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Cassazione Civile
Sentenza n. 10212 del 27.05.2004
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Firenze rigettava l’appello proposto da D.B., nella qualità di erede di T.B., avverso la sentenza pretorile che aveva respinto il suo ricorso inteso al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento in favore del proprio dante causa, e alla conseguente corresponsione in suo favore dei ratei maturati fino al decesso del de cuius. In particolare, il Tribunale rilevava che, come emergente dalle conclusioni, pressoché identiche, dei consulenti d’ufficio nominati in primo grado e in appello, T.B. era stato sottoposto a numerosi ricoveri ospedalieri nel periodo antecedente la visita della commissione avvenuta il 30 marzo 1998 e che durante tali ricoveri non era mai stata segnalata la dipendenza del paziente, mentre solo in data 27 aprile 1998 veniva certificata, in occasione di un Day Hospital, l’impossibilità di deambulazione autonoma, per consentire l’accesso col mezzo privato all’ospedale. Pertanto, differenziandosi di poco dalle conclusioni del ctu nominato in secondo grado, che aveva fatto decorrere la necessità di accompagnamento dal I aprile 1998, il Tribunale riteneva che tale necessità dovesse essere riferita al 27 aprile 1998, unica data certa desumibile dalla certificazione sopramenzionata, in particolare sottolineando che nel periodo 28 febbraio/27 marzo 1998 era stata richiesta l’autorizzazione ad accedere con mezzo privato all’ospedale solo per difficoltà nella deambulazione (non per impossibilità) e che la data del 1 aprile 1998 fissata dal ctu non appariva verosimile in quanto il giorno prima vi era stata una visita della Commissione nel corso della quale non era stata rilevata alcuna necessità di accompagnamento. Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione Domenico B. L’Tnps si è costituito depositando procura. Nessun altro si è costituito.
Motivi della decisione
Col primo dei due motivi, deducendo nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., il ricorrente censura la sentenza suddetta per aver omesso, nell’epigrafe e nel dispositivo, l’indicazione di una delle parti, ossia l’Inps, che era stato regolarmente citato dal ricorrente nel ricorso d’appello quale legittimato passivo ai sensi dell’art. 130 D.Lgs. n. 112 del 1998. Secondo il ricorrente tale omissione non sarebbe un semplice errore materiale, in quanto l’Inps non avrebbe in alcun modo partecipato al giudizio, senza che ne fosse dichiarata la contumacia. Col secondo motivo, deducendo vizio di motivazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver aderito alle conclusioni del ctu ignorando le critiche esposte dal ricorrente, il quale aveva rilevato che tale consulenza si era risolta in una mera ricognizione di certificati e, come quella di primo grado, aveva focalizzato l’attuazione solo sulla deambulazione, trascurando la condizione di non poter compiere gli atti quotidiani senza l’aiuto di un accompagnatore, condizione verosimile in un soggetto sottoposto a terapia chemioterapica.
Il ricorrente censura inoltre la suddetta sentenza perché, pur condividendo le argomentazioni del ctu, se ne discosta quanto alla decorrenza della necessità di accompagnamento, senza motivare adeguatamente il proprio dissenso, e facendo coincidere tale decorrenza con il giorno in cui il medico ha attestato l’impossibilità di deambulare, senza considerare che, di norma, gli accertamenti consentono il riscontro di infermità insorte in epoca anteriore.
Il ricorrente censura infine la sentenza impugnata perché, avendo accertato il diritto ad indennità di accompagnamento, sia pure con decorrenza posteriore a quella richiesta, avrebbe rigettato totalmente la domanda, omettendo di pronunciare i provvedimenti necessari a far conseguire la prestazione richiesta per il periodo tra la data dell’accertamento e quella del decesso di T.B..
Il primo motivo di ricorso è infondato.
