- Art.18, un giudice boccia la Fornero - IL CODICE CIVILE ANNULLA LA RIFORMA: A BOLOGNA REINTEGRO DOPO IL LICENZIAMENTO
(di Salvatore Cannavò)
II tribunale del lavoro di Bologna ha emesso un’ordinanza – la prima da quando la legge è stata approvata – in materia di licenziamento disciplinare. E le modifiche ideate dal ministro del Welfare sono state bocciate sul campo. In tema di licenziamento
disciplinare
la legge prevede il reintegro solo se il fatto contestato non si è
materialmente realizzato o se il contratto collettivo prevede una
sanzione disciplinare diversa dal licenziamento. In quel caso, secondo
le interpretazioni dominanti, il giudice, in caso di insussistenza di
una giusta causa, può comminare solo una sanzione economica, ma non il
reintegro. L'interpretazione, spiega l'avvocato del lavoro Alberto
Piccinnini di Bologna, che ha seguito il caso, “svuoterebbe il potere
del giudice in tutti quei licenziamenti intimati per comportamenti
realmente tenuti dal dipendente, ma di gravità irrisoria, se non nulla,
rendendo veramente residuale la sanzione reintegratoria nella stragrande
maggioranza dei casi di licenziamenti disciplinari”. L'ordinanza del
Tribunale di Bologna ribalta questa possibilità e offre alla
giurisprudenza un'altra strada.
IL CASO è quello di un lavoratore dipendente dell'Atla srl, azienda metalmeccanica di Bentivoglio (Bo), licenziato alla fine di luglio perché con una mail inviata a un collega aveva affermato: “Parlare di pianificazione in questa azienda è come parlare di psicologia con un maiale, nessuno ha il minimo sentore di cosa voglia dire pianificare una minima attività in questa azienda”. Un'affermazione giudicata così grave da far scattare il licenziamento. Il tribunale di Bologna, con l'ordinanza del giudice Marchesini, ha invece precisato che “la valutazione di tale fatto, come di qualunque fatto storico, richiede la contestualizzazione del fatto medesimo e la sua collocazione nel tempo, nello spazio, nella situazione psicologica dei soggetti operanti, nonché nella sequenza degli avvenimenti e nelle condotte degli altri soggetti che hanno avuto un ruolo nel fatto storico in esame”. Va considerata, cioè, la dinamica complessiva, non il singolo episodio. “Sotto il profilo della valutazione della gravità del comportamento addebitato, è la valutazione del giudice, lo stesso non è idoneo ad integrare il concetto di giusta causa di licenziamento”. Il giudice, quindi, accogliendo la tesi difensiva si è pronunciato per il reintegro perché non ci si può riferire al solo fatto materiale ma all'interezza dei comportamenti. “Si tratta di valutare gli elementi psicologici o “soggettivi” e quindi “l'intenzionalità di un atto” spiega ancora Piccinnini che utilizza questo esempio: “Se io prendo involontariamente la valigia di un altro all'aeroporto scambiandola con la mia non commetto il reato di furto, proprio perché manca la volontà di appropriarmi di un bene altrui”. “Il precedente è importante - aggiunge il legale - perché interviene nelle prime applicazioni della legge Fornero depotenziandola della principale finalità: ricondurre le conseguenze dei licenziamenti illegittimi a un mero risarcimento economico”.
IL CASO è quello di un lavoratore dipendente dell'Atla srl, azienda metalmeccanica di Bentivoglio (Bo), licenziato alla fine di luglio perché con una mail inviata a un collega aveva affermato: “Parlare di pianificazione in questa azienda è come parlare di psicologia con un maiale, nessuno ha il minimo sentore di cosa voglia dire pianificare una minima attività in questa azienda”. Un'affermazione giudicata così grave da far scattare il licenziamento. Il tribunale di Bologna, con l'ordinanza del giudice Marchesini, ha invece precisato che “la valutazione di tale fatto, come di qualunque fatto storico, richiede la contestualizzazione del fatto medesimo e la sua collocazione nel tempo, nello spazio, nella situazione psicologica dei soggetti operanti, nonché nella sequenza degli avvenimenti e nelle condotte degli altri soggetti che hanno avuto un ruolo nel fatto storico in esame”. Va considerata, cioè, la dinamica complessiva, non il singolo episodio. “Sotto il profilo della valutazione della gravità del comportamento addebitato, è la valutazione del giudice, lo stesso non è idoneo ad integrare il concetto di giusta causa di licenziamento”. Il giudice, quindi, accogliendo la tesi difensiva si è pronunciato per il reintegro perché non ci si può riferire al solo fatto materiale ma all'interezza dei comportamenti. “Si tratta di valutare gli elementi psicologici o “soggettivi” e quindi “l'intenzionalità di un atto” spiega ancora Piccinnini che utilizza questo esempio: “Se io prendo involontariamente la valigia di un altro all'aeroporto scambiandola con la mia non commetto il reato di furto, proprio perché manca la volontà di appropriarmi di un bene altrui”. “Il precedente è importante - aggiunge il legale - perché interviene nelle prime applicazioni della legge Fornero depotenziandola della principale finalità: ricondurre le conseguenze dei licenziamenti illegittimi a un mero risarcimento economico”.
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