Translate

mercoledì 12 giugno 2019

N. 137 SENTENZA 17 aprile - 6 giugno 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Tutela della salute - Organizzazione dei servizi sanitari - Obblighi vaccinali - Individuazione, mediante deliberazione della Giunta regionale, dei reparti ai quali possono accedere i soli operatori sanitari che si siano attenuti alle indicazioni del Piano nazionale di prevenzione vaccinale - Sanzioni amministrative - Attribuzione alle direzioni sanitarie ospedaliere o territoriali del potere di imporre, in particolari condizioni epidemiologiche o ambientali, trattamenti vaccinali non previsti dalla legislazione nazionale. - Legge della Regione Puglia 19 giugno 2018, n. 27 (Disposizioni per l'esecuzione degli obblighi di vaccinazione degli operatori sanitari), artt. 1, commi 1 e 2; 4 e 5, nonche' l'intero testo. - (GU n.24 del 12-6-2019 )


N. 137 SENTENZA 17 aprile - 6 giugno 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Tutela della salute - Organizzazione dei servizi sanitari -  Obblighi
  vaccinali - Individuazione,  mediante  deliberazione  della  Giunta
  regionale, dei reparti ai quali possono accedere i  soli  operatori
  sanitari che si siano attenuti alle indicazioni del Piano nazionale
  di prevenzione vaccinale - Sanzioni amministrative  -  Attribuzione
  alle direzioni sanitarie ospedaliere o territoriali del  potere  di
  imporre, in particolari condizioni  epidemiologiche  o  ambientali,
  trattamenti vaccinali non previsti dalla legislazione nazionale.
- Legge della Regione Puglia 19 giugno 2018, n. 27 (Disposizioni  per
  l'esecuzione  degli  obblighi  di  vaccinazione   degli   operatori
  sanitari), artt. 1, commi 1 e 2; 4 e 5, nonche' l'intero testo.

(GU n.24 del 12-6-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  commi
1 e 2; 4 e 5, nonche' dell'intero testo, della  legge  della  Regione
Puglia 19 giugno 2018, n. 27  (Disposizioni  per  l'esecuzione  degli
obblighi di vaccinazione  degli  operatori  sanitari),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei  ministri,  con  ricorso  notificato  il
13-20 agosto 2018, depositato  in  cancelleria  il  17  agosto  2018,
iscritto al n. 48  del  registro  ricorsi  2018  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  36,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2018.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia;
    udito nella udienza  pubblica  del  16  aprile  2019  il  Giudice
relatore Marta Cartabia;
    udito l'avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente
del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Isabella  Fornelli  per  la
Regione Puglia.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso notificato il 13-20 agosto 2018 e  depositato  il
successivo 17 agosto (reg. ric. n. 48 del 2018),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione  Puglia  19
giugno 2018, n. 27 (Disposizioni per l'esecuzione degli  obblighi  di
vaccinazione degli operatori sanitari), per  intero  e  con  riguardo
agli artt. 1, commi 1 e 2; 4 e 5.
    2.- Il ricorrente riassume le finalita' della legge  reg.  Puglia
n. 27 del 2018  e  il  contenuto  delle  disposizioni  censurate.  In
particolare, il ricorso riferisce che l'art. l impugnato dispone,  al
comma  1,  che,  con  deliberazione  della  Giunta  regionale,   sono
individuati i reparti ai quali  possono  accedere  i  soli  operatori
sanitari che abbiano osservato le indicazioni del Piano nazionale  di
prevenzione vaccinale (PNPV)  vigente  per  soggetti  a  rischio  per
esposizione  professionale  e,  al  comma  2,  stabilisce  che,   «in
particolari condizioni epidemiologiche  o  ambientali,  le  direzioni
sanitarie ospedaliere o territoriali, sentito il  medico  competente,
valutano l'opportunita' di prescrivere vaccinazioni  normalmente  non
raccomandate per la generalita' degli operatori».
    3.- Nelle parole del ricorso, l'art.  1,  comma  1  trasforma  di
fatto  le  vaccinazioni  raccomandate  dal   PNPV   in   vaccinazioni
obbligatorie, mentre il comma 2 del medesimo art. 1 attribuisce  alle
direzioni  sanitarie  il  potere   di   obbligare,   in   determinate
circostanze, la generalita' degli operatori  sanitari  ad  effettuare
vaccinazioni  normalmente  non  raccomandate.   In   tal   modo,   la
disposizione  impugnata  imporrebbe  obblighi  di  vaccinazione   non
previsti  dalla  legislazione  statale,  eccedendo  dalle  competenze
regionali e intervenendo «in un ambito nel quale sono prevalenti  gli
aspetti ascrivibili ai principi fondamentali in materia di  salute  e
di profilassi internazionale riservati  alle  competenze  legislative
dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma terzo,  e  comma  secondo,
lettera  q),  della  Costituzione».  Essa,  inoltre,  violerebbe   il
principio di  eguaglianza  e  di  riserva  di  legge  in  materia  di
trattamenti sanitari di cui agli artt. 3, 32 della Costituzione.
    4.- Il ricorrente richiama, a sostegno del  proprio  assunto,  la
giurisprudenza costituzionale  per  la  quale,  a  sua  opinione,  la
disciplina degli obblighi vaccinali sarebbe di  competenza  esclusiva
della legislazione statale (e' citata la sentenza di questa Corte  n.
5 del 2018). Si assume, altresi', che la Corte avrebbe affermato  che
il diritto della persona di essere curata efficacemente e  di  essere
rispettata nella propria integrita' fisica  e  psichica  deve  essere
garantito in condizione di eguaglianza in tutto il Paese per mezzo di
una legislazione statale  «basata  sugli  indirizzi  condivisi  dalla
comunita' scientifica nazionale e  internazionale»  (sono  citate  le
sentenze di questa Corte n. 169 del 2017, n. 338 del 2003  e  n.  282
del  2002).  Sicche'  non  potrebbe  che   «essere   riservato   alla
legislazione statale, ai sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione,  il  compito  di  qualificare  come   obbligatorio   un
determinato trattamento  sanitario,  sulla  base  dei  dati  e  delle
conoscenze medico-scientifiche  disponibili»  (in  tal  senso  e'  la
citata sentenza di questa Corte n.  5  del  2018).  Tale  conclusione
sarebbe  confermata  dal  rilievo  per  cui  la  profilassi  per   la
prevenzione della diffusione delle malattie richiede  necessariamente
l'adozione di misure omogenee sul territorio nazionale.  Pertanto,  a
giudizio della difesa statale, la disposizione  impugnata,  imponendo
obblighi vaccinali non previsti a  livello  statale,  interviene  sui
principi  fondamentali  in  materia  di  tutela  della  salute,   con
invasione  della  competenza  riservata  alla  legislazione   statale
dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
    5.- In secondo luogo, la difesa statale assume  che  il  predetto
art. 1 della legge reg. Puglia n. 27 del 2018 violi anche l'art. 117,
secondo comma, lett. q), Cost. stante la competenza riservata in  via
esclusiva allo Stato  in  materia  di  disciplina  della  «profilassi
internazionale». Infatti, nelle parole  del  ricorso,  «le  norme  in
materia di prevenzione  vaccinale  servono  a  garantire  uniformita'
anche nell'attuazione, in ambito nazionale, di programmi elaborati in
sede internazionale e sovranazionale» (sono citate le sentenze n. 270
del 2016, n. 173 del 2014, n. 406 del 2005, n. 12 del 2004, anche  se
riguardanti il settore veterinario), di modo che  ragioni  di  ordine
logico,  prima  che  giuridico  precluderebbero   alle   Regioni   di
intervenire in tale ambito.
    6.- In terzo luogo, il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
ritiene che l'art. 1, comma 1, della legge  reg.  Puglia  n.  27  del
2018, nel demandare a un atto amministrativo, e, precisamente, a  una
deliberazione della Giunta regionale, l'individuazione dei reparti ai
quali possono  accedere  i  soli  operatori  sanitari  che  si  siano
attenuti alle indicazioni del PNPV, violi la riserva di legge imposta
dall'art. 32 Cost., oltre a collidere con l'art. 44 della legge della
Regione Puglia 12 maggio 2004, n. 7 (Statuto della  Regione  Puglia),
che attribuisce alla Giunta regionale la potesta'  regolamentare  con
riferimento  ai  soli  regolamenti  esecutivi  e  ai  regolamenti  di
attuazione delle leggi regionali.
    7.- Infine, secondo la difesa statale, il principio della riserva
di legge in materia di trattamenti sanitari, definita in ricorso come
relativa, sarebbe violato dall'art. 1,  comma  2,  della  legge  reg.
Puglia n. 27 del 2018 che stabilisce che e'  la  direzione  sanitaria
ospedaliera  o  territoriale  a  stabilire  l'obbligatorieta'   delle
vaccinazioni, ma, al contempo, non prevede  che  siano  adeguatamente
individuati, a livello di fonte primaria, i presupposti, il contenuto
e i limiti dell'obbligo vaccinale.
    8.-  Il  ricorrente  aggiunge  che  per  effetto  della   dedotta
incostituzionalita' dell'indicato art. 1  sarebbero  incostituzionali
anche i successivi artt. 4 e 5.
    8.1.- In particolare, l'art. 4 sarebbe incostituzionale perche' -
stabilendo  che  la  Giunta  regionale,  con  apposito  provvedimento
deliberativo, provvede a dettagliare le modalita' di attuazione delle
disposizioni contenute  nella  legge  in  esame  e  adotta  decisioni
dirette a  promuovere  le  vaccinazioni  -  demanderebbe  a  un  atto
amministrativo la regolamentazione di  una  materia  in  ordine  alla
quale l'art. 32 Cost. impone una riserva di legge, cosi' contrastando
anche con l'art. 44 della legge reg. Puglia n. 7 del 2004, che,  come
visto, attribuisce alla Giunta regionale  la  potesta'  regolamentare
con riferimento ai soli regolamenti esecutivi  e  ai  regolamenti  di
attuazione delle leggi regionali.
    8.2.- Dal canto suo,  l'art.  5  sarebbe  illegittimo  perche'  -
prevedendo una sanzione amministrativa  pecuniaria  per  «il  mancato
adempimento alle prescrizioni di  cui  all'articolo  1,  comma  1»  -
contrasterebbe con il  principio  per  cui  la  determinazione  delle
sanzioni e' nella disponibilita' del soggetto al quale e' rimessa  la
definizione delle fattispecie da sanzionare;  sicche',  nel  caso  in
esame, spetterebbe solo al legislatore statale comminare sanzioni per
il caso di violazione dei divieti e  degli  obblighi  in  materia  di
vaccini, che, come detto, ricade nella  competenza  dello  Stato  (e'
citata la sentenza n. 361 del 2003).
    9.- Tutto cio'  considerato,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri conclude per la incostituzionalita' degli artt. 1,  4  e  5,
nonche' dell'intero testo della citata legge reg. Puglia  n.  27  del
2018 perche', per il suo carattere omogeneo, violerebbe i principi di
eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e di  riserva  di  legge  di  cui
all'art.  32  Cost.  e  invaderebbe  «la  competenza  riservata  alla
legislazione statale sia per l'emanazione dei  principi  fondamentali
in materia di tutela della salute ai sensi dell'articolo  117,  comma
terzo,  sia  per  la  disciplina  della  profilassi   internazionale,
riservata allo Stato  ai  sensi  dell'articolo  117,  comma  secondo,
lettera q), della Costituzione».
