Corte d’Appello 2023-“ reato di p. e p. dall'art. 635, comma 2 n. 1), c.p., perché utilizzando un oggetto contundente e colpendola con calci distruggeva il vetro parabrezza e deteriorava la carrozzeria e uno specchietto retrovisore dell'autovettura Ford Focus targata (...) di proprietà di OMISSIS., mentre si trovava momentaneamente in sosta sulla pubblica via, quindi esposta per necessità alla pubblica fede.”
Corte d'Appello Trento, Sent., 06-12-2023
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI TRENTO
SEZIONE PENALE
composta dai signori magistrati:
Dott. GABRIELE PROTOMASTRO - PRESIDENTE
Dott. ETTORE DI FAZIO - CONSIGLIERE
Dott. MARIA GIOVANNA SALSI - CONSIGLIERE
ha pronunciato in Camera di Consiglio ai sensi dell'art. 23 bis L. n. 176 del 2020 la seguente
SENTENZA
nei confronti di
OMISSIS. nt. in M. il (...) residente in M. - domiciliato in R. (T.) via P. n. 2 presso L.S. - elettivamente domiciliato presso l'avv. Stefano Perusi del foro di Verona
Non sofferta custodia cautelare
LIBERO - NON COMPARSO
IMPUTATO
c) reato di p. e p. dall'art. 635, comma 2 n. 1), c.p., perché utilizzando un oggetto contundente e colpendola con calci distruggeva il vetro parabrezza e deteriorava la carrozzeria e uno specchietto retrovisore dell'autovettura Ford Focus targata (...) di proprietà di OMISSIS., mentre si trovava momentaneamente in sosta sulla pubblica via, quindi esposta per necessità alla pubblica fede.
d) reato p. e p. dall'art. 368 c.p., perché, con denuncia e querela esposta in forma orale presso il Comando Stazione Carabinieri d i OMISSIS, incolpava dei delitti di violenza privata e di danneggiamento OMISSIS. sapendolo innocente, sostenendo che questi alla guida sua autovettura la indirizzava sul marciapiedi e lo aveva colpito al fianco destro, per costringerlo a salire a bordo, e che in seguito, con la medesima auto, aveva sfondato il cancello del condominio di via P. 3.
In OMISSIS, il 26 dicembre 2018.
APPELLANTE
L'imputato avverso la sentenza del G.U.P. - Tribunale di OMISSIS n. 191/21 del 07/10/2021 che dichiarava OMISSIS. colpevole del reato a lui ascritto al capo c) dell'imputazione e operata la riduzione per il rito
lo condannava alla pena finale di mesi 4 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Concedeva all'imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena. Assolveva OMISSIS. dal reato a lui ascritto al capo d) dell'imputazione, perché il fatto non sussiste.
Udita la relazione della causa fatta in Camera di Consiglio dal Consigliere Dott. Ettore Di Fazio
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con sentenza in data 7.10,2021, emessa a seguito di giudizio abbreviato, il G.U.P. del Tribunale di OMISSIS dichiarava OMISSIS. colpevole del delitto di cui all'art. 635 comma secondo n. 1 c.p. (capo c della rubrica) irrogando la pena di mesi quattro di reclusione condizionalmente sospesa, e lo assolveva dall'addebito di calunnia di cui al capo d).
Il primo giudice riteneva provata la responsabilità sulla base della denuncia sporta dalla persona offesa il 27.12.2018, dell'annotazione di p.g. del 26.12.2018 e delle ammissioni dello stesso imputato nella querela presentata in pari data, che consentivano di ricostruire i fatti nei termini che seguono.
