Consiglio di Stato 2023-la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza e' da considerare, ai fini dell'applicazione della L. 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede".
Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 23/06/2023) 28-08-2023, n. 8019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2254 del 2013, proposto dal Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, e dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del Comandante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Omissis, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Omissis in Roma, via x
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Lazio, Sezione I bis, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, c.p.a.;
Viste le istanze di passaggio in decisione senza discussione da remoto avanzate da ambo le parti;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 23 giugno 2023 il consigliere Giovanni Sabbato;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con l'appello in trattazione, ritualmente notificato il 13 marzo 2013 e depositato il 27 marzo 2013, il Ministero della difesa ha impugnato la sentenza segnata in epigrafe, con la quale era stato accolto il ricorso (n. -OMISSIS-) per l'accertamento del diritto del signor -OMISSIS- - maresciallo dell'Arma dei Carabinieri, trasferito dal Comando Stazione di -OMISSIS- presso la Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di -OMISSIS- - alla corresponsione dell'indennità di trasferimento di cui all'art. 1 comma 1 L. n. 86 del 2001.
1.1. A sostegno della propria domanda il ricorrente aveva articolato un unico motivo di censura, lamentando la violazione dell'art. 1, comma 1, L. n. 86 del 2001, dell'art. 11 L. n. 417 del 1978 in relazione agli artt. 5 e ss., D.Lgs. n. 271 del 1989, e artt. 3 L. n. 241 del 1990 e 97 Cost., nonché dell'art. 3, L. n. 350 del 2003. In particolare aveva lamentato che il trasferimento disposto dall'amministrazione non poteva essere qualificato "a domanda", ma "d'autorità", con conseguente diritto all'indennizzo; infatti la mera disponibilità del militare non era sufficiente a classificare il trasferimento come "a domanda", dovendosi a tal fine avere riguardo agli interessi in gioco: da una parte quello pubblico al corretto e ordinato funzionamento degli uffici, dall'altro quello personale del dipendente, che devono essere bilanciati nel rispetto dell'art. 97 Cost.
2. Il Tribunale adìto ha accolto il ricorso, condannando l'amministrazione resistente al pagamento delle spese del giudizio (€ 2.000,00).
2.1. Ha infatti aderito al prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui le dichiarazioni di assenso o di disponibilità da parte del personale delle forze dell'ordine al trasferimento presso le sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica non modificano la natura giuridica del provvedimento di trasferimento che deve, pertanto, considerarsi quale "trasferimento d'autorità", essendo preordinato alla soddisfazione in modo diretto ed immediato del prioritario interesse pubblico alla funzionalità dei suddetti uffici. Ha rilevato che nel caso di specie "non può trovare applicazione la disposizione di cui all'art. 3, comma 74, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, secondo cui la disponibilità manifestata dagli interessati per essere assegnati alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica deve essere considerata come domanda di trasferimento, precludendo così il riconoscimento del diritto alla corresponsione della indennità di trasferimento di cui alla L. n. 86 del 2001, in quanto tale disposizione, avendo evidente natura interpretativa, non può trovare applicazione per fatti precedenti la sua entrata in vigore (quale quello di cui è causa), previa la sua incostituzionalità"; ha aggiunto inoltre che "affinchè una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario che la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente, che non integra il precetto di quest'ultima e, infine, che non adotti una opzione ermeneutica non desumibile dall'ordinaria esegesi della stessa (cfr. CONS. STATO - SEZ. V - n. 3612 del 2 luglio 2002). Va, inoltre, aggiunto che l'efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell'affidamento dei consociati nella certezza dell'ordinamento giuridico, con la conseguenza dell'illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (cfr. CONS. STATO - SEZ. IV - 7 marzo 2005 n. 872; CORTE COSTUTUZIONALE - 27 novembre 2000, n. 525)".
3. Avverso tale pronuncia il Ministero della difesa ha interposto appello, notificato il 13 marzo 2013 e depositato il 27 marzo 2013, avanzando un unico motivo di gravame.
Secondo l'amministrazione appellante, gli articoli 7 e 8 delle norme di attuazione del codice di procedura penale sarebbero inequivoche nel qualificare il trasferimento a domanda; a tal fine ha richiamato anche una sentenza del Consiglio di Stato (sez. IV, 3701/2010) che si sarebbe pronunciata in tali termini in un caso analogo. Ha sottolineato che l'istanza sarebbe già idonea a dimostrare il prevalente interesse del militare al trasferimento: la procedura avrebbe dato semplicemente la facoltà di aderire, in maniera volontaria, alla proposta fatta dall'amministrazione, consentendo anche di revocare l'assenso inizialmente prestato. In tali casi, all'amministrazione non sarebbe riservata alcuna scelta discrezionale, svolgendo solo una attività istruttoria di mera raccolta delle domande. Inoltre, la tesi secondo cui la presentazione della domanda costituirebbe una mera dichiarazione di disponibilità sarebbe superata dalla giurisprudenza che ritiene che invece essa costituisca una manifestazione di acquiescenza al trasferimento, con le conseguenze economiche relative ad una sostanziale rinuncia ad una diversa qualificazione del provvedimento. Inoltre, non sarebbe condivisibile l'interpretazione del T.a.r. che ha ritenuto non applicabile al caso di specie la norma di interpretazione autentica dell'art. 3, comma 74, L. n. 350 del 2003, in quanto il Consiglio di Stato (sez. IV, sentenza n. 4290/2012) si sarebbe espresso a favore dell'applicazione retroattiva della norma.
4. Con istanza del 15 novembre 2013 il Ministero ha formulato richiesta di sospensione della sentenza impugnata, rinviando all'atto di appello quanto argomentato in ordine al fumus boni iuris.
5. Con memoria difensiva del 14 dicembre 2013 l'appellato ha controdedotto nel senso che la sentenza valorizzata dall'amministrazione - circa la portata retroattiva dell'art. 3, comma 74, L. n. 350 del 2003 - costituirebbe un mutamento giurisprudenziale in contrasto con l'affidamento ingenerato nell'appellato circa la fondatezza sia del ricorso proposto che della sentenza che l'ha definito: a tal fine, ha menzionato la sentenza n. 15/2012 Cedu, che ha sancito l'illegittimità delle norme di interpretazione autentica che incidono su contenziosi aperti, modificando la legge in senso peggiorativo o ablativo di diritti riconosciuti in precedenza. Nel merito ha richiamato altresì le argomentazioni avanzate in primo grado. Da ultimo ha opposto il difetto del periculum in mora e la mancata notifica presso il procuratore domiciliatario di secondo grado, regolarmente costituito.
6. Con ordinanza n. -OMISSIS- è stata accolta la domanda cautelare, avendo il Collegio "ritenuto di ravvisare gli estremi per la concessione della misura cautelare richiesta dall'appellante Ministero sotto il profilo del pregiudizio, sulla base della non palese infondatezza delle censure relative alla non spettanza della indennità secondo la richiamata giurisprudenza della sezione".
7. Con successiva memoria del 16 maggio 2023 il signor -OMISSIS- ha ribadito le proprie prospettazioni, aggiungendo che è intervenuta la sentenza dell'Adunanza Plenaria n.1 del 29 gennaio 2016, che ha sancito il principio di diritto secondo cui la controversa indennità di trasferimento spetti comunque a tutti coloro che ne abbiano fatto richiesta entro il 1 gennaio 2013 e, fra questi, appunto, l'appellato la cui richiesta reca la data del 16 luglio 2001.
8. All'udienza del 23 giugno 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
9. L'appello è meritevole di favorevole apprezzamento.
9.1. Ai fini della disamina del gravame occorre prendere le mosse dalla disciplina di riferimento, che così si esprime: "1-bis. L'indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d'autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni.
74. L'articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza e' da considerare, ai fini dell'applicazione della L. 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede".
9.2. Il problema ermeneutico da affrontare consiste nello stabilire se tale disposizione sia suscettibile o meno di applicazione retroattiva.
