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sabato 30 dicembre 2023

Trib. reg. acque 2023-“ - L'articolo 61 del D.Lgs. n. 152 del 2006, che, nel primo comma, lett. e), prevede che le Regioni provvedano, per la parte di propria competenza, "all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e Ia conservazione dei beni".”

 

Trib. reg. acque 2023-“ - L'articolo 61 del D.Lgs. n. 152 del 2006, che, nel primo comma, lett. e), prevede che le Regioni provvedano, per la parte di propria competenza, "all'organizzazione e al funzionamento del servizio di  polizia  idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e Ia conservazione dei beni".”


Trib. reg. acque Napoli, Sent., 09-11-2023

Fatto Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE REGIONALE DELLE ACQUE PUBBLICHE

PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI NAPOLI

nelle persone dei seguenti Magistrati:

Dott. Fulvio Dacomo - Presidente

Dott. Erminia Catapano - Giudice relatore

Dott. Ing. Luigi Vinci - Giudice tecnico

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio n. 6284/2018 del Ruolo Generale degli affari civili contenziosi, avente ad oggetto "risarcimento danni" trattenuto in decisione all'udienza dell'8.11.2023;

TRA

OMISSIS (c.f.: (...))  

Ricorrente

E

REGIONE CAMPANIA (c.f.: (...)) in persona del Presidente legale rappresentante p.t..

Resistente contumace


Svolgimento del processo


Con ricorso notificato il 20.11.2018 e rinotificato, ai sensi dell'art. 176 R.D. n. 1775 del 1933, in data 4.12.2019, il ricorrente indicato in epigrafe ha convenuto in giudizio la Regione Campania perché, previo riconoscimento della sua esclusiva responsabilità per l'esondazione del 23.11.2013 del fiume Sarno, venga condannata a risarcire i danni subiti, nella misura complessiva di Euro 14.185,00, oltre ai danni morali per violazione del diritto costituzionalmente tutelato al lavoro, interessi e rivalutazione ISTAT, con vittoria di spese ed onorari, con attribuzione in favore degli avvocati antistatari Fabio e Valeria D'Auria.

In punto di fatto ha esposto che:

--conduce e coltiva direttamente un terreno di circa mq 2.500, sito nel Comune di P. (N.) alla località L., riportato in catasto al foglio (...), particella (...);

--in data 23 novembre 2013, detto fondo, a causa dell'esondazione del fiume Sarno, è stato completamente sommerso da notevole quantità di acqua maleodorante, mista a fango, melma ed altre sostanze estranee da esso provenienti;

--l'inondazione gli ha causato ingenti danni, provocando la distruzione delle coltivazioni di finocchi su mq 2.500 per una resa di circa 125 quintali, nonché il deposito sul terreno di melma e detriti per circa 2 cm, con perdita di fertilità e alterazione delle sistemazioni idraulico-agrarie di superficie, come individuati e quantificati nella CTP redatta dal dott. agronomo OMISSIS;

--è stato danneggiato altresì l'impianto irriguo (danneggiamento di materiali per l'irrigazione basale a goccia, manichette gocciolanti di spessore medio mm 30, tubi di raccordo, rubinetti, filtro e raccorderia);

--dopo l'allagamento, "per ripristinare lo status quo ante, si rese necessaria un'approfondita e laboriosa risistemazione del fondo agricolo de quo, che durò parecchi giorni" (così l'atto introduttivo, pagina 2).

--"il Fiume Sarno, che ricade interamente nel bacino idrografico regionale del Sarno e fa parte del demanio idrico della Regione Campania, si presentava all'epoca dei fatti e si presenta tuttora in stato di pessima manutenzione, con argini fatiscenti e con l'alveo colmo di erbe infestanti, melma e fanghi che riducono sensibilmente l'effettiva portata e ricettività del corso d'acqua stesso" (così il ricorso, pagina 2).

Alla prima udienza del 3.12.2019, stante la mancata comparizione della Regione Campania, il giudice designato ha disposto la rinnovazione della notifica del ricorso ex art. 176 R.D. n. 1775 del 1933, rinviando la causa all'udienza del 3.11.2020, poi rinviata d'ufficio al 6.4.2021; quindi, ha ammesso la prova testimoniale richiesta dal ricorrente, delegando per l'espletamento della medesima il Tribunale di Nocera Inferiore.

Nonostante la notifica, ritualmente eseguita in modalità telematica in data 4.12.2019 per l'udienza del 3.11.2020, la Regione Campania non si è costituita in giudizio e ne viene, pertanto, dichiarata la contumacia.

