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N.5383/2006
Reg. Dec.
N. 4641
Reg. Ric.
Anno 1998
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello iscritto al NRG. 4641 del 1998 proposto da
MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, in persona del ministro in carica,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
c o n t r o
...OMISSIS..., non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione
prima, n. 118 del 3 febbraio 1998;.
Visto
il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti
tutti gli atti di causa;
Relatore,
alla pubblica udienza del 9 maggio 2006, il Consigliere Carlo
Saltelli;
Udito
l’avvocato dello Stato Bachetti;
Ritenuto
in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F
A T T O
Il
Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sez. I, con la sentenza n. 118
del 3 febbraio 1998, accogliendo il ricorso proposto dal signor ...OMISSIS...
...OMISSIS... avverso vari provvedimenti del Ministero di Grazia e Giustizia,
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, con cui era stato disposto il
recupero delle somme erogati per permessi di studio per gli anni scolastici
1991/92 e 1992/93, mediante trattenute di un quinto delle competenze mensili a
decorrere dal marzo 1995, ha condannato l’intimato ministero alla restituzione
delle somme trattenute con interessi e rivalutazione.
Secondo
il predetto tribunale, infatti, era meritevole di accoglimento la
interpretazione dell’articolo 3 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 325, propugnata
dall’interessato, non potendo, come invece ritenuto dall’amministrazione, che i
permessi straordinari retribuiti, nella misura massima di 150 ore annue
individuali, previsti per la frequenza di corsi finalizzati al conseguimento di
titoli di studio in corsi universitari, postuniversitari, di scuole di
istruzione primaria e secondaria e di qualificazione professionale, fossero
limitati alle sole ore corrispondenti a quelle di frequenza delle lezioni
seguite, coincidenti con il normale orario di lavoro (fatto salvo il tempo
necessario per raggiungere la sede delle lezioni): l’interpretazione sostenuta
dall’amministrazione contrastava in maniera stridente con la stessa ratio
della normativa e, dal punto di vista logico, comportava che del tutto
inopinatamente non potesse essere ricompreso in tali permessi il tempo
occorrente per l’attività di ricerca o per gli incontri con il professore
relatore della tesi (nel caso di studenti universitari) ovvero quello per la
preparazioni di compiti, interrogazioni ed esami finali, per coloro che
frequentassero corsi di istruzione primaria e secondaria; tali incongruità e
irragionevolezze si amplificherebbero nel caso, quale quello oggetto di
controversia, di frequenza di corsi serali di durata ben superiore alle 150 ore.
Avvero
tale statuizione ha proposto appello il Ministero di Grazia e Giustizia con atto
di appello notificato il 2 maggio 1998, rivendicando la piena legittimità del
proprio operato, fondato sulla puntuale interpretazione letterale della
ricordata disposizione contenuta nell’articolo 3 del D.P.R. 23 agosto 1988, n.
395 che contempla la produzione di idonea certificazione ai fini della
iscrizione e frequenza di scuole, corsi ed esami sostenuti, documentazione non
fornita nel caso di specie dall’interessato, e che di conseguenza esclude la
interpretazione estensiva della stessa disposizione, del tutto inopinatamente
accolta dai primi giudici, benché priva di qualsiasi indizio al riguardo.
L’appellato,
cui il gravame risulta ritualmente e tempestivamente notificato, non si è
costituito in giudizio.
D I R I T T O
I.
L’appello è fondato e deve essere accolto.
I.1.
Il D.P.R. 23 agosto 1988, n. 395 (recante “Norme risultanti dalla disciplina
prevista dall’accordo intercompartimentale, di cui all’articolo 12 della legge
quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93, relativo al trinnio 1988 –
1990”), all’articolo 3 contiene la disciplina del diritto allo studio.
In
particolare, al comma 1 è prevista la concessione di permessi straordinario
retribuiti nella misura massima di centocinquanta ore annue individuali, per la
frequenza (comma 2) di corsi finalizzati al conseguimento di titoli di studio in
corsi universitari, postuniversitari, di scuole di istruzione primaria,
secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente
riconosciute, o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali o
attestati professionali riconosciuti dall’ordinamento giuridico.
Il
comma 4 stabilisce poi che “il personale interessato ai cosi di cui ai commi 1,
2 e 3 ha diritto, salvo eccezionali ed inderogabili esigenze di servizio, a
turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami
e non è obbligato a prestazioni di lavoro straordinario e durante i giorni
festivi e di riposo settimanale”; il successivo comma 6 onera il personale
interessato alle attività didattiche di cui al comma 2 alla presentazione alla
propria amministrazione di “idonea certificazione in ordine alla iscrizione ed
alla frequenza alle scuole ed ai corsi, nonché agli esami finali sostenuti”,
precisando che “in mancanza delle predette certificazioni, i permessi già
utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali”.
Il
comma 4 dell’articolo 17 del D.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44 (Regolamento per il
recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 26
settembre 1989 concernente il personale del comparto Ministeri ed altre
categorie di cui all’articolo 2 del D.P.R. 5 marzo 1986, n. 68) stabilisce,
sempre disciplinando il diritto allo studio, che “per la concessione dei
permessi i dipendente interessati debbono presentare, prima dell’inizio dei
corsi, il certificato di iscrizione e, al termine degli stessi, il certificato
di frequenza e quello degli esami sostenuti”.
Dall’attento
esame di tali disposizione si ricava che la disciplina al diritto allo studio
del dipendente pubblico si articola in due piani distinti: il primo, consistente
nella concessione di permessi straordinari retribuiti nella misura massima di
centocinquanta ore annue individuali (inizialmente limitati al tre per cento del
totale delle unità in servizio all’inizio di ogni anno, art. 3, comma 3, lett.
a) del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 395, ma poi estesi anche oltre tale limite,
articolo 17, comma 1, del D.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44); il secondo,
consistente nel favorire la prestazione di servizio del personale cui è stato
concesso di usufruire dei ricordati permessi straordinari retribuiti, col
diritto ad espletare turni di lavoro che agevolino concretamente la frequenza
dei corsi e la preparazione degli esami.
L’unico
obbligo imposto nell’ambito di tale sistema al dipendente è quello di produrre
la idonea documentazione giustificativa dell’iscrizione, della frequenza e degli
esami sostenuti.
E’
stato in questo modo assicurato l’adeguato contemperamento degli interessi in
gioco, quello pubblico al corretto funzionamento dei pubblici uffici e quello
dei singoli dipendenti di poter concretamente accrescere il proprio patrimonio
culturale e professionale (che sia pur indirettamente finisce per essere un
arricchimento anche per la struttura burocratica presso i quali i dipendenti
svolgono la loro prestazione lavorativa).
I.2.
Ciò posto, il delineato quadro normativo esclude in radice la correttezza delle
argomentazioni poste dai primi giudici a base dell’accoglimento del ricorso
proposto in primo grado dal signor ...OMISSIS... Bonassi.
E’
infatti circostanza pacifica che questi, cui l’amministrazione aveva
espressamente concesso il beneficio dei permessi straordinari retribuiti per
poter accedere al corso scolastico tenuto dall’Istituto Tecnico Commerciale
Statale “F.P. Calvi” di Padova non ha giustificato, come pure era tenuto in
forza delle ricordate disposizioni, le ore di permesso straordinario di cui ha
effettivamente goduto, relativamente alla loro coincidenza con l’attività
lavorativa.
Orbene
è del tutto evidente, al riguardo, che proprio il giusto contemperamento degli
interessi in gioco realizzato dalla normativa sopra ricordata esclude che le ore
di permesso retribuito possano non corrispondere ad effettive ore di frequenza
scolastica: il diritto del datore di lavoro pubblico di esigere la prestazione
lavorativa del proprio dipendente trova limite solo nell’altrettanto rilevante
esercizio del diritto allo studio e solo quando questo sia effettivo; d’altra
parte, il tempo occorrente per la preparazione degli esami, dei compiti e di
quant’altro connesso con la necessaria attività finalizzata al conseguimento di
titoli di studio, ma diverso dalla frequenza dei relativi corsi, trova espressa
garanzia nel diritto del dipendente ad ottenere turni di lavori complessivamente
più agevoli.
E’
pertanto fuori di dubbio che il ricorrente dovesse giustificare adeguatamente di
aver effettivamente frequentato i corsi cui era iscritto per poter fruire dei
permessi straordinari retribuiti, laddove la predetta frequenza coincidenza con
l’orario di servizio.
Né
sussiste alcuna violazione della ratio della disciplina del diritto
allo studio nell’ipotesi in cui il dipendente, come nel caso di specie,
frequenti corsi serali, non coincidenti con l’orario di servizio, per il fatto
che in questo caso i permessi straordinari retribuiti non sarebbero neppure
ipotizzabili stante la non coincidenza con l’orario di servizio: la concessione
dei ricordati permessi straordinari retribuiti costituisce una misura di
carattere eccezionale, che introduce un limite altrettanto eccezionale alla
ordinaria sinallagmaticità del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti e,
come tale, le relative disposizioni sono necessariamente di stretta
interpretazione; d’altra parte i corsi serali costituiscono un’ulteriore
occasione concessa ai lavoratori per conseguire titoli di studio (universitari o
di istruzione secondaria) e la concessione dei permessi straordinari retribuiti
per la loro frequenza è da ritenersi ammessa solo allorquando vi sia
concomitanza con la ordinaria prestazione lavorativa.
II.
Alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello deve essere accolto e, per
l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere respinto il ricorso
proposto in primo grado dal signor ...OMISSIS... ...OMISSIS....
Le
novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del
doppio grado di giudizio..
P.Q.M
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente
pronunciando sull’appello proposto dal Ministro di grazia e giustizia avverso la
sentenza n. 118 del 3 febbraio 1998 del Tribunale amministrativo regionale per
il Veneto, sez. I, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata
sentenza, respinge il ricorso proposto in primo grado dal signor ...OMISSIS...
...OMISSIS....
Dichiara
compensate le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta
– riunito in Camera di consiglio nei giorni 9 maggio 2006 e 19 giugno 2006, con
l’intervento dei seguenti Magistrati:
Carlo
SALTELLI Presidente f.f., est.Carlo DEODATO Consigliere
Salvatore CACACE Consigliere
Sergio DE FELICE Consigliere
Eugenio MELE Consigliere
IL PRESIDENTE f.f., est.
Carlo Saltelli
IL SEGRETARIO
Rosario
Giorgio Carnabuci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
15 settembre 2006(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Antonio Serrao
N.R.G. 4641/1998
RL
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