    10.- Con atto depositato il 28 settembre 2018  si  e'  costituita
nel  presente  giudizio  la  Regione  Puglia,  concludendo   per   la
inammissibilita' o la infondatezza della questione siccome promossa.
    La difesa regionale osserva che il ricorso muove da  una  lettura
parziale e fuorviante della legge reg. Puglia n. 27 del  2018,  cosi'
incorrendo in un erroneo assunto, ossia quello  di  ritenere  che  la
Regione Puglia abbia voluto imporre pratiche vaccinali,  prescindendo
dalla volonta' statale in materia, quando, invece, la legge impugnata
stabilisce unicamente  interventi  di  ordine  organizzativo  tesi  a
perseguire l'obiettivo della sicurezza dei pazienti  e  degli  stessi
operatori delle  strutture  sanitarie.  Si  tratta  di  interventi  -
prosegue la Regione Puglia - coerenti con le vigenti disposizioni  in
materia stabilite a livello statale  e  perfettamente  conformi  alla
giurisprudenza costituzionale che riconosce attribuzioni regionali in
materia di organizzazione dei servizi sanitari e  di  identificazione
degli organi competenti a verificare e sanzionare le  violazioni  (e'
citata la sentenza n. 5 del 2018).
    10.1.-  Su  tali  basi  la  difesa  regionale  sostiene  che   le
disposizioni impugnate non introducono  in  via  diretta  un  obbligo
vaccinale a carico degli operatori sanitari,  bensi'  si  limitano  a
prescrivere che, sulla base delle  indicazioni  contenute  nel  PNPV,
siano individuati determinati reparti delle strutture  sanitarie  nei
quali l'assolvimento delle indicazioni vaccinali previste  a  livello
nazionale si configura quale requisito di idoneita' lavorativa  nelle
strutture sanitarie. Pertanto, richiamati testualmente  alcuni  passi
del PNPV, l'ente regionale  ribadisce  di  non  aver  arbitrariamente
introdotto  ulteriori  tipologie  vaccinali,  bensi'  di  aver   dato
attuazione al PNPV, attenendosi, per un verso, alle  indicazioni  ivi
contenute  e,  per  altro  profilo,  alla  normativa  in  materia  di
sicurezza dei luoghi di lavoro citata nel predetto PNPV.
    11.- Sotto tale profilo la memoria di  costituzione  richiama  il
decreto legislativo 9 aprile 2008,  n.  81  (Attuazione  dell'art.  1
della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della  salute
e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e, in particolare, gli  artt.
18, comma 1, 41 e 279 ivi contenuti, da cui  ricava  complessivamente
l'obbligo del datore  di  lavoro  di  sottoporre  i  lavoratori  alla
sorveglianza sanitaria nei casi previsti dalla legge e, nell'affidare
compiti agli stessi, di tener conto  delle  capacita'  e  delle  loro
condizioni  in  rapporto  alla  loro  salute  e  sicurezza.  Da  tali
previsioni la Regione ricava la sussistenza di un  obbligo  specifico
di  sorveglianza  sanitaria  volto  a  verificare  la  compatibilita'
dell'attivita' che il lavoratore dovra' svolgere e ad  accertare  che
non vi siano controindicazioni al lavoro, onde giungere a un giudizio
d'idoneita' alla  mansione  specifica:  con  stretto  riferimento  ai
rischi  legati  all'esposizione  degli  agenti  biologici,  un  ruolo
decisivo va riconosciuto  al  presidio  vaccinale,  che  costituisce,
nelle  parole  della  memoria,  «una  delle  misure   di   protezione
necessarie per la tutela della salute dei lavoratori che il datore di
lavoro e' tenuto ad adottare».
    11.1.- Sempre in tale ottica, la Regione Puglia richiama altresi'
l'art. 2087 del codice civile, che impone al  datore  di  lavoro  non
soltanto il semplice rispetto della normativa  antinfortunistica,  ma
anche l'adozione degli ulteriori presidi, fra  cui,  per  quanto  qui
interessa,  i  vaccini  imposti  dalle  legge  e,  in   mancanza   di
disposizioni legislative, in via sussidiaria, i  vaccini  disponibili
in base al concetto della  «prevedibilita'  del  rischio».  Pertanto,
posto che le vaccinazioni da adottare nel campo  della  medicina  del
lavoro sono  quelle  obbligatorie  e  quelle  prescritte  dal  medico
competente in base alla tipologia di rischio biologico (in tal  senso
e' citato l'art. 279, comma 2,  del  d.lgs.  n.  81  del  2008),  non
sussiste in tale ambito  il  limite  della  necessita'  del  consenso
libero e consapevole al trattamento sanitario. Cosi'  ricostruito  il
quadro complessivo, nelle parole della memoria, il datore  di  lavoro
ha  l'obbligo  di  richiamare  disciplinarmente  il  lavoratore  che,
esposto a rischio biologico, rifiuti di vaccinarsi e cosi' tenga  una
condotta che pregiudica la posizione di garanzia del datore di lavoro
richiesta dall'art. 2087 cod. civ.  Dunque,  a  parere  della  difesa
regionale, proprio il combinato disposto degli artt. 2087 cod. civ. e
279 del d.lgs. n. 81 del 2008 supera ogni dubbio posto  con  riguardo
alla riserva di legge stabilita dall'art. 32 Cost.