Mutato il relatore, all'udienza del 12.9.2023, fissata per la precisazione delle conclusioni, il giudice delegato ha rimesso la causa al collegio per la decisione all'udienza collegiale dell'8.11.2023.

Disposta la trattazione scritta con decreto dell'11.10.2023, acquisite le note di trattazione scritta della parte ricorrente, tempestivamente depositate il 2.11.2023, il Tribunale all'udienza dell'8.11.2023, svolta in trattazione scritta, nella composizione indicata in epigrafe, ha riservato la causa in decisione.


Motivi della decisione


1. La legittimazione attiva

La legittimazione attiva del ricorrente, presupposto imprescindibile di un ipotetico danno alle colture e ai suoli agricoli coltivati, è prospettata dallo stesso attore sulla base di contratto di comodato verbale e dell'attività di coltivazione diretta del terreno per cui è causa; la stessa è provata dalle dichiarazioni testimoniali secondo le quali egli all'epoca dei fatti conduceva e coltivava il fondo suddetto.

2. Prova dell'allagamento e del nesso causale

Ciò premesso, va rilevato che il ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni provocati alle proprie colture, al terreno e all'impianto irriguo, nonché dei danni morali derivanti dall'esondazione del fiume Sarno avvenuta in data 23 novembre 2013.

La fattispecie prospettata dall'istante va inquadrata nell'ambito della responsabilità da cose in custodia disciplinata dall'art. 2051 c.c. secondo cui grava sull'istante la dimostrazione del danno e del nesso causale, mentre l'ente preposto alla custodia è onerato della prova del caso fortuito, cioè, dell'incidenza determinante di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, munito dei caratteri dell'imprevedibilità ed inevitabilità, tale da interrompere il nesso causale (sul punto cfr. Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche sent. n. 84 del 29/04/2022, Est. C. che richiama a sua volta "ex multis, Cass. 15761/2016; Cass. 2480/2018").

Inoltre, proprio con riguardo a danni derivanti da inondazioni, si è ritenuto che grava sull'ente preposto alla custodia la dimostrazione sia dell'eccezionalità dell'evento meteorologico che abbia eventualmente provocato l'allagamento, sia della corretta manutenzione delle opere di scolo (ex multis da ultimo Cass. Sez. 3, sent. n. 30521 del 22/11/2019, est. I. Cass. Sez. 3, ord. 4588 dell'11/02/2022, est. I.).

Nel caso di specie, la circostanza che in data 23.11.2013 il fiume Sarno è esondato, provocando l'allagamento del fondo per cui è causa, è stata confermata dai testi escussi, mentre nessuna prova contraria è stata offerta dalla Regione, non costituita.

3. Prova dei danni

Vale altresì premettere che per l'accertamento, l'identificazione e l'esatta quantificazione dei danni, del tutto inutile sarebbe stata la CTU richiesta da parte attrice, atteso che si sarebbe svolta a distanza di anni dall'evento e si sarebbe risolta in una valutazione critica della consulenza di parte, che può essere svolta anche dal Tribunale di cui fa parte un membro tecnico.

Nell'identificare - e quantificare - i danni, il perito di parte ha indicato varie voci di danno che devono essere esaminate una ad una.

3.1. Quanto al capo di domanda relativo ai danni alle colture, che si assumono rese incommerciabili, si è trattato della perdita delle colture di finocchi su mq 2.500 per una resa di circa 125 quintali.

Il perito ha considerato un peso pari a kg 3,50 di piantine al mq e un prezzo medio di mercato di Euro 0,7167 al kg e di Euro 2,51 al mq.

Sulla scorta di tali parametri, applicando una riduzione del 10% per i costi ultimi non sostenuti, ha calcolato il danno complessivo in Euro 5.600,00.

Ebbene, tale quantificazione non può essere condivisa in toto, in quanto, pur ritenendo valida l'applicazione del prezzo medio di mercato Euro 0,7167 al kg desunto dal listino prezzi della Camera di Commercio di Salerno per l'anno 2013 (allegato n. 3 della perizia di parte) e riscontrabile anche tramite la consultazione del sito web, difetta la prova dell'esatto quantitativo delle colture esistenti sull'estensione territoriale di 2.500 mq considerata.

Similmente non vi è prova dell'effettiva quantità delle colture andate perse, atteso che non vi è documentazione alcuna di un eventuale smaltimento in discarica, né vi sono fotografie che mostrino il raccolto ammassato e lasciato seccare, per poi essere smaltito anche all'interno stesso del fondo.

