REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
La
Corte Dei Conti
Sezione
Giurisdizionale per
la Regione Siciliana
Il
Giudice Unico delle Pensioni
Dott.ssa
Igina Maio ha pronunciato la seguente
SENTENZA
N. 2785/2011
sul
ricorso iscritto al n. 49196 del registro
di segreteria
,
proposto
da:
..
contro:
-
Ministero
dell’economia e delle finanze;
-
Ministero
dell’Interno;
-
INPDAP, rappresentato
e difeso dall’avv.
Adriana Giovanna Rizzo
;
Visti
il R.D.
13 agosto 19
33, n. 1038; il D.L.
15 novembre 1993
, n. 453, convertito dalla legge
14 gennaio 1994
, n. 19 e la legge
14 gennaio 1994
, n. 20; la legge
21 luglio 2000
, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9;
Esaminati
gli atti ed i documenti di causa.
Uditi,
alla pubblica udienza del 12 luglio 2011, l’avv. Messina per il
ricorrente, il dott. Pietro Di Giovanni in rappresentanza del Ministero
dell’economia e delle finanze, l’avv.
Adriana Giovanna Rizzo
in rappresentanza dell’Inpdap, assente il Ministero dell’interno.
FATTO
Con
ricorso notificato il 13.12.2007 e depositato il 10.1.2008, il sig.
A., sovrintendente capo della Polizia
di Stato in quiescenza, ha chiesto la rideterminazione del proprio
trattamento pensionistico mediante computo nella base pensionabile
dell’assegno funzionale previsto dall’art. 6 del DL 21.9.1987 n. 387,
convertito in L 20.11.1987, n. 472, con la maggiorazione del 18%, ai sensi
dell’art. 53 del DPR n.1092/1973.
A
fondamento della pretesa spettanza del beneficio della maggiorazione del 18%
il ricorrente adduceva l’inglobamento dell’assegno di funzione nella
retribuzione individuale di anzianità (c.d. «RIA») cioè in una delle
componenti dello stipendio.
In
data 31.7.2008, si costituiva il Ministero dell’Interno chiedendo il
rigetto del ricorso e sostenendo, sostanzialmente, che la maggiorazione del
18% dell’assegno funzionale era da ritenersi preclusa, per un verso, dal
disposto dell’art. 16 della legge 177/1976 e, per altro verso, dalla
natura non stipendiale dell’assegno in parola. In via subordinata eccepiva
la prescrizione quinquennale.
Con
memoria depositata in data 27.6.2011, si costituiva altresì l’Inpdap
argomentando per l’infondatezza del ricorso. In via subordinata,
l’Istituto eccepiva la prescrizione quinquennale.
Con
ulteriore memoria depositata il 1°.7.2011, il ricorrente ha ulteriormente
insistito nelle proprie richieste.
All’udienza
del 12 luglio 2011, il rappresentante del MEF eccepiva il difetto di
legittimazione passiva dell’amministrazione di provenienza; le altre parti
presenti si riportavano alle conclusioni agli atti.
DIRITTO
1. In
via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di difetto di
legittimazione passiva del Ministero dell’economia e delle finanze.
L’eccezione
è fondata poiché il Ministero è estraneo alla fattispecie di cui
trattasi.
2.
Nel merito, si osserva quanto segue.
L’art.
53 del DPR 29/12/1973, n. 1092, come modificato L’art. 16 della L.
29/4/1976, n. 177, prevede che «Ai fini della determinazione della
misura del trattamento di quiescenza del personale militare (…) la base
pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga e dagli
assegni o indennità pensionabili sottoindicati, integralmente percepiti, è
aumentata del 18 per cento:
a)
indennità di funzione per i generali di brigata ed i colonnelli, prevista
dall'articolo 8 della legge 10 dicembre 1973, n. 804;
b)
assegno perequativo ed assegno personale pensionabile, previsti
dall'articolo 1 della legge 27 ottobre 1973, n.