A tal proposito è innanzitutto da rilevare che, alla luce del D.Lgs. n. 112 del 1998 (e del successivo D.P.C.M 26 maggio 2000), è configurabile un’ipotesi di successione a titolo particolare nel rapporto controverso, che, se intervenuta nel corso del processo, implica la prosecuzione di quest’ultimo tra le parti originarie salva la possibilità di intervento in causa del successore (v. sul punto, tra le altre, Cass. n. 8884 del 2003, rv. 5663865, relativa alla successione dell’inail alle Ferrovie dello Stato con riguardo ai rapporti aventi ad oggetto gli infortuni e le malattie professionali dei dipendenti e, con specifico riguardo all’ipotesi in esame, Cass. n. 8268 del 2003 RV 563545).
È altresì da rilevare che, come affermato peraltro dallo stesso ricorrente, l’omessa indicazione di una delle parti nell’epigrafe della sentenza o nel dispositivo non comporta nullità della predetta sentenza se non determina violazione del principio del contraddittorio o del diritto di difesa. Nella specie, tali violazioni non sono configurabili, posto che, come affermato dallo stesso ricorrente, l’Inps fu “regolarmente citato”, ossia fu posto in condizione di partecipare al giudizio, anche se scelse di non costituirsi, mentre nessuna rilevanza può assumere, in proposito, la mancata dichiarazione di contumacia, posto che, come più volte ribadito da questo giudice di legittimità (v., da ultimo, Cass. n. 8545 del 2003, RV. 563699), “la mancata indicazione della parte contumace nell’epigrafe della sentenza e la mancata dichiarazione di contumacia della stessa, non incidono sulla regolarità del contraddittorio, ove risulti che la parte sia stata regolarmente citata in giudizio, configurandosi un mero errore materiale, emendabile con la apposita procedura”.
E infine da rilevare che, nella specie, non si pone un problema di litisconsorzio necessario col Ministero dell’Economia e delle Finanze alla luce dello ius superveniens rappresentato dal DL. n. 269 del 2003 convertito con modificazioni in L. n. 326 del 2003, atteso che la suddetta norma ha innanzitutto inciso sulla struttura del rapporto assistenziale, trasformandolo in trilatero, onde essa è configurabile quale norma sostanziale (sia pure con riflessi processuali) e, come tale, non è immediatamente applicabile ai processi in corso.
Il secondo motivo di ricorso è fondato per quanto di ragione.
Invero, il giudice di merito, pur affermando di condividere le valutazioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio, se ne è invece contraddittoriamente discostato proprio sul punto fondamentale della decorrenza della necessità di accompagnamento, senza fornire una sufficiente motivazione del proprio dissenso e, soprattutto, senza minimamente esporre, anche sul piano scientifico, alla luce dello stato patologico dell’assicurato, sulla base di quale attendibile criterio probabilistico doveva ritenersi che l’impossibilità di deambulare fosse insorta nello stesso momento in cui veniva certificata.
Il giudice di merito inoltre, pur avendo riconosciuto la sussistenza dell’impossibilità di deambulare, e perciò la necessità di accompagnamento (sia pure da epoca successiva a quella richiesta) ha poi immotivatamente respinto la domanda, laddove nessuna norma vieta il riconoscimento del diritto ad indennità di accompagnamento anche per periodi molto brevi (nella specie, inferiori al mese).
Sono invece da ritenersi inammissibili le censure alla consulenza tecnica d’ufficio che, svolgendo critiche generiche senza specificare le carenze o deficienze diagnostiche nelle quali sarebbe incorsa tale consulenza discostandosi dalle nozioni correnti della scienza medica, si traducono in una inammissibile critica del convincimento del giudice, in relazione alla (sia pure, nella specie, parziale) adesione di quest’ultimo alla suddetta consulenza (v. sul punto, tra moltissime altre, Cass. n. 6432 del 2002, RV 554122).
Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto rigettato e il secondo accolto, per quanto di ragione; la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte con rinvio ad altro giudice equiordinato che provvedere anche in ordine alle spese della presente fase di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo per quanto di ragione, rigettato il primo. Cassa la sentenza
impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di
Bologna.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2003. Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2004
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