    12.-  La  Regione  Puglia  precisa  altresi'  che,  nel  caso  di
vaccinazioni  verso  malattie  a   possibile   contagio   interumano,
l'esigenza  di  tutelare  la  salute  individuale  e  collettiva   e'
sufficiente a legittimare su un piano costituzionale l'imposizione di
vaccinazioni anche nel campo della sicurezza del lavoro,  tanto  piu'
che la sicura compatibilita' della  terapia  vaccinale  prevista  nel
PNPV vigente e' asseverata dalla previsione della sua obbligatorieta'
per la generalita' della popolazioni  prevista  dal  decreto-legge  7
giugno 2017, n. 73 (Disposizioni urgenti in  materia  di  prevenzione
vaccinale) convertito, con modificazioni, in legge 31 luglio 2017, n.
119. Peraltro, secondo la difesa regionale,  la  sentenza  di  questa
Corte n. 218 del 1994 conferma la conclusione che l'esecuzione  delle
vaccinazioni per particolari categorie  di  lavoratori  possa  essere
prevista  come  un   requisito   di   idoneita'   al   lavoro.   Tale
considerazione, sempre seguendo la medesima  linea  di  ragionamento,
vale anche per la previsione contenuta nell'art. 1,  comma  2,  della
legge reg. Puglia n. 27 del 2018 di ulteriori prescrizioni vaccinali,
le  quali  sono  condizionate  alla   sussistenza   di   «particolari
condizioni epidemiologiche o ambientali»,  per  cui  rientrano  nella
gestione della sicurezza sanitaria sui luoghi di  lavoro  di  cui  al
d.lgs. n. 81 del 2008.
    13.- La difesa regionale deduce altresi' che  la  tesi  difensiva
dell'Avvocatura generale dello Stato, in ultima analisi,  svuoterebbe
la competenza concorrente delle Regioni come delineata dall'art. 117,
comma terzo, Cost., in materia di salute e sicurezza sul  lavoro.  In
altri  termini,  seguendo  le  argomentazioni   del   ricorrente   si
giungerebbe a un completo riaccentramento in capo  a  organi  statali
delle competenze sulla vigilanza  e  si  altererebbe  il  legame  fra
prevenzione e vigilanza oggi incardinato  in  capo  alle  Regioni  ai
sensi del d.lgs. n. 81 del 2008. Inoltre,  la  Regione  sostiene  che
l'Avvocatura statale tralascia di considerare le ricadute della legge
8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di sicurezza delle  cure
e della persona assistita,  nonche'  in  materia  di  responsabilita'
professionale degli esercenti le professioni sanitarie), il cui  art.
1 prevede che la sicurezza delle  cure  si  realizza  anche  mediante
l'insieme di tutte le attivita' finalizzate alla prevenzione  e  alla
gestione  del  rischio  connesso  all'erogazione  delle   prestazioni
sanitarie, di modo che non puo' che riconoscersi  all'ente  regionale
la  possibilita'  di  attuare  le  iniziative,  anche  di   carattere
legislativo,  finalizzate  a  garantire  la  sicurezza  delle   cure,
comprensiva della sicurezza dei luoghi di lavoro.
    14.- Non fondata sarebbe anche la ritenuta  violazione  dell'art.
117,   comma   secondo,   lettera   q),   Cost.   sulla    profilassi
internazionale, posto che le  disposizioni  impugnate  non  hanno  un
effetto generale e indifferenziato  sulla  popolazione  pugliese,  ma
hanno un ambito di applicazione circoscritto alla tutela della salute
degli operatori sanitari in coerenza con la normativa nazionale sulla
sicurezza nei luoghi di lavoro.
    15.- Parimenti non fondata  sarebbe  per  la  Regione  Puglia  la
censura promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, per cui i
poteri  attribuiti  alla  Giunta  regionale  violerebbero  i   limiti
istituzionali codificati dall'art. 44  dello  statuto  regionale.  Al
riguardo, il resistente sostiene che la  disposizione  impugnata  non
dia luogo  a  un  fenomeno  di  delegificazione,  bensi'  attribuisca
unicamente alla Giunta regionale il compito, di  mero  dettaglio,  di
individuare i reparti ritenuti rischiosi e al cui  accesso  correlare
la terapia vaccinale prevista dal Ministero della salute a tutela dei
lavoratori nonche' di coloro che con essi interagiscono.  Si  tratta,
dunque, di compiti di mera amministrazione consentiti dal citato art.
44.
    16.- Ne' tantomeno, assume  la  Regione  Puglia,  potrebbe  dirsi
violato l'art. 32 Cost.,  posto  che  la  disposizione  impugnata  si
colloca nel solco degli obblighi normativamente imposti ai datori  di
lavoro ex d.lgs. n. 81 del 2008, il cui art. 279 legittima il  datore
di  lavoro  ad  adottare  le  precauzioni  che,  secondo  il   medico
competente, sono necessarie per la tutela dei  luoghi  di  lavoro  in
situazioni eccezionali, non prevedibili a monte.
    17.- Allo stesso modo la difesa  regionale  ritiene  non  fondata
l'asserita  violazione  dell'art.  3  Cost.,  poiche'  la   paventata
disomogeneita' del trattamento  vaccinale  sul  territorio  nazionale
sarebbe escluso dalla ricorrenza, nella  fattispecie,  di  situazioni
intrinsecamente eterogenee rispetto alle  quali  e'  ragionevole  una
disciplina normativa differenziata.
    18.-  Circa  la  derivata  illegittimita'  costituzionale   delle
ulteriori norme, la difesa regionale osserva che la censura  relativa
all'art. 4 muove dall'erroneo presupposto  che  la  Giunta  regionale
possa, con propria deliberazione, regolamentare la materia sottoposta
a riserva di legge. Considerazione,  a  suo  giudizio,  smentita  dal
rilievo per cui le vaccinazioni oggetto del controllo  di  osservanza
sono quelle gia' previste dal PNPV, sicche'  la  deliberazione  della
Giunta regionale si limiterebbe ad attuare le disposizioni  contenute
nella normativa statale.
    Con  riguardo  al  potere  sanzionatorio  previsto  dall'art.  5,
infine, l'ente regionale reputa la censura destituita di  fondamento,
in quanto basata sul presupposto della  violazione  delle  competenze
statali, in realta' insussistente in quanto tale potere sanzionatorio
accede  a  materia  su  cui  essa  Regione  Puglia  ha  correttamente
legiferato.
    19.- In prossimita' dell'udienza, sia il Presidente del Consiglio
dei  ministri  sia  la  Regione  Puglia  hanno   depositato   memorie
illustrative in cui hanno reiterato le rispettive tesi difensive onde
sentire accogliere le conclusioni gia' formulate.

                       Considerato in diritto

    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  ha  impugnato  la
legge della Regione Puglia 19 giugno 2018, n.  27  (Disposizioni  per
l'esecuzione  degli  obblighi   di   vaccinazione   degli   operatori
sanitari), per intero e con riguardo agli artt. 1, commi 1 e 2;  4  e
5, per violazione del principio di  eguaglianza  di  cui  all'art.  3
della Costituzione, della riserva di legge di cui all'art. 32  Cost.,
nonche' della competenza riservata alla legislazione statale sia  per
l'emanazione dei principi fondamentali della materia di tutela  della
salute, ai sensi dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  sia  per  la
disciplina della profilassi internazionale, ai sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera q), Cost.
    2.- Occorre preliminarmente dichiarare  l'inammissibilita'  della
questione avente a oggetto l'intera legge reg. Puglia n. 27 del 2018.
    In proposito si deve osservare che il ricorso sviluppa specifiche
motivazioni  solo  in  ordine   alle   singole   questioni   riferite
partitamente  a  ciascuna  delle   disposizioni   censurate.   Quanto
all'intero testo della legge regionale, invece, il ricorso si  limita
a farne oggetto di censura in ragione del  suo  «carattere  normativo
omogeneo», senza addurre ulteriori argomentazioni. E'  ben  vero  che
questa Corte ha, in piu' occasioni, reputato ammissibili le questioni
vertenti su un intero testo  di  legge  caratterizzato  da  normative
omogenee (sentenza n. 247 del 2018, n. 261 del  2017  e  n.  131  del
2016); ma e' vero altresi' che secondo  una  giurisprudenza  costante
«e' inammissibile l'impugnativa di una intera legge ove cio' comporti
la genericita' delle censure» (sentenza n. 195 del 2015) o «quando le
censure adeguatamente motivate riguardino solo singole  disposizioni,
mentre quella indirizzata all'intero testo normativo  sia  del  tutto
generica» (sentenza 64 del 2007), come avviene nel caso in esame.
    3.- Per la loro stretta interconnessione, e' opportuno  esaminare
congiuntamente le questioni relative agli artt. 1, comma 1,  4  e  5,
della legge reg. Puglia n. 27 del 2018, promosse in riferimento  agli
artt. 3, 32, 117, secondo comma, lettera q), in materia di profilassi
internazionale, e 117, terzo comma, Cost., in materia di tutela della
salute.
    Le questioni non sono fondate.
    3.1.- L'art. 1, comma 1 prevede  che  «al  fine  di  prevenire  e
controllare la trasmissione delle  infezioni  occupazionali  e  degli
agenti infettivi ai pazienti, ai loro familiari, agli altri operatori
e  alla   collettivita'»,   la   Giunta   regionale,   con   apposito
provvedimento  deliberativo  (ai  sensi  del  successivo   art.   4),
individua «i reparti dove consentire l'accesso ai soli operatori  che
si siano attenuti alle indicazioni del Piano nazionale di prevenzione
vaccinale  vigente  per  i  soggetti  a   rischio   per   esposizione
professionale».
    Il richiamato art. 4 affida alla Giunta regionale il  compito  di
emanare, entro un mese dalla entrata in vigore della legge impugnata,
apposito provvedimento deliberativo volto a «dettagliare le modalita'
di attuazione delle disposizioni ivi previste».
    Il successivo art. 5 prevede  apposite  sanzioni  amministrative,
tra l'altro, per il «mancato adempimento delle  prescrizioni  di  cui
all'art. 1, comma 1».
    3.2.-   Secondo   il   ricorrente,   le   suddette   disposizioni
renderebbero di fatto obbligatorie le vaccinazioni  che,  invece,  il
Piano nazionale di prevenzione vaccinale (PNPV) vigente si  limita  a
raccomandare. Il legislatore regionale  sarebbe  percio'  intervenuto
«in un ambito nel quale sono prevalenti gli  aspetti  ascrivibili  ai
principi  fondamentali  in  materia  di  salute   e   di   profilassi
internazionale riservati alle competenze legislative dello Stato,  ai
sensi dell'art. 117, comma terzo, e comma secondo, lettera q),  della
Costituzione». Inoltre, per la difesa statale, atteso che  la  scelta
tra  terapie  ammesse  e  non  ammesse  deve  essere  riservata  alla
legislazione statale anche per ragioni di eguaglianza  e  omogeneita'
dei trattamenti sanitari sul territorio nazionale, sarebbero altresi'
violati il principio di eguaglianza e la riserva di legge in  materia
di trattamenti sanitari, di cui rispettivamente agli  artt.  3  e  32
Cost.
    3.3.- Tutte le  doglianze  si  fondano  sul  presupposto  che  le
disposizioni  impugnate  impongono   obblighi   vaccinali   ulteriori
rispetto a quelli stabiliti dal legislatore statale,  sulla  base  di
deliberazioni della Giunta regionale e con  previsioni  assistite  da
sanzioni  amministrative  che  ne  rafforzano  la  cogenza.  Di   qui
discenderebbe, anzitutto, la violazione dei  limiti  alle  competenze
legislative  regionali  lamentata  nel  ricorso  e   la   conseguente
interferenza con i principi fondamentali  stabiliti  dal  legislatore
statale in materia di tutela della salute,  nonche'  con  la  materia
della profilassi internazionale di competenza esclusiva dello Stato.
    Il presupposto interpretativo da cui muove il ricorrente  non  e'
corretto alla luce dei criteri ripetutamente enunciati dalla costante
giurisprudenza di questa Corte, per cui, ai fini  dell'individuazione
della materia in cui si colloca la disposizione  impugnata,  si  deve
tener conto dell'oggetto, della ratio e della finalita' della stessa,
tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi,  cosi'  da
identificare correttamente e compiutamente anche l'interesse tutelato
(ex plurimis sentenze n. 116 del 2019, n. 108 del 2017,  n.  175  del
2016, n. 245 e n. 140 del 2015, e n. 167 del 2014).
    In base a tali principi, non puo' essere assegnata una  rilevanza
decisiva  al  titolo  della  legge  impugnata  -  «Disposizioni   per
l'esecuzione degli obblighi di vaccinazione degli operatori sanitari»
-, ne' al tenore della rubrica del  suo  primo  articolo  -  «Obbligo
vaccinale»  -,  che  fanno  entrambi   riferimento   all'obbligo   di
vaccinazione. Va invece dato risalto a un  insieme  di  elementi  che
inducono a ritenere che  le  disposizioni  in  esame  possono  essere
ricondotte   all'ambito   della   organizzazione   sanitaria,   parte
integrante della competenza legislativa regionale  in  materia  della
tutela della salute di cui al terzo comma del citato art.  117  Cost.
(ex plurimis sentenze n. 54 del 2015 e  n.  371  del  2008),  che  la
Regione ha esercitato in modo non eccentrico rispetto alle previsioni
contenute nella disciplina statale in materia di obblighi  vaccinali,
e in particolare rispetto al  decreto-legge  7  giugno  2017,  n.  73
(Disposizioni  urgenti   in   materia   di   prevenzione   vaccinale)
convertito, con modificazioni, in  legge  31  luglio  2017,  n.  119,
nonche' al Piano nazionale di prevenzione vaccinale vigente.
    Muovendo dal dato testuale,  si  deve  rilevare,  anzitutto,  che
l'art. 1, comma 1 della legge regionale in esame non si rivolge  alla
generalita'  dei  cittadini,  ma  si  indirizza  specificamente  agli
operatori sanitari  che  svolgono  la  loro  attivita'  professionale
nell'ambito  delle  strutture  facenti  capo  al  servizio  sanitario
nazionale, allo scopo di prevenire e  proteggere  la  salute  di  chi
frequenta i luoghi di cura: anzitutto quella dei pazienti, che spesso
si trovano in  condizione  di  fragilita'  e  sono  esposti  a  gravi
pericoli  di  contagio,  quella  dei  loro  familiari,  degli   altri
operatori e, solo di riflesso, della collettivita'.
    Tale finalita' perseguita dal legislatore  regionale,  sia  detto
per inciso, e'  del  resto  oggetto  di  attenzione  da  parte  delle
societa' medico-scientifiche, che segnalano l'urgenza di  mettere  in
atto prassi adeguate a prevenire le epidemie in  ambito  ospedaliero,
sollecitando anzitutto un  appropriato  comportamento  del  personale
sanitario, per garantire ai pazienti la sicurezza nelle cure.
    Letto  in  questa  prospettiva,  l'intervento   del   legislatore
regionale non ha per oggetto la regolazione degli obblighi  vaccinali
-  che  chiamerebbe  in  causa  la  competenza  statale  in  tema  di
determinazione dei principi  fondamentali  della  materia  di  tutela
della salute (sentenza n. 5 del 2018) - ma l'accesso ai reparti degli
istituti di cura. La sua finalita' e' prevenire le epidemie in ambito
nosocomiale, rimanendo cosi' all'interno delle  competenze  regionali
che in materia  di  vaccinazioni  «continuano  a  trovare  spazi  non
indifferenti   di    espressione,    ad    esempio    con    riguardo
all'organizzazione dei servizi sanitari e  all'identificazione  degli
organi competenti a verificare  e  sanzionare  le  violazioni»,  come
questa Corte ha di recente rilevato (sentenza n. 5 del 2018).
    Infatti, come si evince dall'esame  dei  lavori  preparatori,  la
definitiva formulazione del disposto impugnato ha espunto dal disegno
di legge originario ogni  riferimento  all'assolvimento  di  presunti
obblighi  vaccinali  per  i  soggetti  a  rischio   per   esposizione
professionale e al soddisfacimento dei  medesimi  come  requisito  di
idoneita' lavorativa. Nella sua formulazione  definitiva,  l'art.  1,
comma 1, si limita a precisare che il rispetto delle indicazioni  del
PNPV costituisce un onere per l'accesso degli operatori  sanitari  ai
reparti individuati con la delibera della Giunta, di cui  all'art.  4
della legge regionale impugnata. Cosi'  prevedendo,  la  disposizione
impugnata si muove nel solco  del  PNPV  vigente,  il  quale  infatti
indica per gli operatori sanitari alcune specifiche  vaccinazioni  in
forma   di   raccomandazione,   sulla   base    della    fondamentale
considerazione che un adeguato  intervento  di  immunizzazione  degli
operatori sanitari non solo protegge gli interessati,  ma  svolge  un
ruolo di «garanzia nei confronti dei pazienti ai quali», date le loro
particolari  condizioni  di  vulnerabilita',  «l'operatore   potrebbe
trasmettere l'infezione  determinando  gravi  danni  e  persino  casi
mortali» (PNPV 2017-2019, p. 67).
