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martedì 1 febbraio 2011

Corte Costituzionale "...Ad avviso del ricorrente, la disposizione censurata graverebbe le Forze di Polizia di un compito istituzionale obbligatorio non contemplato dalla legge n. 363 del 2003, la quale prevede, all'art. 3, comma 2, che la comunicazione alle Regioni dell'elenco degli infortuni debba essere effettuata unicamente dai gestori degli impianti. Le Forze di Polizia, individuate dall'art. 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), appartengono, peraltro, ad amministrazioni dello Stato: con la conseguenza che la norma regionale violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che riserva in via esclusiva alla legislazione statale la materia dell'ordinamento e dell'organizzazione amministrativa dello Stato...."

Corte cost., Sent., 17-03-2010, n. 104
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

SENTENZA

Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 4, 18 e 20 della legge della Regione Basilicata 22 luglio 2009 n. 22 (Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 18-21 settembre 2009, depositato in cancelleria il 22 settembre 2009 ed iscritto al n. 60 del registro ricorsi 2009.

Udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 2010 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

udito l'avvocato dello Stato Lorenzo D'Ascia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Con ricorso notificato il 18-21 settembre 2009 e depositato il successivo 22 settembre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha proposto, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettere g) e h), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 4, 18 e 20 della legge della Regione Basilicata 22 luglio 2009, n. 22 (Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo).

Premesso che la citata legge regionale detta norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo in attuazione dell'art. 22 della legge statale 24 dicembre 2003, n. 363 (Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo), il ricorrente ne censura, in primo luogo, l'art. 3, comma 4, il quale stabilisce che «i gestori delle aree sciabili attrezzate, i Comuni e le Forze di Polizia, al termine della stagione sciistica annuale, devono trasmettere alla Giunta Regionale, l'elenco degli infortuni verificatisi indicando, ove possibile, anche la dinamica degli incidenti al fine di individuare le piste o i tratti di pista ad elevata frequenza di infortuni».

Ad avviso del ricorrente, la disposizione censurata graverebbe le Forze di Polizia di un compito istituzionale obbligatorio non contemplato dalla legge n. 363 del 2003, la quale prevede, all'art. 3, comma 2, che la comunicazione alle Regioni dell'elenco degli infortuni debba essere effettuata unicamente dai gestori degli impianti. Le Forze di Polizia, individuate dall'art. 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), appartengono, peraltro, ad amministrazioni dello Stato: con la conseguenza che la norma regionale violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., che riserva in via esclusiva alla legislazione statale la materia dell'ordinamento e dell'organizzazione amministrativa dello Stato.

Ad analoga censura si esporrebbero i successivi artt. 18 e 20, in forza dei quali il controllo sull'osservanza delle disposizioni della legge regionale - oltre che di quelle della legge statale - e l'irrogazione delle «relative sanzioni» sono affidati alla Polizia di Stato, al Corpo Forestale dello Stato, all'Arma dei Carabinieri e al Corpo della Guardia di Finanza, oltre che ai corpi di polizia locali. Anche tali norme regionali attribuirebbero, infatti, alle Forze di Polizia ora elencate - in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. - compiti aggiuntivi rispetto alle previsioni della legge n. 363 del 2003, il cui art. 21 demanda alle suddette Forze la vigilanza sul rispetto delle sole disposizioni della legge statale, e non anche di quelle dettate dalle leggi regionali attuative.

Al riguardo, il ricorrente ricorda come la Corte costituzionale abbia, in molteplici occasioni, dichiarato l'illegittimità di norme regionali attributive di nuovi compiti o funzioni a figure istituzionali riconducibili ad amministrazioni statali, sottolineando come la previsione di forme di collaborazione e coordinamento che coinvolgono compiti e attribuzioni dello Stato - certamente non esclusa - non possa, tuttavia, essere frutto di iniziative unilaterali delle Regioni, ma debba trovare fondamento in leggi statali o in accordi tra gli enti interessati.

Secondo la Presidenza del Consiglio dei ministri, gli artt. 18 e 20 della legge regionale si porrebbero in contrasto anche con l'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. La vigilanza sulle disposizioni di legge che stabiliscono regole precauzionali, rivolte tanto ai gestori delle aree sciabili attrezzate che agli utenti delle piste da sci, e l'irrogazione delle sanzioni nei confronti dei soggetti inadempienti atterrebbero, infatti, alla materia dell'ordine pubblico e della sicurezza: materia parimenti attribuita in via esclusiva alla legislazione dello Stato dalla citata norma costituzionale.
Motivi della decisione

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, in via principale, tre disposizioni della legge della Regione Basilicata 22 luglio 2009, n. 22 (Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo), legge emanata in attuazione dell'art. 22 della legge statale 24 dicembre 2003, n. 363 (Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo).

Ad avviso del ricorrente, l'art. 3, comma 4, della legge regionale - imponendo alle «Forze di Polizia» di trasmettere alla Giunta regionale, al termine della stagione sciistica annuale, l'elenco degli infortuni verificatisi, con indicazione, ove possibile, della relativa dinamica - violerebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato» (art. 117, secondo comma, lettera g, della Costituzione). La norma censurata configurerebbe, infatti, a carico di Corpi appartenenti ad amministrazioni statali, un compito non previsto dalla legge n. 363 del 2003, la quale limita l'obbligo di trasmissione dell'elenco degli infortuni ai gestori delle aree sciabili attrezzate (art. 3, comma 2).

Analoga censura viene formulata in rapporto agli artt. 18 e 20, che demandano il controllo sull'osservanza delle disposizioni della legge regionale e l'irrogazione delle «relative sanzioni» alla Polizia di Stato, al Corpo Forestale dello Stato, all'Arma dei Carabinieri e al Corpo della Guardia di Finanza, oltre che ai corpi di polizia locali. Si tratterebbe, difatti, anche in tale caso, di compiti aggiuntivi rispetto alle previsioni della legge n. 363 del 2003, il cui art. 21 affida alle Forze di Polizia dianzi elencate la vigilanza sull'osservanza delle sole disposizioni della legge statale, e non anche di quelle delle leggi regionali attuative.

I medesimi artt. 18 e 20 violerebbero, altresì, l'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., venendo a disciplinare attività riconducibili alla materia «ordine pubblico e sicurezza», parimenti rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.

2. - La questione non è fondata.

3. - Con la legge statale n. 363 del 2003 è stata introdotta, per la prima volta a livello nazionale, una disciplina organica in materia di sicurezza della pratica degli sport invernali da discesa e da fondo: materia precedentemente regolata, in modo frammentario e non omogeneo, solo nell'ambito della legislazione regionale.

Nello stabilire una articolata serie di obblighi e prescrizioni a carico dei gestori delle aree sciabili attrezzate, nonché specifiche «norme di comportamento» cui debbono attenersi gli utenti di dette aree, la citata legge statale prevede, altresì, che entro sei mesi dalla sua entrata in vigore le Regioni debbano adeguare la propria normativa alle disposizioni della legge stessa (art. 22), salva la facoltà di adottare «ulteriori prescrizioni per garantire la sicurezza e il migliore utilizzo delle piste e degli impianti» (art. 18, comma 1).

La Regione Basilicata ha provveduto a disciplinare la materia, in attuazione del citato art. 22, con la legge regionale n. 22 del 2009, recante le disposizioni oggi impugnate: legge largamente ricalcata, anche nella struttura, su quella statale, di cui riprende - spesso in modo pedissequo - gli enunciati, con l'aggiunta di prescrizioni ulteriori e di maggiore dettaglio.

4. - Ciò premesso, questa Corte ha reiteratamente affermato - con particolare riguardo alle censure di violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. - che «le Regioni non possono porre a carico di organi o amministrazioni dello Stato compiti e attribuzioni ulteriori rispetto a quelli individuati con legge statale» (sentenze n. 10 del 2008, n. 322 del 2006 e n. 134 del 2004). Ed ha rimarcato come forme di collaborazione e coordinamento - pure auspicabili - tra apparati statali, regionali e di enti locali, che coinvolgano compiti e attribuzioni di organi dello Stato, non possano essere «disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle Regioni, nemmeno nell'esercizio della loro potestà legislativa», ma debbano «trovare il loro fondamento o presupposto in leggi statali che le prevedano o consentano, o in accordi tra gli enti interessati» (sentenze n. 322 del 2006 e n. 429 del 2004).

Nondimeno, la Corte ha escluso la configurabilità di un vulnus delle competenze statali nel caso di semplice acquisizione di informazioni, trattandosi di strumento con il quale si esplica, ad un livello minimo, la leale cooperazione tra Stato e Regioni, in vista dell'esigenza di garantire il più efficiente esercizio delle attribuzioni tanto statali, quanto regionali (sentenza n. 327 del 2003, con richiamo alla sentenza n. 412 del 1994).

Ciò consente di escludere l'asserita incostituzionalità dell'art. 3, comma 4, della legge della Regione Basilicata n. 22 del 2009, il quale si limita a richiedere alle Forze di Polizia una mera trasmissione di dati relativi agli infortuni sciistici e alla loro dinamica, qualora conosciuta. Dati che - alla stregua di una piana interpretazione logico-sistematica della norma - debbono essere comunque già in possesso delle predette Forze, in quanto acquisiti nello svolgimento del servizio di vigilanza e soccorso nelle località sciistiche, cui le Forze stesse vengono preposte nei modi istituzionali (art. 21 della legge statale n. 363 del 2003 e artt. 18 e 20 della legge regionale).

