.163,47 ex L. 24 marzo 2001, n. 89 ("legge Pinto"), a titolo di equo ristoro

 

Cassazione 2023-ingiunzione, nei confronti del Ministero della Giustizia, per il pagamento di Euro1.163,47 ex L. 24 marzo 2001, n. 89 ("legge Pinto"), a titolo di equo ristoro



Cass. civ. Sez. II, Ord., (ud. 08/11/2022) 24-08-2023, n. 25203 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE SECONDA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 

Dott. MANNA Felice - Presidente - 

Dott. PAPA Patrizia - Consigliere - 

Dott. CRISCUOLO Mauro - Consigliere - 

Dott. ROLFI Federico - Consigliere - 

Dott. AMATO Cristina - Consigliere - 

ha pronunciato la seguente: 

ORDINANZA 

sul ricorso 30436-2021 proposto da: 

OMISSIS, elettivamente domiciliata in ROMA VIA U. DE CAROLIS, N. 101, presso lo studio degli avvocati FERDINANDO EMILIO ABBATE, MARCO ALUNNI, che la rappresentano e difendono; 

- ricorrente - 

contro 

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende; 

- controricorrente e ricorrente incidentale - avverso il decreto n. 584/2020 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositato l'11.05.2021; 

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08.11.2022 dal Consigliere CRISTINA AMATO. 

Svolgimento del processo 

1. Con decreto n. 367 pubblicato il 17.07.2020, il Consigliere designato della Corte d'Appello di Perugia accoglieva la domanda di ingiunzione, nei confronti del Ministero della Giustizia, per il pagamento di Euro1.163,47 ex L. 24 marzo 2001, n. 89 ("legge Pinto"), a titolo di equo ristoro del danno non patrimoniale subito da OMISSIS a seguito della durata non ragionevole del giudizio parimenti riguardante un'equa riparazione, introdotto presso la stessa Corte d'Appello di Perugia nel settembre 2010 da OMISSIS nei confronti del Ministero della Giustizia, e conclusosi con sentenza di questa Corte n. 18312/2013 di condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di Euro 1.062,50. 

1.1. Stante l'inerzia della P.A. nel pagamento dell'indennizzo, l'odierna ricorrente dava corso alla procedura esecutiva e al giudizio di ottemperanza che si concludeva innanzi al Consiglio di Stato, il quale - con sentenza n. 6871 dell'8.10.2019 - fissava il termine di novanta giorni per provvedere al pagamento. Seguiva, infine, il ricorso ex art. 3, L. n. 89 del 2001, depositato in data 05.06.2020 innanzi alla Corte d'Appello di Perugia per l'equa riparazione dell'irragionevole durata del processo Pinto presupposto. 

2. Il Ministero della Giustizia proponeva opposizione avverso detto decreto, ex art. 5-ter, L. n. 89 del 2001, innanzi alla Corte d'Appello di Perugia in composizione collegiale, la quale - in accoglimento dell'opposizione - con decreto n. 584/2020 - revocava il decreto n. 367, condannando la parte privata alle relative spese di giudizio. A sostegno della sua decisione, argomentava la Corte che l'ordinativo di pagamento emesso in data 18.04.2018 aveva dato attuazione all'effettiva corresponsione del dovuto, così definendo la fase esecutiva e di ottemperanza: il termine semestrale di decorrenza della domanda ex art. 4 L. n. 89 del 2001 era, pertanto, spirato il 18.11.2018, e la domanda promossa in data 05.06.2020 doveva ritenersi tardiva. 

3. Avverso detto decreto proponeva ricorso per cassazione OMISSIS, affidandolo ad un unico motivo. 

Resisteva il Ministero della Giustizia depositando controricorso, proponendo, altresì, ricorso incidentale affidato a due motivi. 

In prossimità dell'adunanza la ricorrente faceva pervenire memoria. 

Motivi della decisione 

I. RICORSO PRINCIPALE. 1. Con l'unico motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione di legge - art. 4, L. n. 89 del 2001: lamenta la ricorrente che, nel caso in cui il creditore dell'indennizzo ex lege Pinto abbia promosso azione esecutiva, la Corte Suprema (Cass. Sez. U, Sentenza n. 19884 del 23/07/2019) ha precisato che il termine di decadenza di sei mesi previsto dalla norma deve essere riferito alla definitività del provvedimento giurisdizionale che ha pienamente realizzato l'interesse del creditore. Nel giudizio di equa riparazione presupposto tale provvedimento giurisdizionale è rappresentato dalla sentenza del Consiglio di Stato che, in data 8.10.2019, accertata la persistente inottemperanza, ha ordinato all'Amministrazione di pagare alla ricorrente quanto da essa dovuto; pertanto, alla data di deposito del ricorso monitorio (introduttivo del presente giudizio), ossia il 05.06.2020, considerando anche i tempi processuali di sospensione per l'emergenza sanitaria in corso, il provvedimento che chiudeva la fase esecutiva non era neanche passato in giudicato. 

1.1. Il motivo è fondato. Il Collegio intende dare continuità al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in virtù del quale: "Ai fini della decorrenza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso ex art. 4 della l. n. 89 del 2001, nel testo modificato dall'art. 55 del D.L. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 134 del 2012, risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 2018, la fase di cognizione del processo che ha accertato il diritto all'indennizzo a carico dello Stato-debitore va considerata unitariamente rispetto alla fase esecutiva eventualmente intrapresa nei confronti dello Stato, senza la necessità che essa venga iniziata entro sei mesi dalla definitività del giudizio di cognizione, decorrendo detto termine dalla definitività della fase esecutiva" (Cass. Sez. U, nn. 19883/4 del 23/07/2019-Rv. 654838 - 01; in senso conforme: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9766 del 26.05.2020). Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione di detto principio (pure richiamato a p. 2, 1 capoverso, del decreto impugnato), dovendosi avere riguardo all'esigenza reputata fondamentale dalla Corte EDU (Bozza c. Italia del 14 settembre 2017) che il creditore riceva concreto ed effettivo soddisfacimento. In questa prospettiva, può reputarsi che, intrapresa inizialmente la procedura esecutiva dinanzi al giudice ordinario, l'emanazione di un'ordinanza di assegnazione possa avere carattere definitivo e possa dalla sua emanazione farsi decorrere il termine per l'introduzione della domanda di equo indennizzo solo nel caso in cui alla pronuncia segua l'effettivo e concreto soddisfacimento della pretesa creditoria. Laddove, invece, come nel caso che ci occupa, pur a fronte dell'emissione di un ordinativo di pagamento delle somme riconosciute, datato 18.04.2018, non sia seguita l'effettiva riscossione del dovuto, deve reputarsi che al creditore sia dato il ricorso al giudizio di ottemperanza. In tal caso, il termine di decadenza di cui all'art. 4 in esame non potrà che decorrere dalla definizione del giudizio di ottemperanza, ossia - nel caso che ci occupa- dall'08.10.2019, data di pubblicazione della pronuncia del Consiglio di Stato. 

1.2. Il decreto merita, pertanto, di essere cassato e il giudizio rinviato alla medesima Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione. 

II. RICORSO INCIDENTALE. 2. Con il primo motivo di ricorso incidentale il Ministero della Giustizia denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 4 l. n. 89/2001, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) Si contesta, in particolare, il divario temporale intercorso tra la chiusura del giudizio Pinto di cognizione presupposto (con sentenza di questa Corte risalente al 31.07.2013), la procedura esecutiva di pignoramento presso terzi (08.10.2014) e la successiva instaurazione del giudizio di ottemperanza (21.07.2017): divario che conferisce una cesura tra il procedimento di cognizione ed esecutivo difficilmente giustificabile. 

2.1. Il motivo è infondato: nella motivazione delle Sezioni Unite nn. 19883/4 del 23/07/2019 dianzi citate, in forza di una giurisprudenza stratificata della Corte EDU, si sottolinea che, ove il debitore sia lo Stato, va ribadita, in parziale rivisitazione dei principi espressi da Cass. SU n. 9142/2016, l'unitarietà del "tempo processo", essendo lo Stato tenuto ad adempiere l'obbligazione pecuniaria senza che sia possibile individuare una condotta abusiva da parte del creditore che rimanga inerte, in attesa dell'adempimento spontaneo del debitore-Stato. Le Sezioni Unite hanno, dunque, chiarito che il concetto di "decisione definitiva" al quale si aggancia il termine di decadenza previsto dall'art. 4 L. n. 89 del 2001 deve essere riferito alla definitività della decisione che conclude la fase di esecuzione eventualmente azionata dal creditore, senza che l'inerzia eventualmente protrattasi fra la definitività della fase di cognizione e l'inizio di quella esecutiva possa ridondare in pregiudizio del creditore, impedendogli di ottenere l'indennizzo integrale per l'irragionevole durata anche del processo di merito a suo tempo definito. 

3. Con il secondo motivo, ove la tempestività della richiesta indennitaria di controparte fosse riconosciuta con esclusivo riferimento al giudizio di ottemperanza, il Ministero della Giustizia lamenta il difetto della propria legittimazione passiva, dovendosi semmai riconoscere quella del Ministero delle Finanze. 

3.1. Il motivo è fondato: il Collegio ritiene che debba darsi continuità alla giurisprudenza di questa Corte in virtù della quale, in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, la parte che intende accampare pretese riparatorie del pregiudizio derivatole dalla non ragionevole durata di giudizi svoltisi, in relazione alla medesima vicenda, davanti a giudici ordinari e a giudici amministrativi deve convenire in giudizio sia il Ministero della Giustizia che la Presidenza del Consiglio (oggi il MEF), non potendo valere la regola della prevalenza, nella formazione del termine irragionevole, di un tipo di giudizio rispetto ad un altro (Cass. Sez. 1, n. 15603 del 07.07.2006). Trova, infatti, applicazione la regola posta dall'art. 4, commi 1 e 2, della L. 25 marzo 1958, n. 260 (Modificazioni alle norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato), a mente della quale "1. L'errore di identificazione della persona alla quale l'atto introduttivo del giudizio ed ogni altro atto doveva essere notificato, deve essere eccepito dall'Avvocatura dello Stato nella prima udienza, con la contemporanea indicazione della persona alla quale l'atto doveva essere notificato. 2. Tale indicazione non è più eccepibile". 

3.2. Spetta, dunque, al giudice del rinvio, ove ritenga fondata la domanda in riferimento a ciascun processo, di esecuzione e di ottemperanza, determinare separatamente l'importo gravante su ognuna delle amministrazioni convenute per il ritardo dei giudizi di rispettiva competenza, previa evocazione in giudizio anche del Ministero delle Finanze, in relazione ai ritardi separatamente ascrivibili ai plessi giurisdizionali di riferimento, posto che la legge individua in maniera disgiunta i soggetti passivamente legittimati per l'eccessiva durata di procedimenti diversi, seppur collegati, la cui durata deve formare oggetto di esame e valutazione autonomi. 

P.Q.M. 

Il Collegio accoglie il ricorso principale; 

rigetta il primo motivo del ricorso incidentale e accoglie il secondo; 

cassa il decreto impugnato e rinvia alla medesima Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio. 

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2022. 

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2023 


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