Atto Camera
Risoluzione in Assemblea 6-00071
presentato da
Risoluzione in Assemblea 6-00071
BRESCIA Giuseppe
testo di
Giovedì 17 aprile 2014, seduta n. 214
premesso che:
in data 9 aprile 2014 il Governo ha presentato il Documento di Economia e Finanza (DEF), ai sensi dell'articolo 7, comma 2, lettera a) 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni;
dall'esame del documento si rileva che:
si perpetua ulteriormente la malsana abitudine di presentare documenti con quadri macroeconomici e di finanza pubblica troppo ottimistici e quindi di difficile realizzabilità, come rilevato anche dalla Corte dei Conti, la quale inoltre concorda nel recepire «la mancanza di una integrazione effettiva tra l'azione di riequilibrio dei conti pubblici e il ruolo assegnato agli interventi strutturali di riforma»;
il documento si affida per la ripresa dell'economia italiana ad un ipotetico scenario internazionale favorevole, ma in realtà tale scenario è condizionato ad ovvi e vari elementi di incertezza. Si pensi alle criticità che potrebbero conseguire all'inasprimento dei conflitti che coinvolgono l'Ucraina;
le premesse del DEF contengono una informazione parziale e pericolosamente fuorviante su una presunta chiusura della fase recessiva italiana nel terzo trimestre 2013. In realtà, come afferma il documento Macroeconomic Imbalances – Italy 2014 redatto dalla Commissione Europea datato 5 Marzo 2014, al fine di monitorare il protrarsi negli anni degli eccessivi squilibri macroeconomici italiani, ci troviamo di fronte a una «recessione a doppia v» (double-dip recession), ovvero una situazione in cui a un lungo periodo di recessione, segue una ripresa illusoria che prelude una seconda recessione;
dall'analisi degli indicatori di finanza pubblica e del quadro programmatico si evince che il tasso di crescita del PIL permane moderato pari a 0,8 per cento nel 2014, a 1,3 per cento nel 2015 e in media dell'1,7 per cento nel triennio 2016-2018, previsioni comunque più ottimistiche rispetto alle previsioni di febbraio della Banca d'Italia e della Commissione europea;
è evidente il peggioramento del PIL rispetto alle previsioni contenute nel DEF 2013, quindi, come riconosciuto anche nelle premesse del Documento in esame, si conferma che la politica di rigore perseguita a tutti i costi dall'estate del 2011 fino al 2013 ha acuito il periodo di recessione e rallentato la ripresa economica italiana;
per quanto concerne l'andamento del deficit, nonostante l'Obiettivo di medio Termine per l'Italia consisteva nel raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali nel 2014, si prevede tale andamento programmatico:
Indebitamento netto strutturale: | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 |
-1,4 | -0,8 | -0,6 | -0,1 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | |
Indebitamento netto programmatico: | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 |
-3,0 | -3,0 | -2,6 | -1,8 | -0,9 | -0,3 | 0,3 |
tuttavia, come ricorda la Corte dei Conti e come già accaduto spesso in passato, «l'allargamento dei disavanzi pubblici rispetto all'obiettivo si sia rilevato più persistente di quanto originariamente ipotizzato»;
essendo i margini di realizzabilità della programmazione del documento così labili e inconsistenti, in caso di probabile mancato conseguimento degli obiettivi programmatici, il Governo metterà in pericolo il Paese, che sarebbe sottoposto alle gravi conseguenze previste dal Fiscal Compact ovvero alle ancor più gravose conseguenze derivanti dall'istituzione del Debt Redemption Fund;
l'andamento del rapporto Debito/PIL permane elevato e assolutamente distante dall'obiettivo finale del 60 per cento;
si evidenzia che il suddetto andamento include i proventi delle dismissioni di partecipazioni, che, secondo il programma del Governo, contribuiranno alla riduzione del debito per 0,7 punti percentuali del PIL per ciascuno degli anni del triennio 2014- 2017 (pari a 12 miliardi annui), da ciò ne deriva che le scelte di privatizzazione non sono dettate da strategie economiche di crescita ma bensì imposte dalla necessità di rientrare di un debito accumulato in più di venti anni e per rispettare parametri imposti dalla UE nonostante la recessione economica;
dopo aver raggiunto il valore massimo nel 2014, il rapporto debito/PIL, al lordo dei sostegni, diminuisce negli anni successivi, passando dal 133,3 del PIL nel 2015 al 120,5 del 2018. Esso mantiene, tuttavia, un profilo più elevato di 4 punti percentuali, rispetto alle stime contenute nella Nota, nel 2015 e rispettivamente di 4,8 e 5 punti percentuali nel 2016 e 2017;
anche se la ripresa della nostra economia appare lenta ed incerta e nonostante, ad oggi, siano sconcertanti i dati della disoccupazione, non si comprende come mai lo spread si sia «magicamente» ridotto consentendo all'Italia di ridurre in modo consistente la spesa per interessi: è lecito sospettare che il trend di riduzione dello spread non è altro che la controprestazione per le rigorose politiche restrittive inflitte dal Governo Monti al popolo italiano, che hanno consentito le generose elargizioni di interessi passivi ai detentori esteri del debito pubblico italiano;
la lode al Governo, ossia il fatto che nonostante la fase congiunturale difficile sia stato capace di contenere la spesa pubblica, è assolutamente non condivisibile. In realtà, la spesa pubblica è tutt'oggi elevata e comprimibile, come conferma la corposa azione di spending review affidata al Commissario Cottarelli. Infatti il contenimento della spesa è stato conseguito mediante l'abbattimento delle spese in conto capitale, con danni evidenti al percorso di ripresa economica;
anche la gradualità e lentezza del pagamento dei debiti pregressi della PA potevano essere evitate con una azione anticipata di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, già dal 2008, che poteva essere più incisiva e mirata anche nel periodo del Governo Monti;
il rallentamento del percorso di convergenza, finalizzato al realizzare le riforme strutturali del Programma nazionale di riforma, che il Governo ipotizza che produca (sic!) effetti di maggiore crescita potenziale dell'economia pari al 2,2 per cento di PIL cumulato dal 2014 al 2018 presentano le sottoelencate criticità nei vari settori:
In materia di Giustizia:
il documento in esame, in assenza di uno specifico e cenno alla consistenza ed alla modulazione delle risorse finanziarie, umane e strumentali da allocarsi per l'innovazione del sistema giustizia, fissa sostanzialmente due specifici macro-obiettivi programmatici, il primo intitolato «una giustizia celere ed accessibile» il secondo «Trasparenza e garanzia dei diritti» il cui compimento è fissato per entrambi entro il giugno 2014, cui si accompagna un terzo di competenza mista con il comparto sicurezza denominato appunto «Sicurezza pubblica»;
all'interno di tali macro-obiettivi non si scorgono sostanziali discontinuità con le inefficaci misure adottate in tema di giustizia dal precedente esecutivo volte a frapporre una distanza incolmabile tra il cittadino ed il suo diritto di accedere alla giustizia, e che vengono qui proseguite e rafforzate come, ad esempio: la limitazione dell'appellabilità delle sentenze civili di primo grado; la previsione e potenziamento di misure alternative al processo come la mediazione obbligatoria senza peraltro indicare quali siano e relativamente a quali materie; l'introduzione della motivazione sintetica a richiesta delle parti dietro pagamento di una tassa; la limitazione dell'appellabilità delle sentenze civili di primo grado;
si registrano alcune isolate e sommarie proposte di un più generale intervento, come nel caso della giustizia amministrativa. Intervento che rischia di porsi tuttavia al di fuori una coerente implementazione del precetto costituzionale della separazione tra le attività di indirizzo politico-amministrativo di vertice e le funzioni dell'area dirigenziale, in assenza del quale il sindacato di legittimità verrebbe facilmente sottomesso ad interessi illegali, purtroppo largamente diffusi tra la politica negli ambiti territoriali e nei dicasteri, volti all'approvazione di bandi pubblicati per favorire illecitamente soggetti privati. Interventi che, inoltre, si inseriscono in un quadro che ha già visto, dalla riforma del 2010 e dalla Legge di Stabilità del 2013, una lievitazione dei costi di accesso che hanno limitato la possibilità ai cittadini ed alle imprese di ricorrervi liberamente;
appare inoltre arduo a concepire, in assenza di specifiche indicazioni su interventi dettagliati, come il Governo possa porsi l'ambizioso duplice obiettivo di «impedire i condizionamenti della criminalità organizzata sui circuiti dell'economia legale», nonché di «sconfiggere il crimine organizzato» entro il 2014 in un contesto di spending review, ovvero corroborando un simile intervento – di storica portata – facendo esclusivo ricorso all'impiego di fondi europei, nuovi processi di finalizzazione della spesa, nonché di gestione e destinazione degli asset sottratti alla criminalità organizzata.
In materia di difesa:
le misure proposte nel DEF per il settore Difesa sono una riproposizione di provvedimenti già in essere o in discussione, come la riduzione del personale militare e civile stabilito dalla legge 244, il richiamo al Libro Bianco, alla proposta conclusiva dell'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma, alla riorganizzazione delle scuole militari, alla dismissione degli immobili della difesa e la revisione dei canoni di locazione degli immobili dell'arma dei Carabinieri. Manca totalmente una visione tesa a ridimensionare sul serio le spese militari a partire dalla totale assenza di ogni taglio nei sistemi d'arma più costosi (come gli F35);
le riduzioni previste per gli organici, civili e militari, sono inutilmente spalmate nel tempo (sei anni per i generali e 10 anni per i colonnelli), finendo con l'affievolire i già scarsi obiettivi prefissati.
In materia di Esteri:
per quanto riguarda lo scenario macroeconomico internazionale, pur in presenza di alcuni segnali distensivi sui mercati finanziari e un prolungato contenimento dei prezzi delle materie prime energetiche, alimentari e industriali, va tuttavia ricordato che vi sono una serie di rischi per i quali la ripresa può essere sempre posta nuovamente a rischio, e tra questi proprio fattori di ordine internazionale (le tensioni geopolitiche in Medio Oriente e da qualche mese quelle che si stanno manifestando, e acuendo, alle porte dell'Europa orientale, Ucraina in particolare, con possibili ripercussioni sui prezzi delle materie prime), l'eventuale cambiamento di rotta della politica monetaria con possibili rialzi dei tassi di interesse, un ulteriore rallentamento della crescita nei paesi emergenti; ma sono sotto osservazione della Bce anche i rischi di ciò che appare un processo deflazionistico in corso, che potrebbero ripercuotersi negativamente sulle decisioni di investimento e di indebitamento, con ulteriore prolungamento della disoccupazione di lungo periodo;
è quanto mai indispensabile, anche per la crescita e l'internazionalizzazione del nostro Paese, poter contare finalmente su risorse certe, sufficienti e programmate che permettano il rispetto degli impegni internazionali, garantendo un ritorno in termini di credibilità. Pur in una situazione di grave crisi finanziaria, infatti, è interesse e dovere dell'Italia aumentare in modo significativo le risorse economiche dedicate alla cooperazione internazionale e, in particolare, alla cooperazione allo sviluppo, componente fondamentale della politica estera e strumento della proiezione del sistema Paese;
nell'attuale DEF è previsto, confermando per il triennio 2015-2017 il calendario stabilito dal DEF 2013, che nel 2017 l'APS italiano si attesti perlomeno allo 0,28 per cento del PIL (obiettivo comunque molto lontano dai propositi stabiliti anni addietro in sede internazionale) attraverso un riallineamento del nostro Paese agli standard internazionali in termini di risorse economiche da destinare alla cooperazione internazionale con un progressivo incremento, su base annuale, pari ad almeno il 10 per cento degli stanziamenti previsti dalla legge n. 49 del 1987; tuttavia, pur riconoscendo l'inversione di tendenza rispetto ai precedenti esercizi finanziari, appare ancora troppo poco e insufficiente l'impegno del nostro Paese in tal senso;
appare comunque evidente che per render possibili, e credibili, tali incrementi si dovrà razionalizzare e riqualificare la spesa per la cooperazione allo sviluppo, anche con l'ausilio di una più aggiornata mappatura degli interventi di cooperazione che il nostro Paese finanzia, nel quadro di una rinnovata disciplina legislativa del settore (attualmente in fase di discussione al Senato) nonché prevedere l'incremento di almeno il 20 per cento annuale degli stanziamenti previsti per la cooperazione sviluppo nella prossima legge di stabilità;
un ruolo non secondario dell'apparato amministrativo degli affari esteri sarà quello da giocare nel rafforzamento dell'internazionalizzazione dell'economia italiana, parte essenziale del quale è l'aumento dell'attrattività del nostro Paese per gli investimenti esteri, quale previsto dal pacchetto «Destinazione Italia» presentato dal Governo nel corso del 2013, anche mediante l'incremento dei fondi a disposizione dell'attività dell'Agenzia ICE per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane;
l'intero sistema diplomatico-consolare e degli istituti di cultura rappresenta una risorsa preziosa per la protezione e la proiezione globale dei nostri interessi politici, economici, culturali e linguistici, che deve essere rafforzata e potenziata nelle aree geografiche strategicamente più rilevanti; il processo di riorganizzazione della rete dovrà, in ogni caso, avere un respiro anche europeo, ovvero la rete diplomatica italiana dovrà riuscire a sfruttare sinergie potenziali con il Servizio Europeo di Azione esterna (SEAE).
