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venerdì 16 marzo 2012

Chiusura delle liti fiscali minori - Modifiche apportate all'art. 39, comma 12, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, dall'art. 29, comma 16-bis, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 - Chiarimenti.


Agenzia delle Entrate
Circ. 15-3-2012 n. 7/E
Chiusura delle liti fiscali minori - Modifiche apportate all'art. 39, comma 12, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, dall'art. 29, comma 16-bis, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 - Chiarimenti.
Emanata dall'Agenzia delle entrate, Direzione centrale affari legali e contenzioso.

Circ. 15 marzo 2012, n. 7/E (1).

Chiusura delle liti fiscali minori - Modifiche apportate all'art. 39, comma 12, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, dall'art. 29, comma 16-bis, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 - Chiarimenti.

(1) Emanata dall'Agenzia delle entrate, Direzione centrale affari legali e contenzioso.



Premessa

L'articolo 29, comma 16-bis, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14, ha apportato alcune modifiche all'articolo 39, comma 12 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 [1], ridisegnando in parte il perimetro applicativo della definizione delle liti minori.

Con la presente circolare si forniscono chiarimenti in merito agli effetti della modifica normativa e ad altri aspetti della definizione delle liti minori non affrontati da precedenti documenti di prassi [2], che, comunque, si intendono integralmente confermati.

[1] Convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111.

[2] Si vedano la Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E e la Ris. 23 novembre 2011, n. 107/E.



1. Ampliamento delle liti definibili

Il testo dell'articolo 39, comma 12, del D.L. n. 98/2011, come risultante dalla recente modifica, recita [3]: "Al fine di ridurre il numero delle pendenze giudiziarie e quindi concentrare gli impegni amministrativi e le risorse sulla proficua e spedita gestione del procedimento di cui al comma 9 le liti fiscali di valore non superiore a 20.000 euro in cui è parte l'Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 31 dicembre 2011 [4] dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai sensi dell'articolo 16 della L. 27 dicembre 2002, n. 289". A tale fine, si applicano le disposizioni di cui al citato articolo 16, con le seguenti specificazioni:

a) le somme dovute ai sensi del presente comma sono versate entro il 31 marzo 2012 [5] in unica soluzione; [...]".

La recente novella opera in una duplice direzione: da un lato risulta modificata dal 1° maggio al 31 dicembre 2011 la data entro cui deve risultare "pendente" la lite per poter accedere alla definizione agevolata, dall'altro viene prorogato dal 30 novembre 2011 al 2 aprile 2012 [6] il termine entro cui versare le somme dovute.

Per effetto della modifica risulta in primo luogo ampliato l'ambito delle liti definibili, ricomprendendovi anche le controversie introdotte con ricorsi alla Commissione tributaria provinciale (di seguito, CTP), notificati nel periodo 2 maggio - 31 dicembre 2011, a parità delle altre condizioni già richieste dall'articolo 39, comma 12, del D.L. n. 98/2011.

Ovviamente, restano definibili le liti per le quali già ricorrevano i presupposti previsti dalla norma prima della recente novella, per le quali risulta riaperto il termine per effettuare il versamento.

Si precisa che la modifica in commento non estende la definizione alle controversie interessate da giudicato, né comunque alle controversie concluse con una decisione che risulti definitiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione, come meglio si dirà al paragrafo 4.


[3] In grassetto le parti modificate.

[4] In precedenza 1° maggio 2011.

[5] In precedenza 30 novembre 2011.

[6] La norma prevede che il versamento sia effettuato e la domanda sia presentata entro il 31 marzo 2012, che cade di sabato; entrambi gli adempimenti sono, dunque, prorogati al primo giorno lavorativo successivo, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera h), del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.



2. Effetti sulla sospensione delle liti e dei termini

Il differimento del termine di pendenza comporta che anche per tutte le nuove liti definibili [7] operi la sospensione dei giudizi fino al 30 giugno 2012, secondo quanto stabilito dall'articolo 39, comma 12, lettera c), del D.L. n. 98/2011.