    Peraltro, sul punto, occorre rimarcare, come gia' affermato dalla
sentenza n. 5 del 2018, che «nell'orizzonte epistemico della  pratica
medico-sanitaria la distanza tra raccomandazione e obbligo  e'  assai
minore di quella che separa i due concetti nei rapporti giuridici. In
ambito medico, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite  come
egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo  (tanto  che
sul piano del diritto all'indennizzo le vaccinazioni  raccomandate  e
quelle obbligatorie non subiscono differenze: si veda, da  ultimo  la
sentenza n. 268 del 2017)».
    Tutto cio'  considerato,  puo'  ragionevolmente  giungersi  a  un
approdo  esegetico  che  valorizza  la  genesi   delle   disposizioni
impugnate, il loro dato testuale, il loro contenuto,  la  loro  ratio
oggettiva e la loro finalita' come espressione della competenza della
Regione in  materia  di  organizzazione  del  servizio  sanitario  e,
dunque, di tutela della salute ex art. 117, terzo comma, Cost.
    In definitiva, nell'attribuire alla Giunta regionale la  facolta'
di  individuare  i  reparti  in  cui  consentire  l'accesso  ai  soli
operatori sanitari che si siano attenuti alle  indicazioni  del  PNPV
vigente per i soggetti a rischio per esposizione professionale e  nel
prevedere le relative sanzioni amministrative per i trasgressori, gli
impugnati art. 1, comma 1, e artt. 4 e 5 della legge reg.  Puglia  n.
27 del 2018 dettano esclusivamente una disciplina sull'organizzazione
dei servizi sanitari della Regione, senza  discostarsi  dai  principi
fondamentali nella  materia  «tutela  della  salute»  riservati  alla
legislazione statale ai sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,
senza introdurre obblighi vaccinali di nuovo conio e, comunque, senza
imporre obbligatoriamente  cio'  che  a  livello  nazionale  e'  solo
suggerito o raccomandato.
    3.4.- Dalle considerazioni che  precedono  consegue  che  neppure
possono ritenersi violati gli altri parametri  evocati  dalla  difesa
statale e, segnatamente, gli artt. 3 e 32 della Costituzione,  tenuto
anche conto della possibilita' di esenzione ammessa dall'art. 2 della
legge reg. impugnata, in caso di accertato pericolo concreto  per  la
salute dell'operatore sanitario in relazione a specificita' cliniche.
    Quanto alla asserita violazione  del  principio  di  eguaglianza,
basti osservare che, cosi' come sopra interpretate,  le  disposizioni
impugnate non introducono alcun obbligo vaccinale ulteriore  rispetto
a quelli gia' indicati a livello statale  e  dunque  non  determinano
alcuna asimmetria sul territorio nazionale.
    Quanto alla riserva  di  legge  di  cui  all'art.  32  Cost.,  la
paventata violazione non sussiste, ne' per effetto dell'art. 1, comma
1, ne' ad  opera  dell'art.  4  (dal  primo  richiamato):  una  volta
escluso, alla luce delle considerazioni appena esposte, che la  legge
in  esame  imponga  agli  operatori   sanitari   l'effettuazione   di
trattamenti  vaccinali  non  previsti  dalla  legislazione   statale,
nessuna censura puo' muoversi  alla  determinazione  del  legislatore
regionale di demandare a un atto amministrativo, ossia alla  delibera
della  Giunta  regionale  menzionata  dall'art.  4,  il  compito   di
«dettagliare le modalita' di attuazione» di una legge che, come si e'
visto,  attiene  all'organizzazione  sanitaria   regionale   e   che,
comunque, non tocca l'ambito dei trattamenti sanitari  obbligatori  e
non incide sulla liberta' di  auto-determinazione  dell'individuo  in
materia di tutela  della  salute.  Per  le  medesime  ragioni  nessun
contrasto potrebbe ravvisarsi con l'art. 44 della legge della Regione
Puglia 12 maggio 2004, n. 7  (Statuto  della  Regione  Puglia),  pure
evocato dalla difesa  statale,  pur  non  costituendo  parametro  del
presente giudizio,  il  quale  riconosce  alla  Giunta  la  «potesta'
regolamentare nella forma dei regolamenti esecutivi,  di  attuazione,
l'integrazione nonche' dei regolamenti delegati».
    3.5.- E' appena il caso di aggiungere che parimenti infondata  e'
la censura promossa in riferimento all'art. 5  della  medesima  legge
impugnata, che prevede l'irrogazione di una  sanzione  amministrativa
per  il  caso  di  mancato  adempimento  delle  prescrizioni  di  cui
all'articolo 1, comma 1.
    Una volta ricondotta la disposizione di cui al richiamato art. 1,
comma  1,  all'ambito  dell'organizzazione  del  servizio   sanitario
regionale - che la Regione ha legittimamente  disciplinato  in  forza
della sua competenza in materia di tutela della salute e nel rispetto
dei principi fondamentali stabiliti  dal  legislatore  statale  -  ne
deriva  che  la  previsione  di  sanzioni  per  le  violazioni   alle
prescrizioni da esso stabilite non eccede dalle competenze regionali.
In  virtu'  del  principio  del  parallelismo  tra   il   potere   di
determinazione  della  fattispecie  da  sanzionare  e  il  potere  di
individuare la sanzione, costantemente affermato dalla giurisprudenza
costituzionale (sentenze n. 5 del 2018, n. 94 del 2011 e n.  253  del
2006), la Regione ha legittimamente corredato la  disciplina  di  cui
all'art. 1, comma 1, con la previsione delle sanzioni  amministrative
pecuniarie, di cui all'art. 5.