In materia di Fisco e sistema creditizio:
la predisposizione di misure di automazione e telematizzazione delle operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta sul valore aggiunto potrebbe ridurre in maniera considerevole gli adempimenti burocratici a carico del contribuente;
l'istituto del «crowfunding» risulta essere un valido strumento di finanziamento delle società innovative di nuova costituzione. Estendere il medesimo istituto anche a società non necessariamente innovative e di nuova costituzione potrebbe rivelarsi un espediente alla problematica del «credit crunch», elemento di ostacolo alla ripresa economica delle imprese italiane e conseguentemente della situazione economica nazionale;
sarebbe, altresì, necessario rivedere i criteri di definizione del tasso di usura, al fine di ridurre il costo del denaro rendendo così più agevole l'accesso a credito, in particolar modo, per le piccole e medie imprese;
gli studi di settore costituiscono uno strumento di rilevazione di tipo statistico che consente di stimare i ricavi conseguibili dall'esercizio di una determinata attività d'impresa, secondo criteri e parametri riferibili ad un campione rappresentativo in condizioni di «normalità economica». L'idoneità della stima a rappresentare la realtà del contribuente sottoposto a verifica dipende dalla capacità del campione di rappresentare in modo adeguato le situazioni di «normalità economica» di una determinata realtà produttiva e, dunque, dalla effettiva coincidenza della situazione concreta del singolo contribuente con quella di «normalità economica» presa a base per l'individuazione del campione rappresentativo. I ricavi statisticamente determinati dagli studi (sebbene periodicamente revisionati al fine di garantirne l'aderenza alla realtà economica) spesso non rappresentano idoneamente le effettive potenzialità reddituali dell'impresa, soprattutto per le piccole realtà imprenditoriali. Ciò in quanto non tengono conto delle concrete caratteristiche di esercizio dell'attività d'impresa tra cui le particolari condizioni che caratterizzano o che hanno interessato il territorio in cui è svolta l'attività (si pensi, ad esempio, ai comuni colpiti da calamità naturali o sottoposti a procedure di dissesto finanziario che incidono inevitabilmente sulle attività imprenditoriali presenti sul territorio). In un tal contesto, si rende necessaria la previsione di strumenti, oltre quelli già previsti dalla normativa vigente, diretti a favorire il contraddittorio tra amministrazione e contribuenti al fine di garantire la necessaria «personalizzazione» dello studio di settore nonché l'adeguamento degli studi di settore sulla base di parametri che tengano anche conto di fenomeni extra-imprenditoriali (che di fatto ne condizionano la produttività).
In materia di Scuola, Università e Cultura:
l'unica misura immediata è quella relativa al piano scuola, riguardo alla quale però non si vedono risorse disponibili o nuove risorse, ma si parla di razionalizzazione di quelle esistenti, di fondi strutturali o mutui che già si pensa di ottenere, cosa niente affatto sicura, visto che la proposta italiana di accordo di partenariato per la ripartizione dei fondi europei è tutta da rifare, avendo ricevuto ben 351 rilievi dalla Commissione Europea;
nel DEF, inoltre, si indica l'esigenza di «migliorare qualità e risultati della scuola, anche rafforzando lo sviluppo professionale degli insegnanti e diversificandone lo sviluppo della carriera», senza specificarne il metodo;
per la valutazione esiste il reale rischio di introdurre un modello aziendalistico di scuola e università, mentre il ruolo della valutazione (soprattutto nella scuola) deve avere finalità unicamente didattiche, non misurative del funzionamento della scuola né indicatrici nell'assegnazione dei fondi;
non si intravede una programmazione economica per il rinnovo stipendiale del personale della PA, e dunque anche per il personale scuola inoltre il riconoscimento del merito negli stipendi dei docenti non deve essere sostitutivo dei miseri scatti di anzianità previsti attualmente dal CCNL, ma dovrebbe essere aggiuntiva e quindi richiederebbe delle risorse aggiuntive;
la spesa che lo Stato deve sostenere per pagare gli stipendi pubblici, nel 2013, come si legge nel documento, ammonta a circa 164 miliardi, in calo dello 0,7 per cento circa rispetto all'anno precedente; tale contrazione si somma al -1,9 per cento del 2012 e alla diminuzione del 2,1 per cento registrata nel 2011 («rafforzando – sottolinea testualmente il DEF – il trend decrescente che si è determinato dopo un lungo periodo di crescita tra il 1998 e il 2010»);
se poi si calcolano gli stipendi in rapporto al PIL, si ha la conferma che il pubblico impiego (e la scuola soprattutto) hanno pagato in questi anni un prezzo particolarmente alto: nel 2013 la spesa è stata del 10,5 per cento rispetto al PIL, così come nel 2012, ed in netto calo rispetto agli anni precedenti (11,3 per cento nel 2009, 11,1 per cento nel 2010, 10,7 per cento nel 2011);
secondo i tecnici del MEF, questa è «la conseguenza dei molteplici interventi normativi disposti nel corso degli ultimi anni che hanno comportato sia un contenimento delle retribuzioni individuali, sia una riduzione del numero dei dipendenti pubblici (-5,6 per cento circa nel periodo 2007-2012)»;
la razionalizzazione del comparto scuola, il perdurare del blocco dei rinnovi contrattuali per il periodo 2010-2015, l'introduzione di un limite di spesa individuale rapportato alla retribuzione percepita nell'anno 2010, il riconoscimento solo ai fini giuridici delle progressioni di carriera disposte nel quadriennio 2011-2014, la decurtazione in base al numero delle unità di personale cessate dell'ammontare delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa, sono tutti gli interventi che hanno portato i succitati disastrosi risultati;
si ribadisce che, nel quadro a legislazione vigente, come si legge infatti nel DEF, la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata a diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020;
il settore della scuola è stato particolarmente penalizzato negli ultimi anni; la spesa per i cosiddetti «consumi intermedi» (in pratica si tratta delle spese per il funzionamento ordinario di scuole, università ed enti di ricerca) è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013, mentre nello stesso periodo la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi, mentre al MEF è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 miliardi e nelle Agenzie fiscali è passata da un miliardo a 1,64;
si parla di introduzione di nuove forme di reclutamento degli insegnanti, senza accennare minimamente ai precari della scuola;
l'età media degli insegnanti in Italia, anche in base ai dati del Rapporto dell'OCSE Education at a glance 2013 – dal quale risulta che, nel 2011, il 62,5 per cento dei docenti della scuola secondaria di II grado ha superato i 50 anni, il 61 per cento nella scuola secondaria di I grado e il 47,6 per cento nella scuola elementare diventa necessario, anche per tali motivi, di risolvere la discriminazione relativa ai docenti rientranti nella cosiddetta «Quota 96 Scuola»;
riguardo al sistema educativo e mondo del lavoro, si continua a rincorrere l'implementazione della formazione tecnica e tecnologica, la qual cosa per essere realmente funzionale a un nuovo sviluppo per l'Italia e in considerazione della crisi del modello industriale tradizionale deve prevedere una formazione ad alto contenuto innovativo, soprattutto nei settori nei quali l'Italia vuole puntare per il futuro;
il rischio è che di fronte alla crisi del modello industriale tradizionale, almeno in Italia, si formi manodopera che poi sarà costretta a emigrare all'estero per trovare occupazione, mentre occorrerebbe un piano industriale lungimirante, di medio-lungo periodo, con l'individuazione di alcuni settori strategici nei quali fare ricerca avanzata e formazione del personale occupato in quel campo e nel relativo indotto;
il Governo ha inteso prevedere che, «Con la finalità di accrescere il tasso di immatricolati nelle università, ancora basso rispetto alla media europea e in calo negli ultimi anni» e con l'obiettivo di «favorire la diffusione di sistemi meritocratici», si aumenti l'impatto delle misure di diritto allo studio in stretta correlazione con il merito;
tuttavia, anche grazie alle misure già assunte, l'unico aumento osservato negli ultimi anni è stata la percentuale di studenti che non riescono ad accedere ai gradi più alti degli studi universitari, data l'assoluta insufficienza di strumenti che garantiscano ai capaci e ai meritevoli tale possibilità; solo con riferimento all'ultimo anno, la percentuale di studenti iscritti nei corsi di area medica che potrà ultimare il proprio percorso formativo attraverso la specializzazione universitaria si è ridotta al 35 per cento;
secondo il recente studio dell'Anvur, «Rapporto sullo stato dell'università e della ricerca in Italia», è possibile verificare come le immatricolazioni ai corsi universitari risultino in calo del 10 per cento nelle regioni del Nord, mentre scendono addirittura del 55 per cento nelle regioni del Sud e del Mezzogiorno. Più che una mancanza di interesse per i vari corsi universitari o di un errato raccordo tra scuola e università, la distribuzione geografica delle immatricolazioni in Italia sembra mostrare, invece come più concretamente i giovani diplomati delle regioni del meridione non considerino il conseguimento di un titolo di studio universitario quale possibilità utile al proprio futuro lavorativo e professionale;
all'interno del DEF si prevede di aumentare la percentuale di popolazione tra i 30 e i 34 anni in possesso di diploma di istruzione universitaria, anche in relazione agli impegni che il Nostro Paese ha assunto a livello comunitario, ma poco chiare risultano essere le misure attraverso le quali ottenere l'aumento di tale quota percentuale;
è bene ricordare, a tal proposito, che tra gli obiettivi finali da raggiungere al termine del programma europeo «Horizon 2020» vi sarà un significativo innalzamento della quota di cittadini laureati proprio nella fascia di popolazione compresa tra i 30 e i 34 anni, fino a raggiungere una percentuale complessiva del 40 per cento; l'Italia, nonostante tali riferimenti, ha invece definito, quale proprio obiettivo, il raggiungimento di una percentuale di laureati pari al 26 per cento, una quota inferiore di ben 14 punti rispetto alla media europea; il massimo sforzo del nostro Paese in un settore così cruciale per il suo sviluppo sarà la crescita di soli 4 punti percentuali rispetto alla quota raggiunta dal nostro Paese nell'anno 2012, ma anche per tale obiettivo l'Italia dimostra di essere ben lontana dalla sua concreta realizzazione. Sempre secondo il recente rapporto dell'Anvur, il quadro risulta essere assolutamente grave ed allarmante;
tale analisi documenta, infatti, il preoccupante divario dell'Italia rispetto alla percentuale di riferimento della media europea, con una quota di laureati, nella fascia di popolazione compresa tra i 15 e i 64 anni, pari al 13,8 per cento, la quale, a fronte di una media UE intorno al 25 per cento, ci costringe al terzultimo posto nella classifica dei vari Stati dell'Unione, con un ritardo ancor più grave se riferito alle medie dei principali Paesi;
il Documento di economia e finanza per il 2014, a fronte degli obiettivi sin qui riportati, ovvero dei gravissimi ritardi accusati dal nostro Paese per una loro concreta realizzazione, prevede, aldilà dei proclami del caso, lo stanziamento di risorse assolutamente insufficienti, nonché la totale assenza di una programmazione chiara e univoca;
anche per il diritto allo studio servirebbero risorse aggiuntive per eliminare la piaga dei vincitori senza borsa, e per abbassare le tasse universitarie; il ricorso al prestito d'onore invece, strumento che si sta rivelando un fallimento nei Paesi che l'hanno adottato nei decenni scorsi (come ad esempio negli USA), e che anche in Italia non ha trovato praticamente nessuno spazio, rivelerebbe la volontà del governo di stanziare sempre meno fondi per ricorrere a pratiche finanziarie a debito sulle spalle delle famiglie;
si evidenzia l'assenza di qualsiasi concreta disposizione in favore degli enti di ricerca. Solo pochi giorni fa, la VII Commissione approvava l'erogazione della quota premiale del Fondo Ordinario Enti di Ricerca (FOE), a condizione però che il Governo si impegnasse, entro il prossimo anno, affinché la quota del 7 per cento del FOE, attualmente prevista quale quota premiale, fosse erogata con finanziamenti ulteriori e diversi, e non quale mera redistribuzione di una porzione dello stesso fondo. Tale parere veniva sottoscritto all'unanimità dei componenti della Commissione ma, data la mancanza di qualsivoglia riferimento, già si teme per la sua reale attuazione;
il Def pone sullo stesso piano turismo e valorizzazione dei beni culturali, mentre sarebbe auspicabile considerare gli interventi a sostegno del patrimonio culturale nel contesto di una strategia separata, sebbene collegata, rispetto a quella rivolta alla tutela dell'ambiente e del turismo, anche in considerazione della peculiarità del patrimonio culturale italiano, unico rispetto agli altri Paesi e del profondo stato di degrado in cui esso versa;
inoltre, nell'ambito della strategia che rappresenta il turismo e la cultura come fattori di crescita, il PRN 2014 prevede tutta una serie di iniziative che saranno di difficile realizzazione senza lo stanziamento di risorse adeguate e per le iniziative già attuate dai recenti provvedimenti legislativi adottati le risorse appaiono assolutamente insufficienti;
considerato ancora che:
nonostante l'investimento in Istruzione, Università e ricerca rappresentino la leva più solida di cui un governo dispone per centrare i suoi obiettivi di coesione sociale e sviluppo economico e che la spesa pubblica in questi specifici ambiti è ancora sotto la media europea, con evidenti riflessi negativi sui risultati scolastici, la mobilità e la coesione sociale, non si riscontra un'inversione di tendenza e il Def per il 2014, a fronte degli obiettivi elencati, nella sezione del Piano nazionale di Riforma, prevede risorse del tutto insufficienti rispetto a quelle che sono le reali esigenze;
è evidente che il governo non si dimostra disponibile ad adottare politiche che concentrino risorse aggiuntive sul settore della conoscenza, individuando fonti di finanziamento reperibili nell'immediato, anche operando una selezione delle priorità e delle urgenze di sviluppo;
i proclami non possono bastare, mentre è indiscutibile che l'investimento nella formazione delle nuove generazioni rappresenta un parametro vitale per qualunque Paese voglia elaborare un positivo progetto di crescita per il proprio futuro;
il documento «Europa 2020» dà un solo imperativo agli Stati membri per promuovere nuova crescita: investire in istruzione, infatti aumentare il livello e la qualità dell'istruzione rappresenta uno dei 5 obiettivi nazionali dell'agenzia Europa 2020;
la sconsiderata politica dei tagli degli ultimi anni ha messo in ginocchio tutti i settori della cultura, dalla scuola all'università, alla ricerca, ai beni culturali determinando un'allarmante situazione generalizzata di regresso e di forte riduzione della mobilità sociale;
in particolare, si è proceduto a sottrarre sempre più risorse economiche dal nostro sistema di istruzione a partire dal taglio epocale di più di 8 miliardi di euro, effettuato in applicazione dell'articolo 64 della finanziaria estiva del 2008 (legge 133 del 2008) che ha inferto un colpo letale al mondo della scuola;
la dispersione scolastica conta numeri allarmanti: il 18,8 per cento dei giovani 18-24enni abbandona gli studi senza conseguire un titolo di scuola media superiore o una qualifica professionale (la media europea è pari al 14,1 per cento);
negli ultimi anni gli Atenei sono stati sottoposti a una sorta di «condizione emergenziale» in materia di risorse e di assunzioni, come confermato dal calo del FFO e del personale docente e ricercatore;
l'attuale sistema di attribuzione dei punti organico, che non prevede alcun meccanismo che tenga conto delle specifiche condizioni degli Atenei, congiuntamente alla presenza di un blocco del turnover che impedisce il necessario ricambio del personale soggetto a pensionamento, ha determinato un'allarmante carenza di professori ordinari e associati, nonché di nuovi ricercatori e di personale tecnico-amministrativo che rischia di compromettere seriamente il corretto funzionamento del sistema universitario, nonché le essenziali attività di ricerca ad esso collegate;
anche la capacità di intercettare fondi di ricerca, in particolare europei, risente del basso numero di ricercatori italiani in relazione alla popolazione, se confrontato con quello degli altri Paesi;
gli investimenti nel diritto allo studio ci vedono agli ultimi posti in Europa, quando invece Germania e Francia investono fino a 10 volte più dell'Italia;
la situazione è anche peggiore per quanto concerne i beni culturali, in cui il nostro paese ha investito solo una esigua percentuale del PIL, un valore tanto basso da mettere a rischio la tutela anche del patrimonio culturale più prezioso e noto come l'area archeologica di Pompei, il Colosseo, l'archivio nazionale, mentre il blocco delle assunzioni sta paurosamente depauperando la capacità dello Stato di assicurare la normale attività di tutela, affidando tale attività a interventi straordinari o al solo intervento del privato;
nel documento non c’è un solo cenno al settore dello spettacolo, che vede il PUS (Fondo unico per lo spettacolo) continuamente decurtato, con evidente grave pregiudizio per tutti gli addetti del settore stesso e con il reale rischio di una delocalizzazione della produzione cinematografica all'estero a svantaggio di un cinema di qualità;
in un paese come il nostro la cultura e in particolare quella cinematografica dovrebbe essere il volano della ripresa e dello sviluppo auspicato, e deve essere sottratto ad improvvisati management privati e dirigenti statali, per riconsegnarlo al suo valore collettivo;
le irrisorie misure introdotte nel sovrastimato decreto cd «valore cultura», in realtà non hanno prodotto gli effetti sperati, soprattutto in riferimento agli addetti del settore, molti dei quali rischiano di perdere il posto di lavoro; emblematico è il caso di quasi tutte le fondazioni lirico sinfoniche;
la strada maestra per ridare slancio ad un'economia in crisi, ad un modello di sviluppo sostenibile, ad una società che metta al centro il benessere dei cittadini e la loro qualità di vita passa non solo attraverso un ripristino delle risorse economiche tagliate in questi anni al mondo della scuola italiana, dell'università, della ricerca e della cultura, ma anche e soprattutto attraverso una programmazione economica che preveda ingenti investimenti pluriennali e una valorizzazione complessiva del sistema.
In materia di Ambiente:
è di tutta evidenza, nella sezione dedicata al programma di stabilità, la totale assenza di una visione politica e di una lettura strategica del tema ambientale come fattore trainante nell'economia nazionale e rimangono esclusi e completamente estranei i dati relativi al consumo di capitale naturale e dei servizi ecosistemici;
appare chiara la consapevolezza del Governo sulla difficoltà a realizzare l'ambizioso programma infrastrutturale avviato con la legge obiettivo – della quale mantiene l'indirizzo di privilegiare le opere più costose e ad elevato impatto ambientale – rispetto al quale dichiara di voler cambiare impostazione: non più procedure di appalto con risorse pubbliche, ma il ricorso ad un modello di partenariato pubblico privato e agevolazioni fiscali per le opere più costose; la politica della «privatizzazione» si estenderebbe quindi all'alta velocità, agli assi autostradali, alla riqualificazione delle aree urbane, al trasporto pubblico locale;
tra gli obiettivi annunciati dal Governo c’è l'esigenza di riformare il CIPE e le modalità di approvazione dei progetti, in concomitanza con la revisione della legge obiettivo e delle sue procedure speciali; la ratio di questa riforma sembra evidenziare una chiara continuità con il Governo Berlusconi che ha voluto la legge obiettivo: accelerare e semplificare in tutti i modi le procedure ed attribuire tutto il potere al decisore centrale;
per quanto riguarda le politiche abitative nel DEF sono previsti stanziamenti per circa 1.3 miliardi per il sostegno all'affitto, l'ampliamento dell'offerta di immobili dell'edilizia popolare, sviluppo dell'edilizia residenziale sociale; desta perplessità che queste misure siano accompagnate dalla previsione di un «maggior rigore nei confronti degli occupanti abusivi di un immobile, i quali non potranno chiedere la residenza né l'allaccio ai pubblici servizi»;
nel DEF è previsto un nuovo impulso al processo, avviato da tempo, di svendita del patrimonio immobiliare pubblico; l'elemento principale del federalismo demaniale consiste esattamente in questo: trasferimento dei beni immobili dello Stato agli enti locali (comprese le province), che potranno provvedere alla loro alienazione;
il DEF traccia un quadro sulla situazione della produzione e gestione dei rifiuti, evidenziando che – complice la crisi economica – si è assistito ad una riduzione della produzione e ad un aumento della raccolta differenziata, che si è assestata al 37,7 per cento a livello nazionale; il dato è ben distante dagli obiettivi che aveva posto il legislatore e la soluzione individuata dal Governo è stata quella di spostare i termini, con buona pace delle amministrazioni virtuose che sono riuscite a raggiungere (e a superare) gli obiettivi di legge;
il DEF illustra i provvedimenti adottati dal Governo e approvati dal Parlamento per affrontare la gravissima crisi ambientale e sanitaria causata dall'ILVA a Taranto; la ricostruzione non evidenzia che l'intervento governativo era finalizzato soprattutto ad evitare che l'intervento della magistratura potesse causare problemi alla «continuità della produzione», intervenendo anche sui sequestri disposti dal GIP;
desta perplessità l'ottimismo col quale il DEF 2014 proponga rapide soluzioni per le bonifiche dei siti di interesse nazionali, per le quali si sta attendendo da molti anni; tale vicenda peraltro si inserisce nella più delicata e complessa materia dei fondi strutturali comunitari in attesa di assegnazione;
nel DEF si fa riferimento all'istituzione della tariffa sociale nel servizio idrico integrato, che, secondo il Governo, rafforzerebbe la natura «pubblica» della risorsa acqua; la tariffa sociale è una questione di assoluta rilevanza soprattutto in questo momento di crisi economica e occupazionale, ma la sua copertura viene individuata in una nuova componente tariffaria appositamente creata che farà aumentare ulteriormente le bollette, gravando ancora una volta sui cittadini invece che sui soggetti che finora hanno fatto profitti sull'acqua.