La sospensione riguarda gli atti e le attività successivi al 28 febbraio 2012 (data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 216/2011), mentre restano salvi e validi gli atti e le attività compiuti nel processo precedentemente.

Oltre alla sospensione dei giudizi, la citata lettera c) del comma 12 dell'articolo 39, ha previsto anche la sospensione dei termini "... per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio". Per effetto della modifica normativa, la sospensione dei termini riguarda anche tutte le liti relative a ricorsi in CTP notificati nel periodo 2 maggio - 31 dicembre 2011, sempre che i suddetti termini non fossero già scaduti alla data di entrata in vigore della L. n. 14 del 2012.

Difatti, la sospensione dei termini è giuridicamente subordinata alla potenziale definibilità della lite e, dunque, soltanto a seguito dell'estensione della definizione alle liti pendenti al 31 dicembre 2011 può ritenersi operante la sospensione.

Ad esempio, un ricorso in CTP notificato in data 20 maggio 2011, depositato in data 5 giugno 2011, deciso con sentenza depositata il 30 ottobre 2011, notificata il 14 novembre 2011 e non impugnata, non beneficerà della sospensione del termine per proporre appello, che risulta spirato il 13 gennaio 2012, dunque prima dell'entrata in vigore il 28 febbraio 2012 della legge che ha esteso la definizione, con l'ulteriore conseguenza che, essendosi realizzato il giudicato, la lite non risulterà definibile.


[7] Ossia quelle relative a ricorsi in CTP proposti nel periodo 2 maggio - 31 dicembre 2011.



3. Proroga del versamento

Il nuovo termine del 2 aprile 2012 per il versamento di quanto dovuto riguarda sia le controversie entrate nella definizione per effetto della modifica normativa, sia quelle già pendenti alla data del 1° maggio 2011 (nel senso chiarito al paragrafo 2 della Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E) per le quali alla data di entrata in vigore dell'articolo 29, comma 16-bis, del D.L. n. 216/2011, non sia intervenuta una decisione definitiva.

Entro la stessa data dovranno essere versate eventuali integrazioni dovute nell'ipotesi in cui successivamente al pagamento e prima della presentazione della domanda sia intervenuta una decisione che abbia reso necessario un versamento integrativo (si veda al riguardo il paragrafo 8.1, della Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E).



4. Sentenze definitive

Premesso che possono essere definite anche le controversie interessate da sentenza già emessa alla data in cui si intende chiedere la definizione purché i relativi termini di impugnazione - anche per effetto di sospensione - alla stessa data non siano scaduti, occorre riscontrare volta per volta che - alla predetta data - non siano decorsi i termini per impugnare la sentenza emessa dalle Commissioni tributarie provinciali, regionali, centrale, dai Tribunali o dalle Corti d'appello.

Le cause pendenti innanzi alla Corte di cassazione possono essere oggetto di definizione soltanto se alla data di presentazione della domanda non sia stata depositata la sentenza o l'ordinanza decisoria di cassazione. Infatti, la pubblicazione della sentenza/ordinanza presso la cancelleria costituisce la fase terminale del processo, salvo che la Suprema Corte non abbia disposto il rinvio.

A seguito del deposito della sentenza, la stessa assume la natura di "giudicato" per le parti che, in quanto tale, rende definitivo il rapporto tributario.

L'eventuale estensione della definizione anche alle sentenze pronunciate dalla Corte di cassazione (nonché a tutte le sentenze ormai passate in giudicato per inutile decorso dei termini di impugnazione) violerebbe, invero, il principio della intangibilità del giudicato, principio di rilevanza costituzionale non superabile in assenza di specifiche statuizioni legislative di natura eccezionale.



5. Perfezionamento, efficacia e validità della definizione

Per effetto delle modifiche apportate all'articolo 39, comma 12, del D.L. n. 98/2011, ad opera dell'articolo 29, comma 16-bis, D.L. n. 216/2011, la definizione si perfeziona con il versamento dell'intera somma dovuta nonché con la presentazione della relativa domanda di definizione entro il 2 aprile 2012.