Inoltre, sebbene dalle dichiarazioni dei testi risulti il marciume delle colture di finocchi, gli stessi testimoni non hanno riferito di una precisa attività di sradicamento e smaltimento delle piante oggetto dell'allagamento.

Né una prova più puntuale dei danni subiti dal ricorrente può ricavarsi dalla testimonianza del consulente di parte, dott. agronomo OMISSIS, il quale ha genericamente confermato la relazione da lui redatta. La generica dichiarazione resa e la mancata descrizione analitica nella perizia dei danni riscontrati, la cui valutazione è basata esclusivamente sui prezziari delle merci, senza nessun riferimento a fatture d'acquisto o altri documenti idonei ad attestare la quantità delle colture presenti, non può costituire prova dell'effettiva consistenza di tali danni.

A ciò si aggiunga che il perito non ha applicato alcuna riduzione per il presumibile e fisiologico sfrido e scarto da raccolto e difetti del prodotto.

In considerazione di ciò, può dunque riconoscersi l'importo di Euro 2.240,00 applicando i criteri indicati dal perito di parte ma riconoscendo il 40% di quanto richiesto, sia per i mancati costi di produzione, di mediazione e commercializzazione non sostenuti, oltre che per il fisiologico sfrido e scarto non considerato, sia per la mancata prova di un parametro importante ovvero l'effettiva quantità di prodotti in media realizzata negli anni precedenti a quello dell'esondazione (da acquisirsi facilmente mediante i documenti aziendali, non resi disponibili).

Infatti, non è secondario nella valutazione dei danni, il rilievo che la ricorrente non ha prodotto il cd. quaderno di campagna, rectiusregistro dei trattamenti fitosanitari (obbligatorio ai sensi dell'art. 42, comma 3, del D.P.R. n. 290 del 2001 per tutte le aziende agricole che utilizzano prodotti fitosanitari per la difesa delle colture agrarie, tranne per quelle che utilizzano prodotti fitosanitari in orti o giardini familiari il cui raccolto è destinato all'autoconsumo), né le fatture, nè le autofatture, obbligatorie anche per le aziende agricole in regime di esonero Iva, documenti che consentirebbero, in primo luogo, di ricostruire presuntivamente la qualità e quantità delle colture presenti al momento dell'inondazione mediante l'esame degli omologhi dati relativi alle produzioni delle annualità precedenti.

Soprattutto, per quanto rileva in questa sede, manca altresì il documento base di ogni azienda agricola, il fascicolo aziendale, disciplinato dagli artt. 3 e 9 del D.P.R. n. 503 del 1999 e dall'art. 13 del D.Lgs. n. 99 del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 che detta "Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38", documento destinato a raccogliere in modo completo le informazioni dell'identità e dell'attività di ogni azienda agricola, ivi inclusi i "dati di produzione, trasformazione e commercializzazione" (così art. 3 cit.).

Questo registro avrebbe offerto la prova presuntiva della quantità media prodotta o producibile in ogni annata rendendo il calcolo in prospettiva della produttività anche per l'annata interessata da alluvione.

3.2. Per la mancata coltura succedanea, non prospettata nemmeno genericamente nel ricorso ma menzionata solo dal CTP nella sua relazione, nulla è dimostrato circa l'impossibilità di utilizzare il terreno nel ciclo produttivo successivo.

Si rileva che il perito di parte non ha specificato le ragioni tecnico-agricole per le quali l'esondazione abbia determinato l'impossibilità della suddetta coltivazione nonostante gli interventi di ripulitura e ripristino della coltivabilità dei terreni dallo stesso previsti.

A tutto voler concedere, anche a ritenere la prova della mancata coltura successiva insita nel mero fatto dell'allagamento, non viene chiarito quale coltura successiva non è stata fatta, cioè se quella dell'anno successivo oppure quella del trimestre o semestre successivo.

Con riguardo, poi, alla valutazione offerta dal CTP sulla ttipologia della mancata coltura succedanea, il CTP considera il prezzo al mq di una "coltura tipica del contesto-areale, ammissibile a successivo trapianto" (cfr. pagina n. 10 della perizia). Appare evidente, pertanto, che il calcolo effettuato dal perito non è aderente al caso di specie, in quanto potrebbe essere riferito indistintamente a qualsiasi ipotesi di danneggiamento avente ad oggetto colture della zona e non, specificamente alla presente fattispecie.