La comunicazione delle informazioni in questione - espressamente finalizzata ad «individuare le piste o i tratti di pista ad elevata frequenza di infortuni» - si connette, d'altronde, all'attuazione degli obiettivi della normativa in materia, delineati dalla legge statale: raccordandosi in modo particolare al potere - demandato specificamente alle Regioni dall'art. 2, comma 3, della legge n. 363 del 2003 - di individuare le «aree sciabili attrezzate» (quali definite dal comma 1 dello stesso art. 2), nonché quelle specificamente destinate, in una prospettiva di tutela della sicurezza degli utenti, alla pratica delle attività «con attrezzi quali la slitta e lo slittino, ed eventualmente di altri sport della neve», ovvero «interdette, anche temporaneamente, alla pratica dello snowboard» (comma 2).

In conformità al disposto dell'art. 3, comma 2, ultimo periodo, della legge n. 363 del 2003, l'art. 3, comma 5, della legge regionale prevede, inoltre, che i dati raccolti dalla Giunta regionale siano riversati al Ministero della salute.

5. - Quanto, poi, agli artt. 18 e 20 della legge regionale - recanti norme i cui contenuti appaiono largamente sovrapponibili fra loro, tanto da far dubitare della reale utilità della seconda disposizione - deve ritenersi che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, le norme stesse trovano fondamento nella legge statale.

L'art. 21, comma 1, della legge n. 363 del 2003 stabilisce, infatti, che «ferma restando la normativa già in vigore in materia nelle regioni, la Polizia di Stato, il Corpo forestale dello Stato, l'Arma dei Carabinieri e il Corpo della Guardia di finanza, nonché i corpi di polizia locali» - vale a dire, i medesimi soggetti indicati nelle norme regionali censurate - provvedono, «nello svolgimento del servizio di vigilanza e soccorso nelle località sciistiche», «al controllo dell'osservanza delle disposizioni di cui alla presente legge e a irrogare le relative sanzioni nei confronti dei soggetti inadempienti».

Tra le disposizioni sulla cui osservanza, in base alla legge statale, le Forze di Polizia dianzi elencate sono chiamate a vigilare rientra, dunque, anche quella di cui all'art. 18, comma 1, della medesima legge, che - come già ricordato - stabilisce espressamente che le Regioni «possono adottare ulteriori prescrizioni per garantire la sicurezza e il migliore utilizzo degli impianti»: prescrizioni alle quali, in quanto così espressamente legittimate, devono ritenersi, dunque, estesi i compiti di controllo e sanzionatori previsti dal citato art. 21, comma 1. D'altro canto, nel caso che qui interessa, le norme precettive dettate dalla legge della Regione Basilicata n. 22 del 2009 costituiscono, a seconda dei casi, o la mera riproduzione di quelle statali, in attuazione dell'obbligo di adeguamento sancito dall'art. 22 della legge n. 363 del 2003; ovvero prescrizioni aggiuntive ispirate alla predetta finalità di «garantire la sicurezza e il migliore utilizzo degli impianti»
(nessuna censura di esorbitanza da tale obiettivo è stata del resto prospettata dal ricorrente).

Tale conclusione trova ulteriore conforto nel rilievo che il comma 2 dell'art. 18 della legge statale affida specificamente alle Regioni il compito di stabilire - entro determinati limiti minimi e massimi - l'ammontare delle sanzioni amministrative pecuniarie applicabili per la violazione di una serie di precetti posti dalla stessa legge statale, attinenti tanto ai gestori (artt. 5, comma 3, e 6), quanto, e soprattutto, agli utenti delle aree sciabili (artt. 9-13 e 15-17). Compito che è stato assolto dalla Regione Basilicata con l'art. 19 della legge regionale in questione.

Ne deriva che le funzioni di controllo e sanzionatorie delle Forze di Polizia individuate dall'art. 21, comma 1, della legge statale - e, in piena sintonia con esso, dalle norme regionali impugnate - non possono non estendersi anche alle prescrizioni della legge regionale, giacché altrimenti dette Forze si troverebbero a vigilare sull'osservanza di regole cautelari non munite di apparato sanzionatorio.

È opportuno sottolineare, infine, che le norme regionali impugnate - di nuovo, in piena aderenza all'art. 21, comma 1, della legge n. 363 del 2003 - prevedono che i compiti in parola siano espletati dalle Forze di Polizia esclusivamente «nello svolgimento del servizio di vigilanza e soccorso nelle località sciistiche»: ossia sul presupposto di un previo affidamento di tale servizio agli appartenenti ai singoli Corpi, secondo le regole della disciplina (statale) ordinaria.

6. - La sostanziale rispondenza dei citati artt. 18 e 20 della legge regionale alle previsioni della legge statale di riferimento travolge automaticamente anche la censura di violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.: ciò, a prescindere da ogni rilievo in ordine all'asserita attinenza della disciplina censurata alla materia «ordine pubblico e sicurezza».
P.Q.M.

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 4, 18 e 20 della legge della Regione Basilicata 22 luglio 2009, n. 22 (Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo), sollevata, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettere g) e h), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2010.

Dal 9 febbraio in vigore ne norme del codice della strada che prevedono sanzioni più severe per neopatentati


I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale) Circ. 31-1-2011 n. 21 Art. 25 della L. 4 novembre 2010, n. 183. Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, Direzione centrale prestazioni a sostegno del reddito, Coordinamento generale medico legale.

Circ. 31 gennaio 2011, n. 21 (1).

Art. 25 della L. 4 novembre 2010, n. 183.

(1) Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, Direzione centrale prestazioni a sostegno del reddito, Coordinamento generale medico legale.



 

Ai


Dirigenti centrali e periferici
 

Ai


Direttori delle Agenzie
 

Ai


Coordinatori generali, centrali e periferici dei Rami professionali
 

Al


Coordinatore generale medico legale e dirigenti medici

e, p.c.:


Al


Presidente
 

Al


Presidente e ai componenti del Consiglio di indirizzo e vigilanza
 

Al


Presidente e ai componenti del collegio dei sindaci
 

Al


Magistrato della Corte dei Conti delegato all’esercizio del controllo
 

Ai


Presidenti dei comitati amministratori di fondi, gestioni e casse
 

Al


Presidente della commissione centrale per l’accertamento e la riscossione dei contributi agricoli unificati
 

Ai


Presidenti dei comitati regionali
 

Ai


Presidenti dei comitati provinciali




L'art. 25 della L. n. 183/2010 ha stabilito che, nei casi di assenza per malattia dei lavoratori del settore privato, le modalità relative al rilascio e alla trasmissione della certificazione di malattia vengano uniformate a quelle già previste per i lavoratori del settore pubblico ai sensi dell'art. 55-septies del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

Ciò al fine di assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e privato e una maggiore efficacia al sistema dei controlli.

Con tale disposizione si è voluto compiere un ulteriore passo in avanti nel processo di telematizzazione in corso mediante il riconoscimento dell'obbligo, per i medici del SSN o con esso convenzionati, di utilizzare le modalità di trasmissione telematica dei certificati attestanti la malattia dei lavoratori di datori di lavoro privati. L'eventuale inosservanza di tale obbligo comporta l'irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti dei medici inadempienti, così come previsto nella Circ. 11 marzo 2010, n. 1/2010/DFP/DDI del Dipartimento della Funzione pubblica e del Dipartimento della Digitalizzazione della pubblica Amministrazione e innovazione tecnologica.

Peraltro, la legittimazione istituzionale a ricevere tale certificazione è sancita dal medesimo art. 25 laddove recita "al fine di assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e privato, nonché un efficace sistema di controllo delle stesse", in tutti i casi di assenza per malattia dei lavoratori di datori di lavoro privato è prevista la modalità di trasmissione telematica dei certificati di malattia, mediante accesso al Sistema di Accoglienza Centrale (SAC).

Infatti, la normativa vigente (tra le diverse norme si citano l'art. 5 della L. n. 300/1970 nonché l'art. 5, comma 12, del D.L. n. 463/1983 convertito nella L. n. 638/1983) assegna all'Istituto l'obbligo di effettuare visite mediche domiciliari anche dietro richiesta del datore di lavoro privato e nei confronti di lavoratori non assicurati Inps.

L'art. 25 in esame non intende invece apportare alcuna innovazione per quanto concerne la normativa generale inerente la prestazione economica dell'indennità di malattia erogata dall'Inps ai lavoratori del settore privato ai sensi dell'articolo 2 del D.L. n. 663/1979 convertito dalla L. n. 33/1980 e successive modificazioni.

Pertanto, rimane sempre riconosciuta al lavoratore privato la possibilità di richiedere al proprio medico curante, anche qualora questi non sia un medico del SSN o con esso convenzionato, la certificazione attestante lo stato di incapacità lavorativa.


Il Direttore generale

Nori



L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 25
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 55-septies
D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 5
D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 2

Ministero del lavoro e delle politiche sociali Nota 31-1-2011 n. 13/Segr/0000899 Decreto interministeriale 2 novembre 2010. Presentazione prospetto informativo lavoratori disabili. Proroga termini. Emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione per l'innovazione tecnologica e la comunicazione, Direzione generale per il mercato del lavoro

.

Nota 31 gennaio 2011, n. 13/Segr/0000899 (1).

Decreto interministeriale 2 novembre 2010. Presentazione prospetto informativo lavoratori disabili. Proroga termini.

(1) Emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione per l'innovazione tecnologica e la comunicazione, Direzione generale per il mercato del lavoro.



Agli


Assessori al lavoro delle Regioni:
 

-


Valle d'Aosta
   

presidente@regionevda.it
 

-


Piemonte
   

assessore.lavoroeformazione@regione.piemonte.it
 

-


Liguria
   

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-


Lombardia
   

gianni rossoni@regione.lombardia.it
 

-


Veneto
   

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-


Friuli-Venezia Giulia
   

ass.lav.form.comm@regione.fvg.it
 

-


Emilia-Romagna
   

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-


Toscana
   

gianfranco.simoncini@regione.toscana.it
 

-


Marche
   

marco.luchetti@regione.marche.it
 

-


Lazio
   

mzezza@regione.lazio.it
 

-


Umbria
   

economia@regione.umbria.it
 

-


Abruzzo
   

direpalfi@regione.abruzzo.it
 

-


Molise
   

assessore.fusco@giunta.regione.molise.it
 

-


Basilicata
   

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-


Puglia
   

e.gentile@regione.puglia.it
 

-


Campania
   

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-


Calabria
   

segreteria.stillitani@gmail.com
 

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Sicilia
   

assessore.famiglia@regione.sicilia.it
 

-


Sardegna
   

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Agli


Assessori al lavoro delle Province autonome di:
 

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Trento
   

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-


Bolzano
   

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Direttori generali di:
 

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INPS
   

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-


INAIL
   

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INPDAP
   

SegrDirettGen@inpdap.gov.it
 

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ENPALS
   

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INPGI
   

direzione generale@inpgi.it
 

-


Enasarco
   

presidenza@enasarco.it
 

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ENPAIA
   

controllo@enpaia.it
 

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ENPAM
   

presidenza@enpam.it
 

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ENPAP
   

posta@enpap.it affarigenerali@enpap.it
 

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Enpapi
   

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EPPI
   

info@pec.eppi.it
 

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Ipasvi
   

federazione@ipasvi.legalmail.it
 

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ENPAB
   

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EPAP
   

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protocollo@pec.inarcassa.org
 

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Cassa Forense
   

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-


ENPAV
   

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ENPAF
   

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Cassa dottori commercialisti
   

webmaster@cnpadc.it
 

-


ENPACL
   

info@enpacl.it
 

-


Cassa Notariato
   

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Direzioni generali e provinciali del lavoro

Ai


Componenti del Tavolo tecnico SIL

Al


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presidente@consulentidellavoro.it

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CISL
   

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-


UIL
   

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UGL
   

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CISAL
   

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Confsal
   

info@confsal.it
 

-


Sinpa
   

fax 0289540460
 

-


Confindustria
   

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Confcommercio
   

confcommercio@confcommercio.it
 

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Confesercenti
   

presidenza@confesercenti.it
 

-


Confapi
   

direzionegenerale@confapi.org
 

-


ABI
   

abi@abi.it
 

-


ANIA
   

segrgen@ania.it
 

-


Confservizi
   

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Confetra
   

confetra@confetra.com
 

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Confartigianato
   

confartigianato@confartigianato.it
 

-


CNA
   

cna@cna.it
 

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Casartigiani
   

casartigiani@tiscalinet.it
 

-


CLAAI
   

claainazionale@tiscali.it
 

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Confagricoltura
   

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-


Coldiretti
   

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-


CIA
   

organizzazione@cia.it
 

-


Copagri
   

segreteria@copagri.it
 

-


Lega Cooperative
   

info@legacoop.coop
 

-


Confcooperative
   

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-


UNCI
   

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-


AGCI
   

info@agci.it
 

-


Unicoop
   

info@unicoop.it
 

-


CIDA
   

dirigenti@cida.it
 

-


Confedirmit
   

info@confedirm it.it
 

-


CUQ
   

coordina.sinquadri@libero.it
 

-


CIU-Unionquadri
   

segreteria@ciuonline.it
 

-


Confail
   

info@confail.org
 

-


Confedertecnica
   

confedertecnica@confedertecnica.it
 

-


Confprofessioni
   

info@confprofessioni.eu
 

-


USAE
   

info@usae.it
 

-


ACRI
   

info@acri.it
 

-


CIPA
   

edal.dattilo@tiscali.it
 

-


Assosoftware
   

info@assosoftware.it

Alla


Direzione generale per l'attività ispettiva
 

ppennesi@lavoro.gov.it

Al


Capo Dipartimento della funzione pubblica
 

a.naddeo@funzionepubblica.it

Al


Capo Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno
 

liberta.civiliimmigrazione@interno.it
 

Loro Sedi




Come è noto il decreto ministeriale 2 novembre 2010 ha determinato la periodicità e le modalità tecniche per la presentazione del prospetto informativo dei lavoratori disabili, fissando al 31 gennaio di ogni anno il momento in cui i datori di lavoro pubblici e privati che occupano almeno 15 dipendenti costituenti base di computo, per i quali sono intervenuti entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello precedente dell'invio del prospetto, cambiamenti nella situazione occupazionale tali da modificare l'obbligo o da incidere sulla quota di riserva.

La lettera circolare 14 dicembre 2010, n. 13/SEGR/032/R.E. ha fissato le modalità operative per l'invio telematico del prospetto informativo ai servizi informatici messi a disposizione dalle Regioni o, in alternativa, al servizio sussidiario messo a disposizione da questo Ministero per le Regioni che alla data del 15 dicembre 2010 non avevano adeguato i propri sistemi agli standard del citato decreto ministeriale 2 novembre 2010, in considerazione che l'interoperabilità dell'intero sistema impone un avviamento del sistema su tutto il territorio nazionale.

In considerazione che il decreto interministeriale ha profondamente modificato sia i sistemi informatici delle Regioni sia, soprattutto, quelli dei datori di lavoro soggetti all'obbligo, e in ragione dei numerosi quesiti pervenuti a queste Direzioni generali, si informa che la scadenza per la presentazione del prospetto informativo è prorogata al 15 febbraio 2011.


Il Direttore generale

Dott.ssa Grazia Strano



D.M. 2 novembre 2010

lunedì 31 gennaio 2011

ANSA/ CAMORRA: BIMBI IN RIONE CLAN, 'QUI POLIZIOTTI MORIRANNO'

ANSA/ CAMORRA: BIMBI IN RIONE CLAN, 'QUI POLIZIOTTI MORIRANNO'
PARROCO PERIFERIA AFRAGOLA,IN 9.000 'DEPORTATI' E ABBANDONATI
(dell'inviata Patrizia Sessa)
(ANSA) - AFRAGOLA (NAPOLI), 31 GEN - Nel Rione Salicelle,
alla periferia di Afragola (Napoli), le 1400 case sono tutte
uguali, rinchiuse in cubi di cemento color grigio: si rincorrono
lungo viali dove non c'e' nulla. Ne' un albero, ne' un'aiuola,
nemmeno una panchina. Qualcosa c'e': la camorra che comanda.
Li', in circa 9mila sono stati 'deportati', dice il parroco del
quartiere, don Ciro, dopo il terremoto del 1980. E li', dice
sempre don Ciro che tra quei viali ci vive da 21 anni, la
camorra prende cio' che serve: ragazzini per lo spaccio, adulti
per le estorsioni. Tra massimo diciotto mesi, promette il
sindaco di Afragola, proprio in quel rione sara' realizzato un
commissariato di polizia.
Ma, intanto, oggi, fa effetto sentire un gruppetto di
ragazzini, al massimo dieci anni che, tutti in coro, in tono di
sfida, proprio li' davanti a quel nastro tricolore dicono:
''Tanto quei poliziotti moriranno uno alla volta''.
Grazia sorride a chi le chiede se e' difficile vivere al
Rione Salicelle: ''Se sai vivere, vivi'', risponde. Si affaccia
alla finestra, tra mille panni stesi che quasi non fanno vedere
il cielo. ''Vuoi sapere dove sta il parco giochi? Ma come non lo
vedi, sta davanti a te'', e mostra delle vasche con ferri
arrugginiti piene di immondizia. E aggiunge: ''Questa doveva
essere una pista di pattinaggio, bella no?''.
Il sottosegretario all'interno Alfredo Mantovano, anche lui
oggi a Salicelle per l'inaugurazione del cantiere del
commissariato di polizia, guarda i resti di quel che resta di
tanti progetti e chiede al sindaco: 'Ma perche' non si e'
realizzato niente di tutto cio'?''. E Vincenzo Nespoli, primo
cittadino da poco piu' due anni, risponde: 'Io un giorno vi
dimostrero' cosa mi hanno lasciato e cosa io faro'''.
Ma a Rione Salicelle la vita, intanto, e' questa. ''Noi
peggio di Scampia? Certo che no - racconta Caterina, 30 anni- io
sono nata e cresciuta qui e ci sto facendo vivere anche le mie
due bimbe. Certo che possiamo uscire la sera. Non c'e' mica il
coprifuoco. Qui, se ti fai i fatti tuoi, vivi bene''. E il fatto
che si ''vive bene, tranquilli'', lo spiega anche don Ciro.
''Qui e' la camorra che vuole che tutto sia tranquillo - spiega
- non vuole che ci siano problemi, che si attiri l'attenzione.
Niente spaccio, sparatorie, faide. Tutto deve essere in ordine,
perche' la camorra qui vuole comandare tutti. In silenzio ma con
efficacia''. Ma la domenica, racconta, ''ci sono 300 bimbi
seduti a terra che ascoltano la Santa Messa''. E poi i
volontari, ''erano sette ed ora ne sono 50''. E ancora, ''stiamo
realizzando una cooperativa che si occupera' di una
parafarmacia, che dara' lavoro''. Dalla vita rinchiusa nei cubi
di cemento, fa capire il sacerdote, si esce anche cosi'. Al
rione Salicelle tanti sono pregiudicati. Salvatore ha 28 anni,
''purtroppo ora sono disoccupato''. Cammina lungo i viali di
Rione Salicelle: ''Guarda che qui puoi lasciare anche
l'automobile con lo stereo dentro, mica la rubano''. Poco piu'
in la', c'e' Antonio 15 anni, sigaretta accesa stretta in mano.
Gioca a pallone, e ti ricorda scene di ordinaria infanzia.
''Come si vive qui? - dice - Bene. Basta che non guardi e non
senti. Insomma ti fai i fatti tuoi. E cosi' vivi''.(ANSA).