Restano confermate le precedenti indicazioni di prassi, secondo cui il pagamento va effettuato con modello "F24 Versamenti con elementi identificativi", qualunque sia il tipo di tributo cui la lite si riferisce, con l'indicazione del codice tributo "8082", denominato "Liti fiscali pendenti - Definizione ai sensi dell'articolo 39, comma 12, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98", istituito con Ris. 5 agosto 2011, n. 82/E. In proposito si precisa che qualora i tributi oggetto della lite da definire si riferiscano ad anni anteriori al 1972, nello spazio "anno di riferimento" del modello "F24 Versamenti con elementi identificativi" va inserito l'anno 1972.

La domanda di definizione deve essere presentata esclusivamente in via telematica, compilando il modello conforme a quello approvato con il Provv. 13 settembre 2011 del Direttore dell'Agenzia delle entrate [8] attraverso l'ausilio dell'apposito software reso disponibile per gli utenti abilitati in ambiente "Entratel" o "Fisconline".

Per quanto concerne le modalità di trasmissione telematica della domanda di definizione, restano valide le precedenti indicazioni fornite con la Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E.

Non è consentito il versamento in forma rateale degli importi dovuti, che devono essere, pertanto, integralmente effettuati entro il 2 aprile 2012. L'omesso versamento, entro tale termine, dell'importo dovuto comporta l'inefficacia della sanatoria.

I termini relativi a tutti gli altri adempimenti previsti originariamente dall'articolo 39, comma 12, del D.L. n. 98/2011 rimangono immutati.

Pertanto, ai sensi della lettera d) della citata disposizione, "gli uffici competenti trasmettono alle commissioni tributarie, ai tribunali e alle corti di appello nonché alla Corte di cassazione, entro il 15 luglio 2012, un elenco delle liti pendenti per le quali è stata presentata domanda di definizione. Tali liti sono sospese fino al 30 settembre 2012. La comunicazione degli uffici attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto deve essere depositata entro il 30 settembre 2012. Entro la stessa data deve essere comunicato e notificato l'eventuale diniego della definizione".

Se la data di trattazione della lite era stata già fissata nel periodo compreso tra la data del 28 febbraio 2012 di entrata in vigore della L. n. 14 del 2012 (di conversione del D.L. n. 216 del 2011) ed il 15 luglio 2012 [9], il contribuente può chiederne la sospensione, rappresentando la volontà di avvalersi della definizione ovvero di essersene avvalso. La richiesta di sospensione non potrà più formularsi qualora il contribuente non abbia effettuato il versamento di quanto dovuto entro il 2 aprile 2012 o, nel caso in cui non sia dovuto alcun versamento, qualora non abbia presentato domanda di definizione entro il 2 aprile 2012.

Qualora il contribuente non si avvalga della definizione agevolata, la sospensione cessa il 30 giugno 2012, con la conseguenza che i termini processuali riprenderanno a decorrere dal 1° luglio 2012.


[8] La domanda e le relative istruzioni sono disponibili in formato elettronico sul sito Internet dell'Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it).

[9] Data ultima prevista per il deposito da parte degli Uffici dell'Agenzia delle entrate degli elenchi delle liti per le quali è stata presentata la domanda di definizione (articolo 39, comma 12, lettera d), D.L. n. 98 del 2011).



6. Definibilità della lite concernente il ricorso proposto oltre i termini di decadenza dell'impugnazione

Con sentenza 27 settembre 2011, n. 19693, la Cassazione, seppure con riferimento all'articolo 16 della L. 27 dicembre 2002, n. 289, ha indicato i presupposti necessari affinché una determinata lite possa considerarsi pendente.