3.3. Ciò posto, va osservato che il perito di parte nell'elaborato tecnico depositato in atti ha individuato una serie di attività specifiche di pulizia e diripristino della coltivabilità del terreno.

Per la ripulitura della superficie da detriti vari, nella descrizione contenuta nella relazione tecnica, figurano: scavo a sezione aperta per sbancamento eseguito con mezzi meccanici anche in presenza di battente d'acqua fino a 20 cm sul fondo, la rimozione di arbusti, lo sradicamento di ceppaie, la movimentazione nell'area di cantiere di materiali di risulta con mezzimeccanici di piccole dimensioni, lo scavo di fossi di 2ª raccolta (capofossi) di qualsiasi sezione effettuato con mezzi meccanici, la rimozione di crosta o cappellaccio, la scarriolatura di materiali sciolti di qualsiasi natura e consistenza, provenienti dagli scavi, demolizioni e rimozioni, entro l'ambito dell'area di cantiere.

Orbene, deve tenersi in considerazione il fatto che il ricorrente non ha depositato documentazione che attesti l'effettivo compimento delle opere (fatture o altro).

Inoltre, quanto agli scavi da eseguirsi con macchine, si tratta di un'attività specialistica che andrebbe dimostrata con l'esibizione dei documenti contabili che attestino il pagamento alle imprese specializzate; ad ogni modo, non si spiega la ragione di uno scavo quando dai rilievi fotografici in atti si apprezza solo un allagamento del fondo, poi eventualmente riassorbito.

Né i testimoni hanno riferito in merito alle attività specifiche di ripulitura del terreno effettuata dal ricorrente.

In assenza di prova documentale riguardo l'effettivo svolgimento di tali attività e di dichiarazioni testimoniali sul punto, il capo di domanda riferito alle specifiche opere di ripulitura del terreno indicate in perizia va rigettato.

Parimenti non può liquidarsi nulla per il trasporto a discarica del materiale proveniente dallo sgombero. Ed infatti, il trasporto a discarica per lo smaltimento deve essere dimostrato mediante la documentazione che attesta la consegna dei rifiuti ad imprese autorizzate (FIR o altro), secondo quanto previsto dalle leggi in materia. Non essendovi tale documentazione, deve ragionevolmente concludersi che il materiale non sia stato smaltito e che dunque non sia stato nemmeno prelevato attraverso uno scavo nel terreno.

Infine, se non vi è prova che siano stati smaltiti in discarica materiali di scavo è da escludere qualunque "movimentazione nell'area di cantiere di materiali di risulta", di guisa che anche la relativa voce di danno si palesa completamente indimostrata.

In merito poi al capo di domanda avente ad oggetto ripristino dei luoghi alla coltivabilità, tramite ripristino della fertilità ed eliminazione delle alterazioni delle superfici, va debitamente posto in rilievo che anche questa richiesta è del tutto sfornita di prova documentale, pur includendo il richiamo di attività che sarebbero state svolte impiegando sia mezzi meccanici, sia, soprattutto, fertilizzanti e disinfestanti di tipo ultra specialistico, tra i quali persino "idonei prodotti indicati dal S.", per i quali è inverosimile che vi sia stato l'acquisto dai rivenditori autorizzati senza emissione di alcuna fattura o altro documento comprovante la vendita.

Tutte queste attività (cfr. la perizia di parte richiamata), che si mostrano prima facie del tutto prive di prova documentale, si dimostrano insussistenti nella fattispecie concreta alla luce delle risultanze della prova testimoniale.

Ed invero, il teste Z.A. ha detto genericamente che "per ripristinare il terreno il ricorrente prima lo ripulì e poi effettuò altre operazioni agronomiche che si resero necessarie per coltivarlo" (cfr. verbale di causa del 20.1.2023), non riferendo dunque della presenza di operai o di mezzi meccanici specialistici.

Peraltro la deposizione è del tutto priva di efficacia probante nella parte in cui accenna a non meglio identificate "operazioni agronomiche".

Né alcun riferimento è effettuato riguardo la tipologia di prodotti utilizzati per la dedotta disinfestazione del terreno.

Nel contempo, la dichiarazione del teste "per ripristinare il terreno, il ricorrente prima lo ripulì", anche in difetto di prova in ordine agli specifici lavori di pulizia menzionati in perizia, rende verosimile che il ricorrente abbia dovuto compiere tali attività quantomeno in economia e probabilmente da solo, per la cui esecuzione appare ragionevole riconoscere, in via equitativa, la somma complessiva di Euro 800,00.

3.4. Nulla può essere, invece, riconosciuto per le altre voci di danno relative ai mezzi tecnici (impianto irriguo, macchinette gocciolanti mm 30, raccorderie ecc.), in quanto essi non sono stati specificamente indicati e provati. Con riguardo, infatti, al danneggiamento dell'impianto irriguo, di cui fa generica menzione il primo teste, la valutazione compiuta dal CTP non risulta comunque supportata da una pregressa documentazione di acquisto dei materiali necessari per l'irrigazione basale a goccia (manichette gocciolanti estese su tutta la superficie, tubi di raccordo, rubinetti, filtro e raccorderia), dalla quale poter evincere l'effettiva entità del danno subito dall'impianto irriguo tale da giustificare una sua nuova installazione.

3.5. Va infine dato atto che la richiesta di risarcimento del danno morale, formulata genericamente nell'atto introduttivo, risulta abbandonata nei successivi atti difensivi e nelle conclusioni.

3.6. Pertanto, il risarcimento deve essere complessivamente determinato in Euro 3.040,00 in favore di OMISSIS.

Su detti importi va calcolata la rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT (indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati - FOI- al netto dei tabacchi) fino alla data della presente sentenza; competono altresì gli interessi al tasso legale. In applicazione dei principi affermati in materia da Cass. SS.UU. n. 1712/1995 e dalla giurisprudenza seguente tutta conforme (ex multis, Cass. n. 4587 del 25.2.2009), il danno da ritardo non può però essere liquidato mediante interessi calcolati sulla somma originaria, né su quella rivalutata al momento della liquidazione, ma applicando gli interessi sulla somma originaria rivalutata anno per anno.

Competono infine gli interessi legali sulla sola somma rivalutata dalla pronuncia della presente sentenza al soddisfo.

4. La legittimazione passiva

Infine, una volta quantificati i danni, è d'uopo dare atto della responsabilità della parte convenuta.

La Regione è tenuta alla manutenzione ed alla custodia del corso d'acqua di cui ci si occupa nel presente giudizio.

Vale richiamare le norme che pongono la sua responsabilità.

L'art. 86 del D.Lgs. n. 112 del 1998 ha conferito alle Regioni la gestione del demanio idrico e l'art. 89 ha conferito loro anche le funzioni di progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura.

La sussistenza della qualità di custode in capo alle Regioni in materia di demanio idrico e, in generale, di opere idrauliche di qualsiasi natura è stata ribadita di recente dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche nella sentenza n. 84/2022, in cui si è affermato che: "è principio già più volte affermato dalla giurisprudenza tanto di legittimità (Cass. Sez. Un., sent. n. 8588/1997; Cass., Sez. Un. sent. n. 9502/1997; Cass. Sez. Un., sent. n. 25928/2011) che di questo stesso Tribunale (tra le ultime: sentenze nn. 198 e 199 del 15/06/2016; n.219 del 04/07/2016; n.60 del 23/02/2016; n.21 del 08/02/2017; n.34 del 14/02/2018; n.47 del 15/03/2018; n. 83 del 18/05/2018; n.107 del 22/06/2018) che, in via istituzionale, la Regione è custode del demanio fluviale poiché le competono, per trasferimento da parte dello Stato, le funzioni di conservazione, manutenzione e gestione delle risorse idriche e delle acque in generale. Segnatamente, vanno qui richiamate le seguenti diposizioni: - L'articolo 89 del D.P.R. n. 616 del 1977, che, nel primo comma, stabilisce: "Entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto, il Governo, sentite le regioni, delimita i bacini idrografici a carattere interregionale. Tale delimitazione può essere modificata con lo stesso procedimento. Tutte le opere idrauliche relative ai bacini idrografici non interregionali sono trasferite alle regioni". - L'articolo 90 del medesimo D.P.R. n. 616 del 1977, che, a sua volta, prevede, nel primo comma, che "Tutte le funzioni relative alla tutela, disciplina e utilizzazione delle risorse idriche, con esclusione delle funzioni riservate allo Stato dal successivo articolo, sono delegate alle regioni, che le eserciteranno nell'ambito della programmazione nazionale della destinazione delle risorse idriche e in conformità delle direttive statali sia generali sia di settore per la disciplina dell'economia idrica" e, nel secondo comma, che "In particolare sono delegate le funzioni concernenti:… lett. e): la polizia  delle acque". - L'articolo 89 del D.Lgs. n. 112 del 1998, che, nel primo comma, conferisce alla Regioni, nella lett. a), le funzioni relative "alla progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura"; nella lett. c), le funzioni relative "ai compiti di  polizia  idraulica e di pronto intervento di cui al R.D. 25 luglio 1904, n. 523 e al R.D. 9 dicembre 1937, n. 2669, ivi comprese l'imposizione di limitazioni e divieti all'esecuzione di qualsiasi opera o intervento anche al di fuori dell'area demaniale idrica, qualora questi sianoin grado di influire anche indirettamente sul regime dei corsi d'acqua"; nella lett. i), le funzioni relative " alla gestione del demanio idrico".