In data 26.12.2018 OMISSIS. presentava querela nei confronti del cugino OMISSIS. asserendo che questi, nella tarda serata del 25.12.2018, dopo avergli chiesto di accompagnarlo in farmacia muovendo dal Bar Paganini dove entrambi si trovavano, ed averlo a tal fine fatto salire a bordo della propria autovettura, essendosi verificato un alterco a causa delle modalità di guida spericolate di questi a seguito del quale aveva preteso di scendere dal mezzo, aveva volontariamente indirizzato il veicolo sul marciapiedi sul quale egli si trovava per costringerlo a risalire a bordo; non riuscendo nell'intento, dapprima lo aveva minacciato e attinto al petto con un taglierino cagionandogli lesioni come da referto in atti ("ferita da taglio parete emitorace sinistro" con prognosi di 10 giorni) e poi, risalito a bordo dell'auto, lo aveva speronato al fianco destro; infine, aveva sfondato il cancello dell'abitazione di L.S., presso la quale aveva cercato riparo.
Nello stesso contesto OMISSIS. ammetteva, tuttavia, di aver reagito a tale aggressione colpendo con un bastone di legno l'auto del cugino (Ford Focus tg. (...)), distruggendone il parabrezza e deteriorandone la carrozzeria ed uno specchietto retrovisore.
Nella medesima giornata, poche ore prima, L.S. si era presentato presso il comando carabinieri di OMISSIS dove, sentito a s.i.t., aveva dichiarato che la sera precedente OMISSIS. si era effettivamente recato presso la sua abitazione per chiedere spiegazioni in ordine al danneggiamento della propria autovettura perpetrato dall'odierno imputato (ivi presente) e, davanti al rifiuto del L. di farlo entrare, aveva iniziato a lanciare dei sassi contro la finestra dell'abitazione.
Le dichiarazioni rese da OMISSIS. e L.S. trovavano parziale conforto nell'annotazione redatta dai carabinieri di OMISSIS in merito all'intervento presso il Bar Paganini, ove gli operanti giungevano intorno alle ore 00.15 del 26.12.2018 a seguito della segnalazione di una lite in corso tra tre ragazzi; la richiedente Z.A. riferiva di aver sentito delle grida ed un rumore di vetri infranti e di aver notato, subito dopo, un ragazzo di origini marocchine che saliva a bordo di una Ford Focus, il cui numero di targa veniva parzialmente annotato ((...)) da un agente della polizia locale presente sul luogo. Recatisi subito dopo presso l'abitazione del L., gli operanti venivano raggiunti da un ragazzo marocchino - successivamente identificato come OMISSIS. - che chiedeva loro di visionare la sua vettura, che presentava svariati danni, aggiungendo di essere in grado di indicare il responsabile.
Il successivo 27.12.2018 OMISSIS. denunciava OMISSIS. per le minacce e il danneggiamento dell'auto subiti in data 25.12.2018.
In data 13.2.2019 l'odierno imputato rimetteva la querela precedentemente sporta per il delitto di lesioni personali e, escusso a s.i.t., confermava che il cugino l'aveva colpito al petto con un taglierino ed era salito sul marciapiedi con l'autovettura, ma che - contrariamente a quanto dichiarato in precedenza - non aveva cercato di investirlo né aveva sfondato il cancello del L..
Nel merito, il G.U.P. riteneva pienamente provato il delitto di danneggiamento di cui al capo c) stante la convergenza di tutte le risultanze probatorie in atti corroborate dall'ammissione dell'imputato. Per converso, escludeva la sussistenza del delitto di cui al capo d) osservando, da un lato, come l'intervenuta remissione di querela doveva essere intesa quale volontà da parte dell'imputato di ridimensionare l'accaduto e, dall'altro, come la reciproca conflittualità tra le parti non rendesse possibile stabilire con ragionevole certezza se egli avesse mentito in sede di querela o in sede di remissione, dovendo configurarsi quest'ultima alla stregua di una sostanziale ritrattazione. In ogni caso, rilevava come le dichiarazioni rese da OMISSIS. in data 13.2.2019 fossero inutilizzabili ex art. 63 c.p.p. essendo egli stato sentito a s.i.t. nonostante dovesse ritenersi già indagato.
In punto trattamento sanzionatorio il primo giudice, valutati tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p., stimava congrua la pena di mesi quattro di reclusione (pena base mesi 6 di reclusione, ridotta per il rito), concedendo il beneficio della sospensione condizionale.
Ha proposto appello il difensore dell'imputato, chiedendo in principalità riconoscersi la speciale causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. e, in subordine, rideterminarsi la pena previo riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 2 c.p. ovvero delle attenuanti generiche.
Con il primo motivo, lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. rilevando come, da un lato, il primo giudice abbia totalmente omesso di valutare il contesto di reciproca conflittualità nel quale è maturato il delitto, dall'altro non abbia adeguatamente tenuto conto delle concrete modalità della condotta e della non abitualità della medesima, nonché della esiguità del danno cagionato; dalla valutazione complessiva di tutti gli elementi richiamati non emergono preclusioni oggettive o soggettive all'applicazione dell'istituto invocato.
Con il secondo motivo lamenta l'omesso riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 2 c.p. Richiama a sostegno le medesime argomentazioni già svolte nel motivo precedente, ritenendo non secondario il contesto di acrimonia nel quale è scaturito il delitto in questione, considerato che l'imputato si è determinato a danneggiare l'autovettura del cugino solo dopo che questi l'aveva minacciato e colpito al petto con un taglierino, di talché sussiste un nesso di causalità psicologica - e non di mera occasionalità - tra le lesioni subite e il danneggiamento e l'imputato ha quindi agito in uno stato d'ira determinato dal fatto ingiusto altrui.
Con il terzo motivo lamenta il difetto di individualizzazione della pena a causa della mancata concessione delle attenuanti generiche, non avendo il G.U.P. tenuto in adeguata considerazione il ravvedimento e la collaborazione manifestati e, in generale, il contegno tenuto dall'imputato, peraltro incensurato, nel corso delle indagini e del processo.
L'appello non è fondato dovendo trovare conferma la sentenza di primo grado, per le ragioni che si andranno a illustrare, precisandosi sin d'ora che la peculiare natura delle argomentazioni svolte dalla difesa dell'appellante - tese non a confutare l'oggettiva sussistenza del delitto in oggetto, peraltro positivamente riconosciuta dal diretto interessato, bensì a ridimensionarne la portata offensiva con quanto ne consegue in punto di punibilità tout court dell'agente ovvero di mitigazione della pena irroganda - rende opportuna la trattazione unitaria delle censure prospettate, poggiando il rigetto delle medesime su considerazioni dirimenti comuni.
Come premesso, nessun dubbio sussiste in ordine tanto alla materialità del fatto addebitato quanto alla riconducibilità del medesimo all'odierno appellante, spontaneamente dichiaratosi responsabile del danneggiamento dell'autovettura del cugino che aveva colpito con un bastone di legno dopo l'aggressione perpetrata a suo danno.
Sul punto, è opportuno rammentare come l'affermazione di responsabilità per il delitto in oggetto sia resa possibile dalla sussistenza della aggravante della esposizione alla pubblica fede - contestata e riconosciuta dal giudice di prime cure - la quale, pur a fronte della depenalizzazione operata dal D.Lgs. n. 7 del 2016, mantiene inalterata la penale rilevanza della condotta di danneggiamento nonostante la violenza sia diretta esclusivamente verso la cosa e non anche verso la persona, così come invece si richiede per la configurabilità della fattispecie-base di cui al primo comma dell'art. 635 c.p. Nel caso di specie la circostanza che, al momento del fatto, l'autovettura si trovasse parcheggiata sulla pubblica via consente, per ciò solo, di ritenere che la stessa fosse esposta per necessità alla pubblica fede non risultando, per contro, la tutela del mezzo garantita né da congegni idonei ad assicurare una sorveglianza assidua e continuativa né dal controllo diretto dello stesso proprietario, ciò che solo potrebbe condurre all'esclusione della aggravante (cfr., a contrariis Cass. 44157/2008).
