Translate

venerdì 17 gennaio 2014

TAR: "..L'inquadramento nel grado di Maresciallo e l'iscrizione nel ruolo dei Marescialli con la decorrenza indicata, a parere del ricorrente, è da considerare illegittima, in quanto i pari grado dei Carabinieri, ovvero i Brigadieri non in avanzamento con qualsiasi anzianità di grado, sono stati promossi a Maresciallo Ordinario..."





FORZE ARMATE
T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 29-11-2013, n. 10260



Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15188 del 1995, proposto da
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento di inquadramento prot. 30036/19/SAS/SM1/95 del 04.09.1995 con il quale i Sergenti Maggiori in SPE con almeno di quattro anni di servizio, con D.M. n. 93 del 01 settembre 1995 sono stati inquadrati, in ordine di ruolo, nel grado di Marescialli con l'anzianità di servizio posseduta e con l'anzianità di grado dal 01.09.1995 ed in pari data iscritti nel ruolo dei Marescialli; di ogni altro atto e /o provvedimento presupposto, connesso, coordinato, antecedente e/o posteriore.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2013 il dott. Roberto Proietti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo
Con il ricorso introduttivo del giudizio il ricorrente ha rappresentato di essersi arruolato nell'Esercito Italiano in data 6.6.1986, di essere stato immesso in SPE in data 1.3.1990 e di essere stato inquadrato, a seguito delle promozioni maturate prima della riforma oggetto della legge quadro n. 216 del 06.03.1992 e del D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 196, nel grado di Sergente Maggiore con decorrenza dalla data del 1 marzo 1995.
A seguito del riordino della carriere operato in applicazione della disciplina richiamata, il ricorrente, pur mantenendo l'anzianità di servizio maturata, non essendo inserito nei quadri di avanzamento a Maresciallo Ordinario ed avendo maturato almeno quattro anni nel grado, è stato inquadrato nel grado di Maresciallo e, contestualmente, iscritto nel ruolo dei Marescialli, con decorrenza dal 1.9.1995.
L'inquadramento nel grado di Maresciallo e l'iscrizione nel ruolo dei Marescialli con la decorrenza indicata, a parere del ricorrente, è da considerare illegittima, in quanto i pari grado dei Carabinieri, ovvero i Brigadieri non in avanzamento con qualsiasi anzianità di grado, sono stati promossi a Maresciallo Ordinario.
Ciò è avvenuto anche per i Vice Brigadieri in avanzamento i quali, pur facendo parte delle stesse Forze Armate, sono stati promossi Maresciallo Ordinario in forza del D.Lgs. n. 198 del 1995, mantenendo l'anzianità di servizio maturata ed acquisendo il grado maggiore e, quindi, l'anzianità di grado più favorevole rispetto a quella riconosciuta ai Sergenti Maggiori promossi Marescialli delle altre Armi dell'Esercito e sono stati iscritti nel ruolo degli Ispettori con una anzianità pari a quella di grado.
La promozione a Marescialli Ordinari dei Brigadieri non in avanzamento e dei Vice-Brigadieri in avanzamento, per la sola Arma dei Carabinieri, comporta degli evidenti vantaggi di carriera ed economici che, invece, non sono riconosciuti agli appartenenti alle altre Armi dell'Esercito.
Inoltre, la promozione diffusa di tutti i Brigadieri, a prescindere dall'anzianità nel grado (almeno quattro anni per le altre Armi dell'Esercito), e di tutti i Vice-Brigadieri in avanzamento, ha comportato l'attribuzione di un grado in più ed un aumento del numero dei Marescialli Ordinari dei Carabinieri, con pregiudizio morale ed economico per i Sergenti Maggiori, promossi Marescialli, appartenenti alle altre Armi e Corpi dell'Esercito.
A ciò va aggiunto che ai soggetti promossi a Maresciallo Ordinario appartenenti all'Arma dei Carabinieri, è stata riconosciuta un'indennità pensionabile di L. 705.600 mensili che, invece, non è stata attribuita ai corrispondenti gradi delle altre Armi dell'Esercito.
Appare evidente la discriminazione operata in danno dei Sergenti Maggiori dell'Esercito che, invece, in forza della precedente normativa dettata dalla L. n. 212 del 10 maggio 1983 avevano la stessa identica carriera dei Sottufficiali dei Carabinieri in quanto appartenenti tutti all'Esercito, come evidenziato dalla Tabella "A" allegata alla citata legge.
