T.A.R. Sicilia #################### Sez. I, Sent., 08-07-2011, n. 1319Fatto
Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso, notificato il 20 settembre 2010 e depositato il giorno 27
successivo, il signor ####################, assistente capo della polizia di
Stato, esponeva che, per un accadimento verificatosi il 15 giugno 2000, gli era
stata irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con
provvedimento successivamente annullato in autotutela dal Questore di
#################### il 24 luglio 2009.
Per tale fatto era stato successivamente sottoposto ad un nuovo procedimento
disciplinare, non ancora definito al momento della proposizione del presente
ricorso.
Con foglio di contestazione addebiti del 29 dicembre 2009, era stato aperto nei
suoi confronti un procedimento disciplinare relativamente ad un fatto accaduto
il 5 novembre 2000, per il quale, con sentenza del Tribunale di
#################### n. 68/06 del 17 maggio 2006, confermata con sentenza della
Corte d'Appello di #################### 4° sezione penale n. 152/2008 del 16
gennaio 2008, divenuta irrevocabile in seguito alla declaratoria di
inammissibilità del ricorso per Cassazione intervenuta il 10 novembre 2009, era
stato condannato a mesi 4 di reclusione e Euro 100,00 di multa, essendosi
ritenuto sussistente il delitto di cui agli art. 56, 640, commi 1 e 2, n. 1 c.p.
(tentata truffa aggravata).
Tale pena era stata dapprima sospesa per assenza di precedenti penali e
successivamente estinta per indulto.
La condanna in questione gli era stata inflitta, poiché, in data 5 e 6 novembre
2000, aveva fruito di due giorni di congedo straordinario per malattia
(precisamente "diarrea e coliche addominali" come risultante dalla cartella
clinica del pronto soccorso, ove si era recato alle ore 6 del 5 novembre 2000,
versata in atti) e nel tardo pomeriggio (in particolare alle ore 17,00) del 5
novembre aveva disputato una partita di pallavolo.
In relazione a tale fatto era stato avviato nei suoi confronti un procedimento
disciplinare, che si era concluso con il decreto di destituzione prot. n.
333D/26416 del 18 giugno 2010, adottato ai sensi dell'art. 7, nn. 1, 2 e 4 del
DPR n. 737/1981 per i motivi di cui alla deliberazione del Consiglio di
Disciplina del 29 marzo 2010.
Tale deliberazione aveva, in particolare, fatto riferimento alla recidiva
rispetto al precedente disciplinare prima citato intervenuto in seguito a
condanna penale passata in giudicato per calunnia.
Il ricorrente ha chiesto l'annullamento, previa sospensiva e vinte le spese,
degli atti impugnati per i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione: dell'art. 13 del DPR n. 737/1981; dell'art.
1 della l. n. 241/1990 in relazione al principio di proporzionalità. Eccesso di
potere per difetto di motivazione erroneità dei presupposti, illogicità ed
ingiustizia manifesta.
Vi sarebbe sproporzione tra la sanzione disciplinare applicata ed i fatti
contestati con conseguente carenza di motivazione, in considerazione della
insussistenza della recidiva fra le due contestazioni disciplinari intervenute
nei confronti del ricorrente.
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 13 e 19 del DPR n. 737/1981.
Eccesso di potere per difetto di motivazione, erroneità dei presupposti,
illogicità ed ingiustizia manifesta.
Non sarebbe stati considerati i buoni precedenti di carriera del ricorrente con
conseguente difetto di motivazione.
3) Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta,
difetto di motivazione.
Vi sarebbe contraddittorietà con la precedente decisione di non irrogare la
sanzione della sospensione facoltativa.
4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della l. n. 241/1990 e dell'art.
97 della Cost.. Difetto di motivazione. Erroneità dei presupposti, illogicità ed
ingiustizia manifesta.
5) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 13 e 19 del DPR n. 737/1981 in
relazione agli artt. 166 e 174 c.p.. Difetto di motivazione ed istruttoria.
Erroneità dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta.
Per l'Amministrazione intimata si è costituita in giudizio l'Avvocatura dello
Stato, la quale ha depositato una memoria, con la quale ha chiesto il rigetto
del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.
Il ricorrente ha depositato una memoria, con la quale ha replicato alle
deduzioni della difesa erariale.
Con ordinanza n. 952 del 22 ottobre 2010 l'istanza cautelare è stata rigettata.
Con ordinanza del CGA n. 1007 del 26 novembre 2010 l'appello cautelare è stato
accolto con la seguente motivazione: "non sembra potersi escludere la
sproporzione tra i fatti commessi e la sanzione inflitta".