- L'articolo 61 del D.Lgs. n. 152 del 2006, che, nel primo comma, lett. e), prevede che le Regioni provvedano, per la parte di propria competenza, "all'organizzazione e al funzionamento del servizio di  polizia  idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e Ia conservazione dei beni".

Attesa la prova emersa anche in corso di giudizio, deve ritenersi che all'origine dei fatti, in aggiunta ad una carente attività manutentiva, abbia concorso una scarsa azione di prevenzione e controllo della tenuta ed integrità degli argini e, più in generale, della regimentazione delle acque del fiume Sarno.

Deve ritenersi dimostrata la responsabilità della Regione Campania per la mancata manutenzione del fiume Sarno.

Ed infatti, ai sensi degli artt. 2, lett. e) del D.P.R. n. 8 del 1972, 89 e 90 del D.P.R. n. 616 del 1977, sono state trasferite alle Regioni le competenze, prima appartenenti allo Stato, in materia di acque pubbliche e di opere idrauliche, con particolare riguardo all'attività di manutenzione. Anche l'art. 10, lett. f), della L. 18 maggio 1989, n. 183 attribuiva alle Regioni funzioni di  polizia delle acque e di gestione, manutenzione e conservazione dei beni, delle opere e degli impianti idraulici ed ogni iniziativa ritenuta necessaria in materia di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza. Sebbene tale norma sia stata abrogata, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, può ritenersi, ai sensi degli artt. 141 e ss. del richiamato decreto e dell'art. 86 D.Lgs. n. 112 del 1998 (nonché della normativa precedentemente richiamata), che competa comunque alle regioni l'attività di manutenzione dei beni facenti parte del demanio idrico (e, dunque, per quanto qui interessa, dei corsi d'acqua e delle opere idrauliche).

5. Sulle spese di lite

La reciproca soccombenza, in particolare la notevole riduzione dell'importo richiesto dal ricorrente, costituisce ragione grave per la compensazione per 1/2 delle spese di lite, che nella residua parte sono poste a carico della Regione e liquidate in dispositivo secondo i parametri medi di cui al D.M. n. 147 del 2022, con riferimento al valore della lite, determinato dall'ammontare del creditoaccertato, con distrazione in favore dei difensori avv.ti Fabio D'Auria e Valeria D'Auria dichiaratisi antistatari, nella misura di metà per ognuno.

6. Vista l'espressa richiesta in tal senso, contenuta nella comparsa conclusionale del 27.7.2020, si ordina, ai sensi dell'art. 205 comma 1 del R.D. n. 1775 del 1933, l'esecuzione provvisoria della presente sentenza.


P.Q.M.


Il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d'Appello di Napoli, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 6284/2018 del R.G., rigettata ogni contraria istanza, così provvede:

--dichiara la contumacia della Regione Campania;

--accoglie parzialmente la domanda di risarcimento proposta da OMISSIS nei confronti della Regione Campania e, per l'effetto, condanna la Regione al pagamento, in suo favore, dell'importo complessivo di Euro 3.040,00, oltre rivalutazione monetaria dalla data dell'evento (23.11.2013) fino a quella della presente decisione ed interessi al tasso legale, da calcolarsi sulle somme rivalutate di anno in anno fino alla data della presente sentenza e, successivamente, sul solo capitale interamente rivalutato fino al saldo;

--compensa per 1/2 le spese di lite e condanna la Regione Campania a pagare al ricorrente la residua parte, che liquida in Euro 264,00 per esborsi documentati ed Euro 1.450,00 per onorario, oltre, sul solo onorario, rimborso forfetario al 15%, IVA e CPA con distrazione in favore dei difensori avv.ti Fabio D'Auria e Valeria D'Auria dichiaratisi antistatari, nella misura di metà per ognuno.

--dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva ai sensi dell'art. 205 comma 1 del R.D. n. 1775 del 1933.

Così deciso in Napoli, il 8 novembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2023.


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