L'iscrizione nel ruolo degli Ispettori e l'attribuzione del grado di Maresciallo Ordinario (un grado in più), con un 'anzianità di grado più favorevole per gli ex Brigadieri e Vice Brigadieri in avanzamento, rappresenta una violazione dei principi sanciti dall'art. 3 della Costituzione, oltre che una violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.
Il Ministero della Difesa, con il provvedimento impugnato ha operato una illegittima discriminazione tra soggetti che si trovavano nella medesima situazione, in danno degli appartenenti alle altre Armi dell'Esercito, in contrasto con i principi Costituzionali e con lo spirito della equiordinazione che avevo ispirato la riforma legislativa indicata, finalizzata ad ottenere la sostanziale equiparazione delle carriere tra i sottufficiali appartenenti alle varie Armi.
L'Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha affermato l'infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.
Con decreto n. 5115 del 30.3.2012, il ricorso è stato dichiarato perento.
Con successivo del decreto n. 5788 del 27 febbraio - 18 marzo 2013, il citato decreto n. 5115/2012 è stato revocato.
All'udienza del 25 novembre 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione
Il ricorrente ha contestato il provvedimento impugnato affermando che il Ministero della Difesa avrebbe operato una illegittima ed arbitraria discriminazione tra gli appartenenti alle stesse Forze Armate omettendo di considerare che tutti i Corpi dell'Esercito Italiano hanno i medesimi compiti in tema di difesa esterna, di difesa delle Istituzioni e dell'ordine democratico, di soccorso delle popolazioni colpite da calamità naturali e di situazioni di pericolo dell'ordine pubblico.
Risultano, pertanto, ingiustificate, per gli appartenenti all'Arma dei Carabinieri, le diverse e più vantaggiose possibilità di carriera riconosciute (cfr. art. 46 del D.Lgs. n. 198 del 1995), le migliori possibilità di accesso e reclutamento, le favorevoli discriminazioni in ordine all'inquadramento, all'avanzamento, al trattamento economico e di quiescenza.
Ne consegue, a parere del ricorrente, l'illegittimità del provvedimento impugnato in quanto adottato sulla base di valutazioni errate che hanno indotto l'Amministrazione ad individuare soluzioni differenti per casi e situazioni uguali.
L'Amministrazione resistente ha prodotto note, memorie e documenti per sostenere la correttezza del proprio operato e l'infondatezza del ricorso.
Ciò posto, il Collegio - rilevato, preliminarmente, che la disciplina richiamata e di seguito indicata, pur risultando essere stata abrogata dall'art. 2268 del D.Lgs. n. 66 del 2010, risulta applicabile al caso di specie ratione temporis -, osserva che il ricorrente si duole del suo inquadramento derivante dall'applicazione della disciplina emanata a seguito della delega contenuta nella L. n. 216 del 1992 ed, in particolare, lamenta l'erronea applicazione della disciplina contenta nel D.Lgs. n. 196 del 1995.
In sostanza, il ricorrente ha l'annullamento dell'atto impugnato a fine di ottenere un diverso inquadramento, più favorevole rispetto a quanto avvenuto in applicazione della disciplina richiamata e a percepire il corrispondente trattamento retributivo, attraverso una favorevole interpretazione dell'articolo 34 del D.Lgs. n. 196 del 1995 che - a suo parere - nel dettare la disciplina transitoria dei nuovi inquadramenti, non avrebbe rispettato i principi di equiordinazione e di omogeneità degli inquadramenti retributivi rispetto all'Arma dei Carabinieri, il cui riordino dei ruoli è stato disciplinato, in via transitoria, dall'art. 46 del D.Lgs. n. 198 del 1995.
Così delineato l'oggetto del presente giudizio, il Collegio rileva che l'azione proposta dal ricorrente sarebbe da considerare inammissibile se intesa come volta all'accertamento del diritto di ottenere un diverso inquadramento (in linea con quanto già espresso dal TAR Lazio, Sez. I-Bis, n. 4622 del 2009), in quanto, nel processo amministrativo, l'azione di accertamento è ammissibile in sede di giurisdizione esclusiva solo quando da parte dell'istante venga fatta valere una posizione di diritto soggettivo, che non è riscontrabile nel caso in cui si controverta sull'inquadramento del personale, rispetto al quale sono configurabili solo posizioni di interesse legittimo, azionabili e tutelabili mediante tempestiva impugnazione dei provvedimenti che si assumono essere illegittimamente lesivi della posizione medesima. Infatti, la pretesa del pubblico dipendente ad un diverso inquadramento non è qualificabile come correlata ad una posizione di diritto soggettivo, stante la natura autoritativa della connessa funzione amministrativa, sicché, l'atto di inquadramento del personale è un provvedimento con il quale l'Amministrazione definisce lo status giuridico ed economico del dipendente nell'ambito del proprio apparato organizzativo con efficacia costitutiva.
