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domenica 12 marzo 2023

Tribunale 2023-demansionamento - mobbing - differenze retributive e risarcimento danni - impugnativa licenziamento

 


Tribunale Roma Sez. lavoro, Sent., 22-02-2023

Fatto Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE IV LAVORO PRIMO GRADO

Il Giudice Dott. Donatella Casari, all'udienza del 22.2.2023 ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa n.28969/2020 R.G. vertente

TRA

OMISSIS, c.f. (...) , rappresentato e difeso dall'Avv. Andrea Fiore presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Mignanelli n. 3, giusta procura rilasciata su foglio separato da considerarsi in calce al ricorso;

- RICORRENTE -

CONTRO

A. S.p.A., Partita IVA (...), con sede legale N.i, Via N. P. 152, in persona del legale rapp.te dr. OMISSIS, rappresentato e difeso, anche separatamente, con procura alle liti che si allega, dagli avv.X

- RESISTENTE -

oggetto: demansionamento - mobbing  - differenze retributive e risarcimento danni - impugnativa licenziamento


Svolgimento del processo


Con ricorso ritualmente notificato, l'istante in epigrafe indicato, premesso di aver lavorato per la società A. S.p.A.-Agenzia per il lavoro con contratto subordinato a tempo indeterminato avente decorrenza dal giorno 16.03.2018 con mansione di Responsabile del Settore IT (information technology) e inquadramento nella categoria di Quadro con qualifica 1Q del vigente CCNL del T.C., esposto che con determinazione dell'Amministratore Unico in data 12.4.2019 era stato deciso di richiedere l'ammissione della società al concordato preventivo, lamentato che la convenuta aveva operato senza il suo consenso riduzione dello stipendio in godimento a far data dal luglio 2019 (da cui procedure monitorie in corso di rapporto) con contemporanea sua esclusione da tutte le iniziative e/ o attività di rilievo con conseguente illegittimo deterioramento professionale che, progressivamente si era concretizzato in una condotta mobbizzante, esposto che infine il datore di lavoro gli aveva intimato licenziamento per giusta causa e giustificato motivo oggettivo essendo comunque la sua posizione lavorativa stata giudicata in eccedenza rispetto agli effettivi fabbisogni aziendali, dedotto in merito alla nullità per ritorsività/illegittimità dell'atto di recesso ed alla sussistenza di danno alla professionalità, biologico, morale ed esistenziale, concludeva chiedendo: "in via principale: - accertare e dichiarare la nullità del licenziamento intimato al ricorrente dalla A. S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, in data 02.03.2020 poiché discriminatorio/ritorsivo e, per l'effetto, condannare, la A. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore ai sensi dell'art. 2, 1 e 2 comma D.Lgs. n. 23 del 2015, all'immediata reintegra del ricorrente nel posto di lavoro da ultimo occupato, nonché al risarcimento del danno da questi subito, in misura pari alle mensilità maturate dalla data del recesso sino a quella dell'effettiva reintegra in servizio, sulla base della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (retribuzione lorda mensile pari ad Euro 8.990,00 e retribuzione annua lorda globale di fatto dovuta pari ad Euro 125.860,00) non assoggettata all'illecita, unilaterale e arbitraria riduzione, oltre ai contributi previdenziali e assistenziali; ovvero alla diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge, con ogni conseguenza anche dal punto di vista della regolarizzazione; In via gradata: accertare e dichiarare l'insussistenza dei fatti contestati e/o della giusta causa di licenziamento e, per l'effetto, condannare la A. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore ai sensi del secondo comma dell'art. 3 del D.Lgs. n. 23 del 2015, a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro da ultimo occupato con le mansioni a lui contrattualmente assegnate, con condanna altresì al pagamento di una indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione (retribuzione globale di fatto lorda non assoggettata all'illecita, unilaterale e arbitraria riduzione, ovvero pari a Euro 8.990,00 mensili), nel valore massimo di legge di 12 mensilità, oltre interessi erivalutazione monetaria e con versamento dei contributi previdenziali e assistenziali; ovvero alla diversa somma ritenuta di giustizia entro i limiti di legge, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge, con ogni conseguenza anche dal punto di vista della regolarizzazione previdenziale; In via ulteriormente subordinata: accertare e dichiarare che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e/o per giustificato motivo soggettivo e/o giusta causa e, previa dichiarazione di estinzione del rapporto, condannare la A. S.p.A., in persona del legale e rappresentante pro tempore, a corrispondere al ricorrente l'indennità ex art. 3 comma 1 del D.Lgs. n. 23 del 2015, nella misura massima di 36 mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (retribuzione globale di fatto lorda non assoggettata all'illecita, unilaterale e arbitraria riduzione, ovvero pari a Euro 8.990,00 mensili ), ovvero la diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria. In ogni caso, in via principale: - accertare e dichiarare l'illegittimità della riduzione della retribuzione perpetrata dalla Società odierna convenuta ai fini del calcolo dei danni in questa sede richiesti; - accertare e dichiarare l'illegittimità della riduzione della retribuzione perpetrata dalla Società odierna convenuta per il mese di gennaio 2020 non soggetto all'accordo transattivo allegato sub doc. 28; per l'effetto condannare la Società resistente al pagamento delle differenze retributive sulla mensilità di gennaio 2020 (Euro 4.470,00 lorde), al pagamento dei ratei di tredicesima e quattordicesima per l'anno 2020 pari rispettivamente alle somme lorde di Euro 1.498,33 e Euro 5.993,33, nonché al preavviso di 60 giorni pari ad Euro 20.976,67 lordi, nonché Condannare la stessa al pagamento dell'intero TFR (Euro 19.957,77) come da conteggi riportati al punto 17 della parte in fatto del presente ricorso, nonché Condannare la Società al risarcimento del danno subito dal ricorrente in relazione all'indennizzo ricevuto dall'INPS per la malattia come calcolato sub art. 53 della superiore ricostruzione in fatto e, precisamente, pari ad Euro 9.352,83 quale ulteriore differenza lorda a credito per minore indennità di malattia c/Inps. - accertare e dichiarare l'illegittimità del demansionamento e della condotta perpetrata dalla società convenuta ai danni del ricorrente dal mese di luglio 2019 alla data della risoluzione del rapporto per violazione delle norme di cui agli articoli 32, 35 e 36 della Costituzione, dell'art. 2103 c.c. e dell'art. 2087 c.c. e dei doveri generali di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto di lavoro come dedotto, documentato e richiesto nel presente ricorso; Per effetto di quanto precede, si chiede all'Ill.mo Giudicante di condannare la società convenuta al risarcimento del danno da dequalificazione patrimoniale subito dal sig. OMISSIS, anche in via equitativa, nella misuradell'80% della sua retribuzione globale di fatto commisurata al periodo di demansionamento sulla base della mensilità (non assoggettata all'illecita, unilaterale e arbitraria riduzione subita) dal luglio 2019 ad oggi per un totale di Euro 57.536,00 (80% di Euro 8.990,00 trattamento economico individuale fisso mensile x 8 mesi). - accertare e dichiarare altresì l'esistenza di un danno non patrimoniale nelle sue componenti di danno morale, biologico, alla salute, alla vita di relazione, all'immagine e alla dignità quale conseguenza dei comportamenti illegittimi, illeciti, plurioffensivi della società resistente integranti la fattispecie del demansionamento e/o del c.d.  mobbing  e/o straining, ovvero comunque la lesione di diritti costituzionalmente garantiti; per l'effetto condannare la società resistente a risarcire al ricorrente il danno non patrimoniale nella misura complessiva di Euro 120.396,22 (cfr. il calcolo sopra elaborato), oltre interessi e rivalutazione monetaria quale danno biologico, da maggiorarsi del 30% per il danno morale per un importo totale di Euro156.515,08 ovvero in quella diversa misura che sarà determinata in corso di causa con apposita CTU medico legale, ovvero in quella somma diversa che sarà ritenuta equa e di giustizia anche in tal caso mediante giudizio equitativo e per prova logica".

Si costituiva tempestivamente in giudizio la convenuta che, reso noto che in data 13/05/2020 era stata aperta la procedura di concordato da cui l'impossibilità di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, sostenuta la correttezza del proprio operato, concludeva chiedendo l'integrale rigetto del ricorso.

Disposti numerosi rinvii a fini conciliativi e per l'escussione dei testi intimati da parte convenuta, concesso infine termine per note, la causa veniva discussa e decisa come da dispositivo in calce di cui veniva data lettura.


Motivi della decisione


Parte ricorrente lamenta di aver subito demansionamento e  mobbing  da luglio 2019, illegittima decurtazione dalla medesima data della retribuzione ed infine nullità/illegittimità del licenziamento intimatogli e sostiene che da tali accadimenti ne sarebbero derivati danni patrimoniali e non di cui chiede il risarcimento, oltre differenze retributive sul dovuto per come contrattualmente pattuito.

1. In via generale ricorda l'Ufficio come vada escluso il demansionamento del lavoratore che, in ragione di un riassetto aziendale, subisca una contrazione dei compiti e del personale a lui sottoposto (Cass. 2 dicembre 2016, n. 24683 conforme a Sez. 1, sent. n. 17564 del 02/08/2006). Nel caso di specie la riduzione dell'attività imprenditoriale, da cui il ridimensionamento del ruolo del ricorrente, è stata comprovata documentalmente e confermata all'esito dell'espletata istruttoria.

Incontestato che con determinazione dell'Amministratore Unico in data 12/4/2019 è stata richiesta l'ammissione della società al concordato preventivo, con deposito presso la Cancelleria del Tribunale di Napoli della relativa domanda ai sensi dell'art. 161 legge fallimentare. Con decreto del 24/4 - 03/05/2019 il Tribunale di Napoli aveva a concedere il termine per la presentazione della proposta, del piano e della documentazione definitiva di cui all'art.161 l.f., nominando un commissario giudiziale, proposta che veniva formalizzata in data 21/11/2019 che si fondava sull'offerta irrevocabile presentata da parte della società G.V. S.p.A. con la quale quest'ultima si impegnava ad apportare risorse finanziarie a supporto delle procedure di A. S.p.A e di alcune società controllate, erogando un canone di affitto dei rami d'azienda e/o delle aziende operanti nel settore della somministrazione lavoro di A. S.p.A. e sue controllate, con successivo impegno all'acquisto delle stesse. In base all'indicata offerta il Tribunale di Napoli disponeva l'avvio della procedura delle offerte concorrenti ex art. 163-bis L.F., procedura che si è conclusa all'udienza del 15/01/2020 con l'aggiudicazione della gara a favore della società P.W. S.p.A. - Agenzia per il Lavoro, e la contestuale autorizzazione da parte del Tribunale all'affitto dei rami d'azienda operanti nel settore della somministrazione. Seguiva in data 10/02/2020, atto notarile di affitto di ramo d'azienda tra A. S.p.A. e P.W. S.p.A. (ora Q. spa), contratto che ha acquisito efficacia a partire dal 1 marzo 2020.

Le conseguenze pratiche in termini di riduzione e rimodulazione delle funzioni dei singoli conseguite alle scelte imprenditoriali operate sono state esplicitate dalla prova testimoniale. In particolare, ha chiarito sul punto il teste P., dipendente di altra società del gruppo, intimato da parte ricorrente: "Da tecnico ho notato che dall'estate 2019, luglio-agosto al ricorrente era richiesto presso le varie sedi di occuparsi anche di traslochi. Era un periodo in cui la situazione stava peggiorando perché era il periodo in cui si stava presentando la proposta di concordato. Ciò so perché la società mia datrice di lavoro era nel gruppo. Si viveva quindi un cambiamento dei rapporti tra i colleghi..V. questa situazione A. aveva deciso di chiudere molte filiali in tutta Italia e per tale chiusura la figura che si occupava del ritiro del materiale era il nostro responsabile".

A conferma la teste M.M., assunta a termine quale grafica pubblicitaria da A. s.p.a. a dicembre 2018 con scadenza dicembre 2019: "quando il contratto è scaduto e non mi è stato rinnovato…Da settembre il mio reparto non sapeva più che fare, amaggior ragione aveva problemi il reparto tecnico nel lavorare….C'era una riunione ogni 4 giorni ma i contenuti erano sempre meno presenti perché il lavoro nuovo era impossibile e ci preoccupavamo di preservare quanto meno quello che era già stato fatto. Mancava il lavoro nuovo".

Conformi le dichiarazioni del teste S.P., direttore di Amministrazione finanze e controllo della società convenuta dall'ottobre del 2015 sino al dicembre 2021: "I rapporti di lavoro sono stati interrotti nel piano di riduzione del personale portato avanti dopo l'apertura della procedura di concordato preventivo. Ad ottobre 2021 sono stati licenziati gli ultimi tre lavoratori rimasti. Io a dicembre mi sono messo in pensionamento anticipato.

La società svolgeva attività sia di movimentazione merci che di somministrazione lavoro.

Questa seconda attività di somministrazione è stata ceduta in affitto di ramo d'azienda con altra società che all'esito di una gara ha acquisito il ramo. L'attività di logistica/movimentazione merci è stata interrotta sino all'aprile 2019. Sono state portate avanti code di attività ma agli inizi del 2020 l'attività è cessata del tutto. Al di sopra di queste due aree di lavoro vi erano le attività di struttura come quella di amministrazione e quella di gestione di sistemi informatici. Il ricorrente svolgeva quest'ultima. Riducendosi il volume di attività a zero e svolgendosi solo attività liquidatoria le funzioni sono state via via dismesse compresa quella del D. e da qui la risoluzione del rapporto. La struttura di gestione di sistemi informatici era costituita dal d'Agostino che ne era responsabile e da circa 8 operatori. I rapporti di lavoro con gli indicati operatori sono stati risolti mi sembra in pari epoca rispetto alla risoluzione del rapporto con D.."

Ed anche la teste B., dipendente della filiale di Napoli, ha ricordato: "Nel periodo in cui ho tentato di contattarlo, quando è subentrato il dott. D., noi pensavamo che fosse subentrato per farci lavorare, conservando il posto di lavoro, invece dopo si è capito che ciò che volevano era la chiusura lenta dell'azienda. E’ stato chiuso tutto il ramo appalti e quindi ha cercato di tenere il clienti che dovevano pagare per poi poter adempiere nei confronti dell'agenzia delle entrate a debito. Quindi nel giro di due mesi l'attività si è bloccata: all'improvviso da 10 filiali siamo rimaste attive 4 o 5. Formalmente erano 7 ma attive solo 4 o 5 in fatto. La gente si dimetteva o scappava. Questo è stato a maggio-giugno 2019."

Quindi, cessione del ramo che si occupava di somministrazione lavoro, piano di riduzione del restante personale, chiusura a raffica di filiali, venir meno del budget necessario per l'operatività delle funzioni: in questo quadro si inserisce il demansionamento del ricorrente che, per come chiarito dai testi a lui stesso intimati, non fu esautorato dalle responsabilità precedentemente affidate essendo rimasto responsabile del settore ITC ma in fatto privato degli strumenti finanziari e delle risorse umane necessarie per operare in ragione della crisi aziendale per come sopra descritta. E se i testi intimati dall'istante hanno confermato che il D. da luglio 2019 si era occupato anche di distaccare e trasportare fisicamente le attrezzature hardware dalle sedi in chiusura, i medesimi non sono stati in grado di dire quanto tale attività prendesse dei suoi tempi lavorativi.

Quanto sopra accertato esclude che si possa configurare nella fattispecie demansionamento e, a maggior ragione, deve far ritenere accertato che il comportamento tenuto dalla datrice di lavoro non possa qualificarsi come  mobbing , conseguendo il cambio di mansioni a oggettivo ridimensionamento delle attività aziendali che vide coinvolti tutti i dipendenti del gruppo.

Parimenti non può essere qualificato come comportamento vessatorio la diminuzione di stipendio operata sempre dal luglio 2019 poiché, se pur illegittimamente operata in assenza di qual si voglia accordo a livello sindacale o personale, anch'essa determinata da scelte aziendali che miravano a generalizzata riduzione dei costi inerenti il personale, come tale richiesta ed applicata a tutti i dipendenti.

La domanda volta quindi all'accertamento di  mobbing e demansionamento imputabile alla datrice di lavoro deve senz'altro essere respinta essendo il primo inesistente ed il secondo frutto di oggettivo e significativo ridimensionamento, fino all'azzeramento, dell'attività aziendale in ragione di accertata crisi della stessa.

In tale mutato quadro fattuale ritiene l'Ufficio debba essere valutata anche la proposta formulata all'istante in data 8.11.2019 di demansionamento a T.S., figura propria del livello IV CCNL di categoria, formulata con esplicito richiamo all'art.2103, 6 comma, c.c., norma che disone:"Nelle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell'interesse del lavoratore alla conservazione dell'occupazione, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro." Anche tale tentativo datoriale, che ancora una volta non ha visto l'adesione del ricorrente alla riduzione dello stipendio, appare infatti frutto del medesimo intento di riduzione dei costi e salvaguardia del posto di lavoro.

2. Venendo ora alle doglianze riferite al comminato licenziamento, ha lamentato in primis l'istante la genericità del provvedimento espulsivo avendo la datrice di lavoro fatto riferimento sia a giustificato motivo oggettivo che a comportamento disciplinarmente rilevante. Osserva il Tribunale come non possa escludersi l'esistenza in fatto di concomitanza di più ragioni a giustificazione del recesso. In altre parole, ben un comportamento disciplinarmente rilevante del singolo può storicamente accompagnarsi a concomitante crisi aziendale. Ma se così è, nulla preclude alla società di intimare il recesso facendo riferimento ad entrambi i presupposti che lo giustificano, salvo obbligo di specificare sia le ragioni oggettive che soggettive che sorreggono la scelta, le quali potranno e dovranno essere in questa sede separatamente vagliate, potendo, all'esito, ritenersi ciascuna esistente, l'una e non l'altra (con conseguente rigetto dell'impugnativa) o insussistenti entrambe (con conseguente accoglimento).

3. Nel merito ritiene l'Ufficio non sia stata provata dal tenore complessivo delle deposizioni la sussistenza di giusta causa di recesso, la quale anzi appare sconfessata del tutto dalle dichiarazioni del teste P., deposizione particolarmente qualificata tenuto conto che il medesimo all'epoca rivestiva il ruolo di Amministratore Finanze e controllo, il quale ha espressamente chiarito come il licenziamento del ricorrente sia dipeso dalla riduzione di attività che ha interessato la convenuta.

Quanto sopra, d'altra parte, deve far ritenere accertato come sussistente giustificato motivo oggettivo di licenziamento, trovando ragione l'atto di recesso nel venir meno della quasi totalità della forza lavoro nel medesimo periodo per azzeramento dell'attività aziendale del ramo non ceduto. Ha sostenuto in sede di note la difesa istante che se effettivamente i licenziamenti intimati da luglio 2019 avessero interessato buona parte della forza lavoro, la convenuta avrebbe dovuto attivare la procedura di licenziamento collettivo, il che pacificamente non era avvenuto. Rileva l'Ufficio che la significativa riduzione di personale di cui tutti i testi hanno riferito è emerso essere avvenuta in diverse modalità: il teste P. ha ricordato di essere tornato a dicembre 2019 presso la società O., la M. di non aver visto rinnovato il contratto scaduto nel medesimo mese, il teste P. ha riferito di suo pensionamento anticipato, la teste B. ha dichiarato di essere passata ad altra società per cessione di ramo d'azienda. In altre parole, ritiene il Tribunale che la diaspora del personale comunque realizzata ed il venir meno in fatto di qual si voglia attività in capo ad A., costituiscano giustificato motivo oggettivo di licenziamento del ricorrente. Le vaste dimensioni del piano di riduzione di personale, comprovate dal tenore di tutte le deposizioni, in ragione dell'azzeramento dal dicembre 2019 delle attività aziendali, escludono, infine, che la resistente potesse operare qual si voglia repechage. Chiaro sul punto il teste P.: "Riducendosi il volume di attività a zero e svolgendosi solo attività liquidatoria le funzioni sono state via via dismesse compresa quella del D. e da qui la risoluzione del rapporto". In altre parole, non solo non esisteva più il ruolo di responsabile ITC ma era venuta meno la funzione ITC in quanto tale, così come le restanti funzioni.

4. Quanto sopra accertato impone da un lato il rigetto delle domande risarcitorie (salvo quanto imputato a differenze su indennità di malattia di cui appresso) e di impugnativa dell'atto di recesso e, dall'altro, l'accoglimento delle domande volte alla dichiarazione di illegittimità della riduzione della retribuzione perpetrata dalla società per il mese di gennaio 2020 con diritto alle differenze retributive sulla indicata mensilità nella misura di Euro4.470,00 lorde, al pagamento dei ratei di tredicesima e quattordicesima per l'anno 2020 pari rispettivamente alle somme lorde di Euro1.498,33 ed Euro5.993,33, nonché al versamento dell'indennità di preavviso di 60 giorni pari ad Euro20.976,67 lordi, nonché al pagamento dell'intero TFR nella misura di Euro19.957,77 come da conteggi allegati al ricorso. Occorre infatti rilevare come alcuna contestazione specifica ai conteggi avversari sia stata operata in comparsa.

Parimenti, il diritto alla superiore retribuzione impone di condannare la società al risarcimento del danno subito dal ricorrente in relazione all'ammontare dell'indennizzo ricevuto dall'INPS per la malattia (parametrato in corso di rapporto alla minor retribuzione versata), nella misura di Euro9.352,83, quantificazione, anche quest'ultima, i cui parametri di calcolo non sono stati oggetto di specifica contestazione.

Ne consegue la condanna della resistente al versamento della complessiva somma di Euro62.248,93, oltre accessori come per legge (interesse legali sulle somme annualmente rivalutate dalla maturazione di ogni singola spettanza al soddisfo).

5. I compensi di lite sono compensati per la metà attesa la parziale reciproca soccombenza mentre la restante parte viene posta a carico della convenuta.


P.Q.M.


Ogni contraria istanza ed eccezione disattesa,

condanna A. s.p.a., in persona del legale rappresentante, al pagamento in favore di OMISSIS di Euro62.248,93, oltre accessori come per legge;

rigetta nel resto il ricorso;

compensa per 1/2 i compensi di lite e condanna A. s.p.a., in persona del legale rappresentante, alla refusione in favore del ricorrente della restante parte liquidata in complessivi Euro3.500,00.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2023.

Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2023.


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