Nella fattispecie esaminata dalla pronuncia, un contribuente, dopo circa sei anni dalla notifica dell'avviso di accertamento e dopo che erano già state emesse le relative cartelle di pagamento, impugnava tardivamente l'avviso di accertamento, eccependo di non averne mai avuto conoscenza, nonostante l'evidente prova contraria costituita dalla presentazione di una richiesta di autotutela anteriormente al ricorso. Nel caso di specie, appariva evidente la volontà di instaurare la controversia al solo fine strumentale di configurare una "litependente" che, ai sensi del predetto articolo 16, potesse dare accesso alla definizione agevolata dell'atto impositivo.

A tal proposito la Suprema Corte ha affermato che "...una lite può considerarsi "pendente" (anche ove si possa prospettare inammissibile il ricorso introduttivo di quella) allorché essa possa considerarsi "reale", e sia, cioè, provvista di un margine di incertezza, tanto che permanga l'interesse, non solo del contribuente ma anche dell'amministrazione, a definirla" [10].

Una diversa interpretazione, secondo la Cassazione, anziché deflazionare il contenzioso in conformità con la ratio [11] dell'istituto di definizione delle liti fiscali pendenti, lo alimenterebbe attraverso impugnazioni strumentali con l'intento di includere "...oltre ogni limite temporale, atti impositivi ormai da tempo divenuti definitivi e perciò non più 'litigiosi", avendo presente che nel caso di specie "...sono mancate di certo le condizioni perché la lite potesse considerarsi pendente, essendosi ormai maturato il convincimento della definitività del provvedimento impositivo anche da parte dello stesso contribuente, siccome emerge dal contenuto della istanza di autotutela a cui fa riferimento la sentenza qui impugnata... ". Secondo la Corte in tema di condono vige il principio generale secondo cui "...l'impugnazione tardiva a fini meramente strumentali (e cioè per creare artificiosamente un contenzioso che permetta il pagamento di una minore imposta rispetto a quanto accertato, grazie a provvedimenti premiali di cui si abbia anticipato sentore), non può sortire l'effetto voluto".

Sul punto, la Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E, ha affermato che "...sono ammesse... alla definizione anche le liti instaurate mediante ricorsi - in sé inammissibili -proposti oltre i termini prescritti dalla legge ovvero privi dei requisiti di forma e di contenuto previsti dall'articolo 18 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (quali, ad esempio, la sottoscrizione), purché prima del 6 luglio 2011 non sia intervenuta pronuncia definitiva di inammissibilità".

La predetta affermazione va correttamente intesa, alla luce di quanto enunciato dalla Suprema Corte, dovendosi ritenere comunque necessario, ai fini della definibilità della controversia, che questa sia stata instaurata per tutelare un obiettivo interesse ad agire, diverso dalla mera aspettativa della definizione. In concreto, non possono ammettersi alla definizione domande riferite a controversie tardivamente instaurate ove, sulla base di elementi oggettivi desumibili dalla complessiva vicenda giudiziaria e amministrativa, da indicare tassativamente nella motivazione del diniego, si possa ritenere fondatamente che il contribuente abbia precostituito la pendenza della controversia al solo fine di beneficiare della definizione.


[10] Si veda anche Cassazione del 30 giugno 2006, n. 15158.

[11] Per la Cassazione "... il pagamento di una somma inferiore si può consentire solo quando, abbia per contropartita l'eliminazione di un contenzioso, non quando tale contenzioso non sussista più per essere l'atto impositivo divenuto definitivo, in assenza di tempestiva impugnazione".



7. Definibilità ruoli relativi a redditi soggetti a tassazione separata

Alcune Direzioni regionali hanno chiesto se possa ammettersi la definizione di una lite "minore" concernente un ruolo emesso per la tassazione separata dei redditi.

Le modalità di liquidazione e riscossione delle imposte relative ai redditi soggetti a tassazione separata sono disciplinate dall'articolo 1, comma 412, della L. 30 dicembre 2004, n. 311, secondo cui "in esecuzione dell'articolo 6, comma 5, della L. 27 luglio 2000, n. 212, l'Agenzia delle entrate comunica mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai contribuenti l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'articolo 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata (...) In caso di mancato pagamento entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dell'apposita comunicazione si procede all'iscrizione a ruolo.".

La determinazione delle imposte in questione avviene ai sensi dell'articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e, dunque, secondo le regole proprie dell'attività di liquidazione delle dichiarazioni.

Si tratta di un'attività di liquidazione che non porta all'emanazione di un atto impositivo definibile, secondo quanto chiarito con la Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E. In particolare, la nozione di "atto impositivo" che rileva per la definibilità della lite presuppone la rettifica della dichiarazione, mentre il ruolo emesso per la tassazione separata dei redditi è atto ricognitivo di quanto indicato dal contribuente o dal sostituto d'imposta nella dichiarazione [12].

L'imposta relativa ai redditi in questione non è liquidata, come invece per la tassazione ordinaria, dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi, ma è determinata dall'Amministrazione finanziaria sulla base delle informazioni indicate dallo stesso contribuente o dal sostituto nella propria dichiarazione.

Pertanto, l'Ufficio [13] provvederà a notificare al ricorrente e a depositare presso l'organo giurisdizionale il diniego della domanda di definizione della lite fiscale pendente dopo che saranno rese disponibili le funzionalità informatiche di controllo delle domande presentate.

Diversamente, nei casi in cui il contribuente con il ricorso, tramite l'impugnazione del ruolo, abbia contestato l'eventuale rettifica dei dati indicati in dichiarazione operata in attuazione dell'art. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 assume rilievo la natura impositiva dell'atto sicché la lite rientrerebbe nel novero di quelle definibili [14].


[12] Si veda in proposito il punto 4.4 (Avvisi di liquidazione e ruoli) della Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E, dove è stato precisato che "...nel caso in cui l'Ufficio si limiti a determinare l'entità del tributo dovuto, secondo i dati dichiarati dal contribuente stesso, l'avviso di liquidazione non è definibile".

[13] Si intende per Ufficio la Direzione regionale o provinciale dell'Agenzia delle entrate parte nel giudizio e competente per l'istruttoria del contenzioso al momento della presentazione della domanda di definizione.

[14] Secondo quanto chiarito al punto 4.2. della Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E, in tal caso "...il ruolo si differenzia dall'atto di mera riscossione dell'imposta, già dichiarata, liquidata e non versata dal contribuente e, dal momento che scaturisce dalla rettifica della dichiarazione, esso assolve anche una funzione di provvedimento impositivo. Le relative controversie sono ammesse, pertanto, alla definizione, ancorché riguardanti il ruolo".



8. Definibilità avvisi di liquidazione adottati ai sensi dell'articolo 12 del D.L. n. 70 del 1988

Con avviso di liquidazione emesso ai sensi dell'articolo 12 del D.L. 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 1988, n. 154, l'Agenzia delle entrate recupera le maggiori imposte sui trasferimenti degli immobili non censiti, senza applicazione di sanzioni, nel caso in cui il valore presuntivamente dichiarato in sede di registrazione dell'atto sia inferiore a quello risultante dall'applicazione della rendita catastale determinata dall'Ufficio dell'Agenzia del territorio.

La Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E (paragrafo 4.4.), in merito alla definibilità della lite avente ad oggetto avvisi di liquidazione, stabilisce che "... in generale non sono definibili l'avviso di liquidazione e il ruolo, considerato che tali atti, (...) non sono riconducibili alla categoria degli "atti impositivi". Tuttavia, l'avviso di liquidazione diviene oggetto di definizione allorquando possa essere assimilato ad un atto impositivo in quanto "...destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata, in via provvisoria, al momento della richiesta di registrazione...".

In merito agli avvisi di liquidazione emessi ai sensi del citato articolo 12 del D.L. n. 70 del 1988, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la sentenza 5 marzo 2010, n. 5289, hanno avuto modo di chiarire che: "la controversia nata dal ricorso del contribuente avverso un avviso di liquidazione di imposta, a seguito dell'attribuzione della rendita ad un immobile, non accatastato, per il quale le parti hanno dichiarato al momento della sua compravendita, di volersi avvalere delle disposizioni di cui al D.L. n. 70 del 1988, art. 12, nel caso in cui, come nella specie, il ricorso investa anche il provvedimento di classamento, perché conosciuto soltanto con la notifica dell'avviso di liquidazione, ha un duplice oggetto, uno derivante dalla impugnazione dell'atto impositivo, in relazione al quale si verifica la situazione di lite pendente, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, definibile quindi in base alla stessa disposizione di legge, ed un altro che deriva dalla contestazione del classamento e dei criteri di attribuzione della rendita catastale che non ha ad oggetto una specifica pretesa fiscale e non può essere definito in base alla citata disposizione agevolativa" [15].

Dal principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte si desume che l'avviso di liquidazione di cui al citato articolo 12 assume natura di atto impositivo ed è, quindi, definibile ai sensi dell'articolo 39, comma 12, del D.L. n. 98/2011, a condizione che contestualmente e/o separatamente sia stato impugnato anche l'atto "presupposto" di attribuzione della rendita catastale.

Resta inteso che la lite relativa alla determinazione della rendita e quella concernente la quantificazione dell'imposta richiesta sulla base della rendita contestata costituiscono contenziosi separati e scindibili [16].

In particolare, la controversia derivante dall'impugnazione dell'avviso di liquidazione è definibile - come detto - ai sensi dell'articolo 39 del D.L. n. 98/2011. Di contro, la causa avverso l'atto di classamento prosegue, in quanto la definibilità della lite, ai sensi del citato articolo 39, concerne solamente controversie riferite ad atti che determinano una maggiore imposta nelle quali è parte l'Agenzia delle entrate.

Nell'ipotesi in cui l'atto di attribuzione della rendita catastale non sia stato notificato dall'Ufficio dell'Agenzia del territorio e avverso l'avviso di liquidazione di cui all'articolo 12 del D.L. n. 70/1988 sia stato presentato ricorso per far valere anche le contestazioni relative alla rendita catastale, la legittimazione passiva spetta sia all'Agenzia del territorio che all'Agenzia delle entrate, considerato che i rapporti giuridici in contestazione sono distinti. Infatti, l'Agenzia delle entrate non ha una "autonoma legittimazione nella controversia concernente la rendita catastale" e "le questioni di merito e di valutazione della rendita catastale devono essere fatte valere, dunque, con l'impugnazione del provvedimento di attribuzione della rendita in un giudizio nel quale il contraddittore è individuato nell'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio, cui sono attualmente rimesse le operazioni catastali" (Cass., sez. trib., 10 settembre 2004, n. 18271; nello stesso senso, 21 gennaio 2005, n. 1321). Ne discende che l'Ufficio dell'Agenzia delle entrate non può controdedurre in ordine a questioni concernenti la rendita e, quindi, è onere del contribuente chiamare in giudizio ritualmente il competente Ufficio dell'Agenzia del territorio. Anche in tale ipotesi si ritiene che sia definibile la controversia relativa alla determinazione della maggiore imposta (di competenza dell'Agenzia delle entrate), ma non quella instaurata attraverso l'impugnazione dell'atto di classamento (di competenza dell'Agenzia del territorio).


[15] Tale interpretazione viene seguita anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cassazione 18 novembre 2011, n. 24400; Cassazione 10 agosto 2010, n. 18526).

[16] A tal proposito secondo le Sezioni unite se con l'atto di liquidazione dell'imposta viene impugnato anche l'esito della procedura di classamento "... la controversia ha un duplice oggetto, ognuno dei quali avrebbe potuto essere sviluppato in un separato processo, fermo restando il vincolo di pregiudizialità della controversia sul classamento rispetto alla conseguente liquidazione dell'imposta".



9. Determinazione dell'aliquota da applicare all'importo dovuto per la definizione della lite, in caso di pronuncia di rinvio emessa dalla Corte di cassazione

Da più parti è stata riproposta la questione concernente l'aliquota da applicare (10, 30 o 50 per cento) per definire una lite pendente a seguito di pronuncia di rinvio della Cassazione che ha annullato la precedente sentenza della Commissione tributaria regionale favorevole all'Ufficio [17].

Sul punto la Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E (paragrafo 8.2) ha precisato che "In caso di rinvio al giudice di primo grado, le somme dovute per la definizione sono pari al 30 per cento del valore della lite, considerato che la pronuncia di rinvio fa venir meno quelle precedenti" [18]. In questo caso si ritiene, quindi, sempre applicabile l'articolo 16, comma 1, lett. b), n. 3 che, similarmente a quanto avviene a seguito di pronuncia di rinvio, prevede l'ipotesi in cui "...non sia stata già resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito ovvero sull'ammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio".

Tale posizione appare in linea sia con la ratio su cui si fonda la diversificazione delle aliquote, sia con i principi enunciati dalla Cassazione.

La diversificazione delle aliquote risponde, infatti, all'esigenza di graduare l'importo da pagare in base all'esito del giudizio seguendo il criterio della soccombenza. Il contribuente paga un'aliquota maggiore per la definizione (pari al 50%), se risulta soccombente in seguito ad una pronuncia non definitiva resa sul merito o sull'ammissibilità del ricorso, ovvero minore se risulta vittorioso (pari al 10%).

La cassazione con rinvio fa venir meno il presupposto richiesto per l'applicazione delle aliquote del 50% e 10%, ossia la presenza di una pronuncia giurisdizionale atta a definire il giudizio e dunque utile a determinare la soccombenza.

Ed invero, come sostenuto dalla Corte di Cassazione, dopo la cassazione con rinvio "... la sentenza di primo grado e la sentenza di appello cassata si trovano sempre esattamente nella stessa condizione di inefficacia, di impossibilità di reviviscenza e di insuscettibilità di passaggio in giudicato" [19].

In sintesi, come sostenuto nella menzionata Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E, si ribadisce che in caso di cassazione con rinvio per la definizione deve essere applicata l'aliquota del 30%, prevista dall'articolo 16, comma 1, lettera b), n. 3) delle L. n. 289 del 2002, che, per effetto del rinvio operato dall'articolo 39, comma 12, del D.L. n. 98 del 2011, trova applicazione anche per la definizione delle liti "minori".

L'applicazione dell'aliquota del 30% può peraltro desumersi dal dato letterale della norma nella parte in cui stabilisce che "le liti fiscali pendenti (...) anche a seguito di rinvio possono essere definite", con il pagamento del 30% nel caso in cui "... non sia stata già resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito ovvero sull'ammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio".

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali dipendenti.


[17] Come già illustrato nella Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E, è consentita la definizione della controversia nelle ipotesi in cui sia stato disposto il rinvio, sia da parte della Corte di cassazione sia da parte dei giudici di merito, a condizione che alla data del 6 luglio 2011 non fossero ancora spirati i termini per la riassunzione.

[18] Riprendendo al riguardo l'interpretazione già fornita con la Circ. 21 febbraio 2003, n. 12/E (paragrafo 11.6.10) e la Ris. 9 maggio 2003, n. 104/E.

[19] Cfr. Cassazione 11 novembre 2011, n. 23596, che, dopo aver affermato quanto riportato sopra, perviene alla conclusione - non condivisa dalla presente circolare - che "Nelle liti fiscali pendenti a seguito di rinvio, la individuazione della parte soccombente agli effetti della determinazione dell'aliquota del valore della lite da pagare per la definizione della lite ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 1, lett. b), nn. 1) e 2), deve essere fatta sulla base dell'ultima sentenza resa sul merito, pur se la stessa sia stata annullata dalla Corte di cassazione per vizi determinanti la nullità della sentenza o del procedimento".


Il Direttore dell'agenzia

Attilio Befera



Provv. 13 settembre 2011
D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, art. 29
D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39
D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 12
Circ. 24 ottobre 2011, n. 48/E
Ris. 23 novembre 2011, n. 107/E

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