628, in
favore degli ufficiali di grado inferiore a colonnello o capitano di
vascello, nonché dei sottufficiali e dei militari di truppa;
c)
assegno personale previsto dall'articolo 202 del decreto del Presidente
della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, applicabile al personale militare in
base all'articolo 3 della legge 8 agosto 1957, n. 751.
Agli
stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili,
possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne
prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile».
L’art.
1, comma 9, del DL 16.9.1987, n. 379, convertito in L. 14.11.1987, n. 468,
dispone che «1. Al personale appartenente al ruolo degli agenti e degli
assistenti e qualifiche equiparate della Polizia
di Stato e gradi corrispondenti dei Corpi di polizia di cui
all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121 , è attribuito, al
compimento di diciannove anni di servizio comunque prestato senza demerito
nelle forze di polizia, un assegno funzionale pensionabile di L. 800.000
annue lorde. Detto importo è elevato a L. 1.100.000 al compimento di
ventinove anni di servizio comunque prestato senza demerito nelle forze di
polizia.
2.
Al personale appartenente ai ruoli dei sovrintendenti ed ispettori e
qualifiche equiparate della Polizia
di Stato e gradi corrispondenti dei Corpi di polizia di cui
all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, al compimento di
diciannove anni di servizio comunque prestato senza demerito nelle forze di
polizia, è attribuito un assegno funzionale pensionabile di L. 1.200.000
annue lorde. Detto importo è elevato a lire 1.800.000 al compimento di
ventinove anni di servizio comunque prestato senza demerito nelle forze di
polizia.
3.
Al personale appartenente al ruolo dei commissari e qualifiche equiparate
della Polizia di Stato
e ai gradi corrispondenti delle forze di polizia di cui all'articolo 16
della legge 1° aprile 1981, n. 121, compresi i sottotenenti in servizio
permanente effettivo, provenienti da carriera e ruoli inferiori delle stesse
forze di polizia, al compimento del diciannovesimo e ventinovesimo anno di
servizio comunque prestato senza demerito nelle forze di polizia è
attribuito un assegno funzionale annuo lordo nelle seguenti misure (…)
4.
I benefici di cui ai precedenti commi decorrono dal 1° giugno 1987 e si
aggiungono alla retribuzione individuale di anzianità. Gli stessi benefìci
non sono cumulabili con il trattamento economico di cui all'articolo 43,
commi ventiduesimo e ventitreesimo, della legge 1° aprile 1981, n. 121, e
non competono al personale con qualifiche dirigenziali e gradi
corrispondenti.
5. L
'assegno funzionale di cui ai precedenti commi ha effetto sulla
tredicesima mensilità, sul trattamento ordinario di quiescenza, normale e
privilegiato, sulle indennità di buonuscita e di licenziamento,
sull'assegno alimentare previsto dall'articolo 82 del D.P.R. 10 gennaio
1957, n. 3 , e da disposizioni analoghe, sulle ritenute previdenziali ed
assistenziali e relativi contributi, comprese le ritenute in conto entrate
Tesoro o altre analoghe ed i contributi di riscatto, con esclusione
dell'indennità integrativa speciale, e dell'equo indennizzo».
Ebbene,
l'art. 53 del DPR 1092/1973 ha introdotto, accanto alla maggiorazione del
18% della base pensionabile, un limite alla possibilità di considerare ai
fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del
personale militare assegni o indennità, anche se pensionabili, diversi da
quelli espressamente contemplati: ciò è consentito solo se la disposizione
di legge che riguarda l’assegno o l’indennità ne preveda espressamente
la valutazione nella base pensionabile.
Quest'ultima
previsione, impone all'interprete di accertare, ogni qual volta si trovi a
stabilire se un assegno od indennità possa includersi nella base
pensionabile cui applicare la maggiorazione del 18%, se essi abbiano
ricevuto dalla legge istitutiva che ne stabilisca la pensionabilità, anche
la connotazione, espressamente dichiarata, di componenti della base
pensionabile.