Tanto premesso, e venendo alla specifica trattazione dei motivi di gravame, questa Corte territoriale, pur dando atto del contesto di reciproca conflittualità dal quale ha tratto origine il delitto in esame e della riscontrata non abitualità della condotta, ritiene di dover escludere l'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto e ciò proprio in considerazione della vicendevole acredine e delle modalità con le quali l'azione si è svolta oltre che per la oggettiva gravità dei danni provocati alla res, connotandosi essa non tanto quale conseguenza di un'ingiustizia bensì quale ritorsione rispetto a un fatto - sia pure ingiusto - commesso in un contesto spazio-temporale differente benché prossimo, e comunque non idoneo a scriminare né a ridimensionare la portata offensiva del reato di cui si tratta.
Detta conclusione trae spunto, in particolare, dalle deduzioni poste a fondamento del secondo motivo di gravame in cui si invoca il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 2 c.p., evidenziando come l'imputato si sia determinato a danneggiare l'autovettura del cugino solo dopo che questi l'aveva minacciato e colpito con un taglierino, ciò che renderebbe evidente la sussistenza di un nesso di causalità psicologica tra le lesioni patite e il danneggiamento medesimo. Sul punto, se è vero che, in tema di rilevanza del tempo intercorso tra il fatto ingiusto altrui e la reazione ai fini della configurabilità dell'attenuante della provocazione, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nell'affermare che lo stato d'ira è costituito da una alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo, senza dunque necessariamente doversi porre in rapporto di immediatezza con il fatto ingiusto altrui (inter alia, Cass. 21409/2019), tuttavia, è pur vero che il dato temporale deve essere interpretato con specifico riferimento al complesso circostanziale per cui, se l'immediatezza della reazione rispetto al fatto ingiusto altrui può rendere vieppiù evidente la sussistenza dei presupposti di tale circostanza, al contrario il decorso di un lasso di tempo apprezzabile tra l'azione e la reazione può assumere rilevanza al fine di escludere il rapporto di causalità psichica e cronologica riferendo la reazione ad un sentimento differente dall'ira quale l'odio, la rabbia o il rancore. Nel caso di specie, le circostanze di tempo e di luogo in cui si è svolta la sequenza criminosa non consentono di ritenere provato che l'asserito stato d'ira rappresenti l'incontenibile impulso reattivo dovuto all'altrui fatto ingiusto, indicando per converso che tale antecedente logico si sia posto quale mera occasione del danneggiamento il quale va, pertanto, ricondotto ad un diverso movente e, in particolare, alla trasformazione dell'originario timore in un sentimento di rancore e vendetta suscettibile, come tale, non solo di escludere la ricorrenza della attenuante della provocazione ma financo di connotare la condotta in termini di futilità.
Se, difatti, non può dubitarsi della ascrivibilità degli agiti della persona offesa al concetto di fatto ingiusto, rivestendo essi tutti i crismi a tal fine richiesti dalla giurisprudenza di legittimità e segnatamente il carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali reputate tali nell'ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle mere convinzioni dell'imputato e alla sua sensibilità personale (Cass. 21409/2019), nondimeno è proprio la valorizzazione del contesto di reciproca conflittualità in cui il proposito criminoso è maturato a risultare dirimente per il diniego della richiesta attenuante. Nonostante la richiamata premessa secondo cui lo iato temporale tra azione e reazione non è di per sé solo sufficiente a precluderne il riconoscimento in presenza di un altrui fatto ingiusto, tuttavia la giurisprudenza ha temperato tale principio ammettendo che esso possa essere derogato - e, dunque, l'attenuante della provocazione non possa essere concessa - ogniqualvolta il fatto pure apparentemente ingiusto della vittima, cui l'agente abbia reagito, sia stato a sua volta determinato da un precedente comportamento ingiusto dello stesso agente o sia frutto di reciproche provocazioni (Cass. 27698/2018), nonché quando la condotta contestata, ancorché occasionata da un precedente fatto dell'avversario, sia espressiva di quella illiceità propria di un comportamento di sfida ovvero di una azione meramente volta a risolvere una contesa ovvero ancora a dare sfogo ad un risentimento (Cass. 12045/2020).
Tanto premesso, nel caso in esame la dinamica dei fatti così come riportata dallo stesso imputato e, in particolare, la distantia temporis tra l'aggressione sofferta e la asserita reazione convergono nel connotare la condotta dell'appellante in chiave puramente ritorsiva. E, del resto, che non possa giungersi ad una differente conclusione è comprovato dal fatto che, se davvero fosse stata l'ira per l'ingiustizia subita ad aver spinto l'imputato, egli ragionevolmente avrebbe dovuto reagire nell'immediatezza del ferimento, mentre ha riferito di essere scappato e di essersi nascosto fino a quando non è stato certo che l'auto del cugino si fosse allontanata; secondo la narrazione resa, tale sentimento di paura lo ha accompagnato sino a che, giunto nei pressi della sua abitazione, ha casualmente scorto l'auto parcheggiata lungo la strada, tramutandosi solo allora il timore in un incontenibile moto d'ira che lo ha indotto ad impugnare un bastone di legno rinvenuto casualmente e a distruggerne il parabrezza e deteriorarne la carrozzeria. Dunque la riferita evoluzione verificatasi nel foro interno dell'appellante non risulta compatibile con quanto richiesto per il riconoscimento della attenuante di cui all'art. 62 n. 2 c.p. denotando, per contro, la descritta dinamica una evidente interruzione del rapporto di causalità psichica tra reato-presupposto e fatto presupponente, di talché il danneggiamento, lungi dal rappresentare la manifestazione di un impulso quasi immediato dello stato d'ira determinato dall'altrui fatto ingiusto, appare piuttosto l'esito di un processo di gestazione emotiva che, pur muovendo da un sentimento di rabbia per il torto subito, è trasmodata in mera ritorsione.
Tale scissione, peraltro, facendo venir meno l'esigenza di evitare un pericolo attuale per la propria incolumità sub specie di legittima difesa, attesa la obiettiva possibilità dell'appellante, ormai sfuggito all'ira del cugino, di trovare riparo presso la propria abitazione, finisce per essere rivelatrice della assoluta pretestuosità e futilità del movente che, pur non potendo essere apprezzate nell'ottica di un aggravamento di pena stante l'assenza di contestazione, assumono tuttavia rilevanza ai fini del diniego tanto dell'attenuante ex art. 62 n. 2 c.p. quanto delle attenuanti generiche, queste ultime peraltro richieste sulla base dell'erroneo presupposto della incensuratezza dell'imputato, per contro gravato da plurimi precedenti ancorché non specifici, nonché della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131 bis c.p.
Con riferimento a tale ultimo aspetto, va rilevato come l'esito prospettato risulti precluso dalla puntuale applicazione dei criteri di valutazione di cui all'art. 133 primo comma c.p. richiamati dall'art. 131 bis c.p. i quali - tenuto conto che fazione si è svolta nottetempo e sulla pubblica via, che i danni provocati al veicolo non possono reputarsi esigui e che l'imputato ha agito con piena volontà - denotano una gravità complessiva che la condotta susseguente al reato (la cui effettiva apprezzabilità è peraltro dubbia, stante il rallentamento all'attività di indagine causato dalle accuse inizialmente mosse a carico di OMISSIS.) non è comunque in grado di scalfire. Il pregiudizio arrecato al bene giuridico tutelato non è pertanto connotabile in termini di marginalità o assoluta minimalità, e quindi non può trovare applicazione l'istituto invocato.
In conclusione, ritiene questa Corte che le argomentazioni svolte nell'atto di gravame non siano di per sé sufficienti ad inficiare la sentenza di primo grado stante l'intrinseca gravità della condotta di OMISSIS. e l'entità dei danni provocati; al rigetto dell'appello consegue l'onere delle spese del grado.
P.Q.M.
Visto l'art. 599 c.p.p.,
Conferma l'impugnata sentenza e condanna l'appellante al pagamento delle
ulteriori spese processuali.
Indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Trento, il 20 settembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2023.
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