SS
31-GEN-11 18:48 NNNN

Salute: Bologna, da tessuto adiposo staminali contro artrosi

SALUTE: BOLOGNA, DA TESSUTO ADIPOSO STAMINALI CONTRO ARTROSI =
(AGI) - Bologna, 31 gen. - Riparare la cartilagine del
ginocchio attraverso una semplice iniezione: direttamente
nell'articolazione "entrano" cellule in grado di svolgere
un'azione riparatrice e protettiva, in virtu' della loro
natura. Si tratta di cellule mesenchimali, cioe' cellule in
grado di differenziarsi, che provengono dal tessuto adiposo. Su
questa opportunita' di cura dell'osteoartrite, comunemente
detta artrosi, malattia degenerativa della cartilagine che ha
oggi la protesi come unica soluzione a lungo termine, lavora
Adipoa, consorzio europeo riunito da domani all'Istituto
Ortopedico Rizzoli di Bologna per fare il punto sui risultati
sinora raggiunti. "Gli studi preclinici stanno dando buoni
esiti", spiega il professor Andrea Facchini, direttore del
Laboratorio di Immunoreumatologia e Rigenerazione Tissutale del
Rizzoli, "La scelta del tessuto adiposo si conferma valida, in
quanto le cellule staminali che se ne ricavano si sono
dimostrate in grado di rilasciare fattori di crescita che
portano alla riparazione della cartilagine danneggiata. Inoltre
stiamo verificando, in collaborazione con i partner del
progetto che le produrranno, la sicurezza delle cellule
trattate: in pratica, prima di passare alla sperimentazione con
i pazienti, dobbiamo essere convinti che l'isolamento e la
crescita delle cellule ricavate dal tessuto adiposo in
laboratorio non provochino danni al loro patrimonio genetico,
rendendo il trattamento sicuro". Una volta appurati tutti
questi aspetti, il progetto Adipoa, avviato un anno fa sotto il
coordinamento dell'Universita' di Montpellier con un
finanziamento dell'Unione Europea di oltre 9 milioni di euro,
previa approvazione delle Autorita' regolatorie europee,
passera' alla fase clinica, che prevede la sperimentazione con
pazienti affetti da osteoartrite avanzata al ginocchio. (AGI)
Ari
311216 GEN 11

NNNN

Per capire e combattere quello che stiamo vivendo

Per capire e combattere quello che stiamo vivendo

IL SOMMARIO DEL NUOVO NUMERO DI MICROMEGA IN EDICOLA E LIBRERIA
SAGGIO
Paolo Flores d’Arcais - Fascismo e berlusconismoSilvio Berlusconi non è il nuovo Benito Mussolini. E il suo governo è molto diverso da quello fascista. Ma ciò non deve rassicurare. Del fascismo il berlusconismo è l’equivalente funzionale e postmoderno, fondato sulla ‘legalizzazione’ del privilegio e sul dominio dell’immagine. I suoi modelli sono Putin e Gheddafi, e ancor più il Mackie Messer di Bertolt Brecht e il Grande Fratello di George Orwell.

IL SASSO NELLO STAGNO mons. Raffaele Nogaro - Il vero cristiano è antiberlusconiano Da un lato c’è la Chiesa di Ruini e Ratzinger, una Chiesa prona al potere berlusconiano. Dall’altro c’è la Chiesa di Cristo, che non ci sta a mettere in mora i propri princìpi pur di compiacere quel potere. Un duro attacco del vescovo emerito di Caserta, che ammonisce: ‘Non si porta salvezza se si è complici della ingiustizia e della violenza istituzionali’.

ICEBERG - l’involuzione della specie
Andrea Camilleri - Homo berlusconensis Grazie alla televisione Berlusconi ha creato una involuzione di homo sapiens a sua perfetta immagine e somiglianza. Un essere che rifiuta la cultura e l’intelligenza, che osanna alle virtù del Capo, che ne invidia lo stile di vita. Un grande scrittore traccia, come un naturalista, il catalogo classificatorio di questa solo parzialmente inedita specie zoologica.

Natalia Aspesi - Foemina berlusconensisProprio negli anni in cui le italiane ottenevano il divorzio, un nuovo diritto di famiglia, la parità salariale, la legalizzazione della pillola e dell’interruzione di gravidanza, la cancellazione del delitto d’onore, in televisione iniziava a circolare l’immagine di una donna sempre pronta a denudarsi, a sorridere, ad ammiccare e a tacere. Quel modello berlusconiano ha trionfato, fino al parlamento e agli scranni del governo.

PRO MEMORIA
Marco Travaglio - Delle leggi vergogna, il catalogo è questo Un’attenta e completa panoramica di tutti quei provvedimenti che, varati ad hoc per salvare il Cavaliere e i suoi amici (anche dal centro-sinistra, ahimè), hanno devastato il sistema legislativo italiano. Dalla nascita della Seconda Repubblica l’autore ne segnala ben ottanta. Ottanta leggi di cui vergognarsi. Che fanno strame della legalità.

LABIRINTO
Gian Carlo Caselli - Antropologicamente diversi Ci fu un momento in cui, all’inizio degli anni Novanta, la scritta che campeggia nelle aule dei tribunali (‘la legge è eguale per tutti’), da oggetto di facili ironie si trasformò in prospettiva credibile: fu la stagione di Mani Pulite. Col berlusconismo è tornata la giustizia dei ‘due codici’: quello per i ‘galantuomini’, i potenti della politica e dell’economia; e quello per i cittadini comuni e i ‘poveri cristi’. Oltre alla vergogna delle leggi ad personam.

Malcom Pagani - ‘Terzisti’ e altri ascari di regimeIl profeta del ‘ci penso io’ in realtà in questi anni è stato sostenuto da un esercito pronto, nell’occasione, a giustificarlo e a salvarlo. Televisione, Chiesa, spettacolo, politica, cultura e giornali, solo apparentemente imparziali si sono adoperati per la causa del Cavaliere.

Marco d’Eramo - Berlusconi l’AmerikanoSilvio Berlusconi non è solo l’uomo politico che più ha tratto giovamento dall’‘americanizzazione’ della nostra vita pubblica. È stato anche – con le sue ‘città private’ e le sue televisioni – un agente attivo di questo mutamento. Ma quanto è diverso il capitalista Silvio Berlusconi da figure come Bill Gates e perfino Rupert Murdoch! Sembra quasi che l’‘America di Berlusconi’ abbia cambiato l’Italia, ma non l’abbia davvero avvicinata all’America. Di cui prende solo il peggio.

Annamaria Rivera - Razzismo di lotta e di governoUna saldatura fra xenofobia istituzionale e forme di discriminazione ‘spontanee’ che possono giungere fino alla violenza e a veri e propri pogrom: come a Ponticelli, Castel Volturno e Rosarno. Gli stranieri in Italia in epoca berlusconiana non hanno vita facile e costituiscono un perfetto capro espiatorio per la retorica sicuritaria. Alimentata, soprattutto, dai media e dalla Lega.

Gianni Barbacetto - Golpisti d’Italia Siamo il paese della strategia della tensione, delle stragi senza colpevoli, dei servizi segreti deviati e delle logge massoniche. Berlusconi, tessera P2 1816, rappresenta la perfetta continuità tra la Prima e la Seconda Repubblica, alimentata oggi da ‘macchine del fango’ e dossieraggi illegali a comando.

DIALOGO Pierfranco Pellizzetti / Piero Ostellino - Berlusconi liberale? Ma per favore! Per anni Silvio Berlusconi ha cercato di accreditarsi come il possibile alfiere di una ‘rivoluzione liberale’. Ma cosa c’entra il berlusconismo con Einaudi o Croce, per non parlare di Gobetti? Due autori che si definiscono entrambi liberali ne discutono ‘all’arma bianca’, evidenziando due modi di intendere il liberalismo che si escludono a vicenda.

SCHERZOAlessandro Robecchi - I funerali del Pequeño Grande (da Macondo ad Arcore) Una terra lontana ed esotica, attraversata dalle asprezze della Cordillera e dai misteri della Selva. Un pueblo che piange la scomparsa del Pequeño Grande e si stringe intorno alla bandiera della propria Patria, sulla quale campeggia la scritta ‘Propiedad Privada’. Un omaggio a García Márquez, uno straordinario e amarissimo racconto di realismo magico. Potrebbe essere Macondo, ma assomiglia molto all’Italia di oggi.

Sergio Staino / Massimo Bucchi / Riccardo Mannelli - In punta di matita
MEMORIA Tommaso De Lorenzis  (a cura di) - Il torto di aver ragione in anticipo Oggi sono in parecchi (benché sempre troppo pochi) a riconoscere che quello di Berlusconi è un regime, che sta devastando la democrazia repubblicana, che ha per modello Putin e Gheddafi anziché la civile convivenza voluta dalla Costituzione. Capirlo non era difficile, perfino prima della sciagurata ‘discesa in campo’. Abbiamo raccolto alcuni brani esemplificativi (solo fino al 2004), che per fortuna non esauriscono tutti gli scritti ‘preveggenti’ (ma purtroppo ne costituiscono una larga parte). A vergogna dei finti liberali che ancora slalomeggiano, anziché cospargersi il capo di cenere per il loro quasi ventennio di cecità, ipocrisia e viltà.

Corte Costituzionale "...La norma impugnata, in particolare, risulta incidente sull'organizzazione del servizio sanitario e sul relativo finanziamento e, quindi, rientra nella materia della "tutela alla salute", materia che è rimessa alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni..."

IMPIEGO PUBBLICO
Questioni di legittimità costituzionale
SANITA' E SANITARI
Questioni di legittimità costituzionale

Corte cost., 10 giugno 2010, n. 207

E' costituzionalmente illegittimo l'art. 17, comma 23, lettera e) del Decreto Legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all'art. 71 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i commi 5 bis e 5 ter, per contrasto con gli artt. 117 e 119 Cost. La norma impugnata, in particolare, risulta incidente sull'organizzazione del servizio sanitario e sul relativo finanziamento e, quindi, rientra nella materia della "tutela alla salute", materia che è rimessa alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni (art. 117, comma 3 Cost.). Tuttavia, la disciplina introdotta dagli art. 5 bis e 5 ter richiamati non lascia alcuno spazio di intervento alle Regioni, nè dal punto di vista della possibilità di legiferare ulteriormente in materia nè, peraltro, prevedendo la possibilità di una normazione secondaria di mera esecuzione vincolando, di fatto, risorse
per far fronte ad una prestazione che, invece come già rilevato, non è di competenza esclusiva dello Stato in quanto non rientra nella previsione di cui all'art. 117, comma 2 , lettera m) ed incidendo, inoltre, in tal modo, sull'autonomia finanziaria della Regione in aperto contrasto con l'art. 119 Cost. In conclusione, deve essere rilevato il contrasto con l'art. 117, comma 3 Cost. dell'art. 5 bis, come introdotto nell'art. 71 del D.L. n. 112 del 2008 in quanto, pur disciplinando una materia rientrante nell'alveo della "tutela alla salute", disponendo che le visite fiscali sui dipendenti della P.A. rientrano tra i compiti istituzionali del Servizio Sanitario Nazionale e che i relativi oneri sono a carico delle aziende sanitarie, presuppongono in materia - illegittimamente - una competenza legislativa esclusiva dello Stato. Il comma 5 ter citato, d'altro canto, vincolando una quota delle risorse per il finanziamento del servizio Sanitario Nazionale alla copertura economica di una
prestazione che, invece, non rientra nell'ambito del Livello Essenziale di Assistenza, si pone in contrasto con l'art. 119 Cost. - in quanto impone la gratuità delle visite fiscali con la conseguenza di gravare del relativo onere le aziende sanitarie locali e, quindi, il fondo sanitario regionale che dovrebbe, volendo mantenere invariato il livello di assistenza, essere integrato con risorse finanziarie regionali.

Corte cost., 10-06-2010, n. 207
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SENTENZA N. 207

ANNO 2010



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco               AMIRANTE                  Presidente

- Ugo                        DE SIERVO                    Giudice

- Paolo                      MADDALENA                    "

- Alfio                       FINOCCHIARO                  "

- Alfonso                   QUARANTA                       "

- Franco                    GALLO                                "

- Luigi                       MAZZELLA                         "

- Gaetano                  SILVESTRI                          "

- Sabino                    CASSESE                            "

- Maria Rita               SAULLE                               "

- Giuseppe                TESAURO                           "

- Paolo Maria            NAPOLITANO                    "

- Giuseppe                FRIGO                                 "

- Alessandro              CRISCUOLO                       "

- Paolo                      GROSSI                               "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i commi 5-bis e 5-ter, promosso con ricorso della Regione Toscana notificato il 2 ottobre 2009, depositato in cancelleria l’8 ottobre 2009 ed iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2009.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 28 aprile 2010 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi l’avvocato Lucia Bora per la Regione Toscana e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 2 ottobre 2009 e depositato il successivo 8 ottobre, la Regione Toscana ha promosso, tra le altre, la questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 117 e 119 della Costituzione – dell’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i seguente commi: «5-bis. Gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali su richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate rientrano nei compiti istituzionali del Servizio
sanitario nazionale; conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico delle aziende sanitarie locali», e «5-ter. A decorrere dall’anno 2010 in sede di riparto delle risorse per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è individuata una quota di finanziamento destinata agli scopi di cui al comma 5-bis, ripartita fra le regioni tenendo conto del numero dei dipendenti pubblici presenti nei rispettivi territori; gli accertamenti di cui al medesimo comma 5-bis sono effettuati nei limiti delle ordinarie risorse disponibili a tale scopo».

2.– Osserva la ricorrente che le disposizioni impugnate, cosi come formulate, obbligano le Regioni a sostenere, per il tramite del fondo sanitario, l’onere delle visite fiscali ai dipendenti assenti dal servizio per malattia. Infatti, se è vero che gli accertamenti medico-legali effettuati dalle Aziende sanitarie rientrano nei compiti istituzionali del Servizio Sanitario, ciò non comporta la conseguenza che le relative prestazioni siano effettuate a titolo gratuito.

La Regione Toscana ricorda che, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di tutela della salute ed organizzazione del servizio sanitario regionale, nel 2005 ha emanato una delibera di Giunta (n. 622 del 6 giugno 2005) in base alla quale le visite fiscali richieste dai datori di lavoro pubblici per i propri dipendenti assenti per malattia venivano poste a carico dell’amministrazione richiedente, trattandosi di certificazioni mediche da effettuare non nell’interesse del lavoratore, ma del datore di lavoro per accertare la legittimità dell’assenza del dipendente.

Tale delibera, prosegue la ricorrente, è stata oggetto di impugnazione dall’Amministrazione statale sulla base del presupposto che per il datore di lavoro «pubblica amministrazione» il servizio di visita fiscale fosse gratuito in quanto prestazione rientrante nei livelli essenziali di assistenza (LEA) dovuti al lavoratore. Il Tribunale amministrativo della Regione Toscana (sentenze n. 43531 del 2004 e n. 60381 del 2006) e il Consiglio di Stato poi (Sez. V, n. 5690 del 2008) hanno riconosciuto la legittimità dell’operato della Regione, rilevando che le suddette visite «si sostanziano in un momento procedimentale tecnico volto a tutelare un interesse specifico dell’Amministrazione istante ed il loro espletamento non risponde, quindi, all’interesse diffuso della salute collettiva. Pertanto la visita fiscale disposta nell’interesse dell’Amministrazione non integra un L.E.A.». Lo stesso principio, peraltro, è stato affermato anche dalla Corte di cassazione con la
sentenza della Sez. I, n. 13992, del 28 maggio 2008.

A parere della ricorrente, la norma impugnata vanificherebbe la legittima scelta organizzativa regionale: imponendo la gratuità delle visite fiscali, il relativo onere verrebbe a ricadere sulle aziende sanitarie e, quindi, sul fondo sanitario regionale.

Le norme impugnate, dunque, sarebbero lesive delle attribuzioni regionali di cui all’art. 117 Cost, in materia di tutela della salute e di organizzazione del servizio sanitario. Infatti, l’attività di controllo medico-legale sulle condizioni di salute dei lavoratori dipendenti, al fine di accertare, su richiesta del datore di lavoro, la legittimità dell’assenza dal lavoro, pur rientrando nelle competenze delle ASL, non costituisce prestazione di cura e prevenzione e, pertanto, non risponde ai fini di tutela della salute collettiva garantiti dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale). Non sarebbe, quindi, precluso alle Regioni richiedere il pagamento delle prestazioni secondo una tariffa determinata.

Il finanziamento sanitario, prosegue la ricorrente, è, infatti, finalizzato al soddisfacimento dei LEA, determinati sulla base di accordi Stato-Regioni e deve essere utilizzato per far fronte alle prestazioni dirette alla tutela della salute. Ciò sarebbe ulteriormente dimostrato, secondo la Regione Toscana, dal d.P.C.m. 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) e dalle sue successive modificazioni (d.P.C.m. 28 novembre 2003 e d.P.C.m. 21 aprile 2008) che escludono totalmente dai LEA le prestazioni rappresentate da «certificazioni mediche, comprese le prestazioni diagnostiche necessarie per il loro rilascio, non rispondenti ai fini della tutela della salute collettiva, anche quando richieste da disposizioni di legge».

La Regione Toscana evidenzia anche che «le norme impugnate individuano la quota necessaria a finanziare gli accertamenti medico-legali in riferimento all’espletamento delle visite fiscali, quale parte del Fondo Sanitario e non come fondo aggiuntivo da destinare agli scopi di cui sopra, pertanto la prestazione richiesta si configura come un L.E.A., per la cui definizione risulta necessario l’accordo in conferenza Stato-Regione (secondo quanto la Corte Costituzionale, con le sentenze n. 134 del 2006 e n. 88 del 2003, ha ritenuto costituzionalmente necessitato)».

Le disposizioni impugnate oltre a ledere la competenza legislativa regionale in materia di tutela della salute di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. si porrebbero in contrasto anche con l’art. 119 Cost. in quanto la Regione, per garantire invariato il livello di assistenza sanitaria, si troverebbe nella condizione di dover integrare il fondo sanitario regionale con proprie risorse finanziarie.

In altri termini, il legislatore statale, con le disposizioni oggetto di impugnativa, impone di utilizzare il finanziamento sanitario per prestazioni del tutto estranee alla finalità del finanziamento stesso, riducendo le risorse per i LEA, che restano così a carico delle Regioni.

3.– In data 10 novembre 2009 si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri concludendo per la declaratoria di infondatezza del ricorso.

La parte resistente precisa che fin dall’anno 1988 i fondi per gli accertamenti medico-legali sono stati trasferiti dagli stati di previsione dei singoli Ministeri al Fondo Sanitario Nazionale, come evidenziato nella relazione del 16 maggio 2004 del Tavolo di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza sanitaria istituito presso la Segreteria della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.

Pertanto, le norme oggetto di impugnazione, nel prevedere che gli accertamenti medico-legali rientrano nei compiti istituzionali del servizio sanitario nazionale, non dispongono un incremento del livello del finanziamento del servizio sanitario nazionale stesso, in quanto il fondo sanitario nazionale già ingloba le risorse destinate a tale scopo.

La disposizione impugnata si limita a prevedere che sia individuata, all’interno del Fondo Sanitario Nazionale, la quota complessiva di risorse che consente la copertura degli oneri connessi all’espletamento delle visite fiscali e che sia ripartita tra le Regioni sulla base del numero di dipendenti pubblici presenti nelle Regioni medesime.