In materia di trasporti ed infrastrutture:
il cronoprogramma delle riforme relativo alle infrastrutture contenuto nel documento risulta di difficile applicazione. Risulta, ad esempio, infatti scarsamente credibile l'approvazione, entro il mese corrente, del piano aeroporti piuttosto che la trasmissione alle Camere di una Proposta di riforma dell'offerta portuale o ancora l'approvazione della proposta di riforma del CIPE. Altrettanto irrealistica è la tempistica relativa all'Open Data, digitalizzazione e semplificazione della PA da effettuare, secondo cronoprogramma, entro maggio 2014;
per superare i limiti di finanza pubblica e far fronte alla realizzazione di opere infrastrutturali il governo intende assicurare un maggior coinvolgimento del capitale privato, anche internazionale, nella realizzazione di tali opere. Una implementazione del modello di Partenariato Pubblico Privato avrebbe certamente come conseguenza diretta l'immediata cantierizzazione di nuove opere anche di piccola o media grandezza senza però adeguate garanzie per quanto concerne la realizzazione definitiva delle opere e la loro gestione. Spesso, infatti, gli interlocutori privilegiati di tali accordi sono società di costruzioni con scarse capacità gestionali nonché finalizzate al mero lucro e non alla valorizzazione culturale e sociale del patrimonio;
il documento contiene dei riferimenti al percorso di privatizzazioni messe in essere dal Governo. Tra le società a partecipazione diretta interessate da questa manovra rientrano Poste Italiane con l'alienazione del 40 per cento ed Enav con il 49 per cento;
in riferimento al primo, non è dato sapere, tra i settori in cui opera Poste Italiane S.p.A., ovvero tra i servizi postali, finanziari e assicurativi, quale di questi sarà maggiormente interessato dalle operazioni di vendita. Non essendo tutti i settori egualmente produttivi, si ravvisa il rischio che l'operazione arrivi a riguardare solo gli ultimi due, lasciando quello maggiormente in perdita di proprietà dello Stato;
per quanto concerne Enav, le stime dei proventi derivanti dall'alienazione del capitale della società, da versare al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato di cui all'articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n. 432 per la riduzione del debito pubblico, sono di importo così modesto da non giustificare i rischi di una sua privatizzazione. A tale proposito, è sufficiente ricordare che Enav Spa in un contesto particolarmente difficile in ambito domestico, con la perdurante crisi della compagnia Alitalia, con un traffico domestico perso nell'ordine del 35 per cento dal 2008 in avanti è riuscita a conseguire un utile netto di 46 milioni di euro di cui 23 per rimborso Ires anni precedenti, che, sommato agli ammortamenti finanziari sostenuti per la mancata erogazione da parte dello Stato degli oneri derivanti dal Contratto di Servizio e ai crediti divenuti inesigibili per il fallimento di due vettori italiani, avrebbe significato un utile di quasi 50 milioni di euro in piena crisi. Non risulta difficile quindi immaginare la capacità della società, con un mercato in ripresa, di generare profitto, con il possibile introito della stessa cifra senza doversi privare della totalità del capitale sociale;
poiché risulta essere totalmente assente una politica seria di lungo periodo mirante all'abbattimento del debito pubblico, tali interventi di c.d. privatizzazione rischiano di non essere risolutivi ed essere, piuttosto, controproducenti, raggiungendo risultati effimeri e assolutamente limitati temporalmente;
seppur condivisibile la necessità espressa nel documento da parte del governo di provvedere ad una rilettura di tutti gli interventi che, pur approvati prima del 2010, sono ancora fermi nella fase procedurale, non si condividono le finalità ove si afferma che non è intenzione dell'esecutivo annullare la strategicità dei singoli interventi provvedendo, bensì, ad una sola rimodulazione temporale delle risorse senza compromettere l'avvio delle opere stesse;
pur condividendo la volontà espressa dal Governo di aprire ad un dialogo con le popolazioni interessate dalla realizzazione di nuove infrastrutture, si nutrono forti dubbi sui meccanismi che caratterizzeranno tali consultazioni pubbliche e nello specifico sull'ipotesi che eventuali esiti negativi possano condurre ad una deresponsabilizzazione ed estromissione delle istituzioni locali anziché ad una rinuncia nella realizzazione dell'opera;
sempre nell'ambito dell'iter di approvazione dei progetti preliminari, risulta non del tutto condivisibile l'ipotesi di riforma del Comitato per la Programmazione Economica avanzata dal governo che potrebbe, così come strutturata, recare nocumento al patto di stabilità interno ove si prevede che qualora il progetto definitivo comporti oneri aggiuntivi, quest'ultimo venga non più sottoposto all'approvazione da parte del Cipe, bensì del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze;
nella Tabella 0 dell'allegato infrastrutture sono ancora inserite una serie di opere infrastrutturali concentrate al Centro-Nord che risultano un evidente spreco di risorse e sarebbero invece da bloccare o, quantomeno, declassare;
si tratta per lo più di grandi assi viari che attraversano più regioni, come l'autostrada Cecina-Civitavecchia cosiddetta tirrenica, l'autostrada Orte-Mestre, E78 cosiddetta autostrada dei due mari, il raccordo autostradale della Cisa A15 – Autostrada del Brennero A22 Fontevivo (Pr) – Nogarole Rocca (Vr). In altri casi si tratta di autostrade o strade che, pur ricadenti nell'ambito di una sola regione, si presume siano di straordinaria importanza nel collegamento tra due o più tratte di maggiore rilievo come la Pedemontana veneta – Montecchio Maggiore (Vi) – Spresiano (TV); la Pedemontana Lombarda: collegamento autostradale Dalmine-Como-Varese-Valico del Gaggiolo ed opere ad esso connesse; il collegamento autostradale di connessione tra le città di Milano e Brescia (BreBeMi); il collegamento tra la S.S. n. 11 «Padana Superiore» a Magenta e la Tangenziale Ovest di Milano, con variante di Abbiategrasso e adeguamento in sede del tratto della S.S. n. 494 da Abbiategrasso fino al nuovo Ponte sul Ticino; il collegamento stradale, in variante alla S.S. 341 «Gallaratese», tra Samarate ed il confine con la provincia di Novara; il raccordo autostradale di collegamento della SP 46 «Rho-Pero» e della SS 33 del Sempione (Realizzazione di un asse principale di collegamento congiuntamente ad un sistema di 6 svincoli di interconnessione con la tangenziale ovest di Milano, l'autostrada A4 Torino-Venezia, l'autostrada A8 per Como-Varese, il nuovo polo fieristico ed il sistema della viabilità locale); la tangenziale est esterna di Milano; la bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo e opere connesse; l'autostrada Medio Padana Veneta – Nogara (VR) – mare Adriatico e collegamento a ovest con la A22 del Brennero. Non solo queste opere risultano confermare la loro presenza all'interno del XII allegato ma ricevono un'ulteriore spinta con la modifica della loro classificazione e il loro ricadere all'interno del comprehensive network o grazie al «lasciapassare» Expo, venendo ricomprese all'interno di opere destinate ad agevolare l'accessibilità stradale alla Fiera di Milano;
nella maggior parte di questi casi si tratta di veri e propri ecomostri inutili o dannosi che tolgono attenzione e fondi pubblici ad altre infrastrutture del territorio che invece dovrebbero avere la priorità. La loro inutilità è a volte mascherata da errati studi di fattibilità sul traffico o da progetti vecchi anche di decine di anni e non rispondenti più alle esigenze del territorio e ai cambiamenti avvenuti nella viabilità. Inoltre sono spesso realizzate con il «bluff» del project financing: si propagandano come opere con scarsi o nulli costi pubblici ma che poi nei fatti sono un doppio esborso per i cittadini con grande guadagno dei concessionari. Non solo infatti viene deliberato un aumento delle tariffe autostradali ma poi spesso accade che i piani finanziari non siano in equilibrio e necessitino di un contributo statale come accade ad esempio per suddetto raccordo autostradale della Cisa;
ancora più preoccupanti risultano poi una serie di opere ferroviarie per la realizzazione della rete ad alta velocità quali il Terzo valico dei Giovi linea AV/AC Milano-Genova; linea AV/AC Milano-Verona; collegamento ferroviario AV/AC con l'aeroporto Marco Polo di Venezia nonché le tratte di collegamento ferroviario AV/AC Venezia – Trieste aeroporto Marco Polo – Portogruaro; Portogruaro-Ronchi dei Legionari, Ronchi dei Legionari-Trieste; il sottoattraversamento Altavelocità Firenze; Frejus ferroviario – Nuovo collegamento ferroviario Transalpino Torino-Lione. Si tratta di opere che richiedono consistenti fondi pubblici ma che, oltre all'evidente danno ambientale, rischiano di rivelarsi fallimentari dal punto di vista economico dato che, come nel caso, ad esempio, del Tav Torino Lione o dell’ Asse Venezia – Trieste, le linee storiche non risultano sature e le proiezioni non indicano neppure una crescita della domanda tale da giustificare tali investimenti;
per quanto concerne il settore ferroviario, sorgono dubbi sulla reale intenzione del governo di favorire una seria liberalizzazione di tutti i segmenti del mercato ferroviario, nonché una rivisitazione della governance del settore. Perplessità, tra le altre cose, derivanti anche dalla proposta di revisione delle procedure di approvazione dei contratti di programma sia di RFI che di ANAS. Secondo le intenzioni del Governo, suddetti contratti non dovrebbero più passare per il vaglio delle competenti commissioni parlamentari durante le fasi di stesura degli stessi (se non per conoscenza una volta approvati definitivamente dal CIPE) e dovrebbero essere redatti direttamente rispettivamente dal Gruppo Ferrovie dello Stato e Anas, seppur nel rispetto di quanto contenuto negli atti di indirizzo elaborati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, riducendo, così, di fatto, la capacità di controllo, supervisione e i poteri di indirizzo del Governo e del Parlamento;
sempre nel settore ferroviario, risulta assolutamente non condivisibile l'intenzione del Governo di privatizzare Grandi stazioni Spa e Cento Stazioni Spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato, chiamate a riqualificare, valorizzare e gestire rispettivamente le quattordici principali stazioni Italia e 103 stazioni ferroviarie situate nelle grandi aree urbane;
per quanto riguarda il settore stradale, tra le altre criticità, si segnala l'assenza di qualsiasi riferimento al sistema eCall di bordo;
nel documento in esame risultano del tutto assenti investimenti e interventi volti a favorire gli spostamenti su ferro, anziché su gomma, da e per i nodi intermodali;
seppur condividendo la volontà di superare la logica delle 24 autorità portuali, si ritiene necessario pensare anche ad una riforma del sistema di nomina delle stesse al fine di garantire trasparenza nelle procedure di selezione e maggiore competenza nella gestione;
appare del tutto sconveniente e non in linea con l'esito referendario del 2011, l'intenzione di liberalizzare e aprire alle potenzialità del mercato i servizi pubblici locali, tra i quali, anche il trasporto;
in termini generali, dal documento di economia e finanza e dai suoi allegati emerge il sostanziale disinteresse del Governo verso le tematiche del digitale nell'ottica del raggiungimento degli obiettivi Europa 2020. Le iniziative sull'Agenda digitale non fanno parte né delle «proposte strutturali», né delle «misure immediate» proposte dall'esecutivo che sembra voler proseguire le fallimentari politiche seguite dai propri predecessori sia in termini di governance che in termini di risorse (insufficienti) disponibili per la realizzazione dell'Agenda digitale italiana in sintonia con gli obiettivi proposti a livello europeo;
quanto alla governance appare evidente la continuità con le gestioni passate nel fallimentare dialogo tra più soggetti coinvolti: cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (organismo di cui non si conoscono criteri e modalità di selezione dei componenti e soprattutto risultati prodotti dalla sua istituzione); Agenzia per l'Italia Digitale (Agid) che ha iniziato ad operare da qualche mese in considerazione dell'attesa di oltre un anno per l'emanazione dello statuto della stessa, Ministero dello Sviluppo economico, regioni e altri enti quali Consip che giocano un ruolo centrale nell'attuazione degli obiettivi dell'agenda digitale. Sarebbe opportuno incentivare la semplificazione dei ruoli e delle competenze al fine di adoperare una rapida attuazione dell'agenda e tale obiettivo appare sconosciuto al DEF che si limita ad una ricognizione del fallimentare stato dell'arte;
quanto agli investimenti il quadro appare frammentario e francamente sconfortante. Si annunciano gare di Consip per 10 miliardi destinati alla digitalizzazione della PA ma non si indica da quali fonti si libereranno tali risorse; è apprezzabile sicuramente l'intendimento del Governo di inserire la digitalizzazione del Paese tra gli obiettivi tematici per la programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 ma al momento non è dato avere evidenza di come si intendono modulare e destinare tali fondi;
ancora insufficienti appaiono le risorse destinate per il «Piano nazionale Banda Larga» (appena 120 milioni nel 2014) mentre sconcertante appare la posizione assunta sul «Piano Strategico Banda Ultralarga» rispetto al quale, considerando il fallimentare avvio nel 2013 (si veda la situazione della Basilicata rispetto alla quale, come rilevato dal Governo, non sono state presentate offerte di cofinanziamento da parte di privati) è necessario un deciso cambio di rotta intensificando l'intervento pubblico e disponendo, senza deroghe, la proprietà pubblica delle infrastrutture realizzate. Risorse addizionali potranno derivare dall'allocazione dei fondi nell'ambito del programma europeo per le reti TEN-T, come indicato nel Programma delle Infrastrutture strategiche del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito del quale è destinato 1 miliardo complessivo per le infrastrutture di comunicazione. Anche in questo caso, a differenza di quanto contenuto nel DEF, sarebbe opportuno e auspicabile coordinare gli interventi con quanto già in essere;
per quanto concerne gli interventi di digitalizzazione dell'amministrazione pubblica, che viene individuata come misura incisiva anche ai fini della Spending Review, nel DEF si riconosce la necessità di accelerare l'amministrazione digitale rimuovendo gli ostacoli all'utilizzo dei sistemi digitali nei rapporti tra cittadini e imprese e PA e si affida tale «accelerazione» ad un «piano d'azione» al momento sconosciuto nei termini e nelle risorse che saranno messe a disposizione per conseguire gli obiettivi perseguiti. Si tratta di un'impostazione sbagliata: la digitalizzazione richiede risorse, che allo stato non sono preventivate poiché tale digitalizzazione è in grado di far conseguire risparmi, anche significativi, solo nel medio-lungo periodo;
dalla lettura del DEF sembra che le azioni si dovrebbero concentrare su: anagrafe digitale dei cittadini italiani; identità digitale e attuazione delle norme sulla fatturazione elettronica. Interventi solo prospettati che senza evidenza sulle risorse che saranno impegnate a questi fini rischiano di rimanere sulla carta come tanti interventi prospettati in questi anni in tema di digitalizzazione delle PP.AA. centrali e locali.
In materia di Attività produttive e sostegno alle imprese:
nel documento si parla di rilancio della competitività ma senza un piano industriale, tant’è vero che i dati della produzione industriale non sono incoraggianti: nel 2013 è scesa del 3 per cento rispetto al 2012, quando aveva registrato un calo del 6,4 per cento su base annua;
nel DEF 2014 manca una seria riflessione sul ruolo della produzione industriale non tanto per l'occupazione diretta, ma per la spesa in ricerca e innovazione che genera e utilizza, per l'attivazione di servizi qualificati, per la possibilità di superare i limiti della domanda interna con le esportazioni. Inoltre, manca un'analisi seria sullo spostamento delle produzioni verso l'Asia; sui fenomeni di riorganizzazione internazionale delle Industrie; sulle opportunità, ma anche sui rischi del decentramento internazionale: in particolare sull'incapacità di produrre ricerca applicata di successo senza che vi sia una base industriale ad essa collegata;
i numerosi tavoli di confronto aperti al Ministero dello sviluppo economico sono stati in questi anni lo specchio delle difficoltà che stanno caratterizzando il nostro sistema industriale;
la tutela e la promozione del Made in Italy rappresenterebbe il rilancio dell'economia italiana ma nel documento non si accenna nulla di concreto su un piano nazionale ed europeo a riguardo della lotta alla contraffazione, salvo dichiarazioni di intenti sostanzialmente vuote a proposito dei compiti del Consiglio Nazionale Anticontraffazione (CNAC);
sul Turismo si cita ancora il Piano strategico nazionale del turismo del Governo Monti, quando il settore chiede atti urgenti soprattutto a livello fiscale ed infrastrutturale;
sul pagamento debiti P.A. alle imprese il Governo intende stanziare 13 miliardi, un importo di molto inferiore alle necessità e alle propagandistiche dichiarazioni di Renzi appena insediato, ma nemmeno per questo ridotto ammontare si comprende quali siano le modalità e la tempistica;
l'Allegato III al DEF presenta la «Relazione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Legge n. 39 del 2011, articolo 2, comma 9», documento in cui sono riportate informazioni coerenti con quelle previste nella Delibera del CIPE recante il Piano di Azione Nazionale per la riduzione dei gas serra per il periodo 2013-2020, approvata in data 8 marzo 2013, aggiornate sulla base dei più recenti dati sulle emissioni. In esso sono elencate le misure e le azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi di contenimento delle emissioni al 2020, divise tra settori ETS (che ricadono sotto l'emission trading europeo) e settori NON-ETS. Per questi ultimi, la relazione riporta che soltanto «la piena attuazione degli impegni assunti in materia di efficienza energetica e fonti rinnovabili permette al Paese di ottenere riduzioni di emissione superiori a quelle necessarie per adempiere agli obiettivi» e «si evidenzia la necessità di assicurare la piena attuazione delle misure proposte o, in caso contrario, le emissioni effettive potrebbero discostarsi sensibilmente da quelle previste»;
nel documento sovracitato sono elencate le azioni da attuare in via prioritaria per il raggiungimento degli obiettivi annuali di cui alla decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dove al primo punto si chiede di «confermare fino al 2020 le detrazioni di imposta di cui all'articolo 4 del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214».
In materia di lavoro:
a fronte degli ambiziosi obiettivi evidenziati in più passaggi, il documento prefigura un insieme di misure per la crescita e di riforme appena accennate e, pertanto, del tutto inadeguate rispetto alle attese e alle esigenze più volte sottolineate in ambito europeo;
l'affidamento del recupero di potere d'acquisto dei salari da lavoro dipendente rimane esclusivamente affidata alla capacità di recupero dei salari di produttività e, pertanto, insufficienti a determinare un recupero significativo del potere d'acquisto e della domanda interna;
le supposte «azioni riformatrici» contenute nel DEF appaiono al contrario interventi di destrutturazione della certezza del diritto del lavoro e di, conseguente, ulteriore precarizzazione;
per quanto attiene agli ammortizzatori sociali il Documento rimanda ad una estensione dell'ASPI, a fronte della necessità di garantire una nuova impostazione universalistica ed equilibrata;
l'Italia continua ad essere ultima tra i paesi europei per quanto riguarda l'accesso delle donne ai ruoli dirigenziali, sia nel pubblico impiego che nel privato, e la presenza nei consigli di amministrazione prevedendo in particolare nell'ambito delle politiche del lavoro.
In materia di affari sociali e sanità a
il Documento in esame non si pone minimamente la questione di apportare nella sanità quelle riforme strutturali e paradigmatiche che avrebbero un riverbero notevole anche dal punto di vista civico oltre che finanziario con risparmi presunti di molti miliardi di euro;
il Movimento 5 Stelle ha provato a proporli e continua a proporli, nella convinzione che solo agendo strutturalmente si può dare contenuto positivo alla parola «razionalizzazione» che è stata invece negli ultimi decenni sinonimo di tagli lineari e riduzione dei servizi sociali e sanitari, di riduzione dei posti letto e isolamento e abbandono dei servizi territoriali a tutto vantaggio delle strutture private;
inoltre, il DEF dice in merito ai seguenti punti:
1) tempi di approvazione e sulle modalità di condivisione con i disabili sulle voci da aggiornare, modificare e inserire, nel nuovo nomenclatore tariffario delle protesi e delle ortesi;
2) l'indicazione dei risparmi che potrebbero derivare dal proporre e dall'approvazione di una norma semplice che disponesse di indicare nelle ricette il solo principio attivo, oppure l'avvio di produzione e distribuzione di farmaci in forma di monodose;
3) non prevede forse tagli, ma non prevede neanche risorse aggiuntive e adeguate per dare impulso al sistema sanitario nazionale, in particolare, sviluppando la rete territoriale finalizzata alla prevenzione e alla deospedalizzazione contestuale; la demedicalizzazione dei servizi di prevenzione primaria è fondamentale per la tutela della salute (ad es. principio di autocura, programmazione, informazione, ecc...);
4) sulla necessità di istituire un effettivo e congruo reddito di cittadinanza, che per il Presidente del Consiglio è buono solo per boutade giornalistiche, abbandonando fallimentari avventure come la social card o carta acquisti che dir si voglia, più simile ad una tessera di povertà che ad un percorso di accompagnamento sociale per i soggetti svantaggiati;
5) sulla necessità di adottare politiche finalizzate nella sanità ad una diversa ripartizione sanitaria passando strutturalmente da una prevenzione secondaria al potenziamento della prevenzione primaria e terziaria, orientando gli interventi sulla presa in carico a livello locale e domiciliare da parte di equipe multidisciplinari;
6) sulla necessità di una maggiore attenzione sulle misure da attuare nel campo del sostegno alle persone disabili, anche per i famigliari che prestano la loro assistenza spesso lasciati soli in un deserto di servizi,
impegna il Governo:
in merito agli aspetti di politica economica: a farsi promotore presso le istituzioni europee di iniziative finalizzate a promuovere la rimozione dei vincoli e delle conseguenze contenute nel Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'unione economica e monetaria, cosiddetto Fiscal Compact;
a ritirare la Relazione allegata al DEF 2014 ripresentandola solo successivamente all'assenso ottenuto dalle preposte autorità europee come prescritto dalla legge 243 del 2012, integrandola altresì con i dati, attualmente mancanti, necessari ai fini del rispetto dell'articolo 6, comma 3 della legge 243 del 2012, ovvero indicando esattamente la misura e la durata dello scostamento, le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello stesso e un preciso piano di rientro verso l'obiettivo programmatico, commisurandone la durata alla gravità degli eventi;
a modificare la legge 24 dicembre 2012, n. 243, per abrogare l'articolo 16 che prevede l'istituzione dell'Ufficio parlamentare di bilancio, al fine di rinunciare alla realizzazione di tale Ufficio, le cui funzioni di controllo possono essere svolte egregiamente dalla Corte dei conti, senza impegnare ulteriori risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato;
a modificare la disciplina prevista dal decreto-legislativo 30 dicembre 2003 n. 396, in materia di privatizzazioni, al fine di prevedere:
a) un ampliamento delle modalità di utilizzo dei proventi destinati al Fondo ammortamento titoli di Stato, disponendo che i medesimi possano in parte anche essere reinvestiti in opere strutturali strategiche, idonee a promuovere il rilancio economico, determinando quindi un fattore di crescita del PIL, con conseguente riduzione del rapporto debito/PIL, nel rispetto degli obblighi derivanti dal fiscal compact. Una tale scelta di politica economica di riconversione degli assets patrimoniali statali per interventi strutturali consentirebbe di operare scelte di politica economica, a parità di risorse impiegate, per dare impulso all'economia senza nuova emissione di debito, evitando nel contempo di sacrificare le attività patrimoniali per una effimera riduzione del debito pubblico;
b) l'introduzione di una norma che, per procedere alle dismissioni di partecipazioni, vincoli il Governo ad acquisire preventivamente una relazione tecnica di organi competenti alla valutazione ed al controllo dei conti pubblici, quali l'istituendo Ufficio parlamentare di bilancio ovvero l'ISTAT, che accertino gli effetti finanziari conseguenti alle dismissioni di partecipazioni, al fine di assicurare che le dismissioni programmate abbiamo effetti migliorativi negli anni del quadriennio di riferimento del Documento di economia e finanze, non solo sulla situazione patrimoniale dello Stato, come minore debito pubblico, ma anche sul conto economico a medio termine incidendo sul miglioramento dell'indebitamento netto, ovvero aumentando l'accrescimento netto, in seguito al raggiungimento del pareggio di bilancio, mediante la prevalenza della riduzione della spesa corrente per interessi passivi rispetto alla riduzione delle entrate correnti annuali correlate alla riscossione dei dividendi delle partecipazioni da dismettere;
in materia di affari costituzionali:
a voler sostenere, nelle sedi parlamentari proprie, disegni di legge costituzionali volti ad una limitatissima revisione della Carta costituzionale, con esclusivo riferimento alla significativa riduzione del numero dei deputati e dei senatori ed alla autentica abrogazione delle province, abbandonando la irragionevole ed assurda riforma del bicameralismo, sì come prevista dal disegno di legge governativo 1429, all'esame del Senato della Repubblica;
ad adottare tempestivamente le iniziative, anche legislative, finalizzate alla riduzione del 30 per cento dell'indennità annualmente corrisposte ai titolari di cariche elettive nonché del trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto, in funzione della carica ricoperta o dell'incarico svolto, ai titolari di incarichi di vertice o quali componenti, comunque denominati, degli organismi, enti e istituzioni, anche collegiali, di cui all'allegato A, dell'articolo 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98;
a voler sostenere un percorso camerale volto ad assoggettare gli assegni vitalizi erogati a favore dei parlamentari cessati dal mandato o dei loro familiari ad un contributo di perequazione pari al 10 per cento per gli importi lordi fino a 90.000 euro e pari al 20 per cento per la parte eccedente gli importi lordi di 90.000 euro;
a voler sostenere un percorso camerale volto alla soppressione dell'assegno di fine mandato per i parlamentari in carica;