    Naturalmente la condotta sanzionata non puo' che  coincidere  con
l'accesso, da parte di operatori sanitari che non si  siano  attenuti
alle  indicazioni  del  PNPV,   ai   reparti   individuati   con   la
deliberazione  della  Giunta,  piu'  volte  richiamata;  mentre  deve
escludersi che possa essere sanzionato  l'eventuale  rifiuto  opposto
dai  medesimi  operatori  sanitari  di  sottoporsi   ai   trattamenti
vaccinali  raccomandati  dal  PNPV  per  i  soggetti  a  rischio  per
esposizione  professionale.  Il  che  ovviamente  non  incide   sugli
ordinari obblighi ricadenti sul datore di lavoro in tema di sicurezza
che restano, appunto, quelli delineati dalla disciplina  statale  sul
punto, dettata in primo luogo dalla clausola generale di cui all'art.
2087 del codice civile  e  dalle  previsioni  contenute  nel  decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'art. 1 della  legge
3 agosto 2007, n. 123, in materia di  tutela  della  salute  e  della
sicurezza  nei  luoghi  di  lavoro)  e,  nell'ambito  di  queste,  in
particolare per quanto qui  interessa,  dall'art.  279  in  combinato
disposto con gli artt. 17, 18 e 41.
    4.- Fondato e', invece, il motivo di  impugnazione  fatto  valere
nei confronti all'art. 1, comma 2, della legge reg. Puglia n. 27  del
2018 in riferimento agli artt. 3, 32, 117, terzo comma, Cost.
    4.1.-  Tale  disposizione   stabilisce   che,   «in   particolari
condizioni  epidemiologiche  o  ambientali,  le  direzioni  sanitarie
ospedaliere o territoriali, sentito il  medico  competente,  valutano
l'opportunita'   di   prescrivere   vaccinazioni   normalmente    non
raccomandate per la generalita' degli operatori». Il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  censura  detta   disposizione   in   quanto
attribuisce alle direzioni sanitarie il potere  di  imporre  obblighi
vaccinali, in violazione dei limiti di competenza stabiliti dall'art.
117, terzo comma Cost., in violazione del principio di eguaglianza ex
art. 3 Cost. e  in  violazione  dell'art.  32  Cost.  perche',  senza
prevedere che siano adeguatamente  individuati  a  livello  di  fonte
primaria  i  presupposti,  il  contenuto  e  i  limiti   dell'obbligo
vaccinale,  trasgredisce  alla  riserva  di  legge  imposta  da  tale
disposizione costituzionale nella materia  dei  trattamenti  sanitari
obbligatori.
    4.2.- L'inequivocita' dell'ordito normativo, incentrato sul verbo
«prescrivere» -che in ambito medico rimanda al concetto  di  ordinare
una terapia -  e  avente  a  oggetto  «vaccinazioni  normalmente  non
raccomandate», non consente  di  percorrere  sentieri  interpretativi
diversi da quello fatto proprio dalla  difesa  statale,  che  censura
tale disposizione perche' nella sostanza attribuisce  alle  direzioni
sanitarie il potere di imporre trattamenti  vaccinali  non  previsti,
ne'  come  obbligatori  ne'  come  raccomandati,  dalla  legislazione
nazionale. In effetti,  la  disposizione  in  esame  conferisce  alle
direzioni sanitarie un potere molto ampio e  indefinito,  consentendo
loro di rendere obbligatorie anche vaccinazioni neppure menzionate  a
livello statale, senza nemmeno operare alcun rinvio al PNPV. Ne' vale
a delimitare tale potere la previsione  che  le  direzioni  sanitarie
possono attivarsi solo «in particolari condizioni  epidemiologiche  o
ambientali», giacche' in tal modo verrebbe  comunque  configurato  un
potere  di  emissione  di  ordinanze  contingibili  e  urgenti,   che
nell'ordinario schema ordinamentale appartengono alla  competenza  di
altra autorita' - indicata in caso di emergenze sanitarie o di igiene
pubblica a carattere esclusivamente locale dall'art. 50, comma 5, del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico  delle  leggi
sull'ordinamento degli enti locali) - e comunque necessitano  di  una
previsione statale - come disposto dall'art. 93, comma 3, della legge
23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria  2001),  secondo
cui le Regioni, «nei casi di riconosciuta  necessita'  e  sulla  base
della   situazione   epidemiologica   locale»,   possono    «disporre
l'esecuzione della vaccinazione antitifica  in  specifiche  categorie
professionali». Per le ragioni sopra esposte sono  riscontrabili  nel
caso di specie tutte  le  violazioni  costituzionali  denunciate  dal
ricorrente.  Infatti,  l'intervento  regionale   invade   un   ambito
riservato al legislatore statale, sia in quanto inerente ai  principi
fondamentali  concernenti  il  diritto  alla  salute,  come  disposto
dall'art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato «il compito
di  qualificare  come   obbligatorio   un   determinato   trattamento
sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche
disponibili» (sentenza n. 5 del 2018; analogamente  sentenza  n.  169
del 2017), sia perche' attinente alla riserva  di  legge  statale  in
materia di trattamenti sanitari di cui  all'art.  32  Cost.,  riserva
che, a sua volta, e' connessa al principio  di  eguaglianza  previsto
dall'art. 3 Cost.
    Di qui l'illegittimita' dell'art. 1, comma 2,  della  legge  reg.
Puglia n. 27 del 2018.
    Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2,
della legge della Regione Puglia 21 giugno 2014, n. 27  (Disposizioni
per l'esecuzione  degli  obblighi  di  vaccinazione  degli  operatori
sanitari);
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'intera legge reg. Puglia n. 27 del 2017 promosse,
in riferimento agli artt. 3, 32, 117, commi  secondo,  lettera  q)  e
terzo Cost., dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  il
ricorso indicato in epigrafe;
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 1, 4 e 5 della legge reg.  Puglia
n. 27 del 2017 promosse, in riferimento agli artt. 3, 32, 117,  commi
secondo, lettera q) e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio  dei
ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 aprile 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                      Marta CARTABIA, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

Nessun commento: