REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente
Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere
Dott. FILABOZZI Antonio - Consigliere
Dott. MANCINO Rossana - rel. Consigliere
Dott. TRICOMI Irene - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13766-2007 proposto da:
((Lpd)), elettivamente domiciliato in ((Lpd)), presso lo studio dell'avvocato ((Lpd)), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ((Lpd)), giusta delega in atti;
- (Lpd) -
contro
I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati ((Lpd)) e ((Lpd)), che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;
- contro(Lpd) -
e contro
((Lpd));
- (Lpd) -
avverso la sentenza n. 102/2006 della CORTE D'APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 24/03/2006 r.g.n. 1/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/10/2012 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
udito l'Avvocato ((Lpd));
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROMANO Giulio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
1. ((Lpd)) chiede l'annullamento della sentenza della Corte d'Appello di Caltanissetta, sezione civile, pubblicata il 24 marzo 2006, che ha accolto il gravame svolto dall'INAIL contro la decisione con la quale il giudice di primo grado, in contraddittorio con ((Lpd)) e ((Lpd)), aveva dichiarato prescritto il diritto vantato dall'INAIL nei confronti dell' ((Lpd)) e condannato il predetto ((Lpd)) al pagamento, in favore dell'Istituto, della somma di lire 491.154.097 oltre i miglioramenti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 116.
2. La Corte territoriale puntualizzava che:
- il muratore ((Lpd)), dipendente della ((Lpd)), decedeva, in data ((Lpd)), in conseguenza dell'infortunio sul lavoro occorso cadendo dal terzo piano di una palazzina;
- l'INAIL provvedeva a costituire una rendita a favore dei superstiti del lavoratore per complessive lire 491.154.097 e, all'esito della condanna in sede penale, per omicidio colposo, nei confronti di ((Lpd)), ((Lpd)) e ((Lpd)), chiamava in giudizio, con atto di citazione, innanzi al Tribunale civile, i predetti responsabili chiedendo la condanna al pagamento dell'importo predetto, oltre i miglioramenti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 116;
- si costituiva il solo ((Lpd)) ed eccepiva la prescrizione per decorso del termine quinquennale, ex articolo 2947 c. c., sia dal giorno dell'evento, sia dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna; contestava, inoltre, nel merito la pretesa dell'INAIL;
- alla prima udienza l'INAIL dichiarava di rinunciare alla domanda nei confronti di ((Lpd)), stante l'intervenuta dichiarazione di fallimento dello stesso;
- il primo giudice dichiarava prescritto, ex articolo 2947 c.c., il diritto vantato dall'INAIL nei confronti di ((Lpd)) e condannava ((Lpd)) al pagamento della somma predetta in favore dell'Istituto;
- la sentenza è stata gravata dall'INAIL per erronea individuazione del termine prescrizionale, sul presupposto che dovesse trovare applicazione, nella specie, il termine decennale ex articolo 2953 c.c. per essere intervenuta sentenza penale di condanna; ((Lpd)) ha chiesto il rigetto del gravame.
3. La Corte territoriale, a fondamento del decisum riteneva:
la sentenza di condanna dell' ((Lpd)), in concorso con altri, per il reato di omicidio colposo per la morte del lavoratore ((Lpd)) e per il risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, era passata in giudicato il 18.2.1993, onde il diritto al risarcimento si prescriveva, a norma dell'articolo 2953 c.c., il 18 febbraio 2003, con il decorso di dieci anni dal passaggio in giudicato della pronunzia, e alla stessa data si prescriveva il diritto di surrogazione dell'assicuratore previsto dall'articolo 1916 c.c.; l'atto di citazione di primo grado era stato notificato all' ((Lpd)) il 15 giugno 2000 e, pertanto, il diritto di surrogazione era stato esercitato tempestivamente;
la sentenza penale irrevocabile di condanna aveva efficacia di giudicato, nel giudizio di risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità, della commissione del fatto, sicchè l'affermata responsabilità dell' ((Lpd)) esimeva da un nuovo accertamento della responsabilità, ormai definitivamente acclarata;
per il quantum dell'importo dovuto all'INAIL, nessuna censura specifica era stata svolta e, pertanto, la statuizione doveva ritenersi incontrovertibile;
in definitiva, doveva estendersi ad ((Lpd)) la condanna al pagamento della somma pretesa dell'INAIL, in solido con ((Lpd)) per il quale il primo giudice si era già così pronunciato.
Il ricorso è affidato a due motivi.
L'INAIL ha resistito con controricorso, illustrato con memoria ex articolo 378 c.p.c. ((Lpd)) è rimasto (Lpd).
Diritto
5. Con i due motivi, denunziando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, il (Lpd) si duole che la Corte di merito abbia erroneamente ed illegittimamente ritenuto l'azione promossa dall'INAIL di surroga e non di regresso e che su tale erroneo presupposto abbia applicato, erroneamente ed illegittimamente, il termine decennale di prescrizione del diritto fatto valere dall'INAIL, anzichè il termine triennale di prescrizione Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, ex articolo 112. L'illustrazione dei motivi si conclude con i quesiti di diritto.
6. Preliminarmente il Collegio ritiene infondata la sollevata eccezione di inammissibilità del ricorso atteso che l'improponibilità, nel giudizio di cassazione, di questioni non dibattute nelle precedenti fasi opera con esclusivo riferimento alle questioni che implichino una modificazione dei termini in fatto della controversia, e non anche a quelle la cui novità concerna i soli profili di diritto (ex multis, Cass. 9812/2002).
7. La controversa regolamentazione del termine prescrizionale applicabile nella specie si risolve, invero, nella prospettazione di una quaestio iuris in adesione all'orientamento espresso da questa Corte, anche a Sezioni unite - e qui ribadito - secondo il quale, in tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata del termine prescrizionale, necessaria per il verificarsi dell'effetto estintivo, si configura come una quaestio iuris concernente l'identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge; ne consegue che la riserva, alla parte, del potere di sollevare l'eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell'effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell'inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l'identificazione delle quali spetta al potere-dovere del giudice, di guisa che, da un lato, non incorre nelle preclusioni, di cui agli articoli 416 e 437 c.p.c., la parte che, proposta originariamente un'eccezione di prescrizione quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale o viceversa; e, dall'altro lato, il riferimento della parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere officioso di applicazione (previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione) di una norma di previsione di un termine diverso (v., ex multis, Cass. SU, 10955/2002; Cass. nn. 9768/2005; 11843/2007; 21752/2010; 4238/2011; 28292/2011 e numerose altre conformi).
8. L'anzidetto principio trova, pertanto, applicazione anche nella controversia che ci occupa ove il datore di lavoro, che aveva eccepito, nei gradi di merito, l'intervenuta prescrizione quinquennale ex articolo 2947 c.c., ha incentrato le critiche alla statuizione della Corte di merito, in questa sede di legittimità, invocando la speciale prescrizione triennale, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 112, u.c..
9. Tanto premesso, va poi, in via generale richiamato il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, e poi ribadito varie volte, secondo cui l'azione esercitata dall'I.N.A.I.L. nei confronti delle persone civilmente responsabili, per la rivalsa delle prestazioni erogate all'infortunato, nel caso di responsabilità penale accertata nei confronti del datore di lavoro o dei suoi preposti alla direzione dell'azienda o alla sorveglianza dell'attività lavorativa, configura non già un'azione surrogatoria ex articolo 1916 c.c. - che l'Istituto può esercitare, facendo valere in sede ordinaria il diritto al risarcimento del danno spettante all'assicurato, contro il terzo responsabile dell'infortunio che sia esterno al rischio protetto dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro - sibbene la speciale azione di regresso spettante, iure proprio, all'Istituto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articoli 10 ed 11 esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell'infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all'attività lavorativa, giacchè essi, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentano organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l'obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro, senza che a ciò sia di ostacolo la possibile affermazione della loro responsabilità solidale atteso che l'articolo 2055 c.c. consente la diversità dei rispettivi titoli di responsabilità (contrattuale per il datore di lavoro ed extracontrattuale per gli altri) (v., ex multis, Cass., SU, 3288/1997; v. in senso conf. Cass. nn. 8136/2008; 16141/2004). In tali ipotesi, in cui non opera l'esenzione da responsabilità del datore di lavoro di cui all'articolo 10, comma 1, per essere la condotta dei predetti imputabile a titolo di reato perseguibile d'ufficio (articolo 10, commi 2, 3 e 4), l'INAIL fa valere in giudizio un diritto proprio, nascente direttamente dal rapporto assicurativo (v., ex multis, Cass. 4015/1992, Cass. 8467/1994), spiegando un'azione nei confronti del datore di lavoro che ha violato la normativa sulla sicurezza sul lavoro, destinata a sanzionare il datore di lavoro e a consentire, contestualmente, all'Istituto assicuratore di recuperare quanto corrisposto al danneggiato (v., fra le altre, Cass. nn. 13598/2009; 2012/4482).
10. Ed ancora, come ribadito da Cass., SU 3288/97 cit., "l'azione surrogatoria di cui all'articolo 1916 cod. civ. deve intendersi come esterna all'area di rischio coperta dall'azione di regresso propria dell'assicurazione obbligatoria e non facoltativamente alternativa all'azione di regresso; mentre l'azione surrogatoria è azione propria dell'assicuratore, e, in quanto tale anche dell'I.N.A.I.L. per la parte di rivalsa non coperta dall'azione di regresso, quest'ultima è azione speciale, prevista e disciplinata nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria, con finalità sia di rafforzamento della prevenzione, sia di impedire l'indebito che ne deriverebbe a vantaggio dell'autore del danno ove quest'ultimo fosse, sia pure in parte, ma in gran parte, ristorato dall'assicurazione pubblica".
11. Muovendo da tale generale premessa sulla pretesa di rivalsa dell'INAlL, rileva il Collegio che la doglianza svolta dalla parte (Lpd), con il primo motivo, pur genericamente rubricata come violazione di legge, si dipana sul filo della mera critica all'erronea qualificazione, da parte della Corte di merito, dell'azione nella specie esperita dall'Istituto assicuratore nei confronti dell' ((Lpd)), richiamando la qualità di questi, di datore di lavoro, e la condanna in sede penale nella qualità di amministratore della società ((Lpd)) per l'infortunio mortale al lavoratore, senza che venga patimenti censurata, congruamente ed adeguatamente, la giuridica correttezza dell'iter argomentativo e della logicità del suo esito, alla stregua del principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui l'interpretazione che i giudici del merito hanno dato della domanda e dell'atto di gravame, implicante valutazioni di fatto ad essi riservate, non è censurabile in sede di legittimità, se correttamente e congruamente motivata (ex multis, Cass. 21228/2009; 2217/2007; 10423/2005).
12. In altre parole, la censura svolta nei termini predetti, senza devolvere al Giudice di legittimità, alcuna puntuale critica della sentenza impugnata sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal Giudice di merito che ha acclarato che l'INAIL aveva agito in surrogazione, con decorrenza della prescrizione decennale a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna anche al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili, non risulta essere stata efficacemente censurata.
13. Il (Lpd), rimettendo a questa Corte, con il succinto motivo di censura e il relativo quesito di diritto, esclusivamente la questione incentrata sul discrimine tra le azioni di rivalsa esperibili dall'INAIL, o meglio, come asserisce la parte (Lpd), l'autonomia tra l'azione di regresso e quella di surrogazione esercitabile nei confronti di qualsiasi terzo responsabile dell'infortunio, non ha introdotto argomenti volti ad esplicitare e specificare le ragioni per cui, nella specie, la ritenuta surrogazione dell'INAIL nei diritti del lavoratore deceduto, e per lui dei suoi eredi, con il riconoscimento della responsabilità solidale tra il datore di lavoro e ((Lpd)), doveva ritenersi erronea non solo, e non già, in termini di qualificazione dell'azione ma nell'essenza stessa del diritto di rivalsa vantato, in concreto, dall'INAIL, nei confronti del datore di lavoro, diritto meramente enunciato dalla Corte di merito ma non sorretto da adeguata motivazione che ne svelasse i presupposti.
14. Il primo motivo di impugnazione non è, pertanto, meritevole di accoglimento ed il secondo motivo rimane assorbito dal rigetto del primo.
15. In definitiva il ricorso va rigettato.
16. Tenuto conto della peculiarità della fattispecie sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti; nulla per la parte che non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; spese compensate; nulla per la parte non costituita.
Nessun commento:
Posta un commento