Il
legislatore, in altri termini, ha introdotto una previsione annoverabile
nella categoria delle norme con forza passiva rafforzata cioè di quelle
norme che al fine di attuare i principi costituenti l’essenza stessa
dell’intervento normativo, recano specifiche previsioni in ordine alle
modalità di modifica o integrazione del contenuto della disciplina dalle
medesime introdotta.
Similmente,
l’art. 53 sopra indicato ha previsto che le eventuali successive
dilatazioni della base pensionabile del personale militare mediante
l’inglobamento di assegni o indennità avvenissero solo in presenza di
un’esplicita previsione legislativa che qualificasse detti emolumenti
aventi i caratteri della quiescibilità come suscettibili della
maggiorazione del 18%.
La
previsione esplicita di inclusione nella base pensionabile di un assegno o
indennità, dunque, costituisce una condizione ineludibile la cui presenza o
assenza discrimina in modo certo tra l’inclusione ovvero l’esclusione
nella base pensionabile dell'assegno, indennità o altro emolumento
retributivo comunque denominato.
Posto
che una simile disposizione non è rinvenibile, deve escludersi la
computabilità ai fini della maggiorazione del 18% dell’assegno
funzionale.
A
non dissimile conclusione deve pervenirsi anche ove si affronti la questione
della maggiorazione del 18% da un altro e più radicale punto di vista, e
cioè partendo dall’asserita natura stipendiale dell'assegno medesimo.
L’argomento
ha come suo snodo centrale l’asserita assimilabilità dell’assegno
funzionale alla R.I.A. (retribuzione individuale di anzianità), argomentata
sia sul dato letterale della disposizione concernente l'assegno, sia sulla
similarità della funzione che assolvono i due emolumenti.
Sotto
il primo aspetto viene in rilievo l'espressione utilizzata dall'art.
dall’art. 6, comma 4 del DL 21.9.1987 n. 387: tale disposizione prevede,
infatti, che l'assegno funzionale «si aggiung(e) alla retribuzione
individuale di anzianità».
Il
fatto che l'assegno funzionale si aggiunge alla RIA, emolumento che ha
indubbiamente natura di stipendio e, come tale, concorre a determinare la
base pensionabile, potrebbe indurre a ritenere che l’assegno è assorbito
nella R.I.A. e di questa ne deve seguire le sorti anche in punto di
maggiorazione del 18%.
L'argomento,
suggestivo in base ad un approccio puramente lessicale, non regge però ad
un esame più approfondito della disposizione.
Ed
invero, mentre è certa la natura stipendiale della R.I.A., tale non può
considerarsi l'assegno funzionale.
La
retribuzione individuale di anzianità rappresenta la somma delle classi e
scatti maturati fino al 31.12.1986 sullo stipendio del livello retributivo
di appartenenza del dipendente, istituito dalla l. 312/1980, e strutturato
per classi ed aumenti periodici biennali (art. 24).
Essa,
dunque, pur configurata come elemento separato dallo stipendio, costituisce
un elemento fisso e generale per tutti i dipendenti inclusi nella
corrispondente qualifica funzionale (differenziando nell’ambito
dell’unitaria qualifica funzionale, la posizione economica di ciascuno in
ragione dell’anzianità di servizio posseduta alla data sopra indicata),
ne conserva la originaria natura (così anche Sez. controllo 13.11.1996, n.
146), e può quindi essere pacificamente inclusa nella base pensionabile di
cui al citato art. 53, novellato dall'art. 16 della l. 177/1976, in forza
del suo primo comma, che pone come elemento costitutivo della base
pensionabile in primo luogo proprio lo stipendio.
L'assegno
funzionale, invece, mantiene la sua natura di emolumento accessorio dello
stipendio, pur rientrando nella nozione, latamente intesa, di retribuzione,
avendo anch’esso funzione corrispettiva della prestazione lavorativa nella
sua dimensione qualitativa, presupponendo una determinata anzianità di
servizio e un conseguente incremento della professionalità del dipendente.
Aspetto
questo che in qualche modo l'assimila alla retribuzione individuale
dell'anzianità, che segnava appunto lo sviluppo orizzontale del livello
stipendiale di appartenenza in relazione alla anzianità di servizio.
Ma
tale similarità di funzione non appare sufficiente a giustificarne la
parificazione anche ai fini dell’attribuzione del beneficio della
maggiorazione: quell’assegno, infatti, non assurge a componente dello
stipendio, inteso nel senso sopra specificato di stipendio tabellare
connesso al livello di appartenenza.
Da
ciò consegue che l'espressione “si aggiunge ”, usata dal legislatore,
deve essere intesa nel senso di cumulo e non di assorbimento, poiché
l'assegno funzionale, simile alla R.I.A. per la finalità di valorizzare
l’anzianità di servizio, e per la sua natura latamente retributiva, ne
rimane distinto, rivestendo il carattere di assegno accessorio e non di
stipendio.
L'assegno
funzionale, quindi, non s’incorpora nella RIA, ma ad essa si giustappone
per ricevere, a fini determinati, un pari trattamento (nella specie entrambi
sono computati in sede di liquidazione della pensione, ancorché solo la
R.I.A. faccia poi parte della base pensionabile su cui si applica la
maggiorazione del 18%).
L'assimilazione,
insomma, vale solo nei limiti in cui il legislatore la consente, permanendo
la distinzione per tutti gli altri profili, nel caso in esame per la
maggiorazione del 18% di cui all'art. 53 t.u. 1092/1973, come novellato
dall'art. 16 della l. 177/1976, applicabile alla R.I.A. in quanto emolumento
stipendiale e non applicabile all'assegno funzionale in quanto emolumento
retributivo ma non stipendiale.
A
conferma della ritenuta inapplicabilità della maggiorazione del 18
all’assegno funzionale, vi è poi il qualificato orientamento
interpretativo manifestato dalle Sezioni Riunite di questa Corte
nell’esercizio della funzione nomofilattica ad esse devoluta
dall'ordinamento
Infatti,
le Sezioni Riunite di questa Corte, pronunciandosi sulla questione di
massima n.272/2010, hanno affermato il seguente principio di diritto: «l'assegno
funzionale, previsto per i sottufficiali delle Forze Armate dall'art. 1,
comma 9, del decreto legge 16 settembre 1987 n. 379, convertito nella legge
14 novembre 1987 n. 468, (nonché l'analogo assegno funzionale previsto a
favore degli appartenenti ai Corpi di Polizia dall'art. 6 del decreto legge
21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni nella legge 20
novembre 1987, n. 472), e l'indennità di ausiliaria, di cui all’art. 67
della legge 10 aprile 1954 n. 113 e all'art. 46 della legge 10 maggio 1983
n. 212, non beneficiano della maggiorazione del 18 per cento prevista
dall’art 53 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, come modificato
dall’art. 16 della legge 29 aprile 1976 n. 177» (Sezioni riunite,
n.9/2011/QM).
Il
ricorso, pertanto, è rigettato.
Sussistono,
comunque, giusti motivi per procedere alla compensazione delle spese.
P.Q.M.
La
Corte dei Conti,Sezione Giurisdizionale per
la Regione Siciliana
, il Giudice Unico delle Pensioni,definitivamente pronunciando:
-
dichiara il difetto
di legittimazione passiva del Ministero dell’economia e delle finanze;
-
respinge il ricorso
Spese
compensate.
Così
deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 12 luglio 2011.
IL GIUDICE
F.to
Igina Maio
Depositata
oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo,
21 Luglio 2011.
Il Funzionario Amministrativo
F.to
Piera Maria Tiziana Ficalora