ANSA/ Addio all' 'ultimo giapponese', si arrese solo nel 1974
Combatte' 30 anni nella giungla filippina ignorando fine Guerra
(di Antonio Fatiguso)
(ANSA) - TOKYO, 17 GEN - "Un soldato non deve mai pensare
alle cose, deve rispettare gli ordini": Hiroo Onoda era stato
fedele a uno dei principi della ferrea disciplina della "Nakano
Gakko", la scuola degli ufficiali dell'Esercito imperiale
nipponico. Tanto fedele da "non chiedersi", in trent'anni di
battaglia nella giungla dell'isola filippina di Lubang, se la
Seconda guerra mondiale fosse finita, come ammise candidamente
nel 1974, frastornato al ritorno in un Giappone rivoluzionato,
senza piu' l'imperatore-divinita' (con Hirohito sempre sul trono),
rinato dalle macerie del conflitto e in pieno boom economico.
L'ultimo tenente dell'Esercito imperiale, tra le decine di
uomini ("zanryu nipponhei") simbolo della perseveranza di chi e'
chiamato a combattere per l'imperatore, e arresosi solo "dopo
l'ordine di fine combattimento" dell'ex comandante, il maggiore
Yoshimi Taniguchi, e' morto giovedi' pomeriggio per infarto
all'eta' di 91 anni in un ospedale di Tokyo dopo un breve
ricovero.
Onoda continuo' la "sua" guerra nell'isola dove fu distaccato
a 22 anni, nel dicembre 1944, richiamato dall'impiego in Cina
presso una societa' di trading, malgrado la resa del Giappone del
15 agosto 1945, quando un intero popolo ascolto' per la prima
volta alla radio la voce di Hirohito che ordinava di "sopportare
l'insopportabile". Conosceva cinese e inglese, utili alle azioni
di intelligence combinate agli ordini "di mantenere le
posizioni, non commettere seppuku (il suicidio rituale, ndr) e
aspettare rinforzi".
Dopo l'arresto nella giungla dell'isola, nessuno lo convinse
della sconfitta ad opera degli Stati Uniti: si presento' nella
divisa tutta rattoppata e consegno' la katana, la spada di
ordinanza, con un fiero saluto militare solo dopo i nuovi ordini
del suo comandante arrivato appositamente dal Giappone.
Racconto' di essere sopravvissuto con altri tre commilitoni a
bombardamenti e attacchi delle truppe alleate: sempre all'oscuro
della resa e valutati come "propaganda" i volantini sulla fine
della guerra lanciati dagli aerei Usa e non solo, uno dei
militari lascio' il gruppo nel 1949 e si arrese volontariamente.
La diplomazia giapponese, informata dell'accaduto, decise di
muoversi per il recupero dei superstiti. Altri due morirono in
scontri a fuoco con polizia e residenti locali, lasciando Onoda
unico sopravvissuto: il tenente, perdonato per essersi macchiato
dell'uccisione di una trentina di "nemici", fu ricevuto dal
presidente filippino Ferdinando Marcos e da sua moglie Imelda.
Stessa accoglienza in una Patria stravolta e lontana anni
luce dall'onore militare prebellico: il reinserimento, a 52
anni, fu traumatico. Decise nel 1975 di raggiungere il fratello
in Brasile, dove si sposo' e gesti' una fattoria. Negli anni '80
torno' in Giappone ("vorrei morire li'", disse) facendo "qualcosa
per gli altri". Apri' una scuola di sopravvivenza per insegnare
ai ragazzi come accendere un fuoco con i bastoncini di legno e
costruire ripari. Scrisse diversi libri e una popolare raccolta
di memorie ("Nessuna resa: la mia guerra di trent'anni").
"Ho vissuto in anni segnati dalla guerra - usava ripetere ai
'suoi' ragazzi - ma voi dovete aiutarvi, nessuno puo' stare da
solo". Concetti raccolti in un libro pubblicato pochi mesi fa,
"Ikiru" ("Vivere"). Un inno alla vita divenuto un best-seller:
il commiato dell' "ultimo giapponese" dell'Esercito imperiale,
entrato di prepotenza nell'immaginario collettivo.(ANSA).
FT
17-GEN-14 17:40 NNNN
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