Questo Consiglio si è già pronunciato in termini affermativi, con argomentazioni ragionevoli e condivisibili dalle quali non vi è allo stato ragione per discostarsi. E' stato infatti affermato che:
"In argomento la sentenza impugnata afferma che la citata disposizione (in conformità all'orientamento del giudice di appello, vedi CdS n. 5205/2008) non poteva avere effetto retroattivo, in quanto non era una vera e propria norma interpretativa, dovendosi considerare tale soltanto quella che "si limita a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente, non integrando il precetto di quest'ultima né adottando un'opzione ermeneutica non desumibile dalla ordinaria attività di esegesi della stessa" (vedi sentenza impugnata).
2.7. Tale statuizione della sentenza TAR, però, non risulta condivisibile.
Infatti il Consiglio di Stato, all'epoca della presente controversia, aveva già superato definitivamente l'orientamento recepito nella pronuncia appellata, affermando che la disposizione contenuta nell'art. 3, comma 74, della L. n. 350 del 2003, in quanto di natura interpretativa (poiché definisce l'istanza di assegnazione alle sezioni di polizia giudiziaria come domanda di trasferimento), ha "per sua stessa natura efficacia retroattiva" ( vedi CdS n. 6611/2009 e 6612/2009).
2.8. Quindi, alla luce delle esposte considerazioni, è possibile concludere nel senso che non sussistono i presupposti per riconoscere in capo all'appellante il diritto ad ottenere, a seguito della sua assegnazione (su domanda) alla sezione di P.G. della Procura di Monza, il beneficio dell'indennità prevista dalla L. n. 100 del 1987 (a favore del personale di P.S. destinatario di trasferimento d'autorità ad altra sede lavorativa in Comune diverso e distante non meno di 10 km. da quella di provenienza).
2.9. A questo punto occorre esaminare l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 74, della L. n. 350 del 2003, sollevata in via subordinata dall'appellante, con riferimento al principio di ragionevolezza, sotto il profilo dell'affidamento nella certezza dell'ordinamento giuridico, nella misura in cui la disposizione detta "un'interpretazione non desumibile dalla previgente normativa e si palesa quindi come una vera e propria legge retroattiva"(v. memoria di costituzione dell'appellato).
Ad avviso del Collegio non sussistono i presupposti per rimettere la disposizione al vaglio della Corte costituzionale in quanto l'eccezione, pur rilevante ai fini del decidere, appare manifestamente infondata.
Infatti, come ha affermato la giurisprudenza costituzionale vedi C.C. n. 480/1992), nella fattispecie della legge interpretativa, che ha efficacia retroattiva, il significato espressamente dato al testo oggetto di interpretazione deve risultare ragionevolmente ricompreso tra quelli attribuiti alla disposizione legislativa da interpretare.
Queste caratteristiche si rinvengono nella disposizione all'esame, in quanto proprio la presenza di un procedimento di assegnazione caratterizzato da elementi disomogenei, e quindi disorganici, ha indotto il legislatore a precisare che, ai fini dell'applicazione dei benefici di cui alla L. n. 100 del 1987, la domanda del personale di P.S., che chiede di essere assegnato alle sezioni di P.G. presso le Procure, deve considerarsi come domanda di trasferimento.
2.9.1. Pertanto la questione di illegittimità costituzionale, sollevata dall'appellato in via subordinata, pur rilevante, va dichiarata manifestamente infondata" (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 agosto 2016, n.3497).
10. In conclusione l'appello va accolto e, in riforma dell'impugnata sentenza, il ricorso di primo grado deve essere respinto, non emergendo quanto al caso di specie alcuna palese violazione della normativa e/o della giurisprudenza europea solo genericamente indicata.
10.1. La peculiarità della controversia e la sua risalenza giustificano nondimeno la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (n.r.g. 2254/2013), lo accoglie e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellato.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2023, tenuta da remoto ai sensi dell'art. 17, comma 6, del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
Antonella Manzione, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere
Ugo De Carlo, Consigliere
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