FORZE ARMATE
T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 14-04-2011, n. 340
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1 Con atto spedito per la notifica l'11 ottobre 2007 - depositato il successivo 24 -, il ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe indicato, deducendo: violazione art. 117 DPR n. 3/1957 - violazione del regolamento di cui alla pubblicazione n. 5988 UFE - G - 001 ed. 1988 del Ministero della Difesa - violazione del giusto procedimento - eccesso di potere per carente istruttoria - difetto di motivazione - violazione art. 38 della legge n. 1168/1961, come derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 375/2000 - perenzione del procedimento disciplinare - violazione art. 120 DPR n. 3 /1957 - violazione del principio di adeguatezza dell'istruttoria - eccesso di potere per illogicità - eccesso di potere per falsità di presupposto, per contraddittorietà e manifesta illogicità - violazione del principio di inammissibilità di presunzioni nel procedimento disciplinare -
difetto di motivazione - violazione art. 27, comma 2, Costituzione - violazione art. II - 108 Costituzione europea - violazione art. 6, n. 2 Convenzione Europea Diritti dell'Uomo - violazione del principio del giusto processo nei suoi effetti sul procedimento disciplinare - violazione artt. 24 e 111 Cost. - violazione Costituzione Europea art. II - 107, comma secondo - violazione art. 1 L. n. 241/90, come novellato dalla l. n. 15 del 2005 - eccesso di potere per violazione dei principi di proporzionalità e di gradualità della sanzione - eccesso di potere per illogicità, manifesta ingiustizia, sviamento.
2 Con ordinanza n. 755 del 10 novembre 2007, la Sezione ha accolto l'istanza cautelare; con ordinanza n. 1339/2008 il Consiglio di Stato (Sezione Quarta) ha accolto l'appello del Ministero della Difesa.
3 Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011, il ricorso è stato chiamato ed introdotto per la decisione.Motivi della decisione
1 Il ricorrente agisce per l'annullamento del provvedimento del Ministero della Difesa - Direzione Generale PERSOMIL del 14 giugno 2007, con il quale è stata disposta la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari.
2 Con il primo motivo, argomenta la violazione dell'articolo 117 del d.P.R. 3/1957, integrato nella pubblicazione n. 5988 UFE - G - 001 ed. 1988 del Ministero della Difesa. Dopo aver evidenziato che lo stesso fatto materiale costituisce oggetto del procedimento penale sul quale sta indagando la competente procura, deduce che tale evenienza avrebbe dovuto indurre il ministero a non percorrere la via disciplinare la cui attivazione, impedirebbe l'acquisizione degli accertamenti, ivi in corso, quindi implicherebbe la violazione del diritto di difesa stante la preclusione, per il ricorrente, di avvalersi dei relativi accertamenti connotati da maggiore attendibilità; immotivamente poi sarebbe stata disattesa la richiesta dell'ufficiale difensore di sospendere il procedimento in attesa della conclusione del processo penale.
2.1 Il motivo è infondato. In punto di fatto va rilevato che dagli atti di giudizio emerge l'effettuazione di una perquisizione - personale e locale - dei cui esiti veniva notiziata l'A.G. (cfr. contestazione degli addebiti) che non ha ancora contestato il rinvenimento della sostanza (verbale della commissione di disciplina del 15 maggio 2007). Ciò posto, il motivo va disatteso in tutti i suoi profili. Quanto al primo, soccorre il costante orientamento (Consiglio Stato, Adunanza Plenaria. 29 gennaio 2009, n. 1; Consiglio Stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2536) secondo il quale "L'obbligo dell'amministrazione della pubblica sicurezza, previsto dall'art. 11 d.P.R. n. 737 del 25 ottobre 1981, di non dare inizio al procedimento disciplinare oppure di sospenderne il corso se già avviato, insorge soltanto nel momento in cui venga esercitata l'azione penale" esercizio che, " ai sensi degli
artt. 60 e 405 del codice di procedura penale si realizza con la richiesta del Pubblico Ministero di rinvio a giudizio a norma dell'art. 416 dello stesso codice e con gli altri atti con i quali si chiede al giudice di decidere sulla pretesa punitiva." Tale acquisizione è pertinente alla fattispecie perché, nel dirimere l'insorto contrasto interpretativo, l'Adunanza Plenaria ha rassegnato siffatta conclusione interpretando la norma in quel caso rilevante in uno all'articolo 117 citato. L'insussistenza per l'amministrazione di un obbligo nei sensi di cui alla disposizione da ultimo richiamata, depone per l'infondatezza anche degli altri profili e ciò in quanto, non sussisteva alcun obbligo per disattendere motivatamente la richiesta sospensione, peraltro prospettata in termini di opportunità, nel mentre le fasi del procedimento sono deputate all'accertamento dei fatti, alla
valutazione della rilevanza ed attendibilità degli stessi nella diversa, rispetto a quella penale, sede disciplinare, salva ogni contestazione, in questa sede affidata a specifiche doglianze.
3 Con il secondo motivo il ricorrente, richiamata la sentenza della Corte costituzionale 375/2000 argomenta che, analogicamente, il procedimento per illecito disciplinare andrebbe avviato entro 180 giorni e concluso nei successivi 90; il che non sarebbe accaduto nella vicenda, perché: - la conoscenza del fatto sarebbe stata acquisita nel corso della perquisizione del 22 maggio 2006, non invece, come erroneamente indicato dall'amministrazione, il 22 luglio 2006; - tra la conoscenza del fatto e la conclusione del procedimento sarebbero intercorsi più di 270 (180 + 90) giorni.
3.1 Anche detto motivo è infondato. In via preliminare, deve evidenziarsi che la citata sentenza interessa l'ipotesi specifica dell'inizio del procedimento disciplinare ad esito della conoscenza della sentenza irrevocabile di condanna; la fattispecie in esame invece, è riconducibile alla consueta sede disciplinare, articolata secondo un percorso, anche temporalmente scandito, che esclude ogni possibile rilevanza alla rappresentata indeterminatezza del termine di durata. Ciò posto, deve poi nel caso prendersi atto di quanto emerge dalla relazione contenente la proposta al direttore generale, dalla quale si desume che è stata osservata "la tempistica dettata dal D.P.R. 3/57 (180 gg. per la contestazione degli addebiti, più 90 gg. per ogni ulteriore atto formale)". Il che depone nel senso del rispetto dei termini imposti. Ed, infatti: - contrariamente a quanto prospettato, l'avvio
dello stesso va ricondotto, non alla perquisizione del 22 maggio 2006 ed alla segnalazione in pari data, ma alla contestazione degli addebiti di cui alla nota del 28 ottobre 2006 della Compagnia CC di Sora; - il procedimento si è tempestivamente concluso con la determina impugnata della quale, per quanto qui interessa, rileva la sola adozione non la comunicazione.
4 Con il terzo motivo, si prospetta la violazione dell'articolo 120 del d.P.R. 3/1957, quindi l'estinzione del procedimento perchè, tra il deferimento alla commissione di disciplina (23 gennaio 2007) e la riunione della commissione (15 maggio 2007) sarebbero intercorsi 112 giorni, il che comporterebbe la decadenza dell'azione disciplinare e, per l'effetto, l'illegittimità derivata della destituzione. Anche tale motivo va disatteso.
4.1 L'articolo 120, comma 1, del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, prevede: "Il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto.". Nella vicenda i termini sono stati rispettati, atteso che: - la contestazione degli addebiti è riferibile alla nota prot. n. 284/9 del 28 ottobre 2006, notificata al ricorrente il successivo 12 dicembre; - con la nota prot. n. 284/23 del 29 dicembre 2006, l'ufficiale incaricato ha concluso il rapporto finale e proposto il deferimento alla commissione di disciplina, poi convocata con ordine di cui alla nota prot. n. 2006 del 23 gennaio 2007, integrato da ordine di sostituzione dei componenti n. 949/D - 20 del 15 febbraio 2007 (sostituzione del membro segretario; cfr. la citata scheda del 12 giugno 2007); - la commissione di disciplina si è riunita il 15 maggio 2007; -
la determina è stata adottata il 14 giugno 2007. Il che certifica che non si è mai verificato, tra un atto e l'altro del procedimento, un intervallo superiore a novanta giorni.
5 Con il quarto motivo ed il quinto il ricorrente lamenta, sotto diversi profili, il difetto di istruttoria quindi la mancanza di idonea e sufficiente motivazione. Entrambi i motivi sono infondati alla stregua delle seguenti indicazioni.
5.1 In via preliminare va ricordato che è consolidato l'orientamento (Consiglio Stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2536; sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2830) che esclude la possibilità di un sindacato giurisdizionale sul merito della valutazione della gravità dei comportamenti addebitati e della proporzionalità della sanzione inflitta. Ed, infatti, in tali vicende, il sindacato va limitato al riscontro di un adeguato approfondimento di quanto emerso e rilevante in via disciplinare, essendo esclusa una rivisitazione del giudizio e degli elementi che lo fondano, almeno di evidenti carenze istruttorie. Al giudice amministrativo è quindi, secondo detto orientamento, precluso un nuovo apprezzamento, appartenendo all'ambito discrezionale dell'amministrazione la valutazione degli elementi acquisiti ed il relativo giudizio. Il provvedimento impugnato si sottrae pertanto alle censure in
esame, avendo riguardo al quadro complessivo degli elementi valutati e rapportati al particolare status rivestito dal ricorrente. Con specifico riferimento poi all'insufficienza dei test ed alla prospettata necessità di una conferma degli esiti con altra metodica, va rilevata l'esistenza di altro accertamento, indicato nella scheda informativa predisposta in via preliminare dalla quale si desume che: "In particolare nel referto stilato presso il C.N.S.R. è citata con esattezza la quantità di cannabinoidi, indicata pari a 100, ove il valore di riferimento è 0 - 25.". Il ministero ha dunque correttamente accertato i fatti ritenendoli meritevoli, nell'ambito del proprio potere discrezionale, di una sanzione adeguata ed irrogata attraverso un percorso argomentativo congruamente giustificato nonché motivato.
6 Il sesto ed il settimo motivo sono infondati perché argomentati in via consequenziale rispetto alle precedenti censure, dedicate alla insufficiente acquisizione e valutazione degli elementi pertinenti, censure già negativamente scrutinate.
7 Infondati sono infine gli ultimi motivi perché: (a) il procedimento, nel caso scandito secondo i tempi fissati ed articolato nell'osservanza dei principi sostanzianti il giusto procedimento, rappresenta la sede legislativamente deputata all'accertamento della cd. colpevolezza disciplinare, rilevante ai fini dell'applicazione delle sanzioni; (b) quanto alla prospettata violazione dei principi di proporzionalità e di gradualità, le relative censure sono infondate alla stregua del costante e condiviso orientamento (Consiglio di stato, sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2830; 2 ottobre 2006, n. 5759), da ritenersi qui richiamato ai fini motivazionali.
8 Il ricorso va respinto. Non si provvede ad alcuna statuizione sulle spese in dipendenza della mancata costituzione in giudizio del Ministero della Difesa.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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venerdì 10 giugno 2011
TAR "...Con atto spedito per la notifica l'11 ottobre 2007 - depositato il successivo 24 -, il ricorrente impugna il provvedimento in epigrafe indicato, deducendo: violazione art. 117 DPR n. 3/1957 - violazione del regolamento di cui alla pubblicazione n. 5988 UFE - G - 001 ed. 1988 del Ministero della Difesa - violazione del giusto procedimento - eccesso di potere per carente istruttoria - difetto di motivazione - violazione art. 38 della legge n. 1168/1961, come derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 375/2000 - perenzione del procedimento disciplinare - violazione art. 120 DPR n. 3 /1957 - violazione del principio di adeguatezza dell'istruttoria - eccesso di potere per illogicità - eccesso di potere per falsità di presupposto, per contraddittorietà e manifesta illogicità - violazione del principio di inammissibilità di presunzioni nel procedimento disciplinare ..."
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