Ad ogni modo, pur a voler prescindere da tali considerazioni, va rilevato che la domanda di annullamento proposta dal ricorrente risulta infondata in quanto, in tema di inquadramento dei sottufficiali delle Forze Armate, è stata ritenuta manifestamente infondata (in relazione agli art. 3, 36 e 97 della Costituzione) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 del D.Lgs. n. 196 del 1995 nella parte in cui viene operata una asserita illegittima discriminazione rispetto al più favorevole inquadramento riservato in via transitoria ai corrispondenti gradi dell'Arma dei Carabinieri dall'art. 46 del D.Lgs. n. 198 del 1995, atteso che il diverso trattamento in sede transitoria trova adeguata giustificazione nelle diverse posizioni di partenza economiche e giuridiche sia nelle Forze di Polizia ma anche tra queste e le Forze armate in genere, il che si è tradotto nella necessità di procedere alla programmata omogeneizzazione con equilibrata gradualità.
In proposito, ha statuito la Corte Costituzionale che non è ravvisabile alcuna lesione del principio di uguaglianza per il fatto che intervengono variazioni dell'assetto organizzatorio della P.A. che non sono di per sè indice di peggioramento, anche se accompagnate da minori accrescimenti di posizioni economiche o di svolgimento di carriera di gruppi di dipendenti, che pur sempre hanno ottenuto vantaggi e miglioramenti significativi, anche se in misura inferiore a quanto previsto per altri settori. Ciò in quanto le variazioni si inseriscono in un disegno di politica normativa ed in scelte discrezionali non palesemente arbitrarie né manifestamente irragionevoli, tendenti alla razionalizzazione ed alla omogeneizzazione di complesse situazioni ordinamentali e trattamenti quali quelli delle Forze di Polizia e delle Forze armate (Corte Cost. - 30 aprile 1999 n. 151).
La stessa Consulta ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della normativa in questione (in riferimento agli art. 3, 36 e 97 Cost., dell'art. 34 commi 1 lettera c, 3, 4, 5, 6, 7, e 8 D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 196 - Attuazione dell'art. 3 L. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate), nella parte in cui dispone (a parere di parte ricorrente) per i marescialli dell'Esercito un trattamento deteriore rispetto a quello per i pari grado dell'Arma dei Carabinieri previsto dal D.Lgs. n. 198 del 1995, posto che, né la L. n. 216 del 1992, nè le norme successive hanno inteso perseguire un'assoluta identità di posizioni e trattamenti tra i sottufficiali dei Carabinieri e quelli delle altre Forze armate, essendo peraltro differenti le funzioni svolte ed i compiti demandati ai primi da quelli affidati ai secondi, sicché, non essendo le rispettive posizioni comparabili, la scelta compiuta dal legislatore non è manifestamente irragionevole nè palesemente arbitraria (Corte costituzionale, 17 luglio 2000 , n. 296).
Alla luce delle considerazioni che precedono - disattese le descritte eccezioni di illegittimità costituzionale -, il Collegio ritiene che il ricorso debba essere respinto in quanto l'Amministrazione risulta aver correttamente operato applicando la disciplina sopra indicata la quale, per le ragioni evidenziate, non presenta dubbi di costituzionalità.
Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- lo rigetta;
- condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell'Amministrazione resistente, che si liquidano in complessivi Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), compresi gli onorari di causa;
- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Proietti, Presidente, Estensore
Alessandro Tomassetti, Consigliere
Nicola Fenicia, Referendario

Nessun commento: