Atto Camera
Risoluzione in commissione 7-00552
presentato daRisoluzione in commissione 7-00552
RIZZO Gianluca
testo di
Venerdì 19 dicembre 2014, seduta n. 353
premesso che:
la normativa dell'Unione europea evidenzia il principio di parità di trattamento a tutela del cittadino europeo contro ogni forma di discriminazione fondata sul sesso, sulla razza, sulla religione, sull'età, sulla disabilità e sull'orientamento sessuale. Pertanto, per principio di parità di trattamento si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta che riguardi le scelte religiose, le convinzioni personali, l'età, la disabilità o l'orientamento sessuale;
il Trattato di Amsterdam, introducendo l'articolo 13 al Trattato istitutivo della Comunità europea, ha infatti conferito al Consiglio il potere di adottare ”i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali;
la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, Capo III, articolo 20 recita: «Tutte le persone sono uguali davanti alla legge», sottolineando il diritto di uguaglianza di fronte alla legge; l'articolo 21 recita: «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, sulla razza, sul colore della pelle, sull'origine etnica o sociale, sulle caratteristiche genetiche, sulla lingua, sulla religione o sulle convinzioni personali, sulle opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, sull'appartenenza ad una minoranza nazionale, sul patrimonio, sulla nascita, sugli handicap, sull'età o sulle tendenze sessuali», evidenziando il divieto di qualsiasi forma di discriminazione, compresa l'età;
l'obiettivo della direttiva 2000/43/CE è quello di favorire la partecipazione di tutte le persone alla società democratica a prescindere dalla razza o dall'origine etnica, attraverso azioni che rendano effettivo il principio della parità di trattamento nell'ambito dell'attività di lavoro dipendente o autonomo, come anche in altri ambiti quali l'istruzione, la protezione sociale, la sicurezza sociale, l'assistenza sanitaria, le prestazioni sociali, l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura;
la direttiva europea 2000/43/CE – nozione di discriminazione (articolo 2) recita: «Si ha una discriminazione diretta quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe stata trattata un'altra in una situazione analoga a causa della sua razza od origine etnica. Si ha una discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di una determinata razza o di origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone a meno che non siano giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari»;
l'articolo 3 della Costituzione recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitano di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
l'individuazione ed il ruolo sistematico del principio di uguaglianza trova determinazione nell'articolo 3 e si configura in un'interpretazione unitaria e sistematica del precetto costituzionale. Infatti, tutto ciò comporta che l'articolo rappresenti oggetto di considerazione unitaria da parte dell'interprete, evidenziando l'uguaglianza formale e l'uguaglianza sostanziale. Pertanto, il significato dell'uguaglianza costituzionale trova il proprio luogo interpretativo alla stregua dell'interconnessione sistematica dei princìpi che strutturano l'ordine costituzionale;
la Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza del 13 novembre 2014 sulla causa C-416/13 che ha visto contrapposto un cittadino spagnolo al municipio di Oviedo interviene sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, che devono essere interpretate nel senso che ostano ad una normativa nazionale che fissa a 30 anni l'età massima per l'assunzione degli agenti della polizia locale,
impegnano il Governo:
ad assumere iniziative normative per:
modificare il 6o comma dell'articolo 3 della legge 15 maggio 1997, n. 127, prevedendo che la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non sia soggetta ai limiti di età senza alcuna deroga;
abrogare l'articolo 703 della sezione III del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
abrogare gli articoli 2199-2200-2201 della sezione IV personale militare, parte I reclutamento.
(7-00552) «Rizzo, Cozzolino, Frusone, Paolo Bernini, Tofalo».
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