Qualora la spesa effettiva per gli accertamenti medico-legali risulti inferiore alla quota individuata in sede di riparto, le Regioni potranno utilizzare le restanti risorse per altre finalità sanitarie. L’individuazione di tale quota, pertanto, non si configurerebbe come un vincolo di bilancio, ma come un’indicazione per la programmazione regionale.

L’Avvocatura dello Stato sottolinea, infine, che l’ammontare delle predette risorse sarà definito congiuntamente con le Regioni, perché sul riparto del fondo sanitario nazionale è prevista l’adozione dell’intesa nella Conferenza Stato-Regioni.

4.– Con memoria illustrativa depositata in data 7 aprile 2010 la difesa del Presidente del Consiglio ha ribadito le argomentazioni esposte nell’atto di costituzione, insistendo nella richiesta di rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1.– La Regione Toscana ha promosso, tra le altre, la questione di legittimità costituzionale – per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione – dell’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i seguenti commi: «5-bis. Gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali su richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate rientrano nei compiti istituzionali del Servizio sanitario nazionale; conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico
delle aziende sanitarie locali», e «5-ter. A decorrere dall’anno 2010 in sede di riparto delle risorse per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è individuata una quota di finanziamento destinata agli scopi di cui al comma 5-bis, ripartita fra le regioni tenendo conto del numero dei dipendenti pubblici presenti nei rispettivi territori; gli accertamenti di cui al medesimo comma 5-bis sono effettuati nei limiti delle ordinarie risorse disponibili a tale scopo».

2.– In particolare, secondo la ricorrente, sarebbe violata la competenza legislativa concorrente della Regione in materia di tutela della salute e di organizzazione del servizio sanitario di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto le norme impugnate, imponendo la gratuità delle visite fiscali, gravano del relativo onere le aziende sanitarie e, quindi, il fondo sanitario regionale, così vanificando la scelta organizzativa regionale di richiedere il pagamento delle prestazioni secondo una tariffa determinata.

Infatti, l’attività di controllo medico-legale sulle condizioni di salute dei lavoratori dipendenti, al fine di accertare, su richiesta del datore di lavoro, la legittimità dell’assenza del lavoratore, pur rientrando nelle competenze delle ASL, non costituisce un livello essenziale di assistenza, non essendo una prestazione di cura e prevenzione e, tanto meno, avendo la finalità di tutelare la salute collettiva.

Inoltre, secondo la Regione Toscana, sarebbe lesa anche l’autonomia finanziaria regionale di cui all’art. 119 Cost. perché la Regione, per garantire invariato il livello di assistenza sanitaria, si troverebbe costretta ad integrare il fondo sanitario regionale con proprie risorse finanziarie.

2.1.– È riservata a separate pronunce ogni decisione sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, proposte dalla Regione Toscana con il presente ricorso.

3.– La questione innanzi indicata è fondata.

3.1.– Il legislatore statale nell’ultimo biennio è intervenuto ripetutamente in tema di assenze per malattia dei dipendenti pubblici. In un primo momento, l’art. 71, comma 3, del d.l. n. 112 del 2008, ha previsto che l’Amministrazione «dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative». Successivamente, l’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge n. 78 del 2009, oggetto del presente giudizio, ha modificato l’art. 71 del d.l. n. 112 del 2008, da un lato aggiungendovi i commi 5-bis e 5-ter, e, dall’altro, abrogando il citato comma 3.

Tale ultima disposizione è stata poi trasfusa, ad opera dell’art. 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni), senza alcuna modifica, nell’art. 55-septies, comma 5, primo periodo, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

A sua volta, l’art. 74, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2009 afferma che numerosi articoli del medesimo decreto legislativo, tra i quali l’art. 69, che come si è visto, contiene il nuovo art. 55-septies ora citato, sono espressione della potestà legislativa esclusiva attribuita allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettere l) ed m), della Costituzione

3.2.– Così delineato il quadro normativo di riferimento, è necessario, ai fini del presente giudizio, individuare l’ambito materiale al quale ricondurre la disciplina oggetto dell’impugnazione della Regione Toscana. Tale materia è quella della «tutela della salute» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

Infatti, nonostante l’autoqualificazione compiuta dal legislatore statale con il citato art. 74, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2009, la disciplina in esame non è riconducibile alla materia della «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», attribuita dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost., alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Nella giurisprudenza di questa Corte si è costantemente affermato che «ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, la qualificazione legislativa non vale ad attribuire alle norme una natura diversa da quella ad esse propria, quale risulta dalla loro oggettiva sostanza» (ex plurimis, sentenze n. 447 del 2006 e n. 482 del 1995).

In altri termini, per individuare la materia alla quale devono essere ascritte le disposizioni oggetto di censura, non assume rilievo la qualificazione che di esse dà il legislatore, ma occorre fare riferimento all’oggetto ed alla disciplina delle medesime, tenendo conto della loro ratio e tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, così da identificare correttamente e compiutamente anche l’interesse tutelato (sentenze n. 430, n. 169 e n. 165 del 2007).

La fissazione dei livelli essenziali di assistenza si identifica, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella «determinazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale», non essendo «pertanto inquadrabili in tale categoria le norme volte ad altri fini, quali, ad esempio, l’individuazione del fondamento costituzionale della disciplina, da parte dello Stato, di interi settori materiali o la regolamentazione dell’assetto organizzativo e gestorio degli enti preposti all’erogazione delle prestazioni» (sentenza n. 371 del 2008).

Si è già avuto modo di affermare che, in tema di tutela della salute, la disciplina statale che determina i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale comporta una forte compressione della sfera di autonomia regionale. Pertanto, con riferimento alle prestazioni richieste alle aziende sanitarie, la deroga alla competenza legislativa delle Regioni, in favore di quella dello Stato, è ammessa solo nei limiti necessari ad evitare che, in parti del territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato (sentenza n. 387 del 2007).

Così delineata la nozione di prestazione sanitaria che possieda le caratteristiche per rientrare nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza, deve ritenersi condivisibile la ricostruzione operata dalla giurisprudenza ordinaria e amministrativa, secondo cui l’accertamento medico-legale sui dipendenti pubblici assenti dal servizio per malattia è un’attività strumentale al controllo della regolarità dell’assenza del dipendente, volta principalmente alla tutela di un interesse del datore di lavoro, la quale trova solo indirettamente un collegamento con prestazioni poste a tutela della salute del lavoratore (Cass. Sez. 1, sentenza n. 13992 del 28 maggio 2008 e Cons. di Stato Sez. V, sentenza n. 5690 del 29 gennaio 2008).

Inoltre, sarebbe del tutto irragionevole, qualora si volesse riconoscere agli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia il carattere di livello essenziale di assistenza, limitare tale qualificazione alla sola ipotesi delle visite fiscali richieste dalle amministrazioni pubbliche e non anche riconoscere pari natura a quelle richieste dai datori di lavoro privati, dato che si attribuirebbe a questo tipo di verifiche il carattere di prestazione diretta a realizzare uno standard strutturale e qualitativo tale da dover essere garantito in modo uniforme a tutti gli aventi diritto sul territorio nazionale.

3.4.– Le norme in esame, dunque, devono essere correttamente ricondotte alla materia di competenza legislativa concorrente della «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, della Costituzione) che, come la Corte ha più volte ribadito, è «assai più ampia» rispetto a quella precedente dell’«assistenza ospedaliera» (sentenze n. 134 del 2006 e n. 270 del 2005), ed esprime «l’intento di una più netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 162 del 2007).

Infatti, la disciplina degli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti per malattia, anche se viene attivata per soddisfare l’interesse del datore di lavoro volto a controllare e verificare la regolarità e legittimità dell’assenza per malattia del lavoratore, viene altresì a configurare una prestazione di tipo sanitario che si sostanzia, quanto meno, in una diagnosi sulla salute del lavoratore conforme o difforme rispetto a quella effettuata dal medico curante o alla condizione denunciata dal lavoratore e che può anche determinare l’adozione di misure che eccedono la persona del dipendente, qualora l’accertamento evidenzi patologie che presentino rischi di contagio.

Inoltre, questa Corte ha più volte affermato che le norme che disciplinano gli aspetti organizzativi dell’attività sanitaria vanno anch’esse ricondotte alla materia della tutela della salute, quando sono idonee ad incidere sulla salute dei cittadini, costituendo le modalità di organizzazione del servizio sanitario la cornice funzionale ed operativa che garantisce la qualità e l’adeguatezza delle prestazioni erogate (sentenza n. 181 del 2006).

Nel caso in questione, risulta evidente la stretta inerenza che tutte le norme de quibus presentano con l’organizzazione del servizio sanitario e con il relativo finanziamento, tenendo, tra l’altro, conto che è stato legislativamente previsto che tale tipo di prestazioni possa essere effettuato solo mediante le aziende sanitarie locali.

3.5.– Una volta stabilito che le norme impugnate dalla Regione Toscana rientrano nella materia «tutela della salute», occorre verificare, trattandosi di una materia rimessa alla competenza legislativa concorrente, se alle stesse possa essere riconosciuta la natura di normativa di principio.

La risposta deve essere negativa, in quanto la disciplina introdotta dai commi 5-bis e 5-ter non lascia alcuno spazio di intervento alla Regione non solo per un’ipotetica legiferazione ulteriore, ma persino per una normazione secondaria di mera esecuzione, con l’effetto, peraltro, di vincolare risorse per l’effettuazione di una prestazione che non rientra nella materia di competenza esclusiva dello Stato di cui al già citato art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., incidendo, in tal modo, anche sull’autonomia finanziaria della Regione, tutelata dall’art. 119 Cost.

In conclusione, il comma 5-bis dell’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, il quale dispone che le visite fiscali sul personale dipendente delle pubbliche amministrazioni rientrano tra i compiti istituzionali del servizio sanitario nazionale e che i relativi oneri sono a carico delle aziende sanitarie, non è ascrivibile ad alcun titolo di competenza legislativa esclusiva dello Stato e, trattandosi di normativa di dettaglio in materia di «tutela della salute», si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., mentre il comma 5-ter, che vincola una quota delle risorse per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, destinandole a sostenere il costo di una prestazione che non può essere qualificata come livello essenziale di assistenza, si pone in contrasto con l’art. 119 Cost., ledendo l’autonomia finanziaria delle Regioni.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce ogni decisione sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, proposte dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 23, lettera e), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui aggiunge all’art. 71 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i commi 5-bis e 5-ter.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2010.

Presidenza del Consiglio dei Ministri Nota 20-1-2011 n. 1/11/UPPA Art. 7, comma 6, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Incarichi individuali conferiti dalle pubbliche amministrazioni. Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, U.P.P.A., Servizio programmazione assunzioni e reclutamento.

Nota 20 gennaio 2011, n. 1/11/UPPA (1).

Art. 7, comma 6, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Incarichi individuali conferiti dalle pubbliche amministrazioni.

(1) Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, U.P.P.A., Servizio programmazione assunzioni e reclutamento.



All'


Ufficio per la formazione del personale delle pubbliche amministrazioni
 

Largo del Teatro Valle, 6
 

00186 - Roma




Con nota del 14 ottobre 2010, n. 308, codesto Ufficio sottopone all'attenzione dello Scrivente la nuova formulazione dell'art. 7, comma 6, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, a seguito delle modifiche introdotte dal comma 2, dell'art. 22, della L. 18 giugno 2009, n. 69.

La richiesta si colloca nell'ambito della gestione della banca dati degli esperti, predisposta da codesto Ufficio nell'ambito dell'Obiettivo operativo II.4 dell'Asse “Azioni per il rafforzamento delle pubbliche amministrazioni” del PON “Governance e assistenza tecnica”. A supporto del miglioramento della capacità amministrativa dell'apparato pubblico, la predetta Banca ha la finalità di selezionare degli esperti con competenze specifiche, al fine di poterli utilizzare per l'attuazione delle politiche di coesione, mediante lo strumento del conferimento d'incarico individuale.

Alla luce della nuova formulazione della normativa citata, codesto Ufficio chiede un approfondimento sui criteri interpretativi al fine di meglio definire i requisiti necessari per l'iscrizione alla Banca dati in argomento.

La richiesta di parere, perciò, fa riferimento alla sostituzione, operata dalla legge n. 69/2009, nel citato articolo 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001, delle parole: “o dei mestieri artigianali” con le seguenti: “, dei mestieri artigianali o dell'attività informatica nonché a supporto dell'attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Sicché la nuova formulazione vigente della norma in oggetto risulta essere la seguente: “Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità (…). Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell'attività informatica nonché a supporto dell'attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di
cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore. (…)”.

Tenuto conto delle modifiche apportate alla normativa in oggetto dall'articolo 46, comma 1, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, codesto Ufficio, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore interessato, ha consentito l'iscrizione alla banca dati degli esperti dei soggetti in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti minimi:

1) laurea specialistica (in via di interpretazione la laurea triennale è valida come requisito minimo purché sia integrata da un titolo di specializzazione previsto dall'ordinamento universitario di riferimento);

2) iscrizione in ordini o albi professionali, prescindendo dal possesso del requisito della laurea;

3) professionalità operante nel campo dell'arte, dello spettacolo o dei mestieri artigianali, prescindendo anche qui dal possesso della laurea.

Per il caso 2) la possibilità di prescindere dalla comprovata specializzazione universitaria si fonda su un dato oggettivamente accertabile che è l'abilitazione professionale quale strumento di controllo e di garanzia della preparazione tecnica necessaria ai fini dell'esercizio professionale nel campo per cui è espresso il fabbisogno.

Per il caso 3) i requisiti minimi non si fondano più sul possesso di un titolo di studio oggettivamente verificabile. Nella circostanza è indispensabile accertare un'esperienza nel settore facendo riferimento al curriculum del soggetto ed operando sullo stesso una valutazione imparziale e scrupolosa.

Le deroghe al requisito della specializzazione universitaria, introdotte dal D.L. n. 112/2008, erano, coerentemente con la natura delle disposizioni speciali, un numerus clausus.

Sull'onda di istanze funzionali ed organizzative di settori peculiari della pubblica amministrazione, il legislatore, con il comma 2, dell'art. 22, della L. n. 69 del 2009, ha ritenuto di ampliare la sfera delle fattispecie per cui, in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa da parte delle amministrazioni pubbliche, si può fare a meno della specializzazione universitaria.

In particolare la norma ora si struttura distinguendo ipotesi legate allo svolgimento di attività, da ipotesi legate allo svolgimento di servizi. Si conferma la tassatività dell'elenco.

Sulla base delle novità introdotte dalla L. n. 69/2009, si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria:

a) per attività che debbano essere svolte [1]… con soggetti che operino nel campo [2] … dell'attività informatica nonché a supporto dell'attività didattica e di ricerca;

b) per servizi di orientamento, compreso il collocamento, e per quelli di certificazione dei contratti di lavoro di cui al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.

L'ampliamento delle fattispecie derogatorie non può in alcun caso essere inteso anche come ampliamento dei poteri di spesa delle amministrazioni pubbliche. Il legislatore si premura, infatti, di sottolineare che le nuove disposizioni non possono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

In tutti i casi di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa resta fermo il rispetto degli altri vincoli procedurali e dei presupposti di legittimità indicati dall'art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001, nonché dalla normativa prevista per alcuni specifici settori.

Come già evidenziato rimane ferma, altresì, la necessità di accertare la maturata esperienza nel campo che, per le fattispecie per le quali si prescinde dalla specializzazione universitaria, presupporrebbe la preventiva individuazione di parametri sostanziali che facciano da criteri guida per la comparazione dei curricula, nel rispetto di esigenze di trasparenza, imparzialità e meritocrazia.

A maggior garanzia di quanto sopra soccorrono, inoltre, i vincoli di pubblicità e di controllo in materia di conferimento di incarichi individuali previsti dalla normativa vigente, letti nel più ampio contesto di trasparenza dell'azione amministrativa e di controllo sociale su di essa, quali valori fondamentali dell'ordinamento giuridico, rafforzati dal D.Lgs. n. 150/2009 ed in particolare dall'art. 11.


[1] Omissis “da professionisti iscritti in ordini o albi o”.

[2] Omissis “dell'arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o”.


Il Capo dipartimento

Antonio Naddeo



D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 7
L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 22
D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 46
D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276
D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 11

Ministero dell'interno Circ. 24-1-2011 n. 4/2011 Registrazione del nome dei cittadini della Repubblica delle Filippine. Precisazioni. Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Direzione centrale per i servizi demografici.

Circ. 24 gennaio 2011, n. 4/2011 (1).

Registrazione del nome dei cittadini della Repubblica delle Filippine. Precisazioni.

(1) Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Direzione centrale per i servizi demografici.



 

Ai


Prefetti della Repubblica
   

Loro sedi
 

Al


Commissario del governo per la provincia di Bolzano
   

39100 - Bolzano
 

Al


Commissario del governo per la provincia di Trento
   

38100 - Trento
 

Al


Presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta
   

11100 - Aosta

e, p.c.:


Al


Commissario dello Stato per la regione siciliana
   

90100 - Palermo
 

Al


Rappresentante del governo per la regione Sardegna
   

09100 - Cagliari
 

Al


Dipartimento di pubblica sicurezza
   

Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere
   

Via Tuscolana, 1558
   

00173 - Roma
 

Al


Dipartmento per le libertà civili e l'immigrazione
   

Direzione centrale per le politiche dell'immigrazione e dell'asilo
   

Sede
 

All'


Ispettorato generale di amministrazione
   

Via Cavour, 6
   

Sede
 

Al


Ministero degli affari esteri
   

Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie
   

Piazzale della Farnesina, 1
   

00135 - Roma
 

Al


Ministero dei trasporti
   

Dipartimento per i trasporti terrestri e per il trasporto intermodale
   

Via Caraci, 36
   

00157 - Roma
 

All'


Istituto nazionale previdenza sociale
   

Via Ciro il Grande, 21
   

00144 - Roma
 

All'


Agenzia delle entrate
   

Direzione centrale servizi ai contribuenti
   

Via Giorgione, 159
   

00147 - Roma
 

All'


Istituto nazionale di statistica
   

Via Cesare Balbo, n. 16
   

00184 - Roma
 

All’


Associazione nazionale comuni italiani
   

Via dei Prefetti n. 46
   

00186 - Roma
 

All’


Associazione nazionale ufficiali di stato civile ed anagrafe
   

Via dei Mille, n. 35 E/F
   

40024 - Castel San Pietro Terme (BO)
 

Alla


DE.A. - Demografici Associati - c/o
   

Amministrazione comunale
   

V.le Comaschi, n. 1160
   

56021 - Cascina (PI)




Si fa seguito alla Circ. 7 ottobre 2010, n. 29/2010, concernente l'oggetto, con la quale sono state indicate le modalità di registrazione del nome e del cognome dei cittadini della Repubblica delle Filippine alla luce dei chiarimenti forniti dalla competente Ambasciata.

In particolare, nella citata circolare è stato precisato che un cittadino della Repubblica delle Filippine con il seguente nome riportato sul passaporto: Pedro (nome), Santos (nome di mezzo) Cruz (cognome) dovrà essere registrato in Italia come: Pedro (nome), Cruz (cognome), senza alcun riferimento al nome di mezzo.

Al riguardo, nelle more del completo passaggio al sistema delineato nella citata Circ. 7 ottobre 2010, n. 29/2010, si ritiene che le indicazioni ivi contenute debbano essere applicate tenendo conto sia della esigenza di coerenza del dato anagrafico registrato in anagrafe con quello riportato nel permesso di soggiorno, sia della opportunità di non gravare eccessivamente il cittadino degli oneri derivanti dalla introduzione delle nuove regole, come anche richiesto dalla competente Ambasciata.

A tal fine, occorre distinguere la posizione del cittadino della Repubblica delle Filippine che nel richiedere l'iscrizione anagrafica esibisca un permesso/carta di soggiorno contenente il nome di mezzo. In questo caso, per assicurare la corrispondenza tra il documento di soggiorno rilasciato dalla Questura e il dato contenuto in anagrafe è opportuno che anche in anagrafe sia riportato il nome di mezzo.

Diversamente, qualora al cittadino delle Filippine già registrato in anagrafe con il nome di mezzo, venga rilasciato dalla Questura un documento di soggiorno non riportante il nome di mezzo (ad esempio in sede di rinnovo del documento di soggiorno), sarà cura dell'interessato recarsi presso il comune, che dovrà provvedere ad allineare il dato contenuto in anagrafe con quello riportato sul titolo di soggiorno rilasciato dalla Questura, eliminando il nome di mezzo.

In tale ipotesi, l'ufficiale d'anagrafe, dopo aver effettuato la modifica delle generalità, rilascerà all'interessato la comunicazione di conclusione del procedimento effettuato, dalla quale si evincerà che le generalità precedentemente registrate in anagrafe (con il nome di mezzo) e le nuove (senza il nome di mezzo) si riferiscono alla medesima persona. Eventualmente, su specifica richiesta dell'interessato, l'Ufficiale d'anagrafe potrà anche rilasciare, in qualsiasi momento, un'attestazione ai sensi dell'art. 33, comma 2, del regolamento anagrafico, recante anch'essa le indicazioni delle generalità registrate in anagrafe prima e dopo la modifica.

Per inciso, si precisa che le indicate istruzioni operative non incidono sul principio generale desumibile dall'art. 14 del regolamento anagrafico, e ribadito con Circ. 25 luglio 2003, n. 20, in base al quale le generalità del cittadino straniero sono desunte dal passaporto.

Riguardo all'argomento, si ritiene altresì opportuno rammentare l'importanza della verifica della corrispondenza dei dati anagrafici del cittadino presenti nel registro anagrafico e nel permesso di soggiorno, con quelli utilizzati.per l'attribuzione del codice fiscale.

In tal senso, il comune che al momento dell'iscrizione anagrafica del cittadino riscontri la presenza di informazioni non coerenti in Anagrafe Tributaria, deve provvedere all'aggiornamento del codice fiscale precedentemente attribuito: in tal modo sarà garantito il collegamento delle due posizioni in Anagrafe Tributaria, l'Agenzia delle entrate potrà certificare l'unicità del soggetto e quindi saranno fatti salvi tutti gli atti nei quali il cittadino abbia indicato il precedente codice fiscale.


Si pregano le SS.LL. d'informare i Sigg. Sindaci del contenuto della presente circolare.


Il Direttore centrale

Menghini



Circ. 7 ottobre 2010, n. 29/2010
D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, art. 14
D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, art. 33

Lista di controllo per verificare la protezione da agenti esplosivi

Lista di controllo per verificare la protezione da agenti esplosivi (link diretto al portale dell'autore)“ Lista di controllo per la verifica dell’applicazione del Titolo XI del D.Lgs. 81/08” (formato PDF, 94 kB),  Formulario pubblicato sul sito del Gruppo di Lavoro per la sicurezza in ambienti a rischio di esplosione.

DROGA: POLIZIA STRADALE SEQUESTRA 2 CHILI DI COCAINA SU A10



DROGA: POLIZIA STRADALE SEQUESTRA 2 CHILI DI COCAINA SU A10 =(AGI) - Imperia, 31 gen. - Gli agenti della Polizia stradale di
Imperia Ovest hanno sequestrato 2 chilogrammi di cocaina
sull'Autostrada dei Fiori, all'altezza di Orco Feglino, in
provincia di Savona. La droga era su una Lancia Y, a bordo del
quale c'erano Leandro Fagnano, 50 anni, e Stefano Lepore, di 40
anni, pregiudicati della provincia di Bologna, arrestati con
l'accusa di traffico di sostanze stupefacenti. Il fatto che
stessero procedendo ad alta velocita', nonostante la pioggia,
ha indotto gli agenti a fermare il veicolo. I due hanno subito
mostrato segni di nervosismo che hanno convinto i poliziotti a
procedere a una piu' accurata ispezione, che ha portato a
scoprire la droga suddivisa in due panetti. (AGI)
Im1/Msc/Ral
311520 GEN 11

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Sessualità: pillola e altri metodi contraccettivi, in un libro informazioni a 360 gradi

SESSUALITA': PILLOLA E ALTRI METODI CONTRACCETTIVI, IN UN LIBRO INFORMAZIONI A 360 GRADI =
Roma, 31 gen. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - La contraccezione
a 360 gradi. Tutto quello che c'e' da sapere sulla pillola, che ha
compiuto cinquant'anni nel 2010, sulla spirale, sul diaframma, sul
preservativo, sui metodi naturali e quelli d'emergenza: come
funzionano, con quale grado di efficacia e di sicurezza. Tutto
spiegato, alla luce dei progressi della scienza, con un linguaggio
semplice, da due ginecologi impegnati da tempo in battaglie di
laicita' per una sessualita' libera e consapevole. E' il libro
'Contraccezione', di Carlo Flamigni, gia' docente di ginecologia e
componente del Comitato nazionale per la Bioetica, e Anna Pompili,
ginecologa esperta di divulgazione, in uscita il 3 febbraio (edizioni
l'Asino d'oro).

Il volume, nelle intenzioni degli autori, e' "uno strumento a
disposizione delle donne e di tutti coloro che vogliono farsi un'idea
chiara della contraccezione - affrontando i dubbi che spesso nella
realta' quotidiana restano senza risposta in ambulatori medici e
consultori - e pensano sia meglio prevenire che abortire". Secondo i
dati dell'Organizzazione mondiale della sanita' (Oms), le gravidanze
che ogni anno cominciano nel mondo sono circa 200 milioni, la meta'
delle quali non pianificata; gli aborti clandestini sono circa 20
milioni l'anno; le morti di donne per aborti eseguiti in condizioni
sanitarie inadeguate circa 80.000 ogni anno, mentre i decessi legati
alla gravidanza e al parto, circa 600.000 l'anno.

"Una societa' piu' moderna e piu' consapevole non puo' non
essere interessata a una efficace politica contraccettiva", affermano
i due medici. "Mezzo secolo di contraccezione - spiegano Flamigni e
Pompili - ha imposto anche un nuovo rapporto tra medico e paziente:
dal momento che il medico viene chiamato in causa non piu' solo per
curare una malattia, ma anche per rispondere all'esigenza di vivere la
sessualita' in maniera libera e consapevole". Il controllo della
fertilita', concludono, "molto prima di essere un problema tecnico, e'
un problema culturale. Dalla cultura dovremmo ricavare la capacita' di
gestire la nostra vita sessuale e affettiva secondo le nostre
intenzioni e le nostre scelte; la tecnica dovrebbe darci gli strumenti
per gestire una vita sessuale libera da rischi procreativi, senza
alcun coinvolgimento per la nostra salute".

(Com-Ram/Pn/Adnkronos)
31-GEN-11 15:14

NNNN

TRENO DERAGLIA A BERGAMO PER FURGONE RUBATO LASCIATO SU BINARI

TRENO DERAGLIA A BERGAMO PER FURGONE RUBATO LASCIATO SU BINARI =
(AGI) - Bergamo, 31 gen. - Un furgone rubato e abbandonato sui
binari: questa e' la causa del deragliamento del treno merci
tedesco avvenuto la scorsa notte, che ha tagliato in due la
linea ferroviaria Milano-Brescia. Secondo le ricostruzioni,
intorno alle 4.30 un treno delle Ferrovie Nord composto da
locomotore e venti vagoni che trasportava laminato in ferro
stava viaggiando sul binario pari per Milano. A duecento metri
dalla stazione di Romano il macchinista si e' trovato davanti
un furgone Ducati abbandonato sul binario e non e' riuscito a
fermarsi in tempo, l'ha travolto e trascinato per una
cinquantina di metri fino a quando l'automezzo e' caduto
all'esterno della ferrovia e si e' schiantato contro un palo.
Il treno ha proseguito la sua corsa per 700 metri fino a quando
la locomotiva e i primi quattro vagoni sono deragliati, senza
pero' ribaltarsi. Due dei vagoni hanno perso il carico che e'
finito sui binari della linea parallela. Il furgone era appena
stato usato dai ladri per una spaccata. I malviventi lo hanno
rubato a un'impresa edile del paese, lo hanno usato come ariete
per sfondare la vetrina di una ricevitoria del lotto di Romano
e caricare quattro videogiochi e un cambiamonete. Quindi sono
andati nella zona della stazione, dove hanno scaricato le
macchinette, le hanno sfondate con una mazza e ne hanno tolto
il denaro. Infine se ne sono andati, abbandonando furgone e
macchinette sui binari. Ora la linea ferroviaria fra Treviglio
e Rovato e' bloccata e per raggiungere Milano i viaggiatori
sono costretti ad andare a Bergamo e predere da li' un treno
per Milano. Le ferrovie hanno messo a disposizione pullman per
raggiungere Rovato e Treviglio, stazioni dove prendere poi i
treni per Brescia, Bergamo e Milano. Sono intanto in corso i
lavori per liberare i binari e mettere in sicurezza l'area,
lavori che dovrebbero proseguire fino al pomeriggio. (AGI)
Bg1/Car
311029 GEN 11

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