ad incrementare le dotazioni economico-finanziarie, con particolare riferimento alla Pianificazione e coordinamento delle forze di polizia, per le spese riservate alla Direzione Investigativa Antimafia, per i programmi di protezione dei collaboratori di giustizia per il contrasto al crimine, tutela ordine e sicurezza nonché per gli stipendi e le retribuzioni del personale degli agenti di sicurezza;
ad assumere le opportune iniziative, anche attraverso il reperimento delle risorse necessarie, ai fini della promozione di politiche pubbliche incisive ed idonee alla prevenzione della corruzione nella Pubblica Amministrazione da attuare in particolare attraverso sanzioni più rigorose e maggiore trasparenza nel procedimento amministrativo e nel rapporto con il cittadino e con gli operatori economici;
a valutare le opportune iniziative, anche di carattere normativo e regolamentare, volte: (i) all'ampliamento del regime delle ineleggibilità ed incompatibilità, per i soggetti titolari di cariche elettive pubbliche e di Governo – centrali e periferiche – condannati per i reati di corruzione e contro la pubblica amministrazione; (ii) a prevedere l'impossibilità, per gli imprenditori condannati per i reati di corruzione e contro la pubblica amministrazione, di avere rapporti economici con la pubblica amministrazione, con particolare riferimento al divieto di concorrere alle gare pubbliche per appalti, forniture e opere nella pubblica amministrazione, prevedendo analoghe misure per le persone giuridiche di cui sia accertata la responsabilità in tali ambiti; (iii) a prevedere, per i dipendenti pubblici e i dipendenti degli enti pubblici, economici e non economici, incompatibilità assoluta tra la condanna per reati di corruzione e la permanenza nei ranghi della pubblica amministrazione o degli enti di riferimento;
in materia di giustizia:
a porre il servizio giustizia che lo Stato rende al cittadino, basilare per il recupero di competitività del Paese, al centro della propria azione politica e progettuale, individuando adeguate e perduranti risorse economiche tese a conseguire efficienza ed efficacia per il funzionamento dell'amministrazione della giustizia sia mediante un significativo incremento di personale per l'intero comparto, sia giudicante che amministrativo, che attraverso la predisposizione di risolutive strategie di informatizzazione e digitalizzazione degli uffici e dei procedimenti con particolare riferimento al sistema delle comunicazioni e delle notificazioni per via telematica;
a provvedere, per l'anno in corso, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, a indire un concorso pubblico per esami per l'assunzione di personale afferente le figure professionali di almeno 350 cancellieri e di 150 ufficiali giudiziari;
a intraprendere la strada di una riforma coerente e positiva di sistema, proposta mediante l'esclusivo strumento del disegno di legge, che intervenga sulla struttura del procedimento penale per eliminare gli ostacoli alla sua celere celebrazione, tale da risolvere definitivamente i problemi della giustizia legati alla ragionevole durata del processo e sul procedimento civile, da rivedere nel senso di poter conseguire un rito unico;
a rimuovere ostacoli economici e procedurali che si frappongono tra il cittadino e l'esercizio del proprio diritto alla giustizia a partire da:
una valorizzazione dell'istituto del gratuito patrocinio ed alla riduzione generalizzata delle spese di giustizia a carico dei cittadini (contributo unificato, marche da bollo, anticipazioni, etc.), a partire dalla soppressione delle misure di innalzamento dell'anticipazione forfettaria per le notificazioni nei procedimenti giurisdizionali e di riduzione di un terzo degli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato autorizzato nei casi di patrocinio a spese dello Stato;
l'abolizione di qualsiasi carattere di obbligatorietà, onerosità e consequenzialità sulle decisioni giudiziali dell'istituto della mediazione;
la cancellazione della previsione dell'introduzione di una motivazione a pagamento tale da limitare la possibilità per una vittima di poter ricorrere contro una sentenza sbagliata, se non pagando ulteriormente per la tutela di un diritto;
a rivedere l'attuale provvedimento di riordino degli uffici giudiziari, sospendendone l'attuazione ed implementando strumenti più adeguati per ottenere gli attesi obiettivi di risparmio ed efficienza;
ad individuare indispensabili ed adeguate risorse economiche a sostegno dell'implementazione del citato «piano nazionale antimafia» che siano aggiuntive rispetto a quanto complessivamente stanziato per la funzione giurisdizionale, così che il loro reperimento non comprima i diritti dei cittadini all'accesso alla giustizia né vada a detrimento di altri comparti del medesimo settore, che vi sia, insomma, una reale, tangibile volontà di investimento in un ambito che non può essere costretto, come previsto dal documento, ad una sorta di «autofinanziamento» attraverso la mera gestione dei fondi confiscati alla criminalità organizzata;
a sostenere altresì l'esame e l'approvazione delle proposte di legge di iniziativa parlamentare, quale concreta garanzia di una loro effettiva e duratura realizzazione, in tema di:
a) revisione dell'impianto normativo e depenalizzazione dei reati connessi alla coltivazione, cessione e consumo della cannabis; depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina; inasprimento per le pene legate ai reati di corruzione ed alla loro prevenzione; revisione della prescrizione nel processo penale;
b) riciclaggio, autoriciclaggio e detenzione di attività finanziarie all'estero;
c) determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale; riforma dello strumento dell'azione di classe;
d) reformatio in peius nel processo d'appello in caso di proposizione dell'impugnazione da parte del solo imputato; protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico; divorzio breve; l'azione di risarcimento del danno ambientale;
con riferimento al sistema carcerario:
a mettere in campo un'incisiva opera di depenalizzazione sia sul fronte del reato di clandestinità, che sugli inasprimenti dei reati sugli stupefacenti introdotti dalla legge cosiddetta Fini-Giovanardi;
a reperire le necessarie risorse finanziarie per l'edilizia penitenziaria prevedendo, nel rispetto della normativa vigente, la realizzazione di nuove strutture solo ove necessario e, con priorità, l'ampliamento e l'ammodernamento di quelle esistenti che siano adattabili, assicurando anche l'attuazione dei piani e dei programmi a tal fine previsti, evitando il ricorso a procedure straordinarie in deroga alla normativa sugli appalti di lavori pubblici;
ad assumere le opportune iniziative volte ad incentivare – nel pieno rispetto dei diritti riconosciuti alle persone detenute e delle norme nazionali ed internazionali di carattere pattizio – il trasferimento delle persone straniere detenute che abbiano subito condanna definitiva, assicurando a tal fine una più ampia ed efficace applicazione della Convenzione del Consiglio d'Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983 e favorendo altresì la conclusione di appositi accordi in tal senso con altri paesi, in modo da consentire ad un maggior numero di persone di scontare la condanna nel paese d'origine;
a garantire il principio della certezza della pena, ponendo fine all'emanazione di norme emergenziali recanti sconti di pena generalizzati a scapito della sicurezza dei cittadini;
a far si che solo a fronte di interventi e di un reperimento di fondi per rendere più spediti i processi penali ed al fine di poter incidere positivamente sulla questione del diffuso utilizzo della custodia cautelare in carcere, sia possibile prevedere di estendere la custodia cautelare al proprio domicilio;
ad istituire un Garante per i diritti dei detenuti che sia concretamente slegato ed indipendente, sia sul piano formale che sostanziale, dall'Esecutivo;
ad assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l'organico degli operatori, compresi psicologi ed educatori, previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
in materia di difesa:
a) destinare parte dei risparmi effettuati con la riforma dello strumento militare per migliorare la gestione corrente della formazione del personale e della gestione dei mezzi, a fronte di una riduzione di nuovi investimenti in sistemi d'arma;
b) destinare l'assegnazione delle strutture militari in dismissione, localizzate in luoghi strategici delle città, per nuove funzioni che consentano per le altre amministrazioni risparmi in contratti di locazione;
c) abbandonare, in via definitiva, il programma per la produzione e l'acquisto dei previsti cacciabombardieri Joint Strike Fighter (F35) parallelamente ad una riconversione delle industrie che operano nella produzione degli stessi;
d) rivalutare la necessità di ogni singola missione militare all'estero non solo dal punto di vista economico ma anche e soprattutto per rispettare il dettame costituzionale indicato dall'articolo 11;
e) ad incardinare al più presto una proposta di legge che detti criteri e tempi del Libro Bianco della Difesa dando un ruolo centrale al Parlamento;
f) ripensare alle modalità di svolgimento di parate militari, anche in occasione di festeggiamenti nazionali, nonché ai programmi volti all'avvicinamento dei giovani alle Forze Armate (cd. Naja breve) al fine di ridurre i costi delle stesse generando un risparmio immediato;
in merito agli affari esteri:
ad adottare un piano di riallineamento dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) dell'Italia, anche nel contesto multilaterale, che preveda un livello minimo di stanziamenti con incrementi graduali almeno del 20 per cento;
a destinare almeno il 30 per cento del gettito della tassa sulle transazioni finanziarie alla cooperazione internazionale;
a ridurre significativamente la presenza diplomatico-consolare in Europa attraverso il graduale trasferimento del personale ivi operante verso i Paesi emergenti e nelle aree di nuova priorità;
a utilizzare parte del risparmio ottenuto dalla diminuzione di personale di ruolo in servizio all'estero, soprattutto per l'assunzione di personale a contratto e parte per la formazione di personale di ruolo qualificato, secondo regole di trasparenza e pubblicizzazione dei curricula;
a valutare, nell'ottica del risparmio, un piano di riduzione che vada oltre la rete diplomatico-consolare per coinvolgere tutti i capitoli rimodulabili del bilancio del Ministero, nonché quelli che richiedano interventi di modifica legislativa, e a considerare, come possibile direttiva d'indirizzo del piano, un potenziamento delle strutture adibite alla diffusione della lingua e cultura italiana, che agevoli l'aumento del sostegno ai ricercatori all'estero, come peraltro previsto dagli impegni assunti in precedenza dal Mae;
in merito alle politiche del lavoro:
a prevedere un più deciso impegno per assumere apposite misure finalizzate ad innalzare il livello dei servizi professionali, quale intervento indispensabile a garantire sviluppo e nuova occupazione;
a precisare e rafforzare l'ambito della riforma del fisco, in modo tale che la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, nonché la riduzione del prelievo sui redditi da lavoro più bassi e quello sulle imprese, possa ridurre in proporzione diretta la pressione fiscale sui contribuenti leali e, in particolare, sul lavoro e sull'impresa;
con riguardo al mercato del lavoro, alle regole e alle procedure della contrattazione, alla qualità delle relazioni sociali, le esigenze di cambiamento devono essere altrettanto chiare. In tale ambito occorre chiarire l'impegno all'adozione di misure volte a premiare la produttività, disponendo risorse certe e continuative per il finanziamento delle politiche incentivanti (defiscalizzazione e decontribuzione), favorire la mobilità, accrescere il livello della partecipazione dei lavoratori nelle imprese, semplificare norme e procedure, anche al fine di attrarre investimenti diretti esteri in Italia;
rendere il contratto di lavoro a tempo indeterminato quale rapporto di lavoro ordinario;
mettere in bilancio il finanziamento ordinario delle strutture istituzionalmente preposte alle politiche pubbliche per la formazione e l'occupazione, a partire dai Centri per l'impiego;
istituire il reddito di cittadinanza, che si qualificherebbe non solo socialmente necessario, ma come sostegno alla domanda, ed efficientamento del sistema – costosissimo – degli ammortizzatori in deroga;
predisporre interventi normativi redistributivi volti a ridurre le disuguaglianze sociali che garantirebbero degli effetti macroeconomici, nonché sociali positivi;
in merito alle politiche fiscali:
a ridurre l'onere e il costo degli adempimenti fiscali a carico dei contribuenti favorendo il processo di automazione e telematizzazione di tutte le operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta sul valore aggiunto (IVA): emissione, ricezione e registrazione delle fatture, liquidazione e versamento del tributo, redazione ed invio dei dichiarativi fiscali, attraverso la predisposizione di software gratuiti che agevolino i contribuenti nella esecuzione dei menzionati adempimenti e nella comunicazione delle informazioni all'Amministrazione Finanziaria in una ottica di normalizzazione, riduzione del costi della compliance e di progressiva sostituzione delle attuali, obsolete modalità cartacee di tenuta delle citate operazioni in virtù anche dell'impegno che il Governo ha assunto con la delega fiscale e con le mozioni in materia di IVA recentemente approvate sulle esenzioni da adempimenti per i piccoli contribuenti e per la «deforestazione» degli adempimenti inutili a vantaggio di tutti gli altri;
modificare la disciplina del «crowfunding» al fine di consentirne l'accesso al medesimo istituto anche alle società diverse dalle «startup innovative»;
utilizzare il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese anche per garantire le operazioni di crowfunding;
istituire presso l'Agenzia delle entrate una «Camera di compensazione» preposta a compensare debiti e crediti tra privati provvedendo direttamente anche ai relativi adempimenti fiscali;
rivedere i criteri di definizione del tasso di usura al fine di ridurre il costo del denaro, in particolar modo per le piccole e medie imprese;
rivedere i criteri per la predisposizione degli studi di settore introducendo parametri che tengano in maggiore considerazione le caratteristiche ambientali, economiche e finanziarie relative al territorio nel quale l'impresa opera al fine di garantirne la massima aderenza alla reale capacità contributiva dei contribuenti;
ampliare il campo di applicazione degli strumenti deflattivi del contenzioso anche agli accertamenti basati sugli studi di settore nello spirito della leale collaborazione tra contribuente e amministrazione finanziaria;
escludere l'applicazione degli studi di settore per le microimprese;
applicare l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), escludendo dalla relativa base Imponibile i costi del personale;
estendere la disciplina del «regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità» alle società di persone o di capitali di nuova costituzione;
a valutare l'opportunità di introdurre benefici fiscali per gli investimenti in tecnologie a basso impatto ambientale nei processi di riconversione industriale dei siti di interesse nazionale contaminati, al fine di attivare crescita ed occupazione «verde», a condizione che il saldo occupazionale netto di tali investimenti sia positivo;
in merito al settore Scuola, università e cultura:
a reperire le risorse necessarie per restituire peso e valore all'istruzione scolastica, per promuovere la formazione degli insegnanti, per valorizzare la professionalità docente e per sostenere l'innovazione didattica e organizzativa, nella consapevolezza che la scuola debba rappresentare uno dei più importanti fattori di crescita del Paese;
a prevedere la modifica dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011, affinché i requisiti per il pensionamento previsti dalla normativa antecedente alla riforma Fornero continuino ad applicarsi ai lavoratori della scuola che abbiano maturato i requisiti medesimi, entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449;
ad adottare iniziative concrete per modernizzare le università italiane, nella consapevolezza che l'università debba essere un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita;
a stanziare le risorse necessarie al fine di favorire e di non penalizzare il comparto della ricerca, con l'obiettivo di creare una nuova leva di giovani ricercatori e di investire su di essi come risorsa per modernizzare tanto il funzionamento delle istituzioni di ricerca quanto l'università, rendendola un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita;
a provvedere attraverso l'assunzione di urgenti politiche alla sostanziale abolizione dell'attuale sistema dei punti organico, nonché ad un graduale ripristino del turnover fino al 100 per cento delle risorse liberate dai vari pensionamenti, garantendo così che la soglia del corpo docente e di ricerca sia tale da consentire il concetto funzionamento del sistema universitario italiano ed il suo necessario sviluppo;
ad effettuare investimenti nell'intero settore culturale, con strategie di lungo periodo, invertendo completamente la pratica, consueta negli ultimi tempi, di considerare le risorse destinate alla cultura come spese non prioritarie stante la situazione di crisi economica e dei conti pubblici;
a perseguire efficacemente gli obiettivi Strategia di Europa 2020, ovvero l'incidenza della popolazione laureata tra i 30-34 anni pari al 40 per cento potenziando e modificando rimpianto del Diritto allo studio, dell'orientamento e favorire l'accesso agli studi per i meno abbienti;
a potenziare il sistema di accreditamento dei corsi di laurea valorizzando i corsi di laurea esistenti e scongiurando la chiusura di molti corsi di studio causati dalla mancanza di risorse e da criteri di accreditamento troppo restrittivi;
a stabilizzare il Fondo Integrativo per il Diritto allo Studio per renderlo sufficiente a coprire la totalità degli aventi diritto alle borse di studio, pertanto è necessario prevedere (o reintrodurre) un limite alla contribuzione studentesca universitaria per favorire l'accesso all'istruzione universitaria favorendo l'iscrizione ai corsi di laurea con profilo scientifico;
a integrare I fondi che favoriscano la mobilità interna per garantire il diritto allo studio anche ai meno abbienti;
adottare provvedimenti affinché l'effettiva operatività dell'ANVUR non porti ad una competizione tra Atenei provocando una netta disomogeneità tra di essi, ma si adottino sistemi di valutazione volti ad individuare le criticità maggiori, per programmare un piano di investimenti finalizzato al raggiungimento di standard minimi di qualità. Contemporaneamente vanno valorizzate le eccellenze sia nell'ambito della ricerca che della didattica, carpendone i modelli vincenti per «esportarli» in altre realtà universitarie nazionali;
programmare un piano d'investimenti pluriennale per i beni culturali, non limitandosi ad interventi straordinari dettati solo dall'urgenza e dalla contingenza, ma attraverso una seria programmazione con la riduzione delle aliquote IVA per il mercato della musica, agevolazioni fiscali per il mercato culturale e i suoi attori e che veda il coinvolgimento e la responsabilizzazione delle regioni; andrebbero introdotte nuove regolamentazioni sulle licenze d'autore, che diano maggiori opportunità di lavoro e maggior prodotti e servizi culturali, prendendo atto che la fruizione dei prodotti d'intrattenimento è ormai cambiata nelle abitudini dei cittadini;
è necessario introdurre meccanismi virtuosi di reperimento e distribuzione delle risorse nel settore dello spettacolo e non si può consentire lo sperpero dell'immenso patrimonio culturale italiano attualmente in atto;
in materia ambientale:
a valorizzare la gestione sostenibile del capitale naturale, che va inserito negli strumenti di contabilità pubblica, come indicato dall'Unione Europea nel Regolamento 691/2011 e nella Comunicazione COM 2009 433 «Non solo PIL Misurare il progresso in un mondo di cambiamento»; tale obiettivo dovrebbe essere raggiunto prevedendo già in questo DEF, come parte integrante, un ulteriore allegato denominato «Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale del Paese» contenente informazioni e dati inseriti secondo le metodologie stabilite dalle Nazioni Unite nel «System of Environmental Economic Accounting (SEEA)»;
a rispettare gli impegni assunti in materia di politica abitativa, prevedendo l'adozione di misure finalizzate a: riconoscere il diritto all'abitare; riqualificare il patrimonio immobiliare per uso abitativo; salvaguardare il patrimonio immobiliare pubblico prediligendo politiche di diritto alla casa piuttosto che politiche speculative; bloccare sgomberi e sfratti; utilizzare il patrimonio immobiliare pubblico e quello privato che non risulti abitato, quello degli enti previdenziali e dei fondi immobiliari e bloccare le vendite speculative del patrimonio pubblico; realizzare progetti per il riuso delle città secondo politiche volte al consumo di «suolo zero»; trasferire le risorse destinate a grandi opere e grandi eventi in un apposito fondo per il diritto all'abitare, al reddito, alla salute e alla mobilità; attuare il censimento degli immobili inutilizzati; adottare una politica fiscale che disincentivi la proprietà di immobili vuoti e la conseguente speculazione; prevedere l'utilizzo immediato dei beni sequestrati alla mafia per l'emergenza abitativa;
ad avviare, modificando sin da ora l'elenco delle opere strategiche prioritarie, un chiaro cambio di rotta sulle politiche infrastrutturali, che porti, finalmente, ad un riequilibrio modale, a privilegiare gli interventi di maggiore interesse sociale, come la riqualificazione e messa in sicurezza della rete viaria, il potenziamento della rete ferroviaria locale e del trasporto pubblico locale, la messa in sicurezza del territorio, il riequilibrio modale tra ferro e gomma;
a riconfermare gli obiettivi sulla raccolta differenziata dei rifiuti e ad adottare iniziative di sostegno agli enti locali per il raggiungimento degli stessi, anche al fine di rispettare le indicazioni comunitarie in materia;
ad adottare misure concrete per affrontare in modo efficace i problemi ambientali e sanitari della città di Taranto e dei suoi abitanti, tenendo conto della procedura d'infrazione aperta in sede europea e del preannuncio dell'invio di una nuova lettera di messa in mora per la violazione della direttiva sulle emissioni industriali;
a prevedere che gli interventi di riparazione ambientale dei siti contaminati siano posti a carico dei soggetti che hanno causato le contaminazioni e, in caso di necessità, ad avviare i necessari interventi di bonifica o ripristino ambientale dei siti inquinanti, allo scopo utilizzando una quota parte delle risorse del fondo per lo sviluppo e coesione, come previsto dall'articolo 1, comma 7, della legge n. 147 del 2013;
a garantire il pieno rispetto e la reale attuazione dell'esito referendario con l'approdo ad una vera gestione pubblica e partecipativa dell'acqua, dando uno spazio reale ai cittadini nella gestione dei beni comuni ed eliminando definitivamente la quota di remunerazione del capitale investito dalla tariffa e garantendo l'esclusione di ogni possibilità di lucro nella gestione del Servizio idrico integrato, che deve essere affidato ad enti di diritto pubblico;
dopo il passo avanti compiuto sotto il profilo penale attraverso l'introduzione del reato di combustione illecita di rifiuti, ad impegnarsi ad apportare le necessarie modifiche migliorative e ad approvare rapidamente il ben più organico intervento in tema di delitti ambientali già approvato dalla Camera e attualmente all'esame del Senato, con l'atto n. 1345;
ad assumere un chiaro impegno per accelerare l'approvazione delle proposte di legge per il contenimento del consumo di suolo e per garantirne la rapida attuazione;
in materia di trasporti ed infrastrutture:
a rivedere e ridurre, compatibilmente con le risorse finanziarie esistenti, il numero complessivo di opere infrastrutturali attraverso una razionalizzazione dell'offerta infrastrutturale e trasportistica del Paese. In particolare a ridurre gli investimenti per la costruzione di nuovi corridoi e di nuove linee ferroviarie, destinando le recuperate risorse alla soluzione dei nodi che provocano quotidiani fenomeni di congestione urbana, alla messa in sicurezza delle infrastrutture di trasporto, allo sviluppo degli strumenti di intelligent transport system, alla promozione della logistica portuale. Tutto ciò al fine di migliorare la sostenibilità dei trasporti, in termini di riduzione dei consumi energetici, di abbattimento delle emissioni di gas serra e di particolato molecolare tossico, anche attraverso un riequilibrio modale teso a trasferire quote di viaggiatori e merci dal trasporto su gomma a quello su ferro;
ad adeguare, senza adoperare una privatizzazione del settore, l'offerta di trasporto pubblico locale alle reali esigenze di mobilità della popolazioni, puntando sulla valorizzazione e l'efficientamento delle aziende di trasporto pubblico, da realizzarsi attraverso piani industriali credibili, stabilità del quadro normativo, certezza delle risorse finanziarie, ammodernamento della flotta, promozione della pianificazione integrata trasporti-territorio;
a favorire una piena e reale liberalizzazione del settore ferroviario, soprattutto per quanto concerne la governance, e a rivedere lo strumento di contrattazione tra lo Stato e Anas e Ferrovie dello Stato al fine di garantire un maggior potere di controllo e di indirizzo da parte dello Stato sulle società di cui in parola;
a rivedere l'attuale orientamento del Governo volto a favorire la realizzazione delle opere infrastrutturali attraverso procedure di finanziamento alternative quali, ad esempio, il partenariato pubblico privato;
a sospendere ed annullare, poiché risulta essere totalmente assente una politica seria di lungo periodo mirante all'abbattimento del debito pubblico, gli interventi di cosiddetta privatizzazione messi in campo dal Governo, soprattutto per quanto concerne Poste S.p.a. ed Enav;
a sospendere la privatizzazione di Grandi stazioni Spa e Cento Stazioni Spa appartenenti al gruppo Ferrovie dello Stato;
ad aggiornare l'elenco delle opere previsto dalla Legge Obiettivo, partendo dall'analisi della domanda di mobilità, dal rigoroso rispetto delle risultanze contenute nell'analisi costi benefici e negli studi di fattibilità tecnico economica ed in ogni caso a togliere dalla Tabella 0 dell'allegato infrastrutture e quindi ad annullare o quantomeno a declassare la realizzazione delle seguenti opere: l'autostrada Cecina-Civitavecchia cosiddetta tirrenica, l'autostrada Orte-Mestre, E78 cosiddetta autostrada dei due mari, il raccordo autostradale della Cisa A15 – Autostrada del Brennero A22 Fontevivo (Pr) – Nogarole Rocca (Vr). In altri casi si tratta di autostrade o strade che, pur ricadenti nell'ambito di una sola regione, si presume siano di straordinaria importanza nel collegamento tra due o più tratte di maggiore rilievo come la Pedemontana veneta – Montecchio Maggiore (Vi) – Spresiano (TV); la Pedemontana Lombarda: collegamento autostradale Dalmine-Como-Varese-Valico del Gaggiolo ed opere ad esso connesse; il collegamento autostradale di connessione tra le città di Milano e Brescia (BreBeMi); il collegamento tra la S.S. n. 11 «Padana Superiore» a Magenta e la Tangenziale Ovest di Milano, con variante di Abbiategrasso e adeguamento in sede del tratto della S.S. n. 494 da Abbiategrasso fino al nuovo Ponte sul Ticino; il collegamento stradale, in variante alla S.S. 341 «Gallaratese», tra Samarate ed il confine con la provincia di Novara; il raccordo autostradale di collegamento della SP 46 «Rho-Pero» e della SS 33 del Sempione (Realizzazione di un asse principale di collegamento congiuntamente ad un sistema di 6 svincoli di interconnessione con la tangenziale ovest di Milano, l'autostrada A4 Torino-Venezia, l'autostrada A8 per Como-Varese, il nuovo polo fieristico ed il sistema della viabilità locale); la tangenziale est esterna di Milano; la bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo e opere connesse; l'autostrada Medio Padana Veneta – Nogara (VR) – mare Adriatico e collegamento a ovest con la A22 del Brennero;
per quanto concerne le opere ferroviarie, ad annullare, in favore di un intervento di messa in sicurezza ed ammodernamento delle linee preesistenti, la realizzazione di nuove tratte tra le quali si segnalano le reti ad alta velocità quali: il Terzo valico dei Giovi linea AV/AC Milano-Genova; linea AV/AC Milano-Verona; collegamento ferroviario AV/AC con l'aeroporto Marco Polo di Venezia nonché le tratte di collegamento ferroviario AV/AC Venezia – Trieste aeroporto Marco Polo – Portogruaro; Portogruaro-Ronchi dei Legionari, Ronchi dei Legionari-Trieste; il sottoattraversamento Altavelocità Firenze; Frejus ferroviario – Nuovo collegamento ferroviario Transalpino Torino-Lione;
ad intervenire in modo efficiente sul tema della sicurezza stradale, promuovendo i controlli anche nei confronti dei vettori merci stranieri che, per effetto delle disposizioni sulla libera circolazione delle merci, attraversano il nostro territorio in violazione delle norme contenute nel Codice della Strada;
a rivedere, in termini di efficienza, la governance dell'Agenda digitale italiana semplificando i centri decisionali e destinando risorse finanziarie sufficienti al raggiungimento degli obiettivi proposti nella strategia Europa 2020;
a rivedere e coordinare gli interventi tra i vari livelli istituzionali coinvolti relativi alle risorse destinate all'implementazione dell'agenda digitale italiana ed in particolare al «Piano nazionale Banda Larga» e al «Piano Strategico Banda Ultralarga», intensificando l'intervento pubblico e disponendo, senza deroghe, la proprietà pubblica delle infrastrutture realizzate;
a rivedere gli interventi di digitalizzazione dell'amministrazione pubblica destinando risorse specifiche a tale scopo anche derivanti dai fondi strutturali 2014-2020;
in materia di attività produttive:
ad attuare con gli strumenti della politica nazionale un'efficace lotta alla contraffazione nelle dogane e sul territorio, in difesa dei consumatori e della produzione nazionale;
a certificare, in tempi brevi, i debiti della pubblica amministrazione ai fini della compensazione con i crediti fiscali da parte delle imprese, assumendo iniziative per prevedere delle sanzioni nei confronti degli enti inadempienti;
a adottare ogni iniziativa in sede europea, finalizzata a concordare con la Commissione europea un piano straordinario, di natura una tantum, per il pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese creditrici, che preveda che l'uscita di cassa non vada ad incidere sul pareggio di bilancio strutturale del nostro Paese per tutto il periodo ritenuto necessario per l'azzeramento dei debiti pregressi accumulati;
a rendere stabile e certa la detrazione fiscale per interventi di efficienza energetica/ristrutturazione edile, prevedendo una premialità nei confronti degli interventi che massimizzano l'efficacia rispetto al costo per la collettività, e garantendo un riequilibrio della capacità d'accesso agli incentivi che li renda convenienti anche per i contribuenti a minor reddito;
in materia di sanità ed affari sociali:
individuare risorse aggiuntive congrue o in alternativa riallocarle allo scopo di dare impulso al sistema sanitario nazionale in particolare sviluppando la rete territoriale attraverso l'uso di figure di operatori sanitari e socio-sanitari con la finalità di un potenziamento della «Primary Health Care», modello ottimale per l'Italia, come indicato dall'OMS, e dei modelli di Sanità d'iniziativa «benchmark» in Italia e alla conseguente deospedalizzazione e demedicalizzazione che deriva dal drenaggio della domanda dei servizi per le acuzie dei servizi di «Diagnosi e cura» di Prevenzione Secondaria a favore di una programmazione a lungo termine dell'assistenza domiciliare indiretta per le patologie croniche e neurodegenerative;
effettuare un attento monitoraggio dei «portatori d'interesse – lobbies» come i grandi imprenditori della sanità, quali casi farmaceutiche, imprenditoria sanitaria residenziale privata finalizzata all'accreditamento e al blocco immediato di politiche dirette o indirette volte alla sostituzione del servizio sanitario pubblico con uno privato;
impegnarsi nella lotta alla corruzione anche applicando in maniera rigorosa la legge 190 del 2012 e i decreti legislativi 33 del 2013 e 39 del 2013 sulla trasparenza, la prevenzione dei conflitti di interesse, l'incompatibilità e l'inconferibilità di cariche e la prevenzione della corruzione, la nomina dei responsabili per la prevenzione della corruzione, la pubblicazione dei piani triennali anticorruzione da parte di tutti gli enti pubblici sanitari;
porre in essere efficaci misure di contrasto alla povertà anche attraverso l'istituzione del «Reddito di cittadinanza» abbandonando politiche assistenziali come la social card che non rappresentano segnali concreti di discontinuità nelle politiche di riforma del welfare;
presentare apposito provvedimento legislativo che preveda l'indicazione nelle ricette del solo principio attivo e l'avvio di produzione e distribuzione di farmaci in forma di monodose;
procedere in maniera concordata e trasparente con le parti interessate, usando forme di discussione sul web e online per l'aggiornamento del nomenclatore tariffario delle protesi e delle ortesi;
mantenere nell'ambito del servizio sanitario nazionale le risorse derivanti dai tagli agli sprechi; dalla centralizzazione degli appalti di beni e servizi; dalla riduzione delle retribuzioni dei dirigenti, finalizzandole in particolare: a) al potenziamento della prevenzione primaria e della prevenzione terziaria, ovvero della presa in carico a livello locale e domiciliare da parte di equipe multidisciplinari; b) alla ricerca e alla produzione di farmaci orfani; c) all'incremento del fondo per la non autosufficienza;
destinare il totale delle risorse derivanti dalle scelte dei contribuenti riguardante il 5 per mille alle associazioni di volontariato;
aumentare in maniera significativa la tassazione sul gioco d'azzardo in particolare dei settori in forte espansione e a forte patogenicità come il gioco d'azzardo online e il settore delle VLT;
intervenire in maniera efficace, anche con provvedimenti legislativi, nel contrasto delle frodi e delle truffe nel servizio sanitario, che numerosi scandali e inchieste della guardia di finanza hanno evidenziato e quantificato in oltre un miliardo l'anno, anche causate da un perverso intreccio tra politica e malaffare, atteso che gli scandali e le inchieste hanno svelato una incapacità strategica e una evidente inadeguatezza di controlli da parte di funzionari pubblici delle amministrazioni centrali e locali;
in merito a settore agricoltura:
adottare tutte le opportune iniziative volte ad assicurare il pieno utilizzo dei fondi strutturali europei e del Feasr in particolare, attraverso la puntuale definizione dei programmi nazionali e regionali e il potenziamento dell'assistenza tecnica delle Autorità di gestione e delle amministrazioni competenti;
valutare l'opportunità di svincolare la quota di cofinanziamento regionale dei Programmi di Sviluppo Rurale al fine di migliorare e potenziare la capacità di spesa e consentire il rapido avvio dei progetti;
definire le misure nazionali di attuazione della PAC 2014-2020 in modo da concentrare il sostegno comunitario sugli agricoltori attivi e ad evitare di concedere i contributi accoppiati a quei settori nei quali l'impatto degli importi risulti irrilevante;
provvedere con urgenza, anche nell'ambito del processo di revisione del titolo V della Costituzione, al riordino del sistema dei controlli nel settore agroalimentare, al fine di evitare i numerosi fenomeni di sovrapposizione esistenti e diminuire gli oneri a carico delle aziende.
(6-00071) «Brescia, Castelli, Caso, Cariello, D'Incà, Currò, Brugnerotto, Sorial».
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