Con memoria depositata in vista della udienza, il ricorrente ha insistito per
l'accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 22 giugno 2011, su conforme richiesta dei difensori
delle parti, il gravame è stato posto in decisione.Motivi della decisione
Il ricorso, che ha ad oggetto il provvedimento, con il quale il ricorrente,
assistente capo della Polizia di Stato, è stato destituito dal servizio, ai
sensi dell'art. 7, nn. 1, 2 e 4 del DPR n. 737/1981, è fondato con riferimento
alla censura, avente indubbio carattere assorbente, della sproporzione tra
sanzione e fatti contestati.
Invero, l'art. 7 del DPR n. 737/1981 prevede, al comma 1, che "La destituzione
consiste nella cancellazione dai ruoli dell'appartenente ai ruoli
dell'Amministrazione della pubblica sicurezza la cui condotta abbia reso
incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio" ed al comma 2 che tale
sanzione è inflitta, tra l'altro: per atti che rivelino mancanza del senso
dell'onore o del senso morale (n. 1); per atti che siano in grave contrasto con
i doveri assunti con il giuramento (n. 2); per dolosa violazione dei doveri che
abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione della pubblica
sicurezza, ad enti pubblici o a privati (n. 4).
In merito alla interpretazione di tale disposizione, va richiamato
l'orientamento giurisprudenziale, secondo il quale la valutazione circa la
gravità dei fatti commessi ai fini dell'irrogazione di una sanzione disciplinare
è estrinsecazione di discrezionalità amministrativa ed in quanto tale è
insindacabile dal giudice amministrativo, salvo che in ipotesi di eccesso di
potere nelle sue varie articolazioni di natura sintomatica, fra cui l'evidente
sproporzionalità della misura disciplinare adottata rispetto alla gravità dei
fatti accertati. In tale contesto si è, in particolare, ritenuto che un singolo
comportamento illecito, anche di natura penale delittuosa, non può giustificare
la sanzione estrema della estinzione del rapporto di lavoro, quando non sia a
tal punto grave da manifestare l'assenza delle doti morali necessarie per la
prosecuzione del rapporto medesimo (vedi
Consiglio di Stato, IV, 16 ottobre 2009, n. 6353).
Nella specie la destituzione è stata disposta (come risulta dalla delibera del
consiglio provinciale di disciplina del 29 marzo 2010 parimenti impugnata) in
quanto il ricorrente è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, a
mesi 4 di reclusione e Euro 100,00 di multa per tentata truffa aggravata nei
confronti dello Stato, in quanto si era assentato dal servizio, facendo
attestare uno stato di malattia, durante il quale successivi accertamenti di
P.G. ne avevano accertato la partecipazione ad una competizione agonistica
sportiva.
Si è, in particolare, verificato che, in data 5 e 6 novembre 2000, aveva fruito
di due giorni di congedo straordinario per malattia (precisamente "diarrea e
coliche addominali" come risultante dalla cartella clinica del pronto soccorso,
ove si era recato alle ore 6 del 5 novembre 2000, versata in atti) e nel tardo
pomeriggio (in particolare alle ore 17,00) del 5 novembre aveva disputato una
partita di pallavolo
E' stata, inoltre, ritenuta sussistente la "recidiva" di cui al n. 3 dell'art.
13 del DPR n. 737/1981 con riferimento ad un precedente disciplinare per una
fattispecie di calunnia
Orbene, una sanzione particolarmente rigorosa qual è la destituzione, che
comporta la cessazione del rapporto di lavoro, risulta sproporzionata rispetto
ad una condotta sostanzialmente assimilabile alla assenza ingiustificata dal
servizio per due giorni, la quale, in sé considerata, avrebbe comportato, ex
art. 4 del DPR 737/1981, una pena pecuniaria consistente nella riduzione in
misura non superiore a cinque trentesimi di una mensilità dello stipendio e
degli altri assegni a carattere fisso e continuativo.
A diversa conclusione non può, peraltro, addivenirsi con riferimento alla
contestazione della "recidiva", in quanto, indipendentemente dalla sua
configurabilità in relazione a fattispecie diverse (calunnia e truffa), non si
ritiene che potesse comportare l'applicazione di una sanzione grave come la
destituzione a fronte dell'illecito addebitato al ricorrente.
Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso è fondato e va accolto, con
conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
Si ravvisano giustificati motivi, avuto riguardo alla diversità dei
pronunciamenti cautelari in primo e secondo grado ed alla conseguente
opinabilità della questione, per compensare le spese di giudizio.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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